PREGHIERA AL SANTISSIMO SACRAMENTO

Signor mio Gesù Cristo, che per l’amore che porti agli uomini, te ne stai notte e giorno nel Sacramento Eucaristico, tutto pieno di pietà e di amore, aspettando, chiamando ed accogliendo tutti coloro che vengono a visitarti. Io credo che Tu sei presente nel Sacramento dell’Altare, Ti adoro dall’abisso del mio niente e Ti ringrazio di quante Grazie mi hai fatto finora: specialmente di avermi donato Te stesso in questo Sacramento, di avermi dato per Avvocata la Tua Santissima Madre Maria, e di avermi chiamato a visitarti in questa Chiesa.

Saluto oggi il Tuo amatissimo Cuore, ed intendo salutarlo per tre motivi: primo, in ringraziamento del gran dono dell’Eucaristia; secondo, per consolarti di tutte le ingiurie che hai ricevuto da tutti i Tuoi nemici in questo Sacramento; terzo, intendo con questa visita adorarti in tutti i luoghi della terra, dove Sacramentato te ne stai meno riverito e più abbandonato. Gesù mio, io Ti amo con tutto il cuore. Mi pento di avere, per il passato, tante volte disgustato la Tua bontà infinita. Propongo con la Tua Grazia di non offenderti mai più per l’avvenire; ed al presente, miserabile qual sono, mi consacro tutto a Te. Rinunzio e ti dono tutta la mia volontà, gli affetti, i desideri e tutte le cose mie. Da oggi in avanti fa’ di me e delle mie cose tutto quello che Ti piace. Solo Ti chiedo e voglio  tutto il Tuo santo Amore, la perseveranza finale e l’adempimento perfetto della Tua Volontà. Ti raccomando le Anime del Purgatorio, specialmente le più devote del Santissimo Sacramento e di Maria Santissima. Ti raccomando ancora tutti i poveri peccatori. Unisco infine, Salvatore mio caro, tutti gli affetti miei con gli affetti del Tuo amorevolissimo Cuore, e così uniti li offro al Tuo Eterno Padre e Lo prego, in Tuo nome, che per Tuo amore li accetti e li esaudisca

Comunione spirituale:

Gesù mio, io credo che sei realmente presente nel Santissimo Sacramento. Ti amo sopra ogni cosa e ti desidero nell’anima mia. Poichè ora non posso riceverti sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore….
Come già venuto io ti abbraccio e tutto mi unisco a te. Non permettere che  io mi abbia mai a separare da te. Eterno Padre io ti offro il preziosissimo sangue di Gesù Cristo in sconto dei miei peccati, in suffragio delle anime del purgatorio e per i bisogni della Santa Chiesa. Amen

Invocazioni riparatrici

Per tutti i sacrilegi Eucaristîci perdonaci o Signore

Per le SS. Comunioni fatte col peccato mortale “

Per le profanazioni Eucaristiche “

Per le irriverenze nelle Chiese “

Per gli oltraggi e disprezzi dei Tabernacoli “

Per il disprezzo delle cose sacre “

Per l’abbandono delle Chiese “

Per i peccati di immoralità “

Per le anime senza Dio “

Per le bestemmie contro il tuo SS. Nome “

Per l’indifferenza verso il tuo Amore “

Per gli oltraggi verso la persona del Papa “

Per il disprezzo verso i Vescovi e i Sacerdoti “

Per le bestemmie contro i1 nome di Maria “

Per i disprezzi contro la Sua Immacolata Concezione “

Per l’abbandono della venerazione a Maria “

Per i disprezzi contro le immagini di Maria “

Per l’abbandono del Santo Rosario “

Per l’indifferenza all’Amore materno di Maria “

CARISSIMA ANIMA, ANCHE L’ADORAZIONE EUCARISTICA ONLINE HA IL SUO VALORE.

QUINDI FERMATI, GUARDALO, ADORALO, PREGALO CON IL CUORE. GESU’ TI ASCOLTA

Santa Maria Goretti, la martire che promise il Paradiso al suo assassino

NEL SEGNO DELLA POVERTÀ

Santa Maria Goretti nacque a Corinaldo il 16 ottobre 1890 in provincia di Ancona, vicino a Senigallia, da Luigi e Assunta Carlini. Prima di lei era nato Tonino, che morì pochi mesi dopo la nascita, poi Angelo; dopo di lei nacquero Mariano, Alessandro, Ersilia e Teresa alle Ferriere, tre mesi prima della morte del padre. Il 17 ottobre venne battezzata, entro le 24 ore dalla nascita, nella chiesa di San Francesco con il nome di Maria e Teresa. La madre si chiamava Assunta Carlini, era orfana, fu adottata da due coniugi senza prole, più poveri di lei che era sola al mondo… In compenso quei genitori adottivi erano rigorosi in fatto di morale e la salvaguardavano dai pericoli del mondo e dalla vita libera, abituandola alle privazioni e ai dolori della vita. Purtroppo non fu mandata neanche a scuola. Le verità del catechismo e le preghiere le imparò a furia di ascoltarle. Fu questa donna che Luigi Goretti conobbe ed amò. Egli era per natura un uomo mite e di cuore buono. Non poteva patire di vederla così; tanto più che notava in lei tante belle qualità di vita pratica e laboriosa, una rettitudine ed una fortezza d’animo a tutta prova.

Maria ricevette l’educazione in famiglia dal padre e specialmente dalla madre, educazione che impartivano in modo uguale agli altri figli perchè crescessero buoni cristiani. La madre insegnava ai piccoli le orazioni: il Pater, l’Ave Maria, il Credo e i primi elementi della vita cristiana. Ella ricordava: «In special modo, Maria, che era la più grande delle figliole, approfittava dei miei insegnamenti e a sua volta si faceva maestra dei fratellini. Finché fummo a Corinaldo, ella fu sempre buona, ma non notai nulla di straordinario nella sua condotta». Mons. T. Signori, Arciprete di Nettuno, scrisse che secondo la testimonianza della mamma: «[Maria] aveva un’indole buona, docile arrendevole; quindi il terreno era molto ben disposto perchè vi lavorasse la divina grazia, fino a spingerla all’eroismo nei primi albori della vita».

La casa di Corinaldo, in località Pregiagna, in cui abitavano non era molto grande, essi erano con la famiglia del fratello del papà, il terreno era poco e così cominciarono a pensare di emigrare, come facevano molti marchigiani. “Dio sempre provvede” disse allora Luigi. Assunta approvò quel sentimento di fede che era anche il suo. Prima di partire fecero cresimare Angelo di 8 anni e Maria di 6 anni perché intuivano di andare incontro all’ignoto e dubitavano di trovare, nella campagna romana, l’opportunità di far cresimare all’età giusta i due bambini maggiori. D’altra parte, a Corinaldo, lì a due passi, il Vescovo amministrava la Cresima. I genitori fecero imparare loro l’essenziale. Mamma Assunta racconta che Maria aveva tanta soggezione del sacerdote che le rivolgeva le domande che non rispondeva. Allora la madre dell’Arciprete la prese in braccio e in questo modo rispose a tutte le piccole domande e recitò le sue preghiere, così il giorno di San Francesco, 4 ottobre 1896, la piccola Maria ricevette il sacramento della Cresima da Mons. Boschi, Vescovo di Senigallia. Era quanto le occorreva per la futura lotta contro il peccato e il demonio.

EMIGRANTI

Il 12 dicembre 1896, dunque, la famiglia Goretti emigrò a Colle Gianturco (FR), vicino a Paliano, nella campagna romana, nell’azienda del senatore Scelsi. Là Giovanni e Alessandro Serenelli, padre e figlio, anch’essi marchigiani, vennero ad abitare con loro perché anche essi erano soli e poveri. Infatti il senatore Scelsi li consigliò di associarsi con un’altra famiglia dicendo ai Serenelli: «Voi non potete fare da soli, perchè non associarsi coi Goretti?». Fatto chiamare Luigi Goretti gli espose il caso. Fu così che i Serenelli presero a convivere con la famiglia Goretti.

Di Maria, mamma Assunta ricorda l’ubbidienza esatta; fin d’allora cominciò ad essere d’aiuto nella cura della casa e dei fratelli minori. L’animo buono della bambina fu notato anche da altri, tra i quali Angela Terenzi che aveva la stessa età di Maria. Costei, incontrandola, cercò più volte di avvicinarla e di parlarle come fanno le bambine di quell’età. Maria rallentava un istante, la sogguardava e seria si allontanava, quasi avesse timore. Noi preferiamo pensare al carattere riservato della fanciulla e alla sua premura di ubbidire alla mamma, che sempre le raccomandava di non attardarsi lungo il cammino. Inoltre a casa c’era Ersilia, nata da pochi mesi. Maria era incaricata della sua custodia e perciò cercava di tornare presto, camminando svelta, con quei suoi piedini scalzi.

Il lavoro a Colle Gianturco venne interrotto bruscamente perchè Giovanni Serenelli litigò col figlio del senatore Scelsi, il “sor Peppino”, il quale licenziò sui due piedi il Serenelli ed i suoi soci, cioè la famiglia Goretti. Era febbraio e che cosa dovevano fare così fuori stagione? Lì per lì non videro altra soluzione che quella di seguire tanti altri marchigiani che scendevano nelle Paludi Pontine, dove si richiedeva mano d’opera senza fine. D’altronde anche i loro amici Cimarelli avevano fatta quella strada.

ALLE PALUDI PONTINE

Nel mese di febbraio 1899, la famiglia Goretti, seguita dai due Serenelli, si trasferì a Le Ferriere di Conca, nelle Paludi Pontine, dove il conte Mazzoleni prometteva pane e benessere. La casa, chiamata Cascina Antica, era ampia, spaziosa e in muratura. Così le due famiglie abitarono nello stesso casolare. Il terreno era fertile, il clima mite, ma vi era un’alta mortalità causata dalla malaria. Le speranze di un futuro migliore diventavano finalmente concrete. Dopo tanto lavoro il raccolto fu buono, i Goretti erano contenti e nel frattempo era nata Teresa. Però il 6 maggio 1900 Luigi Goretti, di 41 anni, si ammalò, fu chiamato il medico e la diagnosi fu terribile: malaria, polmonite e meningite. Morì lasciando tutto il peso del mantenimento della famiglia, formata da sei figli, sulle spalle di mamma Assunta. Giova ricordare che, ad onta dell’ignoranza, delle superstizioni e dei pregiudizi che regnavano sovrani tra la gente delle Paludi, Luigi Goretti fu assistito da un buon medico e ricevette in punto di morte tutti i conforti religiosi.

Fu in questa circostanza che Maria, di appena dieci anni, rivelò un contegno ed un’assennatezza, così superiore alla sua età, da destare l’ammirazione di tutti. Infatti le prime parole che conosciamo di lei vennero pronunciate in quel momento: «Mamma, non ti abbattere, io penserò alle faccende di casa, tu prenderai il posto di papà in campagna. Vedrai, Dio non ci abbandonerà». Disse questo in lacrime, in quell’occasione di lutto che turbò profondamente l’animo di mamma Assunta e mise in scompiglio tutta la sua famiglia. Ricordava così le espressioni udite dal padre che era un uomo pieno di fede e che seppe trasmetterla ai figli. Egli era stato un uomo laborioso, un marito esemplare ed un padre premuroso. La sera soleva radunare i suoi figli per la recita del santo Rosario, mentre la moglie finiva di preparare la cena. A Corinaldo e poi a Colle Gianturco, come in seguito alle Ferriere, i coniugi Goretti si erano sempre preoccupati d’impartire un’educazione cristiana ai loro figli, secondo le direttive tradizionali che essi stessi avevano appreso in seno alle loro famiglie. Essi si recavano alla Messa domenicale, davano testimonianza di vita onesta e laboriosa e si distinsero nettamente dagli altri coloni della Palude, diversificandosi, per così dire, per un più elevato e dignitoso comportamento morale.

Le chiese di Corinaldo, di San Procolo a Paliano, di Conca, di Campomorto e di Nettuno li videro assidui alla Messa e ai sacramenti. In quindici anni di vita matrimoniale quei coniugi ebbero sette figli e aiutarono i sei sopravvissuti a crescere tutti timorati di Dio e fiduciosi nella divina Provvidenza. Possiamo notare che mentre oggi in Italia, secondo le statistiche, vi è la natalità più bassa del mondo, in quella famiglia vi era una grande fede e un abbandono fiducioso nella Provvidenza. «Chi accoglie uno di questi piccoli in mio nome, accoglie me», disse un giorno Gesù (Mt 18, 5), questa generosità è una promessa di una grande ricompensa eterna. Nello stesso senso Pio XII diceva agli sposi: «Ricordatevi, figlioli miei, che in cielo i vostri figli saranno la vostra corona».

LA SANTITÀ DI MARIA

Il martirio della santa non fu effetto dell’abiezione o dell’ignoranza, ma della fede e della educazione cristiana ricevuta in famiglia. Il difficile ambiente della Palude contribuì negli ultimi tre anni della sua vita, a rendere più matura la sua personalità di fanciulla cristiana, che si era già andata formando nella natia Corinaldo e poi nella contrada di Colle Gianturco. Se infinite furono le privazioni e le angustie alle quali dovettero far fronte, bisogna dire, col Manzoni, che, fortunatamente per loro, Dio non tenta mai la gioia dei suoi figli se non per prepararne loro una più grande e duratura!

Quando la piccola Maria giunse con la famiglia alle Ferriere aveva già quasi nove anni e possedeva un bagaglio di educazione e conoscenze religiose sufficienti per farle capire la sostanziale differenza tra il bene e il male e il dovere cristiano di scegliere sempre il bene, evitando il male. La fanciulla era in grado di formulare i suoi buoni propositi. Poi la grazia di Dio fece il resto. Questo si rileva dalla lettura attenta dei processi canonici, compilati con scrupolosità per provare la sua santità di vita ed il suo martirio.

Riguardo alla famiglia Goretti non fa meraviglia che la piccola Maria crescesse così buona, perché i suoi genitori ne davano l’esempio ed ella diventò presto matura seguendo le loro orme. La povera mamma Assunta era una donna del popolo, analfabeta, ma dotata di buon senso. «Maria era desiderosa – racconta la madre – di imparare le cose della fede e più volte mi ha chiesto di parlare in proposito. Non ricordo sia mancata alla Santa Messa e pur non sapendo leggere si era imparata a memoria l’Ave Maria, il Padre Nostro e le altre preghiere e soprattutto il Santo Rosario che le era indispensabile come l’aria che respirava». «In chiesa – ricorda Teresa Cimarelli – era molto devota e raccolta, si vedeva che era una figliola tirata su per il Signore».

Una testimone che gestiva la dispensa di Conca disse: «La fanciulla non dava confidenza a nessuno, non si associava per strada ad altre ragazze; nessuno poté mai farle un appunto, ma tutti invidiavano sua madre perché aveva una figlia così buona! ».

Mamma Assunta poi ci assicura che, dopo la morte del povero Luigi: «Marietta era quella che reggeva la casa», specialmente quando ella si trovava a lavorare nei campi.

La fanciulla non litigava mai coi fratelli, se riceveva qualche dono di frutta o altro era lieta di distribuirlo ai fratellini e alla mamma. Per sé riservava i resti. «Maria – diceva mamma Assunta – nel mangiare contentava prima gli altri e poi se stessa e non assaggiava nulla se prima non aveva fatto la parte a me ed ai fratellini. E se le sembrava che io avessi preso poco, insisteva perché prendessi dell’altro». «Prendete mamma: io sono più piccola di voi!»

Tale era la frase che ripeteva ogni volta che la mamma stanca ed affaticata, ma preoccupata dei figli piccoli, si privava a tavola anche del necessario.

Con tutti era sincera e leale; non fu mai intesa dire bugie. Raggiunse l’età dell’adolescenza senza aver mai dato motivo a critiche e lagnanze a suo riguardo.

