Archivio | settembre 2016

L’Imitazione di Cristo

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Capitolo III

L’AMMAESTRAMENTO DELLA VERITA’

  1. Felice colui che viene ammaestrato direttamente dalla verità, così come essa è, e non per mezzo di immagini o di parole umane; ché la nostra intelligenza e la nostra sensibilità spesso ci ingannano, e sono di corta veduta. A chi giova un’ampia e sottile discussione intorno a cose oscure e nascoste all’uomo; cose per le quali, anche se le avremo ignorate, non saremo tenuti responsabili, nel giudizio finale? Grande nostra stoltezza: trascurando ciò che ci è utile, anzi necessario, ci dedichiamo a cose che attirano la nostra curiosità e possono essere causa della nostra dannazione. “Abbiamo occhi e non vediamo” (Ger 5,21). Che c’importa del problema dei generi e delle specie? Colui che ascolta la parola eterna si libera dalle molteplici nostre discussioni. Da quella sola parola discendono tutte le cose e tutte le cose proclamano quella sola parola; essa è “il principio” che continuo a parlare agli uomini (Gv 8,25). Nessuno capisce, nessuno giudica rettamente senza quella parola. Soltanto chi sente tutte le cose come una cosa sola, e le porta verso l’unità e le vede tutte nell’unità, può avere tranquillità interiore e abitare in Dio nella pace. O Dio, tu che sei la verità stessa, fa’ che io sia una cosa sola con te, in un amore senza fine. Spesso mi stanco di leggere molte cose, o di ascoltarle: quello che io voglio e desidero sta tutto in te. Tacciano tutti i maestri, tacciano tutte le creature, dinanzi a te: tu solo parlami.

  2. Quanto più uno si sarà fatto interiormente saldo e semplice, tanto più agevolmente capirà molte cose, e difficili, perché dall’alto egli riceverà lume dell’intelletto. Uno spirito puro, saldo e semplice non si perde anche se si adopera in molteplici faccende, perché tutto egli fa a onore di Dio, sforzandosi di astenersi da ogni ricerca di sé. Che cosa ti lega e ti danneggia di più dei tuoi desideri non mortificati? L’uomo retto e devoto prepara prima, interiormente, le opere esterne che deve compiere. Così non saranno queste ad indurlo a desideri volti al male; ma sarà lui invece che piegherà le sue opere alla scelta fatta dalla retta ragione. Nessuno sostiene una lotta più dura di colui che cerca di vincere se stesso. Questo appunto dovrebbe essere il nostro impegno: vincere noi stessi, farci ogni giorno superiori a noi stessi e avanzare un poco nel bene.

  3. In questa vita ogni nostra opera, per quanto buona, è commista a qualche imperfezione; ogni nostro ragionamento, per quanto profondo, presenta qualche oscurità. Perciò la constatazione della tua bassezza costituisce una strada che conduce a Dio più sicuramente che una dotta ricerca filosofica. Non già che sia una colpa lo studio, e meno ancora la semplice conoscenza delle cose – la quale è, in se stessa, un ben ed è voluta da Dio -; ma è sempre cosa migliore una buona conoscenza di sé e una vita virtuosa. Infatti molti vanno spesso fuori della buona strada e non danno frutto alcuno, o scarso frutto, di bene, proprio perché si preoccupano più della loro scienza che della santità della loro vita. Che se la gente mettesse tanta attenzione nell’estirpare i vizi e nel coltivare le virtù, quanta ne mette nel sollevare sottili questioni filosofiche non ci sarebbero tanti mali e tanti scandali tra la gente; e nei conviventi non ci sarebbe tanta dissipazione. Per certo, quando sarà giunto il giorno del giudizio, non ci verrà chiesto che cosa abbiamo studiato, ma piuttosto che cosa abbiamo fatto; né ci verrà chiesto se abbiamo saputo parlare bene, ma piuttosto se abbiamo saputo vivere devotamente. Dimmi: dove si trovano ora tutti quei capiscuola e quei maestri, a te ben noti mentre erano in vita, che brillavano per i loro studi? Le brillanti loro posizioni sono ora tenute da altri; e non è detto che questi neppure si ricordino di loro. Quando erano vivi sembravano essere un gran che; ma ora di essi non si fa parola. Oh, quanto rapidamente passa la gloria di questo mondo! E voglia il cielo che la loro vita sia stata all’altezza del loro sapere; in questo caso non avrebbero studiato e insegnato invano. Quanti uomini si preoccupano ben poco di servire Iddio, e si perdono a causa di un vano sapere ricercato nel mondo. Essi scelgono per sé la via della grandezza, piuttosto di quella dell’umiltà; perciò si disperde la loro mente (Rm 1,21). Grande è, in verità, colui che ha grande amore; colui che si ritiene piccolo e non tiene in alcun conto anche gli onori più alti. Prudente è, in verità, colui che considera sterco ogni cosa terrena, al fine di guadagnarsi Cristo (Fil 3,8). Dotto, nel giusto senso della parola, è, in verità, colui che fa la volontà di Dio, buttando in un canto la propria volontà.

