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Rosario a Santa Rita

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D) O Signore, vieni in mio aiuto.
R) Signore, affrettati ad aiutarmi.

 

I Mistero

Santa Rita, tu che godi
nel bel cielo il Sommo Bene,
vera amante delle pene
che soffrì per noi Gesù

1 – Padre nostro…

10 – Mentre Dio ne accorda vita
Diamo tutti laude a Rita
Sempre, sempre sia lodata
Rita in cielo coronata.

Gloria al Padre…

 

II Mistero

Imitasti il Nazareno perdonando l’uccisore,
ed i figli con ardore incitasti a perdonar.

1 – Padre nostro…

10 – Mentre Dio ne accorda vita ecc.

 

III Mistero

Resa vedova abbracciasti
Sacro Chiostro, in cui già regge
d’Agostin la dolce legge
per sacrarti al Sommo Ben.

1 – Padre nostro…

10 – Mentre Dio ne accorda vita ecc.

 

IV Mistero

Ed il corpo in quell’asilo
tu stringesti con catene,
con digiuni ed aspre pene
per amore di Gesù.

1 – Padre nostro…

10 – Mentre Dio ne accorda vita ecc.

 

V Mistero

Quella spina insanguinata
che trafigge la tua fronte
e per te celeste fonte
di conforto nel doloro

1 – Padre nostro…

10 – Mentre Dio ne accorda vita ecc.

 

 

Preghiera

Or che godi in ciel più bello
di Gesù l’amabil viso
volgi a noi il tuo sorriso
nella valle dei sospir,
finché spenta la scintilla
della vita nel dolor,
fisseremo la pupilla
nella luce del Signor.

D) Ci sia caro in questa vita
il tuo nome, o Santa Rita.
R) Tu nei casi disperati
sii conforto ai tribolati.

 

Orazione

O Dio, che a Santa Rita Ti degnasti infondere tanta grazia ad amare gli stessi nemici, e portare nel cuore e sulla fronte i segni della Tua carità e
passione; concedici, Ti preghiamo, per suo merito ed intercessione, di perdonare i nemici nostri e contemplare le sofferenze della Tua passione, in modo da ottenere il premio promesso ai miti ed a coloro che piangono. Amen.

La Santa degli impossibili

Santa Rita

I suoi paesi nel 1400.

Roccaporena: un centinaio di abitanti in poche case grigi e, basse, serrate fra monti scoscesi, la cui ombra le copre per la maggior parte del giorno. Da una gola senza luce precipita un torrentaccio che non di rado diguazza negli orti e fra le case, e che si butta nel Corno, fiumicello or grigio or bianco fra alte file di pioppi. Sono contadini o pastori o taglialegna, ma i giovani sentono aria nuova e vanno a cercare altrove un pane più comodo, anche se, spesso, meno pulito. A Cascia vanno in groppa al muli per i sentieri del fondovalle, ma solo nella buona stagione, perché bisogna guadare molte volte il Corno stretto fra i greppi; oppure per sentieri che s’inerpicano fra i boschi per scorrere poi sull’altipiano.

Cascia: appartiene allo Stato Pontificio e non dista molto dal confine col Regno di Napoli. Digradante dalla cima di un colle, è tutta raccolta fra le Sue mura, nella fierezza delle sue memorie, e gode ancora una certa indipendenza, ma fino a poche decine d’anni prima era repubblica indipendente, dominava quaranta castelli e avevi il diritto di pace e di guerra. Ha sei Conventi di frati, cinque monasteri, tre collegiate di Canonici, due Vescovi, dei quali uno Agostiniano.

I suoi tempi. Stati e staterelli, principi e signorotti in continua guerre. Dappertutto un profondo rimescolìo di desideri di libertà, di riforma e dl novità. Ghibellini, guelfi, bianchi, neri, partigiani del Papa o dei Re stranieri o dei Principi di casa; e poi vassalli, mercenari, servi della gleba. Sete di dominio e di ricchezza. L’odio e le rivalltà dividono le città, i paesi, le famiglie, fin su nei villaggi e nei casolari. S’è persa come un vano canto di rosignuolo l’invocazione del Petrarca  “I’ vo gridando: Pace, pace, pace!..” Ma sui monti fioriscono anche romitori di pre-ghiera e di penitenza; nelle città e nei paesi pregano e lavorano monache e religiosi, predicatori infaticabili, riformatori santi. Il santo è di casa: parafulmine di ogni contrada, paciere di ogni contesa, salvatore della società. Umbria santa!

I suoi genitori. Antonio Mancini e Amata Ferri. Sono i  pacieri. del villaggio: la loro parola di pace riesce a comporre i dissidi tra le famiglie, riesce a smorzare le passioni partigiane fomentate dai contatti con le città. Lavorano un orticello intorno alla casa, un pezzo di terra sul pendìo del monte e curano un paio di caprette. Poca roba, molto amore e una lunga malinconia: dopo tanti anni di matrimonio nessuno che li chiami: papà, mamma.. Ogni giorno s’inginocchiano davanti alle immagini di S. Agostino, rinato alla madre dopo lunghi pianti, di S. Giovanni Battista e di S. Nicola da Tolentino, donati ai genitori molto avanti negli anni. Sulla faccia di Amata si moltiplicano le rughe e le mani di Antonio si fanno sem-pre più dure e più stanche. Ma anche sulla terra brulla, anche sulle rocce nascono i fiori. Anche nella casa di Antonio, Dio fa nascere un fiore: Rita. E’ l’anno 1381.