LA PRIMA COMUNIONE

Il pensiero di Maria in quel tempo andava irresistibilmente orientandosi verso il Tabernacolo. Era l’anno 1900, da qualche mese il padre era morto in seguito alla malaria; Maria aveva 10 anni e portava il peso del lavoro in casa; in quei tempi l’età media per accostarsi alla Santa Comunione per la prima volta si aggirava sui 12 anni e nessuno a quell’epoca avrebbe immaginato che san Pio X, nel 1910, avrebbe pubblicato il decreto Quam Singularis che avrebbe permesso ai piccoli di ricevere la Santa Eucaristia a partire dall’età di ragione, cioè verso i 7 anni. Un giorno ella disse alla mamma: «Mamma quando faccio la Comunione io?».

La madre rispose: «Cuore mio, come la puoi fare se non sai bene la dottrina?… Non sai leggere, non ci sono soldi per farti il vestito, le scarpe, il velo; non hai un minuto di tempo libero; c’è sempre da fare…». «Mamma cara, ma così non la faccio mai! ».

«Ma che ci può fare la sventurata mamma tua, cuore mio? Tocca di vedervi venire su come bestioline».

«Ebbene, mamma Dio provvederà. A Conca c’è la sora Elvira che sa leggere. Io vi prometto di sbrigar prima tutte le faccende di casa, ed il tempo libero voi me lo lasciate per andare a Conca ad imparare la dottrina». Maria era una bambina tenace e volenterosa, il suo impegno di responsabilità in casa lo portava avanti con cura e precisione, si occupava bene anche dei fratellini e così per anticipare il giorno della sua Prima Comunione imparò tutto a memoria. Ella era così attenta a quello che apprendeva che a sera in casa, rivelando notevoli capacità comunicative, insegnava ai fratellini, ciò che aveva imparato. Una volta, dopo aver assistito alla funzione del Venerdì Santo nel Santuario di Nettuno, ripeté a casa per filo e segno l’intera omelia dimostrando così la sua grande memoria. Durante quel tempo Maria non solo apprendeva le nozioni di catechismo ma andava diventando sempre più buona. Il pensiero di ricevere Gesù la spronava ad ornarsi delle più belle virtù. Era sempre più raccolta, più devota, più affettuosa verso la mamma e i fratellini, la prima ad accorrere in chiesa e l’ultima ad uscirne.

Maria non aveva i dodici anni richiesti così mamma Assunta per togliersi ogni scrupolo, la vigilia della Prima Comunione, prese la bambina e la portò con sé a Nettuno dall’Arciprete Temistocle Signori. A lui espose la cosa e lo pregò di nuovo di esaminare la figliola. L’Arciprete esaminò attentamente la fanciulla e tutto contento disse alla mamma: «Voi affidatela alla Madonna e mettetela sotto il suo manto e poi non abbiate paura». Poi la confessò per prepararla bene a ricevere Gesù per la prima volta nel suo cuore.

Il 16 giugno 1901 Maria ricevette la Prima Comunione nella chiesa di Conca, oggi Borgo Montello. Prima di presentarsi in chiesa in quell’importante giorno si avvicinò alla mamma e le chiese perdono di ogni mancanza che avesse potuto commettere, poi per suggerimento della mamma chiese perdono anche ai Serenelli, padre e figlio, dimostrando così che il catechismo lo aveva imparato non solo a memoria. Il fratello Angelo, quel mattino, non ci voleva andare perché non aveva le scarpe nuove. Allora Maria si avvicinò per convincerlo e gli disse: «Ma Gesù non guarda mica le scarpe… guarda il cuore». In chiesa la mamma e le altre persone notarono in lei una compostezza «ad occhi bassi» tutta straordinaria. Si confessò di nuovo al sacerdote passionista che era venuto per la cerimonia. La mamma pregava: «Madonna mia fatela riuscire bene questa Santa Comunione! Vergine Santa, io la affido tutta a voi!». Alla Messa il sacerdote si volse verso i comunicandi e parlò loro di Gesù che è tutto bontà e purezza… di Gesù che deve restare sempre nel loro cuore… Perciò guerra al peccato, sempre, anche a costo della loro vita… insieme al grande amore per Gesù i fanciulli dovranno avere una specialissima devozione alla Madonna, imitandone le virtù e onorandola ogni giorno con l’Ave Maria». La parola di Dio affondava nel cuore della piccola Maria come il buon seme in un terreno ben preparato. Non una sillaba era caduta invano. In chiesa con Maria vi erano dodici bambine e due bambini per la stessa festa. Tra i banchi della chiesa, vi erano parenti ed amici, a far da cornice ad una cerimonia sentita particolarmente dalla gente semplice.

Quando Maria ricevette Gesù ripeté a Lui la sua grande promessa, già formulata da molto tempo: «O Gesù piuttosto che offenderti mi faccio ammazzare». Poi il suo pensiero volò al padre defunto. Gli aveva voluto tanto bene. Quella preziosa Prima Comunione fu fatta in suo suffragio, come attestò mamma Assunta.

Don T. Signori disse che Maria si era distinta fra le altre bambine per la pietà, ardore, devozione nel prepararsi a fare la sua Comunione, tanto che egli avrebbe desiderato che tutte le bambine si fossero preparate a ricevere in tal modo la SS.ma Eucaristia. La santa fanciulla poté ricevere in vita non più di quattro o cinque comunioni. Il sacerdote che ufficiava regolarmente la chiesetta di Conca ogni domenica non aveva il permesso di confessare perché era troppo giovane. Perciò ben si spiega che in tali occasioni la Santa non poté ricevere l’Eucaristia, essendo allora d’uso, anche per chi non aveva peccati gravi, di confessarsi prima di ogni singola comunione. Questo però non toglie nulla alla sua fede e devozione. Le strade erano proibitive: tutte pozzanghere d’inverno, cariche di miasmi d’estate. Ora se Maria poté ricevere la Prima Comunione all’età di dieci anni e otto mesi, lo dovette alle sue insistenze, alla sua fede viva, al suo ardente desiderio di ricevere Gesù, del cui amore aveva pieno il suo cuore innocente. O meglio, fu Dio stesso che le accese nel cuore tanto desiderio della divina Eucaristia, affinché nutrita in tempo del Pane degli Angeli, crescesse sempre più in quelle virtù cristiane che la facevano assomigliare agli angeli e la preparassero al grande atto del martirio. Lo stesso suo uccisore affermò: «Nella circostanza della sua Prima Comunione si fece ancora più ubbidiente… ed anche in seguito continuò questo miglioramento di vita». Il giorno della sua Prima Comunione segnò una data decisiva nella sua storia, infatti ella disse: «Mamma, sarò più buona» e mantenne con fedeltà l’impegno.

«Teresa quando ci riandiamo?»: queste parole dette da Maria alla Cimarelli lo stesso giorno della Prima Comunione, dimostrano il suo grande desiderio eucaristico. Questo desiderio in linguaggio ascetico si chiama comunione spirituale: «La comunione sacramentale si perfeziona con la comunione spirituale che ne perpetua i santi effetti» (Tanqueray).

MODELLO DI VIRTÙ

Maria ci è presentata dai testimoni come una fanciulla ubbidiente ed assennata, dedita alla famiglia, ligia al dovere. Modesta e riservata… tutti quelli che l’hanno conosciuta l’hanno descritta come un ideale di fanciulla.

Il proposito di diventare più buona fu per lei un impegno serio che mantenne fino alla morte. Sentiamo la mamma: «Sempre, sempre, sempre Maria mi ha fatto l’ubbidienza. Correggeva anche i fratelli e quando il fratello maggiore mi dava qualche dispiacere ella lo rimproverava dicendo: “Fai inquietare la mamma perché non c’è più il babbo!… Come faresti se non ci fosse più la mamma?”. Non ho notato in lei nessun difetto. Se a volte l’ho sgridata è stato perché io, preoccupata dell’azienda, sentendomi nervosa, eccedevo anche se ella non ne avesse colpa, anche oggi me ne faccio un rimprovero; Maria prendeva la sgridata immeritata, con calma, senza rispondere e seguitava le sue faccende non portandomi affatto il broncio». «Alla prima chiamata della mamma lasciava ogni cosa e rispondeva ubbidiente», aggiunse Alessandro.

UN FIORE PURISSIMO

Dire santa Maria Goretti è lo stesso che dire purezza illibata. Fu educata da sua madre alla modestia fin dall’infanzia. Anche il suo uccisore testimoniò: «Seguendo le orme della madre era modesta». Mamma Assunta disse: «Ebbi cura della sua modestia e non permisi mai che vestisse o spogliasse i fratellini, come pure facevo dormire in una camera i maschietti e in un’altra le femmine che, morto mio marito, facevo dormire in camera mia».

Quando si stava preparando alla Prima Comunione, avendo sentito certe parolacce da una compagna, scambiate con un giovane, mentre stava riempiendo una brocca alla fontana, le riferì scandalizzata alla mamma, che le rispose: «Fa’ che quello che è entrato da un orecchio esca dall’altro», e l’ammonì di non pronunciare mai simili cose. Ed ella di rimando: «Se io dovessi parlare come lei è meglio morire». Questo dimostra che sapeva scegliere tra i diversi valori i più giusti. Non contenta di premunirla con le parole, la mamma la vigilava mentre andava per la strada. «Quando andava a Nettuno, perché distante, era accompagnata da me o dalla signora Cimarelli». Alla vigilanza aggiungeva la raccomandazione di fuggire le cattive compagnie, che portano inevitabilmente al male.

Le donne del borgo dicevano ad Assunta: «Che angelo di figliola avete voi! Se le si dice qualche cosa risponde modestamente, tira diritto per la sua strada e non si ferma con nessuno».

Il movente per la santa era la fede, l’amore a Gesù e alla Madonna, la paura dell’inferno che si merita col peccato! Fu questo il solo motivo che ella oppose all’aggressore al momento del martirio. Infatti disse in quell’occasione: «Alessandro che fai? Tu vai all’inferno, Dio non vuole!».

UNA GIORNATA DI MARIA

Dopo la morte di Luigi Goretti, tutti dovettero riprendere il lavoro quotidiano e adattarsi alla nuova situazione. Assunta prese il posto del marito lavorando il terreno con i Serenelli e Maria prese il governo della casa per le faccende domestiche. Ella era una massaia laboriosa e solerte e si occupava di tutte le faccende di casa: spazzare, rifare i letti, mettere in ordine i vari oggetti, lavare i piatti, andare a prendere l’acqua, lavare i panni, attendere al pollaio, preparare i cibi da cuocere, pulire le verdure, far cuocere i cibi, provvedere la legna per il fuoco, preparare la tavola, ecc. Soprattutto badare ai fratellini e alle sorelline più piccoli. Solo quando si richiedeva la “forza”, come per levare il paiuolo dal fuoco, veniva la mamma. Sicché per la sua età faceva anche troppo.

La madre raccontava che «alla domenica dormivano tutti un po’ di più, ma c’era da andare alla Santa Messa e da accompagnarvi i fratelli, ed allora quante raccomandazioni faceva Maria perché fossero ordinati nella persona e nei vestiti.

In chiesa li teneva vicino a sé, li faceva genuflettere. Quando una volta la settimana c’era da fare il pane dovevamo alzarci prima. Alla sera andava ancora alla fontana a prendere l’acqua per il mattino, poi subito dopo cena faceva inginocchiare i fratellini per dire il Rosario e le orazioni e li accompagnava a letto.

Ma non aveva ancora finito e senza disturbare il sonno dei fratellini veniva vicino a me ed alla luce della lanterna ad olio rammendava calzoni, camicie, raccontandomi i fatti del giorno. Poi dopo aver dato l’ultimo sguardo ai fratellini, diceva le preghiere e cadeva immediatamente nel sonno. Io che tante volte non riuscivo ad addormentarmi, la contemplavo un momento, pregavo per lei e prima di spegnere la luce la benedicevo. Come avrei potuto immaginare un angelo migliore?».

LE INSIDIE

Benché fuggite con ogni mezzo, tuttavia le insidie vennero a raggiungerla nello stesso focolare domestico: l’insidiatore fu il ventenne Alessandro della famiglia Serenelli con i quali i Goretti si erano uniti in società di lavoro e che vivevano nello stesso casolare. Una bassa passione spingeva il giovane a porre gli occhi sull’innocente fanciulla.

Maria era una ragazzina indifesa a causa della morte del padre, costretta dalla povertà ad accudire a lavori domestici superiori alla sua età. Intimorita dalle minacce e dalle tentazioni di Alessandro, si rifugiò nella preghiera e ricorse alla Madonna recitando anche più Rosari al giorno e si rinforzò sempre più in quel proposito della sua Prima Comunione:

O Gesù, piuttosto di offenderti mi faccio ammazzare!». Alessandro era un giovanotto di vent’anni, pronto a partire per il servizio militare, pieno di vita, robusto, privo della guida materna, in balìa delle sue passioni, con un carattere chiuso. Pare che il tempo della tentazione almeno iniziale, risalisse a circa un anno prima. Che Maria sul letto di morte non l’abbia ricordato è spiegabile: era in fin di vita, forse, anche, un anno prima ci aveva capito ben poco non essendo stata una tentazione così cruda come quelle dell’ultimo mese. Ecco la testimonianza di Alessandro: «Io coabitavo con la famiglia Goretti e per ben due volte nel mese di giugno tentai di indurla alle mie voglie. E vero che circa un anno prima feci a Maria una prima proposta… alla quale non volle acconsentire. Io fin dalla prima volta ingiunsi alla ragazza di non dir nulla alla madre, e glielo dissi con forma severa, sicché ne rimase intimorita. Io – prosegue Alessandro – non deposi mai il desiderio di raggiungere i miei intenti e dopo il secondo tentativo nella mia mente si formò il proposito di ucciderla se avesse continuato ad opporsi alle mie voglie». Da allora Maria fece l’impossibile per non rimanere sola in casa, senza che nessuno ne intuisse il dramma. Il particolare non sfuggì ad Alessandro: «Marietta cercava di non star sola con me ed io lo rilevai bene. Mi accorsi pure che cercava di schivarmi, ella poi aveva intensificato le sue preghiere. Tante volte io l’ho sentita chiedere alla mamma che le permettesse di andare ai sacramenti». La fanciulla viveva nella più completa solitudine la tragedia più logorante della sua vita. Spesse volte il suo atteggiamento suscitò incomprensioni e rimproveri; la stessa mamma Assunta non percepì lo stato d’animo nel quale si trovava sua figlia. Come abbiamo detto, la luce tra tanta oscurità le venne dalla preghiera e dalla fiducia in Dio. Solo un frase sussurrata dolcemente alla cara Teresa Cimarelli tradì la sua angoscia: «Teresa andiamo domani a Campomorto? Non vedo l’ora di fare la Comunione!». Quel domani fu il 5 luglio 1902, il primo giorno della sua passione.

Alessandro assunse un contegno sempre più ostile verso la fanciulla. La madre depose: «Un mese circa prima dell’assassinio, Alessandro si mostrava spesso aspro verso Maria dandole ordini gravosi con animo, si vedeva, di farle dispetto. Non gli andava più bene niente di quello che ella faceva. Maria faceva lo stesso le faccende ordinate di nuovo da lui, pur facendo le giuste rimostranze qualche volta a voce, qualche volta col pianto, tanto che io più volte dovevo confortarla dicendole: “Porta pazienza, tanto fra poco andrà a fare il soldato”».

MARTIRIO ALLE PALUDI PONTINE

Alessandro era più che mai risoluto a spuntarla, e voleva ad ogni costo piegare la fanciulla alle sue voglie. Dal canto suo, Maria era decisa a resistere, anche a costo della vita, infatti, i ripetuti attentati alla sua purezza erano però sempre stati coraggiosamente respinti.

Durante la battitura del favino, fatta sull’aia del casolare, Maria, dopo aver rigovernata la cucina, aveva preso una camicia da rammendare con le pezze e pose a dormire su una coperta imbottita, distesa sul pianerottolo, la piccola Teresa di circa due anni e mezzo, e le si era seduta vicino a lavorare.