L’Imitazione di Cristo

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Capitolo  II

L’UMILE COSCIENZA DI SE’

  1. L’uomo, per sua natura, anela a sapere; ma che importa il sapere se non si ha il timor di Dio? Certamente un umile contadino che serva il Signore è più apprezzabile di un sapiente che, montato in superbia e dimentico di ciò che egli è veramente, vada studiando i movimenti del cielo. Colui che si conosce a fondo sente di valere ben poco in se stesso e non cerca l’approvazione degli uomini. Dinanzi a Dio, il quale mi giudicherà per le mie azioni, che mi gioverebbe se io anche possedessi tutta la scienza del mondo, ma non avessi l’amore? Datti pace da una smania eccessiva di sapere: in essa, infatti, non troverai che sviamento grande ed inganno. Coloro che sanno desiderano apparire ed essere chiamati sapienti. Ma vi sono molte cose, la cui conoscenza giova ben poco, o non giova affatto, all’anima. Ed è tutt’altro che sapiente colui che attende a cose diverse da quelle che servono alla sua salvezza. I molti discorsi non appagano l’anima; invece una vita buona rinfresca la mente e una coscienza pura dà grande fiducia in Dio. Quanto più grande e profonda è la tua scienza, tanto più severamente sarai giudicato, proprio partendo da essa; a meno che ancor più grande non sia stata la santità della tua vita.

  2. Non volerti gonfiare, dunque, per alcuna arte o scienza, che tu possegga, ma piuttosto abbi timore del sapere che ti è dato. Anche se ti pare di sapere molte cose; anche se hai buona intelligenza, ricordati che sono molte di più le cose che non sai. Non voler apparire profondo (Rm 11,20;12,16); manifesta piuttosto la tua ignoranza. Perché vuoi porti avanti ad altri, mentre se ne trovano molti più dotti di te, e più esperti nei testi sacri? Se vuoi imparare e conoscere qualcosa, in modo spiritualmente utile, cerca di essere ignorato e di essere considerato un nulla. E’ questo l’insegnamento più profondo e più utile, conoscersi veramente e disprezzarsi. Non tenere se stessi in alcun conto e avere sempre buona e alta considerazione degli altri; in questo sta grande sapienza e perfezione.  Anche se tu vedessi un altro cadere manifestamente in peccato, o commettere alcunché di grave, pur tuttavia non dovresti crederti migliore di lui; infatti non sai per quanto tempo tu possa persistere nel bene. Tutti siamo fragili; ma tu non devi ritenere nessuno più fragile di te.