Il primo dono. Antonio e Amata lavorano nel campo. Nell’aria primaverile che addolcisce i prati, le api volano di primula in primula persuase dai nettare; volano nella boccuccia di Rita, il fiore più bello che sorride all’ombra d’un vecchio rovere. Germano, un falciatore che passa tamponandosi una larga ferita al braccio, non può sapere che quelle api bianche vivranno ancora, dopo cinque secoli, nei muri del monastero di S. Maria Maddalena. Le scaccia, chiama Antonio, poi grida spaventato: Miracolo!.. La ferita s’è improvvisamene chiusa. E’ il primo dono, e a un umile contadino.

Il primo incontro. La Comunione: il sole e il fiore, Gesù e l’anima: vicendevole offerta d’amore, veri sponsali che generano luminosi frutti di vita; la prima, unica, non interrotta offerta del cuore, dei dolori, dei sogni: sia fatta la tua volontà. La piccola Rita apre nel tetto della sua casa un pezzo di cielo dove i suoi occhi, e, più, il suo cuore trovano spazio e silenzio per pregare, per contemplare quelle immagini celesti di cui le parla, nelle sere d’inverno, il romito agostiniano che scende spesso dal suo romitorio montano per predicare l’amore e la pace. Dopo trent’anni Rita salirà lo ‘scoglio’, un’alta rupe scoscesa e solitaria fasciata di arbusti e di licheni a pochi passi dal villaggio, per non avere nessun ostacolo materiale alla sua preghiera, per un istintivo desiderio di solitudine e di silenzio.

Sia fatta la tua volontà. Come tutti i giovani, anche Rita custodisce nel cuore un sogno: il Chiostro. Non è paura dell’uomo, ma rinuncia all’amore dell’uomo per l’amore più grande. Non è insensibilità ai bisogni dei suoi vecchi genitori: la sua fede nella Provvidenza supera i calcoli della previdenza umana. Ma Dio vuole da lei il sacrificio. I giovanotti di Roccaporena pensano che una sposa migliore non è neppure immaginabile. Paolo di Ferdinando, un giovane focoso e violento, ma anche generoso come tutti gli impulsivi, sebbene abbia visto Rita scantonare quando ha tentato di fermarla per fare quattro chiacchiere, riesce a convincere con i suoi modi sbrigativi la titubanza di Antonio e Amata e a ottenere il  “si” di Rita. Guardando i fatti singoli, viene da chiedersi:  E la Provvidenza?, perché noi sappiamo appena un poco dell’ieri, pochissimo dell’oggi e nulla del domani. Chi ha fede e fiducia dona i suoi sospiri e i suoi timori a chi possiede in un unico pensiero l’ieri, l’oggi e il domani e non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande. (Manzoni). Matrimonio senza amore? Nel senso puramente umano, forse si; ma chi accetta la volontà di Dio nulla accoglie o sopporta senza amore: un amore più forte e più sicuro di qualunque sentimento istintivo o ispirato da motivi umani. Rita fidanzata, Rita alla cerirnonia nuzlale: il Sacramento suggella l’unione indissolubile.

Il suo sposo. Paolo di Ferdinando non è un uomo di casa, non ama la tranquillità del focolare domestico, non accetta le responsabilità di uomo sposato. Il temperamento focoso, le compagnie, le avventure partigiane gli impediscono di comprendere la moglie, inaspriscono le sue abitudini alla violenza e alla vendetta. In casa tutto lo irrita, tutto è mal fatto, ogni pretesto è sufficiente per rimbrottare e picchiare la moglie. Neppure la nascita di due figli riesce a cambiare durevol-mente la sua vita scapestrata. Ma che cosa è l’amore se non dono senza interesse? Che cosa è se non preghiera e azione benigna per chi si ama? Rita è martire dell’amore indissolubile il suo martirio è la salvezza dello sposo. Egli sente una sempre minor soddisfazione a sfogare la sua ira sulla moglie che non si ribella, che non si vendica, che piange, ma da sola, che insegna ai figli il rispetto e l’amore al padre, che tutti i giorni lo ama con la stessa tenacità. Ma una fredda sera d’inverno, aul sentiero che passa sotto la cupa torre di Collegiacone, dove dormono avvinazzati i mercenari, Paolo viene pugnalato. Rita, con l’aiuto di buone persone, riesce a portarsi sul pauroso luogo del delitto, accompagnata dai suoi figliuoli spaventati. Paolo è agonizzante e si spegne, con uno sguardo supplichevole, al fioco lume delle lanterne. La povera donna rimane sgomenta per l’indicibile dolore, moltiplicato dalla pietosa visione dei flgliuoli; ma è il dubbio della. salvezza eterna del marito che le porta il maggior lutto nel cuore: quante lacrime su quella croce! Quante penitenze, quante preghiere!