Ecco il racconto dello stesso Alessandro: « Il 5 luglio io ero risoluto a ritornare al terzo assalto e verso le ore 15,00 mentre io stavo sul carro triturando le fave nell’aia, vedendo Maria sul pianerottolo, intenta a rattoppare la mia camicia che avevo dato alla mamma, pensai che era quello il momento opportuno per attuare il mio disegno. Scesi dal carro, pregai la mamma di sostituirmi ed io mi recai in casa. Mio padre si trovava davanti alla stalla dei buoi, coricato a terra preso da un attacco di febbre di malaria. Gli domandai come stava e quindi continuai la mia strada. Passai davanti a Maria senza dir nulla e andai in una camera dove vi era una cassetta di ferri vecchi per prendervi un’arma, trovai un punteruolo… lo presi… ciò fatto mi accostai a Maria, la invitai ad entrare dentro casa. Ella non rispose, né si mosse. Allora l’acciuffai quasi brutalmente per un braccio e, facendo ella resistenza, la trascinai dentro la cucina. Ella intuì che io volevo ripetere l’attentato delle due volte precedenti e mi diceva: “No, no, Dio non vuole, se fai questo vai all’inferno”.

Io allora vedendo che non voleva assolutamente accondiscendere alle mie brutali voglie, andai su tutte le furie e, preso il punteruolo, cominciai a colpirla… In quel momento io capivo bene che volevo compiere un’azione contro la legge di Dio e che volevo indurre Maria al mio peccato e appunto l’uccidevo perchè si opponeva. Ella ripeteva: “Che fai Alessandro tu vai all’inferno”. Nel momento che vibravo i colpi, non solo si dimenava per difendersi, ma invocava ripetutamente il nome della madre e gridava: “Dio, Dio, io muoio! Mamma, Mamma”. Io ricordo di aver visto del sangue anche sulle sue vesti e di averla lasciata mentre ella ancora si dimenava, però capivo bene che l’avevo colpita mortalmente. Buttai l’arma dentro il cassone e mi ritirai nella mia camera, mi chiusi dentro e mi buttai sul letto». Tre anni dopo, Alessandro completò nel processo Apostolico la sua deposizione che aveva fatto ad Albano nel processo Ordinario. Ecco come riferì le parole di Maria al momento del martirio: «Dio non vuole queste cose, tu vai all’inferno. Sì, sì, Dio non vuole queste cose, tu vai all’inferno!».

Nell’ora del dramma nessuno fu testimone della “passione” di Maria. Il motivo dell’uccisione è chiaro e lampante: la fortezza della martire di fronte al peccato. Lo riconobbe lo stesso uccisore, prima davanti alle autorità civili, poi a quelle ecclesiastiche. «Lo ripeto, l’unica causa per cui aggredii Maria e la uccisi, fu quella che ho esposto, cioè che ella non ha voluto acconsentire le due volte precedenti alla mia volontà di compiere atti disonesti».

Finalmente con le poche forze rimaste, Marietta si trascinò fino alla porta e chiamò il vecchio Serenelli: «Venite su che Alessandro mi ha ammazzata». La piccola Teresa svegliata di soprassalto incominciò a smaniare e a piangere, il suo pianto smorzò il frastuono della trebbiatura. Quando la madre sentì la piccola piangere, alzando gli occhi non vide più Maria sul pianerottolo, sicché temendo che la piccola cadesse per le scale, mandò suo figlio Mariano. Mentre costui andava, la madre vide il vecchio Serenelli che si era alzato da dove riposava e saliva frettolosamente le scale. Quando egli aprì la porta si voltò per chiamarla: «Assunta venite un po’ su», poi chiamò anche Mario Cimarelli che batteva la fava sulla sua aia. «Madonna mia! Che sarà successo in casa mia?» mormorò Assunta, mentre angosciata scendeva dal carro. Quando giunse la madre vide che Mario aveva in braccio Maria con la testa appoggiata alla spalla, come se fosse morta. La fanciulla fu adagiata sul letto. Fu questa l’immagine che si presentò agli occhi della madre. «Io seguii Marietta che veniva portata nella camera da letto e mi balenò subito il sospetto che la mia piccola fosse stata violentata da Alessandro che non era presente… Io diedi un urlo ed allora i Cimarelli mi portarono fuori sul pianerottolo svenuta». Tornò Teresa con l’aceto e riuscì a far riprendere mamma Assunta. Poco dopo anche Marietta diede segni di vita e la verità si fece strada; la madre le domandò: «Marietta mia, cosa è successo, chi è stato, com’è stato?» Ella rispose: È stato Alessandro mi voleva far fare del male ed io non ho voluto».

«Allora – continua la madre – diedi un urlo e gli altri mi portarono in casa Cimarelli».

Mario Cimarelli il primo ad accorrere, così descrisse la scena straziante: la ragazza giaceva carponi a terra, poggiata nel fianco destro… raccolta da terra la Goretti con le vesti intrise di sangue, la adagiai sul letto della madre… sopraggiunta Teresa le cambiò la veste insanguinata e stracciata. Poi con l’aiuto di Mario, le fasciò le ferite, mentre Maria ripeteva il suo monologo: «Alessandro quanto sei triste… tu vai all’inferno». La veste era anche impolverata, perchè sul pavimento mancavano molti mattoni, e la giovinetta per non lasciarsi scoprire le vesti da Alessandro si era avvoltolata per terra su quel calcinaccio. Mamma Assunta piangeva dirottamente e diceva: «Teresa mi hanno ucciso la figlia!».

«Teresa – gemette Maria – voglio star sola con te. Levami di qui, per carità non fate venir su Alessandro».

«Che ti ha fatto Alessandro Marietta?» Le domandò Teresa.

«Mi voleva far fare del male ed io gli dicevo di no! E così lui mi ha tirato tanti colpi».

La notizia dell’odioso misfatto di Le Ferriere si diffuse rapidamente per tutta la Palude. Decine di persone intenzionate a fare giustizia sommaria marciarono compatte verso Cascina Antica. Anche l’uomo della Palude aveva un suo codice d’onore che non era possibile calpestare impunemente e il gesto di Alessandro non era tra quelli che avevano diritto ad attenuanti. In una situazione così tragica, nella solitudine delle Paludi Pontine, l’opera dei Cimarelli fu provvidenziale. Erano tre fratelli: Mario, Domenico e Antonio, più Teresa, la moglie di Mario. Domenico corse subito a Conca ad avvisare il conte Mazzoleni dell’accaduto e per farsi dare un cavallo per andare a chiamare un medico. Mario appena prestati insieme alla moglie i primi soccorsi, si precipitò a Nettuno a cercare i carabinieri e il medico condotto. Il Mazzoleni mandò a chiamare i carabinieri di Cisterna e la Croce Rossa di Carano. Il conte quando giunse da Conca fece sorvegliare l’assassino da guardiani armati in attesa dell’arrivo dei carabinieri. Poco dopo arrivarono i carabinieri che arrestarono Alessandro e riuscirono a stento a difenderlo dalla folla inferocita. Il Mazzoleni poi chiamò la madre per dirle che doveva accompagnare la figlia all’ospedale sul Carro della Croce Rossa. Dopo l’arrivo del mezzo di soccorso, distesa su una barella, Marietta varcò quella porta che dava sul pianerottolo e scese i gradini tra gli occhi velati di pianto e di amarezza delle persone presenti. Sul piccolo ponte dell’Astura i contadini si toglievano il cappello come facevano solo nel giorno del Corpus Domini. Quella notte a Cascina Antica non dormì nessuno. I fratelli Goretti vennero amorevolmente ospitati nella casa dei Cimarelli. La signora che li ospitò attestò di averli trovati durante la notte con gli occhi sbarrati dalla paura. Marietta per loro era veramente tutto!

La Croce Rossa Arrivò a Nettuno alle otto di sera. Mentre si aspettava che si aprisse la sala operatoria, Maria chiedeva un po’ d’acqua. Il cappellano dell’Ospedale dei Fatebenefratelli chiese: «Sposa, siamo cristiani?» Ed ella: «Eh, mancherebbe altro!» Ed aggiunse: «Allora prima di operarla la confessiamo». Ed ella acconsenti volentieri. A richiesta del dottore – riferisce mamma Assunta – io domandai alla figliola se mai altre volte Alessandro l’avesse tentata. Ed ella mi rispose con voce calma: «Mamma, altre due volte». Ed io: «Oh Madonna Santissima, perchè non l’hai detto a mamma tua?». Ed ella rispose: «Perchè mi aveva detto che mi avrebbe ammazzata se io lo dicevo. E pertanto poi mi ha ammazzata lo stesso». Ed io ancora: «Da quanto tempo?» Ed ella: «Da un mese».

La gravità delle condizioni della piccola non permisero l’anestesia ed i medici Bartoli, Perotti ed Onesti tentarono l’impossibile. Il dott. Bartoli così ricordò quei momenti: «La trovai colpita in più parti dell’addome e nel torace, come pure dopo nell’atto dell’autopsia, la trovai ferita al cuore. Durante le cure che io le apprestavo la fanciulla aveva invocazioni alla Madonna e conservò la sua calma. Ora non ricordo le parole precise pronunciate dalla Goretti, però attesto che ella ha sempre conservato lucidissime le facoltà mentali».

Appena fuori la camera operatoria Marietta sussurrò alla mamma: «Mamma sto bene, come stanno i fratellini? Stai qua stanotte?». Però non fu permesso alla madre di rimanere in ospedale. Appena si fece giorno mamma Assunta ritornò all’ospedale e chiese a Maria come stesse: «Benino» rispose la fanciulla. Ma la voce era più debole della sera precedente. Maria le chiese dove avesse passato la notte, manifestò il desiderio di rivedere i fratellini e la pregò di non far entrare il Serenelli. Ma la setticemia compiva inesorabilmente il suo corso, la febbre divenne altissima, il suo volto sempre più trasparente.

«Pareva una santa Filomena, tutta bianca con la chioma sciolta – raccontò mamma Assunta – la guardavo non solo per affetto ma anche per venerazione». Vennero i carabinieri per il rito dell’interrogatorio e poco dopo i medici per la medicazione. I ricordi tornarono alla mente di Marietta in modo convulso, la sua passione continuò sempre più straziante. Le divenne insopportabile anche la sete: «Datemi una goccia d’acqua. Possibile che non possiate darmi un goccia d’acqua?»

«Mariettina – rispose la mamma – il dottore ha detto che ti farebbe male. Porta pazienza per amore di Gesù in croce assetato più di te».

L’APPARIZIONE DELLA MADONNA

Sono sorprendenti le analogie tra gli ultimi momenti di Maria e quelli di Gesù: le stesse parole, la stessa sete, il medesimo perdono. I presenti rimasero colpiti dalle numerose espressioni di amore di Maria per la Madonna. Tanto amore alla Vergine spinse il cappellano dell’ospedale, P. Martino Guijarro, a proporre alla piccola martire la sua iscrizione all’Associazione delle Figlie di Maria. A quella proposta ella aprì gli occhi e un sorriso sfiorò il suo viso angelico. Nella cameretta stessa erano presenti due suore e una pia contessa che l’assistevano; venne fatta la breve funzione della iscrizione e la benedizione della medaglia della Madonna. Il suo volto, sempre più di cielo, s’illuminò quando il cappellano, iscrivendola all’associazione le appese al collo la medaglia che lei non finiva poi di baciare. Suor Aurelia Pecchini, riferì che a un certo momento Maria vedeva la Madonna e chiedeva di essere posta più vicino a lei. Ma nessuno la vedeva. E lei meravigliata: «Possibile che non la vediate? È così bella!…, tutta luce!…, tutta fiori! Mettetemi vicino alla Madonna… io voglio stare più vicino alla Madonna».

Chi fu presente non ebbe nessun dubbio che la Madonna le fosse apparsa.

IL PERDONO DELL’ASSASSINO

Imitando Gesù, Maria perdonò il suo assassino. Pare che una prima volta l’avesse perdonato per suggerimento della mamma, nelle lunghe ore di attesa sul letto di famiglia, prima che venisse trasportata all’ospedale. La sorella Teresa affermò che la madre fu premurosa nell’inculcare alla figlia il pensiero del perdono e che Maria non ebbe nessuna esitazione, e disse che lo perdonava ben volentieri e che lo voleva con sé in Cielo.

Il perdono del suo assassino è il gesto più qualificante della sua santità. Fu il parroco Temistocle Signori a porre esplicitamente la domanda, infatti dopo aver detto qualche cosa di Gesù in croce, le chiese se anche lei era pronta a perdonare Alessandro per amore di Gesù. La risposta non si fece attendere, seppur con quel filo di voce che le rimaneva: «Sì per amore di Gesù gli perdono, e voglio che venga con me in Paradiso». La stessa mattina Alessandro con il treno venne condotto a Roma nel carcere Regina Coeli. Particolare significativo: il convoglio passò davanti all’ospedale Orsenigo mentre la Goretti lo stava perdonando. Accanto al perdono di Maria va ricordato anche quello della madre, la quale, appena fu pronunziata la sentenza di condanna per Alessandro, fu interpellata dal Presidente del Tribunale: «Signora Assunta Goretti, perdonate voi all’uccisore di vostra figlia?» «Per conto mio – rispose Assunta – sì, gli perdono di cuore, signor Presidente». Tra la folla si udì un brusìo confuso. Qualcuno disse: Io non gli perdonerei!». Ma la coraggiosa donna osservò: «E se neppure Gesù Cristo perdonasse a noi?».

Le condizioni di Marietta peggiorarono improvvisamente, perse più volte conoscenza. Poco prima che la fanciulla morisse, mamma Assunta chiese al medico se Alessandro riuscì comunque nel suo intento: «Non dubitare – rispose il medico – ella è come è nata».

L’Arciprete T. Signori ricorda: Nei momenti di delirio rievocava le circostanze della sanguinosa tragedia e fra le altre diceva le testuali parole: «Alessandro, che fai…, tu vai all’inferno…», espressioni che ella dovette dire nell’atto dell’esecrando delitto. Le sue ultime premure furono per i fratellini, la mamma, il babbo, quasi un testamento di amore per coloro che erano stati il suo mondo.

Chiamò anche la dolce Teresa in un’impossibile invocazione di aiuto, poi si abbandonò serenamente senza vita sul cuscino. Era il 6 luglio 1902, aveva 11 anni, 8 mesi e 21 giorni.

Il popolo intuì chiaramente: « E’ morta una martire, è morta una santa». Mamma Assunta ricorda che, dopo i primi tentativi di conforto, la gente passò addirittura alle congratulazioni per essere la mamma fortunata di una Santa.

I FUNERALI

Il giornale «Il Messaggero» di Roma, il 7 luglio fece conoscere a Roma e a tutta l’Italia l’eroismo di Maria. Ai funerali vi fu una grandissima partecipazione di persone, di associazioni, di autorità venute da Roma e anche di numerosissime personalità. L’arciprete Signori, che fu a capo di tutta quella grande manifestazione, terminò con questa bella invocazione: «… E tu, fanciulla eroica, insegna alle nostre fanciulle, e a tutte, come si lotta e si muore in difesa della purezza. Intercedi presso la Vergine Immacolata particolarmente per la nostra gioventù e per le Figlie di Maria, della cui schiera divenisti sorella nell’ultima ora! Tu, che tutti noi speriamo salutare un giorno anche qual loro seconda protettrice!». Egli nel redigere l’atto di morte nel Registro dei Defunti annotava che: «La fanciulla, timorata di Dio… trasportata all’ospedale Fatebenefratelli, si confessò, ricevette il S. Viatico e l’Olio degli Infermi dal cappellano Rev. P. Martino Guijarro. E perdonando il suo uccisore spirò nel bacio del Signore».

AUTENTICITÀ DEL MARTIRIO

Il martire è un testimone e nella terminologia cristiana è la persona che ha reso testimonianza a Gesù Cristo con il suo sangue. Primo elemento è il fatto provato della morte violenta. Non è sufficiente che essa sia stata minacciata o decretata se poi per un qualsiasi motivo non si è verificata. La morte deve poi essere dipesa da una responsabilità estrinseca e distinta dalla vittima.

Il terzo elemento è la causa, la ragione della morte. Il martire deve morire per un motivo di fede o di una virtù morale riferibile o riferita a Dio. Motivo della morte può essere la fedeltà al Magistero della Chiesa e ad un precetto morale e naturale in quanto sancito dalla autorità di Dio.