Preghiera alla Madonna dei Tumori

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Madre santissima, salute dei malati,
tu hai generato Colui che ci ha guarito dal peccato:
senza di Lui quel male, per noi incurabile,
ci avrebbe devastato!
Tu sei la Madre di Colui che sana le ferite del male
e che con la sua morte e risurrezione
apre per noi le porte della grazia,
fonte di salute dell’anima e del corpo.
Tu sei nostra Madre: a te ricorriamo fiduciosi.
ricordati di noi che siamo nella prova!
Lascia, o Madre tenerissima,
che preghiamo con te il Figlio tuo,
e per la comune invocazione del Suo nome
Egli ci liberi dal male che ci consuma
e ci conceda vita e salute.
Tu che, docile sotto la croce,
hai offerto la tua sofferenza,
insegnaci ad unire il nostro dolore,
con te e come te,
a quello del tuo Figlio Gesù
nostro unico Salvatore.
Amen.

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L’icona sacra della Madonna dei tumori

si trova presso la Basilica Santa Maria Maggiore a Ravenna.

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Il miracolo di Santa Teresina a Gallipoli

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Era il 16 gennaio 1910 quando nel monastero della Carmelitane Scalze di Gallipoli avvenne un fatto straordinario.
L’allora Priora del monastero, madre Carmela del S. Cuore di Gesù (al secolo Ida Piccinno), si trovava a letto vittima di una malattia in quel tempo molto diffusa: la pleurite. Alle prime luci dell’alba di quel 16 gennaio, avvertì una strana sensazione, come se qualcuno la toccasse sul petto, scuotendola come per svegliarla. Rivolgendosi allo sconosciuto personaggio la madre disse: « Lasciatemi, poiché sono tutta sudata ». E subito una voce con tonalità femminile le rispose: « Non temete, ciò che faccio è per il vostro bene, non per il vostro male ». E continuò: « Dio si serve indifferentemente degli esseri del cielo come di quelli della terra: ecco, io vi porto cinquecento lire per sovvenire ai bisogni della vostra comunità ». La priora rispose: « Ma i debiti del convento sono solo di trecento lire! ». Solo molto tempo dopo si scoprirà che quella strana voce apparteneva a S. Teresa di Gesù Bambino, conosciuta anche come Teresa di Lisieux e come Santa Teresina. Ma a questo punto è doveroso fare un piccolo passo indietro onde spiegare il motivo per cui la madre superiora del monastero avesse urgente bisogno di quelle trecento lire. Una legge del governo italiano del 17 febbraio 1861 aveva stabilito l’espropriazione e la soppressione di moltissimi beni ecclesiastici, soprattutto nel Meridione d’Italia, laddove erano anche più numerosi. Tra questi beni figurava il monastero delle Carmelitane di Gallipoli, che come gli altri poteva garantirsi la sopravvivenza solo pagando una cospicua percentuale di tributi all’erario.
Fino al 1910 la comunità delle Carmelitane di Gallipoli si era retta grazie al provvidenziale ingresso in convento di una nobile e facoltosa giovane gallipolina, Ida Piccinno (poi divenuta madre Carmela del S. Cuore di Gesù), che qualche anno dopo la professione solenne dei voti fu, con una speciale dispensa del Papa, eletta priora del monastero. Si tratta dunque della stessa priora che sarà protagonista dell’episodio di cui stiamo parlando. Madre Carmela fino al 1908 non aveva mai sentito parlare di quella giovane carmelitana d’oltralpe morta in odore di santità qualche anno prima.
E d’altronde non c’è da stupirsi per questo, visto che persino in Francia la piccola Teresa non era ancora considerata né una mistica, né tanto meno una santa, neppure tra le mura del suo stesso convento.