Vi è infine un elemento psicologico che integra la figura del martire e lo manifesta vero testimone di Cristo: la morte deve essere consapevolmente accettata e subita con particolari disposizioni spirituali che sono la costante fortezza e la serena mitezza, ispirati a princìpi di ordine soprannaturale.

Maria espresse chiaramente il motivo per cui preferì la morte: «No, no è peccato, Dio non vuole, tu vai all’inferno». Il perdono, poi, concesso al suo uccisore prima di morire, oltre a rivelare il livello della sua maturità cristiana, dimostra la serenità con cui accettò la morte.

LA SANTITÀ NON SI IMPROVVISA

La vita di S. Maria Goretti è stata illuminata dalla fede, dalla speranza e dalla carità. Non ha fatto grandi gesta, ma è stata fedele al suo dovere quotidiano ed ella ci conferma ancora che quello che ha detto Gesù è sempre vero ed attuale: «Chi è fedele nelle piccole cose lo è anche nelle grandi» (Lc 16, 10). Così Maria nella prova più grande, aiutata dalla grazia soprannaturale, non ha voluto offendere il suo Redentore.

Ella, con la sua famiglia, ha anche molto da insegnare a tutti, specialmente ai genitori, che hanno la responsabilità della salvezza delle anime dei loro figli. San Carlo Borromeo diceva: «Allevare, educare i figli, vuol dire condurli a Gesù». Tutti i genitori, come fecero i genitori di Maria, devono insegnare ai figli a pregare, ad aver e conservare il timor di Dio, ricordandosi che esso è un dono dello Spirito Santo e che come dice la S. Scrittura: «…è l’inizio della Sapienza» (Ecl 1, 16; Prov 9, 10). Tra l’altro nell’antifona della Comunione della Messa per la Santa (il 6 luglio), leggiamo: «Il timore del Signore è il suo tesoro» (Is 33,6).

Quanto sia importante il timor di Dio lo conferma anche questo episodio riportato da P A. Rodriguez: «All’inizio della Compagnia di Gesù, vi erano molti sacerdoti giovani ed erano visti in mezzo a tante occasioni e pericoli eppure traspirava da loro tanto odore di castità, il che molto sorprendeva la corte, dove perciò si parlava con ammirazione dei Padri. Dicono che il Re, ragionando un dì col P. Araoz, gli disse: “Mi è stato detto che quelli della Compagnia portano con sé una certa erba che ha la virtù di conservare la castità”. Il P Araoz, che era un uomo assai pronto ed accorto, gli rispose: “È stato detto il vero a Vostra Maestà”. Soggiunse il Re: “Ditemi, per la vita vostra, che erba è questa?”. “Sire, replicò il Padre, l’erba che quelli della Compagnia portano con sé per conservare la castità è il santo timor di Dio, questa è l’erba che fa tale miracolo, perchè ha la virtù di far fuggire i demoni”» (P A. Rodriguez, Esercizio di perfezione e di virtù cristiane, Soc. Editrice Internazionale, vol. III, giugno 1963).

La madre affermò: «Che fosse brava lo sapevo, che sarebbe diventata Santa non me l’aspettavo… è vero che feci di tutto per darle un’educazione cristiana, ma non avrei mai creduto che fosse così eroica da dare la sua vita». Dio è sempre stato al primo posto nella vita di Maria ed Egli ha orientato tutta sua vita. Qualsiasi tentativo di raccontare la vita della Santa escludendo questo valore è una manipolazione che non tiene conto della verità e della storia. La fede di Maria si è manifestata nel quotidiano, nelle faccende concrete della vita, nell’accettazione del dolore e della gioia, nel servizio degli altri, nell’abbandono alla Provvidenza, nell’amore alla Vergine e alla Santa Eucaristia.

Sulla tomba di Marietta avvennero guarigioni prodigiose, la Chiesa quindi prese in esame la documentazione presentata dal passionista P Mauro Liberati e il 31 maggio 1935 iniziò il Processo canonico ad Albano Laziale.

Il 25 marzo 1945 Pio XII riconobbe l’autenticità del suo martirio.

Il 27 aprile 1947 fu dichiarata beata. Ecco un estratto del discorso del Papa in quell’occasione: «Maria Goretti che dovette così giovane, dodicenne, lasciare questa terra, è un frutto maturo del focolare domestico, ove si prega, ove i figli sono educati nel timore di Dio, nell’ubbidienza verso i genitori, nell’amore della verità, nella verecondia, nella illibatezza; ove essi fin da fanciulli si abituano a contentarsi di poco, ad essere ben presto di aiuto nella fattoria… La nostra Beata fu una forte. Ella sapeva e comprendeva, e precisamente per ciò preferì morire. Non aveva ancora compiuto dodici anni, quando cadde martire… No, non è un’anima piccola e debole, è un’eroina, che sotto la stretta del ferro del suo uccisore, non pensa alla sua sofferenza, ma alla bruttezza del peccato, che risolutamente respinge…».

LA CANONIZZAZIONE

La canonizzazione avvenne il 24 maggio 1950, durante l’ Anno Santo, tre anni appena dopo la beatificazione: ad essa assistettero anche mamma Assunta e i suoi figli. La cerimonia fu celebrata all’aperto, in piazza San Pietro, a causa dell’immensa folla di devoti convenuti da ogni parte del mondo. Si calcola che furono presenti almeno 500.000 persone. Riportiamo una parte del discorso tenuto da Pio XII in quell’occasione: «Se è vero che nel martirio di Maria Goretti sfolgorò soprattutto la purezza, in essa e con essa trionfarono anche le altre virtù cristiane. Nella purezza era l’affermazione più elementare e significante del dominio perfetto dell’anima sulla materia; nell’eroismo supremo, che non si improvvisa, era l’amore tenero e docile, obbediente ed attivo verso i genitori; il sacrificio nel duro lavoro quotidiano; la povertà evangelicamente contenta e sostenuta dalla fiducia nella Provvidenza celeste; la religione tenacemente abbracciata e voluta conoscere ogni giorno di più, fatta tesoro di vita e alimentata dalla fiamma della preghiera, il desiderio ardente di Gesù Eucaristico, ed infine, corona della carità, l’eroico perdono concesso all’uccisore; rustica ghirlanda ma così cara a Dio, di fiori campestri, che adornò il bianco velo della Prima Comunione, e poco dopo il suo martirio… O giovani, fanciulli e fanciulle, pupille degli occhi di Gesù e nostri, – dite – siete voi ben risoluti a resistere fermamente, con l’aiuto della grazia divina, a qualsiasi attentato (Sì!…) a qualsiasi attentato che altri ardisse fare alla vostra purezza? (Sì!…).

E voi, padri e madri, al cospetto di questa moltitudine, dinanzi alla immagine di questa vergine adolescente, che col suo intemerato candore ha rapito i vostri cuori, alla presenza della madre di lei, che, educatala al martirio, non ne rimpianse la morte, pur vivendo nello strazio, ed ora s’inchina commossa ad invocarla, – dite – siete pronti ad assumere il solenne impegno di vigilare, per quanto è da voi, sui vostri figli, sulle vostre figlie, al fine di preservarli e difenderli contro tanti pericoli che li circondano, e di tenerli sempre lontani, dai luoghi di addestramento all’empietà e alla perversione morale (Sì!… ) (Nella registrazione sonora si sentono bene questi «sì» levarsi della piazza gremita)

Ed ora, o voi tutti che ci ascoltate, in alto i cuori! Sopra le malsane paludi ed il fango del mondo si estende un cielo immenso di bellezza. È il cielo che affascinò la piccola Maria; il cielo a cui ella volle ascendere per l’unica via che ad esso conduce: la religione, l’amore di Cristo, l’eroica osservanza dei comandamenti… ».

Il Papa poi decretò che il 6 luglio è la festa liturgica annuale di santa Maria Goretti.

 

 

Le dodici stelle della Madonna

 

La serva di Dio Madre M. Costanza Zauli (1886-1954) fondatrice delle Ancelle Adoratrici del SS. Sacramento di Bologna, ebbe l’ispirazione di praticare e diffondere la devozione dei dodici privilegi di Maria Santissima, fin dal 1924, durante un periodo di grandi sofferenze fisiche e morali.

Scrive a proposito, nel suo diario: “In quella benedetta visita, la SS Vergine mi insegnò la pratica dei dodici privilegi e mi ordinò di farla conoscere e di diffonderla, perché graditissima al suo cuore: farne il ricordo, meditandoli mentalmente e recitando ad ognuno un’Ave Maria e la seguente preghiera di lode: Sia benedetta, lodata e ringraziata la SS. Trinità per le grazie concesse alla Vergine Maria”.

 

1° PRIVILEGIO: Predestinazione di Maria.

“Quando non esistevano gli abissi, io fui generata” . (Prv 8,24).

“Quando non c’erano ancora gli abissi, la Madre di Dio già esisteva nella mente del Creatore”. (Prv 8,24).

Contemplazione: Il Divin Padre, dall’eternità ideava la sua opera creatrice, ammirando la perfezione che avrebbe impressa nelle sue creature, e si compiaceva del capolavoro sommo, della gemma più preziosa, vagheggiando nel suo pensiero la Madre che avrebbe preparato al suo Figlio.

Invocazione: O Gloria della Trinità Santissima: aiutami ad accogliere e a portare a compimento il disegno d’amore che il Padre ha su di me.

Ave Maria.

“Sia benedetta, lodata e ringraziata la SS. Trinità per le grazie concesse alla Vergine Maria”.

 

2° PRIVILEGIO: L’Immacolata concezione di Maria.

“Io porrò inimicizia tra te e la donna”. (Gn 3,15). 

“Nel giardino di Eden Iddio annuncia il futuro Redentore che, con la Madre, calcherà la testa al serpente”. (Gn 3,15).

Contemplazione: I primissimi chiarori dell’alba della Redenzione, dopo la promessa fatta nell’Eden, eccoli nell’immacolato concepimento di Maria. Al primo apparire della stella del mattino, l’umanità cominciò a godere le primizie della riconciliazione con Dio, poiché la cortina di separazione da lui, in forza del primo palpito della Creaturina eletta, si strappò, lasciando traboccare dall’alto la misericordia dell’Altissimo.

Invocazione: O piena di grazia: sii la mia forza per vincere il peccato e crescere in sapienza e grazia. Ave Maria.

“Sia benedetta, lodata e ringraziata la SS. Trinità per le grazie concesse alla Vergine Maria”.

 

3° PRIVILEGIO: La perfetta conformità di Maria al volere di Dio.

“Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. (Lc 1,38).

“La scala di Giacobbe, che unisce la terra al cielo, può raffigurare la volontà di Maria legata amorevolmente al Signore”. (Gv 3,15).

Contemplazione: L’anima di Maria era un vero paradiso di delizia per il Figlio e il più bell’ornamento di gloria per la SS. Trinità. Ella sapeva innalzarsi nelle limpide regioni della fede ove vedeva il suo Dio e adorava la sua volontà santissima ripetendogli il “fiat” di una dedizione piena e perfetta.

Invocazione: Madre della Fede: fa che io sia pronto e gioioso nei miei Si quotidiani alla santa volontà del Padre.

Ave Maria.

“Sia benedetta, lodata e ringraziata la SS. Trinità per le grazie concesse alla Vergine Maria”.

   

4° PRIVILEGIO: L’eminente Santità di Maria.

“Senza macchia né ruga… ma Santa e Immacolata”. (Ef 5,27 b).

“La casa fondata sulla roccia”. (Mt 7,25).

Contemplazione: La santità della Madonna è tutta un tessuto d’oro sulla semplice trama della perfetta fedeltà ai suoi doveri e nello stato di vita più semplice e comune, quali si presta ad essere imitata.

Invocazione: O modello di santità: salvami dall’ipocrisia della virtù apparente, insegnami umiltà, amore, preghiera profonda.

Ave Maria.

“Sia benedetta, lodata e ringraziata la SS. Trinità per le grazie concesse alla Vergine Maria”.

   

5° PRIVILEGIO: L’annunciazione.

“Ave, o piena di grazia, il Signore è con te”. (Lc 1,28).

“La nube, segno della presenza di Dio”. (1 Re 8,10).

Contemplazione: Maria, nel momento in cui venne annunziata all’Arcangelo, era assorta nella preghiera. La sua anima diede tre splendori: adorazione amore dedizione, così perfetti ed elevati da attrarre le compiacenze di Dio, che di quella meravigliosa Creatura formò la Sede dell’Eterna Sapienza.

Invocazione: O Eletta fra le donne: donami la semplicità del tuo cuore, la tua generosità, la tua fiducia incrollabile nella Parola del Signore.

Ave Maria.

“Sia benedetta, lodata e ringraziata la SS. Trinità per le grazie concesse alla Vergine Maria”.

   

6° PRIVILEGIO: La maternità divina di Maria.

“Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù”. (Lc 1,31).

“Il tronco di Jesse che fiorisce”. (Is 11,1).

Contemplazione: Nel gran momento in cui il Verbo si vestì di carne in Maria, la sua anima benedetta e tutto l’essere suo rimasero adombrati dallo Spirito Santo che la consacrava Madre di Dio. Quale estasi fu la sua! La felicità del Padre la compenetrava e si arricchiva della sua gioia materna.

Invocazione: O Madre del Verbo: disponimi ad accogliere i doni dello Spirito Santo, affinché io diventi conforme a Gesù e figlio ubbidiente della Chiesa.

Ave Maria.

“Sia benedetta, lodata e ringraziata la SS. Trinità per le grazie concesse alla Vergine Maria”.

 

7° PRIVILEGIO: La verginità perfetta di Maria.

“Come avverrà questo? Non conosco uomo”. (lc 1,35).

“Il giglio tra i cardi”. (Ct 2,2).

Contemplazione: La Vergine benedetta è la gloria più fulgida delle creature, che ha straordinariamente nobilitato innalzando per prima il candido vessillo della verginità. Le anime che a lei si affidano imitandola, possono divenire a loro volta templi vivi di Dio.

Invocazione: Sei Madre e sei vergine, o Maria: a Dio nulla è impossibile. Trasfigura la mia anima e il mio corpo con la tua dolce e candida luce. 

Ave Maria.

“Sia benedetta, lodata e ringraziata la SS. Trinità per le grazie concesse alla Vergine Maria”.

    

8° PRIVILEGIO: Il martirio del cuore.

“Stava presso la Croce la Madre di Gesù”. (Gv 19,25).

“Il cuore trafitto di Maria”. (Lc 2,35).

Contemplazione: Maria per la forza e la delicatezza dell’amore materno, precedeva i passi di Gesù, tenendosi in una perfetta dedizione a tutte le disposizioni del Padre in ordine al compimento dell’opera redentivi, perfino a donarsi senza riserve insieme a Lui, immedesimata agli stessi palpiti del suo cuore in maniera da formare una sola vittima di espiazione.

Invocazione: Nel dolore mi hai generato, Regina dei martiri. Sostieni la mia incostanza nel perseverare e insegnami a consolare chi soffre.

Ave Maria.

“Sia benedetta, lodata e ringraziata la SS. Trinità per le grazie concesse alla Vergine Maria”.  

    

9° PRIVILEGIO: Il gaudio di Maria alla resurrezione e ascensione di Gesù.

“L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore”. (Lc 1,46). “L’incensiere d’oro (Ap 8,3) fra i due simboli: il Cero per la resurrezione e il Monogramma di Cristo sulla nube, per l’ascensione”. 

Contemplazione: Gesù riversò con radiosa pienezza il suo gaudio in Maria nel momento della resurrezione. Per una Madre come lei, il vedere con i propri occhi l’esaltazione del Figlio che adorava, la felicità e le ricchezze del Regno del quale entrava in possesso, era motivo di grande gioia.

Invocazione: Madre di Gesù, Agnello immolato, sei ora esultante con Lui nella gloria. Portami ad adorare lo splendore della sua divinità nel dono dell’Eucarestia.

Ave Maria.

“Sia benedetta, lodata e ringraziata la SS. Trinità per le grazie concesse alla Vergine Maria”.

    

10° PRIVILEGIO: L’assunzione in cielo di Maria.

“Oggi l’arca sacra e vivente del Dio vivo ha trovato il riposo nel tempio del Signore” (1 Cr 16).