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Sappiamo infatti che solo nel 1925 Teresa Martin (questo era il suo nome “nel mondo”) fu proclamata santa dall’allora papa Pio XI. Madre Carmela dunque venne a conoscenza della spiritualità di Teresa solo dopo che la priora delle suore Marcelline di Lecce le fece dono dell’autobiografia della mistica francese, meglio nota col titolo di “Storia di un’anima”, divenuto poi un best-seller.
Intanto il monastero di Gallipoli chiuse l’anno 1909 con un deficit, riscontrabile ancor oggi nel libro dei conti, il passivo ammontava appunto a trecento lire. Fu così che madre Carmela decise di cominciare assieme alle sue consorelle un triduo di preghiere alla SS. Trinità chiedendo l’intercessione di Teresa di Lisieux. Così la notte fra il 15 e il 16 gennaio 1910. ultimo giorno del triduo, accadde ciò che le carmelitane speravano, ma che nessuno pensava potesse realmente avvenire.
Dopo l’apparizione in sogno di Teresa di Gesù Bambino, madre Carmela corse verso la cassetta delle offerte, collocata nella “stanza della ruota” e con immensa meraviglia vi trovò le cinquecento lire promesse. Nel dialogo poi tra madre Carmela e S. Teresina vi furono degli elementi che permisero a questo miracolo di pervenire alla Congregazione per le Cause dei Santi e, quindi, di essere ritenuto utile per il processo di beatificazione e poi santificazione di Teresa di Lisieux.
Due sono gli elementi più significativi: il primo è la presentazione che S. Teresa fa di se stessa dicendo alla priora del Carmelo di Gallipoli di “non essere la nostra Santa Madre (S. Teresa d’Avila) ma la Serva di Dio, Suor Teresa di Lisieux”; il secondo elemento è la frase di commiato pronunciata da S. Teresina: “La mia via è sicura. Non mi sono sbagliata seguendola”. Solo dopo diversi anni si saprà infatti che la carmelitana di Lisieux aveva detto ancora in vita alle sue consorelle “un giorno vi farò sapere se la mia via è sicura”.
A quel prodigioso evento del gennaio 1910 ne seguirono altri e sempre con lo scopo di non far ricadere nei debiti il monastero di Gallipoli.
Oggi quel monastero ospita circa venti carmelitane, ed è divenuto uno dei più floridi e significativi Carmeli d’Italia.

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Inno alla vita.

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La vita è dono meraviglioso di Dio e nessuno ne è padrone, l’aborto e l’eutanasia sono tremendi crimini contro la dignità dell’uomo, la droga è rinuncia irresponsabile alla bellezza della vita, la pornografia è impoverimento e inaridimento del cuore.

La malattia e la sofferenza non sono castighi ma occasioni per entrare nel cuore del mistero dell’uomo; nel malato, nell’handicappato, nel bambino e nell’anziano, nell’adolescente e nel giovane, nell’adulto e in ogni persona, brilla l’immagine di Dio.

La vita è un dono delicato, degno di rispetto assoluto: Dio non guarda all’apparenza ma al cuore; la vita segnata dalla Croce e dalla sofferenza merita ancora più attenzione, cura e tenerezza.

Ecco la vera giovinezza: è fuoco che separa le scorie del male dalla bellezza e dalla dignità delle cose e delle persone; è fuoco che riscalda di entusiasmo l’aridità del mondo; è fuoco d’amore che infonde fiducia ed invita alla gioia.

Preghiera per i giovani.

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Signore Gesù, che hai chiamato chi hai voluto, chiama molti di noi a lavorare per te, a lavorare con te.

Tu, che hai illuminato con la tua parola quelli che hai chiamati, illuminaci col dono della fede in te.

Tu, che li hai sostenuti nelle difficoltà, aiutaci a vincere le nostre difficoltà di giovani d’oggi.

E se chiami qualcuno di noi, per consacrarlo tutto a te, il tuo amore riscaldi questa vocazione fin dal suo nascere e la faccia crescere e perseverare sino alla fine. Così sia.

La famiglia di Thérèse Martin

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Il padre di Thérèse, Louis Martin (Bordeaux, 1823 – Lisieux, 1894), esercitava il mestiere di orologiaio, dove eccelleva. Sua madre Marie-Azélie Guérin Martin (Gandelain, 1831 – Alençon, 1877) era già conosciuta fin dal 1850 come sarta esperta nel famoso “punto d’Alençon”; creò anche una piccola impresa a conduzione familiare dove lavoravano una ventina di operaie.