“L’arca del Signore portata in trionfo è simbolo del trasporto in cielo della Tuttasanta”. (1 Cr 15,3).

Contemplazione: Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, rapiti di amore per la loro figlia, madre e sposa, finito il corso della sua vita terrena, la assunsero alla celeste gloria in anima e corpo, accompagnata dagli angeli osannati, fino alle altezze del trono di Dio, dal quale ricevette la massima glorificazione.

Invocazione: Non sei lontana, Donna vestita di sole: sei qui, operante con tenerezza materna, accanto a ciascuno di noi in cammino verso il cielo.

Ave Maria.

“Sia benedetta, lodata e ringraziata la SS. Trinità per le grazie concesse alla Vergine Maria”.

    

11° PRIVILEGIO: La regalità di Maria.

“Il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre, e il suo regno non avrà mai fine”. (Lc 1,3233).

“Il segno della donna vestita di sole” . (Ap 12,1).

Contemplazione: In Cielo Maria è il Paradiso della Trinità santa, nel quale il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo prendono le loro compiacenze. Di quale potere è insignita questa gran Regina! E tutto a vantaggio nostro. Quale inestimabile dono ci ha fatto Iddio dandocela per Madre!

Invocazione: Sei Regina e sei Ancella: per te e per Gesù regnare non ha significato altro che servire. Educami, o madre, ad essere regale nel testimoniare verità e giustizia.

Ave Maria.

“Sia benedetta, lodata e ringraziata la SS. Trinità per le grazie concesse alla Vergine Maria”.

    

12° PRIVILEGIO: La mediazione di Maria e la potenza della sua intercessione.

“Chi trova me trova la vita e ottiene favore dal Signore”. (Prv 8,35).

“Maria riceve la grazia di Gesù e la effonde su tutte le creature”. (Gv 7,3738).

“La corona delle dodici stelle richiama i 12 privilegi di Maria Santissima”.

(Ap 12,1).

 Contemplazione: Vedo Maria Santissima davanti all’Altissimo per ottenere la salvezza dei suoi figli peccatori. Ricevendo tutte le grazie discendenti della Prima Sorgente, fatta dal Mediatore vera mediatrice, ella trasmette le grazie ai suoi figli e la sua larghezza nel dare aumenta continuamente le sue ricchezze.

Invocazione: La SS. Trinità ti ha affidato la missione della maternità universale: io ti accolgo, come Giovanni, con amore filiale e spontaneo, consacrandomi al tuo Cuore Immacolato. 

Ave Maria.

“Sia benedetta, lodata e ringraziata la SS. Trinità per le grazie concesse alla Vergine Maria”.

Amore e Adorazione

 

O mio Dio, Gesù Eucaristia che adoro, aiutami a dimenticarmi interamente, per fissarmi in Te, assorto e quieto, come se la mia anima fosse già nell’eternità.

Nulla possa turbare il nostro colloquio, nè farmi uscire da Te, o mio Gesù nascosto, ma che ad ogni istante io mi immerga sempre più nelle profondità del Tuo mistero eucaristico.

Purifica l’anima mia, rendila Tuo cielo, Tua prediletta dimora e luogo del Tuo riposo.

Che io non Ti lasci mai solo nel Santo Tabernacolo, ma tutto io sia vigile e attivo in tutti i Tabernacoli del mondo con la fede, l’adorazione, la riparazione, pienamente abbandonato alla Tua azione redentrice.

O amato mio Crocifisso per amore, mio amato Gesù fatto mio cibo, vorrei essere una sposa per il Tuo cuore, vorrei coprirti di gloria, vorrei amarti… fino a morirne!

E farmi amare dal mondo intero. Ma sento tutta la mia impotenza, e Ti prego di rivestirmi di Te, di identificare tutti i movimenti della mia anima a quelli dell’anima Tua, di sommergermi, di invadermi, di sostituirTi a me, affinché la mia vita non sia che un riflesso della Tua Vita.

Vieni in me, nella Eucaristia come Adoratore, come Riparatore e come Salvatore. O Verbo eterno, Parola del mio Dio, voglio passare la mia vita ad adorarTi e ascoltarTi; voglio rendermi docilissimo ad ogni Tuo insegnamento, per imparare tutto da Te; e poi, nelle notti dello spirito, nel vuoto, nella lotta più aspra, nell’impotenza, voglio fissarTi sempre e starmene sotto il Tuo grande splendore.

O mio Gesù Eucaristia, Astro adorato, affascinami, perché non possa più sottrarmi alla Tua irradiazione.

O Fuoco consumatore, Spirito d’Amore, discendi in me perché si faccia dell’anima mia quasi una incarnazione del Verbo, una adorazione perpetua del Suo Corpo e del Suo Sangue.

Che io Gli sia un prolungamento di umanità, in cui Egli possa rinnovare tutto il Suo Mistero culminante nell’Eucaristia.

E Tu, o Padre, chinati verso la Tua povera, piccola creatura, coprila della Tua ombra, non vedere in essa che il Diletto nel quale hai posto le Tue compiacenze, in attesa che io venga a contemplare nella vostra Luce l’abisso della vostra grande misericordia. Così sia.

Rosario eucaristico

 

O Dio vieni a salvarmi.

Signore vieni presto in mio aiuto.

Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo,
come era nel principio, ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen

Primo mistero eucaristico

Si contempla come Gesù Cristo abbia istituito il Santissimo Sacramento per ricordarci la Sua passione e morte.

Dice Gesù:
‘Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo’ Gv 6,51

Padre nostro…
10 volte:  Sia lodato e ringraziato ogni momento
si risponde:  Gesù nel Santissimo Sacramento

Secondo mistero eucaristico

Si contempla come Gesù Cristo abbia istituito il Santissimo Sacramento per rimanere con noi tutto il tempo della nostra vita.

Dice Gesù:
‘Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo’ Mt 28,20

Padre nostro…
10 volte:  Sia lodato e ringraziato ogni momento
si risponde:  Gesù nel Santissimo Sacramento

Terzo mistero eucaristico

Si contempla come Gesù Cristo abbia istituito il Santissimo Sacramento per perpetuare il Suo Sacrificio sugli altari per noi sino alla fine del mondo.

Dicono i discepoli di Emmaus:
‘Resta con noi Signore perché si fa sera’ Lc 24,29

Padre nostro…
10 volte:  Sia lodato e ringraziato ogni momento
si risponde:  Gesù nel Santissimo Sacramento

Quarto mistero eucaristico

Si contempla come Gesù Cristo abbia istituito il Santissimo Sacramento per farsi cibo e bevanda dell’anima nostra.

Dice Gesù:
‘Io sono il pane della vita chi viene a me non avrà più fame’ Gv 6,34

Padre nostro…
10 volte:  Sia lodato e ringraziato ogni momento
si risponde:  Gesù nel Santissimo Sacramento

Quinto mistero eucaristico

Si contempla come Gesù Cristo abbia istituito il Santissimo Sacramento per rvisitarci nel momento della nostra morte e per portarci in Paradiso.

Dice Gesù:
‘Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna’  Gv 6,54

Padre nostro…
10 volte:  Sia lodato e ringraziato ogni momento
si risponde:  Gesù nel Santissimo Sacramento

Sequenza Corpus Domini

 

[Sion, loda il Salvatore,
la tua guida, il tuo pastore
con inni e cantici.

Impegna tutto il tuo fervore:
egli supera ogni lode,
non vi è canto che sia degno.

Pane vivo, che dà vita:
questo è tema del tuo canto,
oggetto della lode.

Veramente fu donato
agli apostoli riuniti
in fraterna e sacra cena.

Lode piena e risonante,
gioia nobile e serena
sgorghi oggi dallo spirito.

Questa è la festa solenne
nella quale celebriamo
la prima sacra cena.

È il banchetto del nuovo Re,
nuova Pasqua, nuova legge;
e l’antico è giunto a termine.

Cede al nuovo il rito antico,
la realtà disperde l’ombra:
luce, non più tenebra.

Cristo lascia in sua memoria
ciò che ha fatto nella cena:
noi lo rinnoviamo.

Obbedienti al suo comando,
consacriamo il pane e il vino,
ostia di salvezza.

È certezza a noi cristiani:
si trasforma il pane in carne,
si fa sangue il vino.

Tu non vedi, non comprendi,
ma la fede ti conferma,
oltre la natura.

È un segno ciò che appare:
nasconde nel mistero
realtà sublimi.

Mangi carne, bevi sangue;
ma rimane Cristo intero
in ciascuna specie.

Chi ne mangia non lo spezza,
né separa, né divide:
intatto lo riceve.

Siano uno, siano mille,
ugualmente lo ricevono:
mai è consumato.

Vanno i buoni, vanno gli empi;
ma diversa ne è la sorte:
vita o morte provoca.

Vita ai buoni, morte agli empi:
nella stessa comunione
ben diverso è l’esito!

Quando spezzi il sacramento
non temere, ma ricorda:
Cristo è tanto in ogni parte,
quanto nell’intero.

È diviso solo il segno
non si tocca la sostanza;
nulla è diminuito
della sua persona.]

Ecco il pane degli angeli,
pane dei pellegrini,
vero pane dei figli:
non dev’essere gettato.

Con i simboli è annunziato,
in Isacco dato a morte,
nell’agnello della Pasqua,
nella manna data ai padri.

Buon pastore, vero pane,
o Gesù, pietà di noi:
nutrici e difendici,
portaci ai beni eterni
nella terra dei viventi.

Tu che tutto sai e puoi,
che ci nutri sulla terra,
conduci i tuoi fratelli
alla tavola del cielo
nella gioia dei tuoi santi.

Preghiera all’Angelo custode

 

Mio amato amico, angelo custode, per il tuo grande amore verso di me, amando tu Dio infinitamente, e vedendo che Dio tanto mi ha amato e continua ad amarmi, ottienimi la consolazione nelle mie afflizioni, e la grazia di pregare sempre e bene, al fine di ottenere le divine misericordie sino all’ultimo istante della mia vita.

Padre nostro
3 Ave Maria
Gloria

Condottiero fedele, mio angelo custode, per l’incarico che Dio ti ha dato, di condurmi per la via del Cielo, ottienimi la grazia di seguire fedelmente e costantemente i tuoi insegnamenti sul male che devo evitare, e sul bene che devo praticare, e non smettere mai di stimolarmi alla virtù, sino all’ultimo respiro della mia vita.

Padre nostro
3 Ave Maria
Gloria

Diffusione del culto della Misericordia

Le anime che diffondono il culto della Mia Misericordia, le proteggo per tutta la vita, come una tenera madre protegge il suo bimbo ancora lattante e nell’ora della morte non sarò per loro Giudice, ma Salvatore misericordioso (D. 1075). Questa promessa fece il Signore Gesù a tutti coloro che in qualche modo annunceranno la Sua Misericordia, diffonderanno la Sua venerazione. I sacerdoti possono beneficiare della promessa aggiuntiva di Gesù secondo la quale: I peccatori induriti si inteneriscono alle loro parole, quando essi parleranno della Mia sconfinata Misericordia e della compassione che ho per loro nel Mio Cuore. Ai sacerdoti che proclameranno ed esalteranno la Mia Misericordia, darò una forza meravigliosa, unzione alle loro parole e commuoverò i cuori ai quali parleranno (D. 1521). Queste promesse esprimono quale importanza ha la diffusione della venerazione della Misericordia, se Gesù ha promesso durante la vita e in punto di morte la sua protezione materna a tutti coloro che eseguiranno questo compito. La diffusione della venerazione della Divina Misericordia, quindi, è una delle forme del culto della Divina Misericordia assieme all’immagine della Misericordia, alla Festa della Misericordia, alla Coroncina e all’Ora della Misericordia, in quanto anche questa pratica è stata inclusa tra le promesse di Gesù e tutti possono accedervi.

La diffusione della venerazione della Misericordia, ovvero l’annuncio del messaggio della Divina Misericordia manifestatasi più pienamente in Cristo crocefisso e risorto, attraverso la propria testimonianza di vita, le azioni, le parole e la preghiera, deve indicare non solo la via a una vita sulla terra bella e felice, ma deve servire anche, e forse soprattutto, a preparare l’umanità alla seconda venuta di Cristo sulla terra. Segretaria della Mia Misericordia – disse il Signore Gesù a Suor Faustina – scrivi, parla alle anime di questa Mia grande Misericordia, poiché è vicino il giorno terribile, il giorno della Mia giustizia (D. 965). Non desistere dal diffondere la Mia Misericordia (D. 1521). Parla a tutto il mondo della Mia inconcepibile Misericordia (D. 699). Che conosca tutta l’umanità la Mia insondabile Misericordia. Questo è un segno per gli ultimi tempi, dopo i quali arriverà il giorno della giustizia. (D. 848). Scrivi: prima che io venga come Giudice giusto, spalanco la porta della Mia Misericordia. Chi non vuole passare attraverso la porta della Misericordia, deve passare attraverso la porta della Mia giustizia (D. 1146). Per questo sulle pagine del “Diario” risuona questo richiamo del Signore Gesù destinato a Suor Faustina e, attraverso di lei, a tutta la Chiesa e al mondo.

Tale compito – ovvero la diffusione del messaggio della Misericordia – scaturisce già dal dono ricevuto con il sacramento del Battesimo. È anche un diritto e un obbligo della Chiesa e quindi di tutti i credenti. È giunta l’ora – disse il Santo Padre Giovanni Paolo II a Cracovia – Błonie nell’anno 2002 – in cui il messaggio della Divina Misericordia riversi nei cuori la speranza e diventi scintilla di una nuova civiltà: della civiltà dell’amore.

Le Lettere di Santa Faustina

Oltre al “Diario”, Santa Suor Faustina lasciò le lettere e le cartoline con gli auguri.

Fino ai giorni nostri sono giunte 19 lettere al suo direttore spirituale di Vilnius Don Michele Sopoćko, 1 lettera a P. Giuseppe Andrasz S.I. – suo confessore e direttore spirituale a Cracovia, 3 lettere alla superiora generale m. Michaela Moraczewska, 1 alla superiora della casa di Cracovia – m. Irene Krzyżanowska, 9 al s. Giustina Gołofit, che Suor Faustina ebbe sotto protezione spirituale come cosiddetto „angelo”, 11 al s. Ludwina Gadzina, per la quale Santa Faustina fu sempre un “angelo” nonché 1 lettera alla s. Beniamina Zarębska. Nell’archivio della Congregazione ci sono anche cartoline con brevi auguri scritti in rima per m. Irene Krzyżanowska e per altre suore.

Si sono conservate anche le sue rare lettere alla famiglia: alle sorelle Eugenia, Natalia e Wanda nonché le dediche sulle immagini per i genitori. Nel libro „Lettere di Santa Suor Faustina”, furono pubblicate anche le lettere di Don Michele Sopoćko al Suor Faustina, in quanto permettono di vedere non solo le relazioni tra di loro, ma soprattutto la ricerca comune della volontà di Dio e gli sforzi legati alla realizzazione della missione dell’Apostola della Divina Misericordia.

Le lettere, gli auguri e le dediche sulle immagini rivelano e completano il quadro spirituale di Santa Suor Faustina, mostrano il volto di una mistica e di una profetessa completamente impegnata nel tema dell’annuncio del messaggio della Misericordia e nello stesso tempo una persona preoccupata delle cause degli altri, della loro salvezza e delle loro necessità umane.

Consacrazione all’Immacolata di San Massimiliano Kolbe

 

Carissimi Figli, nelle difficoltà, nelle tenebre, nelle debolezze, negli scoraggiamenti ricordiamoci che il Paradiso si sta avvicinando. Ogni giorno che passa è un intero giorno in meno di attesa.

Coraggio, dunque! Ella ci attende di là per stringerci al Cuore.
Inoltre, non date retta al diavolo, qualora volesse farvi credere che il paradiso non esiste, ma non per voi, perché, anche se aveste commesso tutti i peccati possibili, un solo atto di amore perfetto lava tutto al punto tale che non ci rimane neppure un’ombra.

Carissimi Figli, come desidererei dirvi, ripetervi quanto è buona l’Immacolata, per poter allontanare per sempre dai vostri piccoli cuori la tristezza, l’abbattimento interiore o lo scoraggiamento. La sola invocazione “Maria”, magari con l’anima immersa nelle tenebre, nelle aridità e perfino nella disgrazia del peccato, quale eco produce nel Suo Cuore che tanto ci ama! E quanto più l’anima è infelice, sprofondata nelle colpe, tanto più questo Rifugio di noi poveri peccatori la circonda di sollecita protezione.
Ma non affliggetevi mai se non sentite tale amore. Se volete amare, questo è già un segno sicuro che state amando; ma si tratta solo di un amore che procede dalla volontà.
Anche il sentimento esteriore è frutto della grazia, ma non sempre esso segue immediatamente la volontà. Vi potrà capitare, miei Cari, un pensiero, quasi una mesta nostalgia, una supplica, un lamento…: “Chissà se l’Immacolata mi ama ancora?”.
Figli amatissimi!

Lo dico a tutti insieme e a ciascuno in particolare nel Suo nome, notate bene, nel Suo nome: Ella ama ciascuno di voi, vi ama assai e in ogni momento senza alcuna eccezione.
Questo, carissimi Figli, ve lo ripeto nel Suo Nome.

(Lettera di S. Massimiliano Kolbe ai confratelli in Giappone il 13 aprile 1933)

 

O Immacolata, Regina del cielo e della terra,
Rifugio dei peccatori e Madre nostra amorosissima,
cui Dio volle affidare l’intera economia della misericordia,
io, indegno peccatore, mi prostro ai tuoi piedi,
supplicandoTi umilmente di volermi accettare tutto e completamente
come cosa e proprietà Tua,
e di fare ciò che Ti piace di me e di tutte le facoltà della mia anima
e del mio corpo, di tutta la mia vita, morte ed eternità.
Disponi pure, se vuoi, di tutto me stesso, senza alcuna riserva, per compiere
ciò che è stato detto di Te: “Ella ti schiaccerà il capo” (Gn 3,15),
come pure: “Tu sola hai distrutto tutte le eresie sul mondo intero” (Lit.),

affinché nelle Tue mani immacolate e misericordiosissime

io divenga uno strumento utile per innestare e incrementare
il più fortemente possibile la Tua gloria in tante anime smarrite e indifferenti
e per estendere in tal modo, quanto più è possibile, il benedetto regno del SS. Cuore di Gesù.
Dove Tu entri, infatti, ottieni la grazia della conversione e santificazione,
poichè ogni grazia scorre, attraverso le Tue mani, dal Cuore dolcissimo di Gesù fino a noi.
Amen

 

Preghiera alla Vergine di Guadalupe

Benedetta Vergine di Guadalupe,

Ti chiedo a nome di tutti i miei fratelli del mondo, di benedirci e proteggerci. Dacci una prova del tuo amore e bontà e ricevi le nostre preghiere e orazioni.

Oh Purissima Vergine di Guadalupe! Ottieni da tuo figlio il perdono dei miei errori, benedizione per il mio lavoro. Rimedi per le mie infermità e necessità, e tutto ciò che credi conveniente chiedere per la mia famiglia.

 

Preghiera alla Madonna di Loreto

(di Giovanni Paolo II in occasione del VII Centenario Lauretano)

O Maria, ci rivolgiamo a Te,
nella tua Santa Casa di Loreto,
memoria del mistero di Dio fatto uomo
nel tuo seno purissimo per opera dello Spirito Santo.
Adoriamo il prodigioso evento,
segno stupendo dell’amore di Dio per noi:
il tuo esempio ci incoraggia ad affidarci
al tuo amato Figlio nell’edificare la nostra vita
sulla parola del vangelo.
Madre di misericordia, ottienici da Gesù
il perdono e la liberazione dal male;
ottieni per l’intera umanità,
ancora dominata dall’odio e dall’egoismo,
la salvezza della pace.
Sulle orme degli innumerevoli pellegrini,
che da sette secoli accorrono in questa casa,
veniamo a deporre nelle tue mani il nostro impegno
di vera e profonda conversione.
Possa la tua Casa di Nazaret
diventare per le nostre case
modelle di fede vissuta e di intrepida speranza,
affinché nelle chiese domestiche cresca la Santa Chiesa
e dappertutto si diffonda l’amore di Cristo.
O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria.

Alla Madonna di Loreto

(di Benedetto XVI)

Santa Maria, Madre di Dio,
ti salutiamo nella tua casa.
Qui l’arcangelo Gabriele ti ha annunciato
che dovevi diventare la Madre del Redentore;
che in te il Figlio eterno del Padre,
per la potenza dello Spirito Santo, voleva farsi uomo.
Qui dal profondo del tuo cuore
hai detto: “Eccomi, sono la serva del Signore,
avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1,38).
Così in te il Verbo si è fatto carne (Gv 1,14).


Così tu sei diventata tempio vivente, in cui l’Altissimo
ha preso dimora corporalmente;
sei diventata porta per la quale Egli è entrato nel mondo.
Dopo il ritorno dall’Egitto qui,
sotto la fedele protezione di san Giuseppe,
hai vissuto insieme con Gesù
fino all’ora del Suo battesimo nel Giordano.
Qui hai pregato con Lui, con le antichissime preghiere d’Israele,
che allora diventavano parole del Figlio rivolte al Padre,
cosicché ora noi, in queste preghiere,
possiamo pregare insieme col Figlio
e siamo uniti al tuo pregare, santa Vergine Madre.
Qui avete letto insieme le Sacre Scritture
e certamente avete anche riflettuto
sulle parole misteriose del libro del profeta Isaia:
“Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità…
Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo…
Il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà la loro iniquità” (Is 53,5.8.11).
Già poco dopo la nascita di Gesù,
il vecchio Simeone nel tempio di Gerusalemme
ti aveva detto che una spada avrebbe trafitto la tua anima (Lc 2,35).
Dopo la prima visita al tempio con il Dodicenne
siete tornati in questa casa a Nazaret
e qui per molti anni hai sperimentato
quello che Luca riassume nelle parole: “… e stava loro sottomesso” (Lc 2,51).
Tu hai visto l’obbedienza del Figlio di Dio,
l’umiltà di Colui che è il Creatore dell’universo
e dai Suoi connazionali veniva chiamato ed era “il carpentiere” (Mc 6,3).

Santa Madre del Signore, aiutaci a dire “sì” alla volontà di Dio
anche quando non la comprendiamo.
Aiutaci a fidarci della Sua bontà anche nell’ora del buio.
Aiutaci a diventare umili come lo era il tuo Figlio e come lo eri tu.
Proteggi le nostre famiglie, perché siano luoghi della fede e dell’amore;
perché cresca in esse quella potenza del bene di cui il mondo ha tanto bisogno.
Proteggi il nostro Paese, perché rimanga un Paese credente;
perché la fede ci doni l’amore e la speranza che ci indica la strada dall’oggi verso il domani.
Tu, Madre buona, soccorrici nella vita e nell’ora della morte.

Amen.

 

La Madonna di Loreto e la casa arrivata in volo da Nazaret

 

Il Santuario lauretano è sorto nel luogo in cui, secondo la leggenda, la dimora della Vergine Maria sarebbe stata trasportata prodigiosamente dagli Angeli nella notte tra il 9 e 10 dicembre del 1294. Risale al IV secolo, è meta di continui pellegrinaggi e considerata la “Lourdes” italiana. La convinzione di questa miracolosa traslazione “volante” spinse papa Benedetto XV a nominare la Beata Vergine di Loreto “Patrona di tutti gli aeronautici”.

La festa liturgica della Madonna di Loreto ricorre il 10 dicembre, in ricordo della data dell’arrivo della Santa Casa di Nazareth a Loreto. Le origini dell’antica e devota tradizione della traslazione della Casa dalla Palestina alla città marchigiana, risalgono al 1296, quando in una visione, ne era stata indicata l’esistenza e l’autenticità ad un eremita, fra’ Paolo della Selva e da lui riferita alle Autorità. Ciò ci è narrato da una cronaca del 1465, redatta da Pier Giorgio di Tolomei, detto il Teramano, che a sua volta l’aveva desunta da una vecchia ‘tabula’ consumata, risalente al 1300.

Si riportano alcuni passi più significativi, che poi sono stati tramandati nelle narrazioni, più o meno arricchite nei secoli successivi; “L’alma chiesa di santa Maria di Loreto fu camera della casa della gloriosissima Madre del nostro Signore Gesù Cristo… La quale casa fu in una città della Galilea, chiamata Nazaret. E in detta casa nacque la Vergine Maria, qui fu allevata e poi dall’Angelo Gabriele salutata; e finalmente nella stessa camera nutrì Gesù Cristo suo figliuolo… Quindi gli apostoli e discepoli consacrarono quella camera in chiesa, ivi celebrando i divini misteri… Ma dopo che quel popolo di Galilea e di Nazaret abbandonò la fede in Cristo e accettò la fede di Maometto, allora gli Angeli levarono dal suo posto la predetta chiesa e la trasportarono nella Schiavonia, posandola presso un castello chiamato Fiume (1291). Ma lì non fu affatto onorata come si conveniva alla Vergine… Perciò da quel luogo la tolsero nuovamente gli Angeli e la portarono attraverso il mare, nel territorio di Recanati (1294) e la posero in una selva di cui era padrona una gentildonna chiamata Loreta; da qui prese il nome la chiesa: ‘Santa Maria di Loreta…”.

 

GLI ANGELI LA SPOSTANO SUL COLLE ATTUALE NELLA NOTTE TRA IL 9 E 10 DICEMBRE 1294

Per il gran numero di gente, purtroppo succedevano anche ladrocini e violenze, per cui continua il racconto, gli Angeli la spostarono altre due volte, sempre per gli stessi motivi, depositandola alla fine sul colle, nella notte del 9-10 dicembre 1294, dove si trova attualmente. “Allora accorse tutto il popolo di Recanati a vedere la detta chiesa, che stava sopra la terra senza alcun fondamento. Per la qual cosa, il popolo considerando così gran miracolo e temendo che detta chiesa non venisse a rovina, la fecero circondare da un altro ben grosso muro e di buonissimo fondamento, come ancor oggi chiaramente si vede”.
Questo il racconto del 1465; che si fonda sull’aspetto storico dell’epoca, quando i rapporti culturali e religiosi delle comunità insediate sulle due sponde dell’Adriatico, erano intensi, per l’attraversamento delle navi veneziane e poi di quelle di Ancona e dell’attuale Dubrovnik, che trasportavano i pellegrini ai Luoghi Santi della Palestina. Sullo sfondo vi è la conquista della Terra Santa da parte dei mamelucchi e poi la lenta penetrazione degli ottomani nella penisola balcanica, dopo la caduta di Costantinopoli. Da questi eventi scaturirono le Crociate, per liberare i popoli ed i paesi dall’occupazione araba e secondo la tradizione, gli Angeli intervennero per mettere in salvo la casa della Vergine, già trasformata in chiesa sin dai tempi apostolici.

Da allora moltitudini di fedeli si sono recati in pellegrinaggio al grandioso santuario, che racchiude la Santa Casa, iniziato a costruire nel 1468 da papa Paolo II, in breve diventò ed è, secondo una felice definizione di papa Giovanni Paolo II, “cuore mariano della cristianità”.

 

META DI PELLEGRINAGGIO FIN DAL TRECENTO

Fin dall’inizio del Trecento fu già meta di pellegrinaggio, anche per quanti prendendo la strada costiera, erano diretti a S. Michele al Gargano oppure in Terrasanta; il flusso nei secoli XV e XVI diventò enorme, fino ad indurre nel 1520 papa Leone X ad equiparare il voto dei pellegrini del Santuario di Loreto a quello di Gerusalemme, che già man mano Loreto aveva sostituito nelle punte dei grandi pellegrinaggi penitenziali, che vedevano Roma, Santiago di Compostella, Gerusalemme. Il prodigio eclatante della traslazione della Santa Casa attirò anche, a partire dal secolo XV, la peregrinazione di re e regine, principi, cardinali e papi, che lasciarono doni o ex voto per grazie ricevute; a loro si aggiunsero nei tempi successivi, condottieri, poeti, scrittori, inventori, fondatori di Ordini religiosi, filosofi, artisti, futuri santi e beati.

I PAPI E LORETO: UNA STORIA DI GRANDE DEVOZIONE

A partire da papa Clemente V che con una bolla del 18 luglio 1310 confermò indirettamente l’autenticità della Santa Casa, i papi nei secoli successivi confermarono nuovamente la loro devozione alla Vergine Lauretana, specie in drammatiche circostanze. Il grandioso santuario, che racchiude la Santa Casa, fu iniziato a costruire nel 1468 da papa Paolo II, in breve diventò ed è, secondo una felice definizione di papa Giovanni Paolo II, “cuore mariano della cristianità”.
Oltre 50 papi si sono recati in pellegrinaggio a Loreto e sempre è stata grande la loro devozione; alla Vergine si rivolsero i papi Pio II e Paolo II per guarire miracolosamente dalle loro gravi malattie; papa Benedetto XV (1914-1922) in considerazione della traslazione della sua Casa, dalla Palestina a Fiume e poi a Loreto, la proclamò patrona degli aviatori. Loreto è considerata la Lourdes italiana e tanti pellegrinaggi di malati vengono organizzati ogni anno, con cerimonie collettive come quelle di Lourdes; aggiungo una mia piccola esperienza personale, in ambedue i luoghi sacri a Maria, ho sentito improvvisamente la necessità di piangere, come se avvertissi la spiritualità nei due ambienti permeati della sua presenza.

 

LA RIFLESSIONE DI PAPA WOJTYLA

«Quello Lauretano è un Santuario mirabile», ha scritto Papa Giovanni Paolo II. «In esso è inscritta la trentennale esperienza di condivisione, che Gesù fece con Maria e Giuseppe. Attraverso questo mistero umano e divino, nella casa di Nazaret è come inscritta la storia di tutti gli uomini, poiché ogni uomo è legato ad una ‘casa’, dove nasce, lavora, riposa, incontra gli altri e la storia di ogni uomo, è segnata in modo particolare da una casa: la casa della sua infanzia, dei suoi primi passi nella vita. Ed è eloquente ed importante per tutti che quest’Uomo unico e singolare, che è il Figlio unigenito di Dio, abbia pure voluto legare la sua storia ad una casa, quella di Nazaret, che secondo il racconto evangelico, ospitò Gesù di Nazaret lungo l’intero arco della sua infanzia, adolescenza e giovinezza, cioè della sua misteriosa maturazione umana… La casa del Figlio dell’uomo è dunque la casa universale di tutti i figli adottivi di Dio. La storia di ogni uomo, in un certo senso, passa attraverso quella casa…».

LA DEVOZIONE

Innumerevoli sono i luoghi pii, chiese, ospedali o di assistenza, come pure delle Congregazioni religiose, intitolati al nome della Vergine di Loreto, il suo nome cambiato in Loredana è fra i più diffusi fra le donne; infine come non ricordare le “Litanie Lauretane” che dal XII secolo sono divenute una vera e propria orazione alla Vergine, incentrata sui titoli che in ogni tempo le sono stati tributati, anche con riferimenti biblici. Le “Litanie Lauretane” sostituirono nella cristianità, quelle denominate ‘veneziane’ (in uso nella basilica di S. Marco e originarie di Aquileia) e quelle ‘deprecatorie’ (ossia di supplica, originarie della Germania).

Preghiera all’Angelo Custode

Angelo santo che vegli sulla povera anima mia e sulla infelice mia vita, non abbandonare me peccatore e non allontanarti da me a causa della mia impurità. Non dare allo spirito maligno il potere di impadronirsi di me attraverso la tirannia di questo corpo mortale. Domina la mia mano povera e debilitata e conducimi sulla via della salvezza.

Sì, o angelo santo di Dio che custodisci la mia povera anima e il mio corpo, perdonami tutto quello che ha potuto offenderti in tutti i giorni della mia vita, e anche se ho commesso qualche peccato oggi. Proteggimi nella notte che s’avvicina e preservami da ogni minaccia e insidia del nemico onde non incorra nella collera di Dio con qualche peccato.