Louis avrebbe voluto entrare nella congregazione dei canonici regolari del Gran San Bernardo (Valais – Suisse), ma la sua non buona conoscenza del latino glielo impedì. Anche Marie-Zélie avrebbe voluto entrare in convento come la sorella maggiore Marie-Louise, ma la madre superiora la persuase ad abbandonare il progetto. Così si ripromise in segreto, se si fosse sposata, di donare se possibile tutti i suoi figli alla Chiesa.

Louis e Marie-Zélie si conobbero nel 1858 sul ponte Saint-Léonard d’Alençon e, dopo un breve fidanzamento, si sposarono il 13 luglio 1858 nella Basilica di Notre-Dame.

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La loro vita coniugale era orientata inizialmente a vivere la castità nel matrimonio ma in seguito, su consiglio del loro confessore e padre spirituale, decisero diversamente: ebbero così nove figli, dei quali quattro morirono in tenera età:

  • Marie-Joseph-Louis (20 settembre 1866 – 14 febbraio 1867);

  • Marie-Joseph-Jean-Baptiste (19 dicembre 1867 – 24 agosto 1868);

  • Marie-Hélène, (13 ottobre 1864 – 22 febbraio 1870);

  • Marie-Mélanie-Thérèse (16 agosto 1870 – deceduta appena dopo sette settimane).

Gli altri cinque figli, tutte femmine, divennero religiose:

  • Marie (22 febbraio 1860, carmelitana a Lisieux (1886) — con il nome di suora Marie du Sacré-Cœur — morì il 19 gennaio 1940);

  • Pauline (7 settembre 1861, carmelitana a Lisieux (1882) — suora e poi madre Agnès de Jésus —, morì il 28 luglio 1951);

  • Léonie (3 giugno 1863, nell’ordine religioso delle clarisse (1886) poi visitandina à Caen (1894) — suor Françoise-Thérèse — morì il 16 giugno 1941);

  • Céline (28 aprile 1869, carmelitana à Lisieux (1894) — suora Geneviève de la Sainte-Face — morì il 25 febbraio 1959);

  • Thérèse (2 gennaio 1873, carmelitana a Lisieux (1888) — suora Thérèse de l’Enfant-Jésus et de la Sainte-Face — morì il 30 settembre 1897 e fu canonizzata nel 1925).

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Marie-Françoise-Thérèse Martin, questo il suo nome completo, nacque in rue Saint-Blaise nella cittadina di Alençon nel nord della Francia in Normandia, il 2 gennaio 1873. Fu battezzata due giorni dopo nella chiesa Notre-Dame d’Alençon. Il padrino fu Paul Boul, figlio di un amico di famiglia, mentre la madrina fu la sua stessa sorella maggiore Marie; tutti e due dell’età di tredici anni.

In marzo, all’età di due mesi, rischia la morte e deve essere mandata a balia da una nutrice, Rose Taillé, che era stata già a suo tempo la nutrice di due bambini della coppia Martin. Si ristabilisce e cresce nella campagna della Normandia, nella fattoria di Semallé, distante 8 chilometri. Al suo ritorno ad Alençon, il 2 aprile 1874, la sua famiglia la circonda di affetto. Sua madre dirà che «è di una intelligenza superiore a quella di Céline, ma meno dolce, e soprattutto di una testardaggine quasi invincibile. Quando dice no, niente la può far cedere.» Giocosa e maliziosa, fa la felicità della sua famiglia con la sua gioia di vivere, ma è anche molto emotiva e piange spesso.

Cresce così allora in questa famiglia di cattolici ferventi che assistono ogni mattina alla messa delle 5:30, rispettano rigorosamente il digiuno e pregano rispettando i ritmi dell’anno liturgico. Inoltre i Martin praticano la carità e accolgono all’occasione dei vagabondi alla loro tavola, visitano i malati e gli anziani. Thérèse anche se non è la bambina modello che invece dipingeranno più tardi le sue sorelle è ugualmente sensibile a questo tipo di educazione. Così gioca a fare la religiosa, cerca spesso di «fare piacere a Gesù» e si preoccupa di sapere che egli sia contento di lei. Un giorno arriva addirittura a augurare a sua madre di morire; viene sgridata ma lei spiega che è perché le augura così la felicità del Paradiso.