Sii mio avvocato presso il Signore affinché mi fortifichi nel suo santo timore e faccia di me un servo degno della sua santità. Amen.

Invocazioni ai Nove Cori degli Angeli

I – O Angeli Santissimi, Creature purissime, Spiriti nobilissimi, Nunzi e Ministri del Sommo Re della gloria e fedelissimi esecutori dei suoi comandi, vi prego di purificare le mie preghiere e offrendole alla Maestà dell’Altissimo fate che spirino un soave odore di Fede, di Speranza e di Carità. Gloria al Padre…

II – O fedelissimi Arcangeli, Capitani della milizia celeste, ottenetemi la luce dello Spirito Santo, istruitemi nei divini misteri e fortificatemi conto il comune nemico. Gloria al Padre…

III – O Principati sublimi, Governatori del mondo, governate così anche l’anima mia, affinché l’anima mia non sia mai dominata dai sensi. Gloria al Padre…

IV – O invittissime Potestà, frenate il maligno quando mi assale e tenetelo lontano da me, perché non mi allontani da Dio. Gloria al Padre …

VI – O beatissime Dominazioni, ottenetemi un perfetto dominio di me stesso e una santa forza, affinché io riesca ad allontanare subito tutto ciò che dispiace a Dio. Gloria al Padre…

VII – O Troni stabili, insegnate all’anima mia la vera umiltà, affinché divenga domicilio di quel Signore che risie-de benignamente negli ultimi. Gloria al Padre…

VIII – O sapientissimi Cherubini, assorti nella contemplazione divina, fate ch’io conosca la mia miseria e la grandezza del Signore. Gloria al Padre…

IX – O ardentissimi Serafini, accendete con il vostro fuoco il mio cuore, perché ami solo Colui che voi amate incessantemente. Gloria al Padre…

Ai nove cori degli Angeli

Angeli Santissimi, vegliate su di noi, dovunque e sempre. Arcangeli nobilissimi, presentate a Dio le nostre preghiere e i nostri sacrifici. Virtù celesti, donateci forza e coraggio nelle prove della vita. Potenze dell’Alto, difendeteci contro i nemici visibili e invisibili. Principati sovrani, governate le nostre anime e i nostri corpi. Dominazioni altissime, regnate di più sulla nostra umanità. Troni supremi, otteneteci la pace. Cherubini pieni di zelo, dissipate tutte le nostre tenebre. Serafini pieni di amore, infiammateci di ardente amore per il Signore. Amen

 

La storia straordinaria delle apparizioni di Guadalupe e dell’immagine miracolosa

 

Nel secolo XVI, la Santa Vergine, piena di pietà per il popolo azteco che, vivendo nelle tenebre dell’idolatria, offriva agli idoli innumerevoli vittime umane, si è degnata di prendere in mano l’evangelizzazione degli Indiani dell’America Centrale che erano anch’essi Suoi figli.
Un dio degli Aztechi, cui era attribuita la fertilità, si era trasformato, con l’andar del tempo, in dio feroce.
Simbolo del sole, quel dio, in lotta permanente con la luna e le stelle, aveva bisogno – così si credeva– di sangue umano per restaurare le proprie forze, poiché, se fosse perito, la vita si sarebbe spenta.
Sembrava dunque indispensabile offrigli, in perpetuo sacrificio, sempre nuove vittime.
    Un’aquila su un cactus

I sacerdoti aztechi avevano profetizzato che il loro popolo nomade si sarebbe insediato nel luogo in cui si fosse mostrata un’aquila che, appollaiata su un cactus, divorasse un serpente.

L’aquila figura sulla bandiera del Messico attuale. Giunti su un’isola palustre, in mezzo al lago Texcoco, gli Aztechi vedono compiersi il preannunciato presagio: un’aquila, appollaiata su un cactus, sta divorando un serpente; siamo nel 1369.
Fondano quindi lì la città di Tenochtitlán, che diventerà Città del Messico. Essa si sviluppa fino a diventare una vasta città su palafitte con numerosi giardini in cui abbondano fiori, frutti e verdure.
Nel 1474, nasce un bambino cui vien dato il nome di Cuauhtlatoazin («aquila parlante»). Alla morte di suo padre, è lo zio che si incarica del piccolo. Fin dall’età di tre anni, gli si insegna, come a tutti i bambini aztechi, a partecipare ai lavori domestici ed a comportarsi dignitosamente. A scuola, impara il canto, la danza e soprattutto la religione con i suoi molteplici dèi. I sacerdoti hanno una grande influenza sulla popolazione, che mantengono in una sottomissione che va fino al terrore.
Cuauhtlatoazin ha tredici anni, quando si procede alla consacrazione del gran Tempio di Tenochtitlán. Nel corso di quattro giorni, i sacerdoti sacrificano al loro dio 80.000 vittime umane. Dopo il servizio militare, Cuauhtlatoazin si sposa con una ragazza della sua condizione. Insieme, conducono una modesta vita di agricoltori.
 Nel 1519, lo spagnolo Cortés sbarca nel Messico, alla testa di più di 500 soldati. Conquista il paese per conto della Spagna, ma non senza zelo per l’evangelizzazione degli Aztechi; nel 1524, ottiene la venuta a Città del Messico di dodici Francescani. I missionari s’integrano facilmente nella popolazione; la loro bontà contrasta con la durezza dei sacerdoti aztechi e con quella di certi conquistatori. Si cominciano a costruire chiese. Tuttavia, gli Indiani si mostrano assai refrattari al Battesimo, soprattutto a causa della poligamia che dovrebbero abbandonare.
Cuauhtlatoazin e sua moglie sono fra i primi a ricevere il Battesimo, ed assumono rispettivamente i nomi di Juan Diego e Maria Lucia. Alla morte di quest’ultima, nel 1529, Juan Diego si ritira a Tolpetlac, a 14 km da Città del Messico, presso lo zio Juan Bernardino, diventato pure lui cristiano.

Il 9 dicembre 1531, come sempre il sabato, egli parte prestissimo la mattina per assistere alla Messa celebrata in onore della Santa Vergine, presso i Frati francescani, vicino a Città del Messico.

Passa ai piedi della collina di Tepeyac (vicino alla odierna Città del Messico, denominate di Guadalupe, vocabolo spagnolo derivato per semplice somiglianza di suono dalla parola azteca Cuatlaxupeh = colei che calpesta il serpente).
Improvvisamente, sente un canto dolce e sonoro che gli sembra provenga da una gran moltitudine di uccelli. Alzando gli occhi verso la cima della collina, vede una nuvola bianca e sfavillante. Guarda intorno a sé e si chiede se non stia sognando. Improvvisamente il canto tace ed una voce di donna, dolce e delicata, lo chiama:«Juanito! Juan Dieguito!»
S’inerpica rapidamente sulla collina e si trova davanti ad una giovane bellissima, le cui vesti brillano come il sole.
    «Un tempio in cui manifesterò il mio amore»

Rivolgendosi a lui in nahuatl, la sua lingua materna, gli dice: “Figlio mio, Juanito, dove vai?”

– Nobile Signora, mia Regina, vado a Messa a Città del Messico per apprendervi le cose divine che ci insegna il sacerdote.
“Voglio che tu sappia con certezza, caro figlio, che io sono la perfetta e sempre Vergine Maria, Madre del vero Dio da cui proviene ogni vita, il Signore di tutte le cose, Creatore del cielo e della terra. Ho un grandissimo desiderio: che si costruisca, in mio onore, un tempio in cui manifesterò il mio amore, la mia compassione e la mia protezione. Sono vostra madre, piena di pietà e d’amore per voi e per tutti coloro che mi amano, hanno fiducia in me e a me ricorrono. Ascolterò le loro lamentele e lenirò la loro afflizione e le loro sofferenze. Perché possa manifestare tutto il mio amore, va’ ora dal vescovo, a Città del Messico, e digli che ti mando da lui per fargli conoscere il grande desiderio che provo di veder costruire, qui, un tempio a Me consacrato”.

Juan Diego si reca immediatamente al vescovado. Monsignor Zumárraga, religioso francescano, primo vescovo di Città del Messico, è un uomo pio e pieno di zelo il cui cuore trabocca di bontà per gli Indiani; ascolta attentamente il pover’uomo, ma, temendo un’illusione, non gli dà credito. Verso sera, Juan Diego prende la via del ritorno. In cima alla collina di Tepeyac, ha la felice sorpresa di ritrovare l’Apparizione; rende conto della sua missione, poi aggiunge: “Vi supplico di affidare il vostro messaggio a qualcuno più noto e rispettato, affinché possa essere creduto. Io sono solo un modesto Indiano che avete mandato da una persona altolocata in qualità di messaggero. Perciò non sono stato creduto ed ho potuto soltanto causarvi una gran delusione”.

” Figlio carissimo, risponde la Signora, devi capire che vi sono persone molto più nobili cui avrei potuto affidare il mio messaggio, e tuttavia è grazie a te che il mio progetto si realizzerà. Torna domani dal vescovo… digli che sono io in persona, la Santa Vergine Maria, Madre di Dio, che ti manda”.
    La domenica mattina dopo la Messa, Juan Diego si reca dal vescovo. Il prelato gli fa molte domande, poi chiede un segno tangibile della realtà dell’apparizione. Quando Juan Diego se ne torna a casa, il vescovo lo fa seguire discretamente da due domestici. Sul ponte di Tepeyac, Juan Diego scompare ai loro occhi, e, malgrado tutte le ricerche effettuate sulla collina e nei dintorni, essi non lo ritrovano più. Furenti, dichiarano al vescovo che egli è un impostore e che non bisogna assolutamente credergli. Durante il medesimo tempo, Juan Diego riferisce alla bella Signora, che lo aspettava sulla collina, il nuovo colloquio avuto con il vescovo: “Torna domattina a prendere il segno che reclama”, risponde l’Apparizione.
    Rose, in pieno inverno!

Tornando a casa, l’Indiano trova lo zio malato e il giorno seguente deve rimanere al suo capezzale per curarlo. Poiché la malattia si aggrava, lo zio chiede al nipote di andare a cercare un sacerdote.
All’alba, il martedì 12 dicembre, Juan Diego si avvia verso la città. Quando si avvicina alla collina di Tepeyac, giudica preferibile fare una deviazione per non incontrare la Signora. Ma, improvvisamente, la vede venirgli incontro. Tutto confuso, le espone la situazione e promette di tornare non appena avrà trovato un sacerdote per dare l’olio santo allo zio.
“Figliolo caro, replica l’Apparizione, non temere e non affliggerti. non si turbi il tuo cuore e non preoccuparti né di questa, né di qualsiasi altra infermità. Non sto forse qui Io che sono tua madre? Non stai forse sotto la Mia protezione? Non sono forse Io la fonte della tua gioia? Non sei forse nel cavo del Mio manto, nella croce delle Mie braccia? Cosa vuoi di più? Niente deve affliggerti e turbarti. Non angustiarti per l’infermità di tuo zio perchè per ora non morità. Sappi anzi con certezza che è già perfettamente guarito. Va’ fin in cima alla collina, cogli i fiori che ci vedrai e portameli”. Arrivato in cima, l’Indiano è stupefatto di trovarvi un gran numero di fiori sbocciati, rose di Castiglia, che spandono un profumo quanto mai soave. In questa stagione invernale, infatti, il freddo non lascia sussistere nulla, ed il luogo è troppo arido per permettere la coltura dei fiori. Juan Diego coglie le rose, le deposita nel mantello, o tilma, poi ridiscende dalla collina.
“Figlio caro, dice la Signora, questi fiori sono il segno che darai al vescovo… Questo lo disporrà a costruire il tempio che gli ho chiesto”. Juan Diego corre al vescovado.

Quando arriva, i domestici lo fanno aspettare per lunghe ore. Stupiti che sia tanto paziente, e incuriositi da quel che porta nella tilma, finiscono per avvertire il vescovo, il quale, malgrado si trovi in compagnia di parecchie persone, lo fa entrare immediatamente. L’Indiano racconta la sua avventura, apre la tilma e lascia sparpagliarsi per terra i fiori ancora brillanti di rugiada. Con le lacrime agli occhi, Monsignor Zumárraga cade in ginocchio, ammirando le rose del suo paese. Ad un tratto, scorge, sulla tilma, il ritratto di Nostra Signora. Vi è Maria, come impressa sul mantello, bellissima e piena di dolcezza. I dubbi del vescovo lasciano il posto ad una solida fede e ad una speranza incantata. Prende la tilma e le rose, e le deposita rispettosamente nel suo oratorio privato. Il giorno dopo, si reca con Juan Diego sulla collina delle apparizioni. Dopo aver esaminato i luoghi, lascia che il veggente torni dallo zio. Juan Bernardino è effettivamente guarito. La guarigione si è prodotta all’ora stessa in cui Nostra Signora appariva a suo nipote. Racconta: “L’ho vista anch’io. È venuta proprio qui e mi ha parlato. Vuole che le si eriga un tempio sulla collina di Tepeyac e che si chiami il suo ritratto «Santa Maria di Guadalupe». Ma non mi ha spiegato perché”. Il nome di Guadalupe è ben noto agli Spagnoli, poiché esiste nel loro paese un antichissimo santuario consacrato a Nostra Signora di Guadalupe.

La notizia del miracolo si sparge rapidamente; in poco tempo, Juan Diego diventa popolare: «Accrescerò la tua fama», gli aveva detto Maria; ma l’Indiano rimane sempre altrettanto umile. Per facilitare la contemplazione dell’Immagine, Monsignor Zumárraga fa trasportare la tilma nella cattedrale. Poi intraprende la costruzione di una chiesetta e di un eremo, per Juan Diego, sulla collina delle apparizioni. Il 25 dicembre seguente, il vescovo consacra la cattedrale alla Santissima Vergine, al fine di ringraziarla per i favori insigni di cui Ella ha ricolmato la diocesi; poi, in una magnifica processione, l’Immagine miracolosa viene portata verso il santuario di Tepeyac, che è appena stato ultimato. Per manifestare la loro gioia, gli Indiani tirano frecce. Una di esse, lanciata senza precauzioni, trafigge la gola di uno dei presenti che cade a terra, ferito mortalmente. Subentra un silenzio impressionante ed una supplica intensa sale verso la Madre di Dio. Improvvisamente, il ferito, che è stato depositato ai piedi dell’Immagine miracolosa, riprende i sensi e si rialza, pieno di vigore. L’entusiasmo della folla è al colmo.
    Milioni d’indiani diventati Cristiani
Juan Diego si sistema nel piccolo eremo e veglia alla manutenzione ed alla pulizia del luogo. La sua vita rimane molto modesta: coltiva con cura un campo messo a sua disposizione presso il santuario. Riceve i pellegrini, sempre più numerosi, parlando loro con molto piacere della Santa Vergine e raccontando senza stancarsi i particolari delle apparizioni. Gli vengono affidate intenzioni di preghiere di ogni genere. Ascolta, compatisce, conforta. Passa una gran parte del suo tempo libero in contemplazione davanti all’immagine della sua Signora; i suoi progressi sulla via della santità sono rapidi. Un giorno dopo l’altro, compie la sua missione di testimone, fino alla morte che avverrà il 9 dicembre 1548, diciassette anni dopo la prima apparizione.
Quando gli Indiani appresero la notizia delle apparizioni di Nostra Signora, si sparsero fra loro un entusiasmo ed una gioia indicibili. Rinunciando agli idoli, alle superstizioni, ai sacrifici umani ed alla poligamia, molti chiesero il Battesimo. Nei nove anni che seguirono le apparizioni, nove milioni di loro furono convertiti alla fede cristiana, vale a dire 3000 al giorno!
I particolari dell’Immagine di Maria colpiscono profondamente gli Indiani: quella donna è più grande del “dio-sole”, poiché appare in piedi davanti al sole; supera il “dio-luna”, poiché tiene la luna sotto ai suoi piedi; non è più di questo mondo, poiché è circondata di nuvole ed è tenuta al di sopra del mondo da un angelo; le mani giunte la mostrano in preghiera, il che significa che c’è qualcuno di più grande di lei…
Ma, ancora oggi, il mistero dell’Immagine miracolosa è grande. La tilma, vasto grembiule tessuto a mano con fibre di cactus, porta l’Immagine sacra di un’altezza di 1,43 m. Il viso della Vergine è perfettamente ovale e di un color grigio che tende al rosa. Gli occhi hanno un’intensa espressione di purezza e di dolcezza. La bocca sembra sorridere. La bellissima faccia, simile a quella di un’Indiana meticcia, è incorniciata da una chioma nera che, vista da vicino, comporta capelli di seta. Un’ampia tunica, di un rosa incarnato che non si è mai potuto riprodurre, la copre fino ai piedi. Il mantello, azzurro-verde, è bordato di un gallone d’oro e cosparso di stelle. Un sole di vari toni forma uno sfondo magnifico in cui brillano raggi d’oro.
La conservazione della tilma, dal 1531 ad oggi, rimane inspiegabile. In capo a più di quattro secoli, la stoffa, di qualità mediocre, conserva la stessa freschezza, la stessa vivacità di toni che aveva in origine. In confronto, una copia dell’Immagine di Nostra Signora di Guadalupe, dipinta con gran cura nel secolo XVIII e conservata nelle stesse condizioni climatiche di quella di Juan Diego, si è completamente degradata in pochi anni. All’inizio del secolo XX, periodo doloroso di rivoluzioni per il Messico, una carica di dinamite fu depositata da miscredenti sotto l’Immagine, in un vaso pieno di fiori. L’esplosione ha distrutto i gradini di marmo dell’altare maggiore, i candelabri, tutti i portafiori; il marmo dell’altare fu fatto a pezzi, il Cristo di ottone del tabernacolo si piegò in due. I vetri della maggior parte delle case circostanti la basilica si ruppero, ma quello che proteggeva l’Immagine non fu nemmeno incrinato; l’Immagine rimase intatta.
    Le proprietà straordinarie dell’immagine
Nel 1936, uno studio realizzato su due fibre della tilma, una rossa ed una gialla, giunse a conclusioni stupefacenti.