Nel 1865, Zélie Martin si ammala di un tumore al seno che si svilupperà lentamente, ma sempre più. Solo nel dicembre 1876 un medico le rivela la gravità di questo tumore, ma ormai è troppo tardi per tentare un’operazione. Il 24 febbraio 1877, Zélie perde sua sorella maggiore Marie-Louise, che muore di tubercolosi al convento della Visitazione di Mans, dove aveva preso il nuovo nome da religiosa di suor Marie-Dosithée. Dopo questo decesso il male peggiora e il dolore aumenta sempre più malgrado ella cerchi di nasconderlo alla sua famiglia.

È nel giugno 1877 che infine Zélie parte per Lourdes in pellegrinaggio nella speranza di essere guarita, ma il miracolo non ha luogo. Muore il 28 agosto dello stesso anno, dopo molti giorni di agonia. A quattro anni e mezzo Thérèse perde sua madre e di questo lutto fu profondamente segnata per il prosieguo del suo percorso. Più tardi ritenne che la prima parte della sua vita si fermò proprio in quel giorno. Dopo quell’evento così drammatico per lei, decise di scegliere sua sorella Pauline che era solo la secondogenita, come sua madre adottiva.

Consacrazione allo Spirito Santo

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O Santo Spirito
Amore che procede dal Padre e dal Figlio
Fonte inesauribile di grazia e di vita
a te desidero consacrare la mia persona,
il mio passato, il mio presente, il mio futuro, i miei desideri,
le mie scelte, le mie decisioni, i miei pensieri, i miei affetti,
tutto quanto mi appartiene e tutto ciò che sono.

Tutti coloro che incontro, che penso che conosco, che amo
e tutto ciò con cui la mia vita verrà a contatto:
tutto sia beneficato dalla Potenza della tua Luce, del tuo Calore, della tua Pace.

Tu sei Signore e dai la vita
e senza la tua Forza nulla è senza colpa.

O Spirito dell’Eterno Amore
vieni nel mio cuore, rinnovalo
e rendilo sempre più come il Cuore di Maria,
affinché io possa diventare, ora e per sempre,
Tempio e Tabernacolo della Tua Divina presenza.

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Conservami un cuore di fanciullo

 

Santa Maria, Madre di Dio,
conservami un cuore di fanciullo,
puro e limpido come acqua di sorgente.

Ottienimi un cuore semplice
che non si ripieghi
ad assaporare le proprie tristezze,
un cuore magnanimo nel donarsi,
facile alla compassione;
un cuore fedele e generoso,
che non dimentichi alcun bene
e non serbi rancore di alcun male.

Formami un cuore dolce e umile,
che ami senza esigere di essere riamato,
contento di scomparire in altri cuori
sacrificandosi davanti al tuo Figlio Divino;
un cuore grande e indomabile,
così che nessuna ingratitudine lo possa chiudere
e nessuna indifferenza lo possa stancare;
un cuore tormentato dalla gloria di Gesù Cristo,
ferito dal Suo Amore con una piaga
che non si rimargini se non in Cielo.

(P. Grandmaison)

Preghiera all’Angelo Custode

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Angelo benignissimo, mio custode, tutore e maestro, mia guida e difesa, mio sapientissimo consigliere e amico fedelissimo, a te io sono stato raccomandato, per la bontà del Signore, dal giorno in cui nacqui fino all’ultima ora della mia vita.

Quanta riverenza di debbo, sapendo che mi sei dovunque e sempre vicino!

Con quanta riconoscenza ti devo ringraziare per l’amore che nutri per me, quale e quanta confidenza per saperti il mio assistente e difensore!

Insegnami, Angelo Santo, correggimi, proteggimi, custodiscimi e guidami per il diritto e sicuro cammino alla Santa Città di Dio.