Le fibre non contengono nessun colorante noto. L’oftalmologia e l’ottica confermano la natura inspiegabile dell’immagine: essa assomiglia ad una diapositiva proiettata sul tessuto. Un esame approfondito mostra che non vi è nessuna traccia di disegno o di schizzo sotto il colore, anche se ritocchi perfettamente riconoscibili sono stati realizzati sull’originale, ritocchi che, del resto, si degradano con l’andar del tempo; inoltre, il supporto non ha ricevuto nessun appretto, il che sembrerebbe inspiegabile se si trattasse veramente di una pittura, poiché, anche su una tela più fine, si mette sempre un rivestimento, non fosse che per evitare che la tela assorba la pittura e che i fili affiorino alla superficie. Non si distingue nessuna pennellata. A seguito di un esame a raggi infrarossi, effettuato il 7 maggio 1979, un professore della NASA scrive: «Non c’è nessun modo di spiegare la qualità dei pigmenti utilizzati per la veste rosa, il velo azzurro, il volto e le mani, né la persistenza dei colori, né la freschezza dei pigmenti in capo a parecchi secoli durante i quali avrebbero dovuto normalmente degradarsi… L’esame dell’Immagine è stata l’esperienza più sconvolgente della mia vita».

Certi astronomi hanno constatato che tutte le costellazioni presenti nel cielo nel momento in cui Juan Diego apre la tilma davanti al vescovo Zumárraga, il 12 dicembre 1531, si trovano al loro posto sul mantello di Maria. Si è anche scoperto che, applicando una carta topografica del Messico centrale sulla veste della Vergine, le montagne, i fiumi ed i laghi principali coincidono con l’ornamentazione della veste medesima.
Gli occhi della Vergine

Gli occhi della Morenita si rivolgono verso qualcuno o qualcosa che le sta davanti a livello inferiore e posto sulla destra. La cornea e l’iride sono di una stupenda bellezza e danno, tramite il cristallino, la sensazione della profondità. La superficie stessa del cristallino brilla come se avesse davanti una sorgente luminosa per cui i riflessi sono carichi di splendore. Gli occhi sono vivi come se appartenessero ad una persona che guarda realmente e non ad una immagine dipinta. Infine, la rete venosa normale microscopica sulle palpebre e la cornea degli occhi della Vergine è perfettamente riconoscibile. Nessun pittore umano avrebbe potuto riprodurre simili particolari.

Nel 1929 il fotografo A.M. Gonzales riuscì ad individuare nell’occhio destro della Morenita una sagoma umana; nel 1951 il fotografo C. Solinas riconobbe, ingrandendo l’occhio destro, una precisa sagoma umana che identificò con il veggente Juan Diego, perché identica al più antico ritratto del veggente. Tra il luglio 1956 e maggio del 1958 gli occhi della Vergine vengono esaminati con un sofisticato oftalmoscopio dal noto chirurgo messicano T. Lovoignet che conferma la presenza di riflessi umani in ambedue gli occhi.
Nel 1976 una equipe dell’Istituto di oftalmologia di Città del Messico, guidata dal dottore J. Tottoella, fece esperimenti sugli occhi sia separatamente che contemporaneamente, per determinare le precise angolature. Durante gli anni ’80 gli occhi della Morenita vengono ingranditi di 2500 volte le dimensioni originarie, pari a 25.000 punti luminosi su un millimetro quadrato. Per fare questo esperimento, Tonsmann usò le stesse apparecchiature elettroniche dell’astronave Viking per analizzare la superficie del pianeta Marte. La scoperta fu eccezionale:  negli occhi della Morenita non c’era soltanto la sagoma di Juan Diego, ma il riflesso di un vero quadro di gruppo. Le figure che si riflettono negli occhi della Madonna rispettano le regole fisiologiche dell’ottica umana, codificate più tardi da due scienziati: il boemo Giovanni Purkynje e il francese Louis Sanson. I due punti fondamentali della legge ottica, perfettamente riscontrati negli occhi della Vergine di Guadalupe, sono:
1) Quando guardiamo un oggetto esso si riflette in ciascun occhio non con un solo riflesso, ma con tre differenti immagini; la causa di questo è la curvatura della cornea;
2) Le tre immagini si riflettono in questo modo: la prima, grande e dritta, nella superficie anteriore e interna della corna, la seconda nella superficie anteriore del cristallino e la terza, piccola e rovesciata, nella superficie sempre del cristallino.
Nella cornea dell’occhio destro della Vergine vi è il viso di un uomo in cui si intravedono bene il collo, la barba, il torace e la spalla destra. La figura si piega rispettando la curvatura della cornea. Nell’angolo interno dell’iride dell’occhio sinistro della Vergine si vede un indio seduto per terra con le gambe incrociate. Si distinguono bene i sandali, e capelli legati e persino un orecchino. Si nota poi un uomo anziano con pochi capelli, gote sporgenti e nel cui occhio sinistro sembra sgorgare una lacrima. Tra i pochi capelli si nota la tipica chierica dei francescani. Questo volto è straordinariamente simile a quello del Vescovo Zumàrraga, il Vescovo delle apparizioni, raffigurato dal pittore Miguel Cabrera in un suo famoso dipinto del XVIII secolo.
Nel centro dell’iride della Vergine c’è un volto rotondo che guarda nella stessa direzione del Vescovo ed è molto vicino a lui. Sembra un giovane, ed è stato identificato come Juan Gonzalez, l’interprete del Vescovo Zumàrraga.
All’esterno dell’occhio sinistro si vede bene un indigeno con un cappello tipo sombrero. Mostra età matura, ha barba e baffi, occhi incavati e un cappuccio a punta. Apre con le braccia distese un mantello in direzione dell’uomo anziano identificato come Zumàrraga. L’indigeno è sicuramente Juan Diego nell’atto di mostrare i fiori dentro il mantello al Vescovo. Poi si vede il volto di una donna nera, e questo lascia supporre che la scena si svolse nel palazzo del Vescovo Zumàrraga che, secondo lo storico Cuevas, nella sua Storia della chiesa messicana, aveva veramente una inserviente di colore, cui concederà più tardi libertà, dopo anni di fedele servizio.
Sembra quindi che la Vergine fosse nella stanza in cui avveniva il miracolo, restava invisibile ai presenti ma vedeva tutti, compreso Juan Diego con il suo mantello. I suoi occhi hanno come fotografato la scena e ciò che i presenti hanno visto è rimasto chiaramente impresso nelle pupille della Vergine. Straordinario!
Tutti gli scienziati che hanno esaminato il mantello di Guadalupe hanno concordemente affermato come sia assolutamente impossibile per qualsiasi artista umano dipingere o creare un’opera tanto particolare, fine e nitida dentro l’occhio della Vergine, su un materiale tanto rozzo come quello dell’ayete (la materia prima del mantello).
    Una donna incinta di tre mesi

Misure ginecologiche hanno stabilito che la Vergine dell’Immagine ha le dimensioni fisiche di una donna incinta di tre mesi. Sotto la cintura che trattiene la veste, al posto stesso dell’embrione, spicca un fiore con quattro petali: il Fiore solare, il più familiare dei geroglifici degli Aztechi che simboleggia per loro la divinità, il centro del mondo, del cielo, del tempo e dello spazio. Dal collo della Vergine pende una spilla il cui centro è adorno di una piccola croce, che ricorda la morte di Cristo sulla Croce per la salvezza di tutti gli uomini. Vari altri particolari dell’Immagine di Maria fanno di essa uno straordinario documento per la nostra epoca, che li può constatare grazie alle tecniche moderne.

Così la scienza, che ha spesso servito quale pretesto per l’incredulità, oggi ci aiuta a mettere in evidenza segni che erano rimasti sconosciuti per secoli e secoli e che non può spiegare.
Inoltre, con il suo intervento in favore del popolo azteco, la Vergine ha contribuito alla salvezza di innumerevoli vite umane, e la sua gravidanza può esser interpretata come un appello speciale in favore dei nascituri e della difesa della vita umana; tale appello è di grande attualità ai giorni nostri, in cui si moltiplicano e si aggravano le minacce contro la vita delle persone e dei popoli, soprattutto quando si tratta di una vita debole ed inerme. Il Concilio Vaticano II ha deplorato con forza i crimini contro la vita umana: “Tutto ciò che è contro la vita stessa, come ogni specie di omicidio, il genocidio, l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario, TUTTO CIÒ CHE VIOLA L’INTEGRITÀ’ DELLA PERSONA UMANA… (…); tutte queste cose, e altre simili, sono certamente VERGOGNOSE. Mentre GUASTANO LA CIVILTÀ UMANA, disonorano coloro che così si comportano più ancora che quelli che le subiscono e ledono grandemente l’onore del Creatore” (“Gaudium et Spes”, n.27).
Di fronte a tali flagelli, che si sviluppano grazie ai progressi scientifici e tecnici, e che beneficiano di un ampio consenso sociale e di riconoscimenti legali, invochiamo Maria con fiducia.
Domandiamo a San Juan Diego, canonizzato da Papa Giovanni Paolo II il 31 luglio 2002, di ispirarci una vera devozione per la nostra Madre Celeste, poiché «la compassione di Maria si estende a tutti coloro che la chiedono, non fosse che con un semplice saluto: “Ave, Maria…”» (Sant’Alfonso de Liguori). Lei, che è Madre di Misericordia, ci otterrà la Misericordia di Dio, specialmente se saremo caduti in peccati gravi.
Vergine Immacolata di Guadalupe, Madre di Gesù e Madre nostra, vincitrice del peccato e nemica del Demonio, Tu ti manifestasti sul colle Tepeyac in Messico all’umile e generoso contadino Juan Diego. Sul suo mantello imprimesti la Tua dolce Immagine come segno della Tua presenza in mezzo al popolo e come garanzia che avresti ascoltato le sue preghiere e addolcito le sue sofferenze. Maria, Madre amabilissima, noi oggi ci offriamo a te e consacriamo per sempre al tuo Cuore Immacolato tutto quanto ci resta di questa vita, il nostro corpo con le sue miserie, la nostra anima con le sue debolezze, il nostro cuore con i suoi affanni e desidèri, le preghiere, le sofferenze, l’agonia. 
O Madre dolcissima, ricordati sempre dei tuoi figli. 
Se noi, vinti dallo sconforto e dalla tristezza, dal turbamento e dall’angoscia, dovessimo qualche volta dimenticarci di te, allora, Madre pietosa, per l’amore che porti a Gesù, ti chiediamo di proteggerci come figli tuoi e di non abbandonarci fino a quando non saremo giunti al porto sicuro, per gioire con Te, con tutti i Santi, nella visione beatifica del Padre. Amen. 
       Madonna di Guadalupe, prega per noi
Salve Regina … 

 

Andate da San Giuseppe, ogni grazia che chiederete sarà concessa.

 

ITE AD JOSEPH , andate da San Giuseppe, questa iscrizione troneggia in tantissime chiese ed è stato il motto di tantissimi santi. “Qualunque grazia si domanda a S. Giuseppe verrà certamente concessa, chi vuol credere faccia la prova affinché si persuada”, sosteneva S. Teresa d’Avila.,

Madre Teresa de Calcutta aveva una statuina di San Giuseppesotto la quale era solita mettere un foglietto con scritto quello di cui aveva bisogno per la sua casa e per i suoi bambini., poi pregava, puntualmente il riso, la farina, olio e tutto ciò che aveva chiesto al Santo suonava prodigiosamente alla sua porta per mano di benefattori che all’improvviso avevano sentito il bisogno di donare quel determinato prodotto a Madre Teresa .

San Giuseppe è il capo della Santa Famiglia, non lascerà nessuna famiglia senza pane sulla tavola, senza lavoro e senza provvidenza.

O San Giuseppe, mio protettore ed avvocato, a te ricorro, affinché m’implori la Grazia per la quale mi vedi gemere e supplicare davanti a te. E’ vero che i presenti dispiaceri e le amarezze che provo sono forse il giusto castigo dei miei peccati. Riconoscendomi colpevole, dovrò per questo perdere la speranza di essere aiutato dal Signore? “Ah! no -mi risponde la tua grande devota Santa Teresa- no certo, o poveri peccatori. Rivolgetevi in qualunque bisogno, per grave che sia, alla efficace intercessione del patriarca San Giuseppe; andate con vera fede a lui e resterete certamente esauditi nelle vostre domande”.
Con tanta fiducia mi presento, quindi, davanti a te e imploro misericordia e pietà. Deh!, per quanto puoi, o San Giuseppe, prestami soccorso nelle mie tribolazioni. Supplisci alla mia mancanza e, potente come sei, fa’ che, ottenuta per la tua pia intercessione la grazia che imploro, possa ritornare al tuo altare per renderti l’omaggio della mia riconoscenza.
Padre nostro; 
Ave, o Maria; Gloria al Padre

 

Non dimenticare, o misericordioso San Giuseppe, che nessuna persona al mondo, per grande peccatrice che fosse, è ricorsa a te, rimanendo delusa nella fede e nella speranza in te riposte. Quante grazie e favori hai ottenuto agli afflitti! Ammalati, oppressi, calunniati, traditi, abbandonati, ricorrendo alla tua protezione, sono stati esauditi. Deh! non permettere, o gran Santo, che io abbia ad essere solo, fra tanti, a rimanere privo del tuo conforto. Mostrati buono e generoso anche verso di me, e io, ringraziandoti, esalterò in te la bontà e la misericordia del Signore.
Padre nostro; Ave, o Maria; Gloria al Padre

 

O eccelso capo della Santa Famiglia di Nazareth, io ti venero profondamente e di cuore t’invoco. Agli afflitti, che ti hanno pregato prima di me, hai concesso conforto e pace, grazie e favori. Degnati quindi di consolare anche l’animo mio addolorato, che non trova riposo in mezzo alle angustie da cui è oppresso. Tu, o sapientissimo Santo, vedi in Dio tutti i miei bisogni, prima ancora che io te li esponga con la mia preghiera. Tu dunque sai benissimo quanto è necessaria la grazia che ti domando. Nessun cuore umano mi può consolare; da te spero d’essere confortato: da te, o glorioso Santo. Se mi concedi la grazia che con tanta insistenza ti domando, prometto di diffondere la devozione verso di te. O San Giuseppe, consolatore degli afflitti, abbi pietà del mio dolore!