Non permettere che io faccia cose che offendano la tua santità e la tua purezza.

Presenta i miei desideri al Signore, offrigli le mie orazioni, mostragli le mie miserie e impetrami il rimedio di esse dalla sua infinita bontà e dalla materna intercessione di Maria Santissima, tua Regina.

Vigila quando dormo, sostienimi quando sono stanco, sorreggimi quando sto per cadere, alzami quando sono caduto, indicami la via quando sono smarrito, rincuorami quando mi perdo d’animo, illuminami quando non vedo, difendimi quando sono combattuto e specialmente nell’ultimo giorno della mia vita, siimi scudo contro il demonio.

In grazia della tua difesa e della tua guida, ottienimi infine di entrare nella tua gloriosa dimora, dove per tutta l’eternità io possa esprimerti la mia gratitudine e glorificare assieme a te il Signore e la Vergine Maria, tua e mia Regina. Amen.

Preghiera a San Giuseppe Lavoratore

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Padre Putativo di Gesù e Sposo Purissimo di Maria, la Vergine Immacolata e Madre di Gesù, nostro Dio,
che a Nazareth hai conosciuto la dignità e il peso del lavoro,
accettandolo in ossequio alla Volontà del Padre e per contribuire alla nostra salvezza,
aiutaci a fare del lavoro quotidiano un mezzo di elevazione;
insegnaci a fare del luogo di lavoro una Comunità di persone, unita dalla solidarietà e dall’ amore;
dona a tutti i lavoratori e alle loro famiglie,
la salute, la serenità e la fede;
fà che i disoccupati trovino presto una dignitosa occupazione
e che coloro che hanno onorato il lavoro per una vita intera, possano godere di un lungo e meritato riposo.
Te lo chiediamo per Gesù Cristo nostro Redentore, per Maria, la Vergine Immacolata e Tua Castissima Sposa e Madre di Gesù e nostra.

Preghiera per chiedere grazie a Santa Teresa di Calcutta

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Santa Teresa di Calcutta, nel tuo desiderio struggente di amare Gesù come non è stato maiamato prima, ti sei donata completamente a Lui, senza mai rifiutargli nulla.

In unione al Cuore Immacolato di Maria, hai accettato la chiamata a saziare la Sua sete infinita di amore e di anime e a divenire portatrice del Suo amore ai più poveri tra i poveri.

Con amorevole fiducia e totale abbandono tu hai compiuto la Sua volontà, testimoniando la gioia di appartenere totalmente a Lui.

Sei diventata così intimamente unita a Gesù, il tuo Sposo crocifisso, che Egli, sospeso sulla croce, si è degnato di condividere con te l’agonia del Suo Cuore.

Santa Teresa, tu che hai promesso di portare continuamente la luce dell’amore a coloro che sono sulla terra, prega affinché anche noi desideriamo saziare la sete ardente di Gesù con un amore appassionato, condividendo con gioia le Sue sofferenze, e servendoLo con tutto il cuore nei nostri fratelli e sorelle, specialmente in coloro che, più di tutti, sono ” non amati ” e ” non voluti “.

Madre Teresa degli ultimi! Il tuo passo veloce è andato sempre verso i più deboli e i più abbandonati per contestare in silenzio coloro che sono ricchi di potere e di egoismo: l’acqua dell’ultima cena è passata nelle tue mani instancabili indicando a tutti coraggiosamente la strada della vera grandezza.

Madre Teresa di Gesù! tu hai sentito il grido di Gesù nel grido degli affamati del mondo e hai curato il corpo di cristo nel corpo piagato dei lebbrosi.

Madre Teresa, prega affinchè diventiamo umili e puri di cuore come Maria per accogliere nel nostro cuore l’amore che rende felici. Amen

 

Preghiera miracolosa per chiedere una grazia urgente e impossibile alla Vergine Maria

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Recitiamo questa preghiera come una novena, per nove giorni, o se impossibilitati almeno per tre giorni, e ripetutamente durante il giorno, la Vergine Maria non mancherà di concederci le grazie che invochiamo.

 

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O Maria, Madre mia, umile figlia del Padre, del Figlio Madre Immacolata, amata sposa dello Spirito Santo, ti amo e ti offro tutta la mia vita. Maria, piena di bontà e misericordia, mi volgo a te in queste ore di amarezza per implorare il tuo aiuto, Madre ammirevole, Madre della divina grazia, vero conforto nel pianto, l’avvocato più dolce dei peccatori, costante presenza di Dio, abbi pietà di me e di tutti quelli che amo.

Cuore Immacolato di Maria, Tabernacolo e Tempio della Santissima Trinità, sede del vostro potere, Sede della Sapienza, oceano di bontà, ottienici dallo Spirito Santo che il nostro cuore sia il tuo nido dove riposare per sempre. Portami quello che mi serve così tanto, quello che con tutto il fervore della mia anima chiedo, per i meriti di Gesù e per i meriti vostri, se è per la gloria della Santissima Trinità e il bene della mia anima.

Vengo a te, vengo chiedere la tua potente intercessione, in questo difficile bisogno, per ottenere la soluzione a questo problema impossibile che mi provoca tanta disperazione e lo trovo irraggiungibile con le mie forze:

(fare la richiesta con immensa fiducia)

per me è quasi impossibile da raggiungere da solo una soluzione a questo problema, spero che tu mi permetterai la grazia di vedere risolta questa difficoltà e la fine di ogni preoccupazione e dolore che mi causa questa situazione angosciante.

Vergine Santa, nobile Regina degli Angeli, Sposa dello Spirito Santo, ricordati che sei mia madre!

Tu, che intercedi presso tuo Figlio, ascoltami e dammi la grazia che umilmente ti chiedo con tanta urgenza.

Dolce Maria, Madre amata, liberami dai nemici della mia anima e dai mali temporanei che minacciano la mia vita, a te tutta la mia gratitudine e devozione.

Maria madre mia, Santa Maria, prega per tutti noi il suo santissimo Figlio, nostro Signore Gesù Cristo. Amen.

 

🌺 Salve Regina, Padre Nostro, Ave Maria e Gloria 🌺

 

 

Ripetere la preghiera spesso durante il giorno.

Preghiera per riposare con il cuore unito a Dio

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Padre mio,
ora che le voci tacciono e i rumori si sono smorzati,
qui nel letto la mia anima si eleva a Te, per dire:
Credo in Te, spero in Te e ti amo con tutte le mie forze,
gloria a Te, Signore!

Depongo nelle tue mani la fatica e le lotte,
le gioie e le delusioni
di questa giornata trascorsa.

Se i nervi mi hanno tradito,
se gli impulsi egoisti mi hanno dominato,
se ho dato luogo a rancore o a tristezza,
perdono, Signore!
Abbi pietà di me.

Se sono stato infedele,
se ho pronunciato parole invano,
se mi sono lasciato trasportare dall’impazienza,
se sono stato un problema per qualcuno,
perdono, Signore!

In questa notte
non voglio consegnarmi al sonno
senza sentire nell’anima
la sicurezza della tua misericordia,
la tua dolce misericordia
completamente gratuita.

Ti ringrazio, Padre mio,
perché sei stato l’ombra fresca
che mi ha coperto durante tutta questa giornata.
Ti ringrazio perché,
invisibile, affettuoso e avvolgente,
ti sei preso cura di me come una madre
in tutte queste ore.

Signore! Intorno a me
tutto è già silenzio e calma.
Manda l’angelo della pace in questa casa.

Rilassa i miei nervi,
tranquillizza il mio spirito,
sciogli le mie tensioni,
inonda il mio essere di silenzio e di serenità.

Veglia su di me, Padre amato,
mentre mi consegno fiducioso al sonno,
come un bambino che dorme felice tra le tue braccia.
Nel tuo Nome, Signore, riposerò tranquillo.

Amen.

(Fra’ Ignacio Larrañaga)