I suoi figli. Giangiacomo e Paolo Maria, due orfani col temperamento del padre: nelle loro pupille il sangue raggrumato dell’ucciso, già idolo dei loro sogni battaglieri. Nei loro cuore la più triste delle tentazioni: la vendetta. Essi si ribellano quando la mamma, nella preghiere della sera, aggiunge un’invocazione di perdono per gli assassini del loro padre. Svanisce nel loro cuore l’ideale dl bontà, di carità di perdono nel quale il ha cresciuti. L’amore è sacrificio dei propri affetti, è immedesimarsi in chi si ama; è sostituire chi si ama nei suoi bisogni spirituali: Rita offre a Dio i suoi figli, prima che l’istinto della vendetta armi le loro mani innocenti e il delitto perda le loro anime. Giangiacomo e Paolo Maria, colpiti da un morbo improvviso, si spengono serenamente riconquistati dall’amore materno.

Come Gesù. Il fiore dell’alpe dopo la tempesta: più lindo, più luminoso se ha resistito ai venti e alle acque. Così l’anima sotto la croce. Rita ha preso la sua e ha seguito Gesù: senza riposo, senza soddisfazioni. Come Gesù è rimasta nascosta nella sua umile casa pregando e lavorando; come Gesù ha detto:  Passi da me questo calice amaro, ma sia fatta la tua volontà; come Gesù ha perdonato agli uccisori del marito; come Gesù ha detto: che vale guadagnare anche tutto il mondo se si perde l’anima? Come Gesù ha sernpre fatto la volontà di Dio. Come Gesù va a pregare sul monte nel silen-zio e nella solitudine, più vicina ai cielo, mentre nella sua casa non è rimasto che l’inutile verso dell’assiuolo. In questo suo salire c’è il desiderio della luce, il desiderio di lasciare la mundana e trista foce. Nel vivo silenzio dei monti il vento porta la voce dei campanili di Cascia: è la stessa voce dei primi anni.

” Picchiate…” A Cascia prosperano cinque monasteri e Rita va umilmente a bussare al monastero di S. Maria Maddalena, delle Suore Agostiniane. Ma non c’è posto per le donne che portano il segno del mondo: il fiore toccato dall’uomo, il fiore che ha resistito alle bufere dell’alpe non può fiorire accanto ai vergini fiori dei giardini, dai petali freschi e profumati. Per tre volte la vedova va a bussare alla stessa porta, ma la regola è inflessibile. Perchè non si rivolge a un altro monastero? No, le api bianche sono volate dopo il paziente e lungo lavoro nei prati, alla quiete del monastero di S. Maria Maddalena, miracolose staffette di un’umile regina.

“… E vi sarà aperto”. Sullo scoglio spira un alito dl vento che muove la luna posata sul cespugli e ondula il lieve mormorio del torrente, di cui si scorge, qua e là nella valle, l’irrequieta lucentezza. Gli occhi di Rita, prima vividi nel trasporto della preghiera vocale, sono come spenti. Non vede più le cime chiarite dalla luna nè le poche stelle all’orizzonte. Tutto il panorama è mutato in una visione inte-riore: sfondo poetico al suo atto d’amore, così intenso da toglierle il senso del  peso fisico. In questa specie dl visione, la pallida luce lunare diventa luminosa e poi viva per la presenza di tre lucenti figure e per una voce soavissima: . Vieni, Rita…. Sono S. Giovanni Battista, S. Agostino, S. Nicola da Tolentino, i tre santi al quali Antonio e Amata avevano elevato le loro suppliche. E’ un attimo: tutto si concentra in una fiam-mella pallida e tremula che appena vince il buio intorno a sè, appena scopre il grigiore di una parete e un discreto profumo di fiori freschi. Le Suore al mattino trovano Rita nel coro, nella profonda letizia del ringraziamento. Gesù ha trapiantato il fiore delle tempesta nel suo giardino: in volo, come le api bianche.

Suora. Eccola a trentasei anni, vedova da poco più d’un anno, sola da pochi mesi, con le stigmate del dolore nel corpo e nell’anima, sposa esemplare, madre eroica, eccola a ricominciare: è novizia e deve ubbidire come e più delle sue giovani consorelle; sbriga i lavori più umili; soddisfa anche i più piccoli e strani ordini della superiora. Eccola inaffiare per lunghe settimane un pezzo di legno piantato disinvoltamente dalla superiora nel cortile. Tutte le suore possono vedere la loro consorella attingere l’acqua dal pozzo e versarla intorno allo sterpo. Ma che cosa è più facile a Dio: dare la forza a una giovane di sopportare la rottura dei suoi sogni, a una sposa di sopportare il marito incomprensivo e violento e di perdonare agli assassini di lui, a una madre di chiedere il sacrificio dei figli, o dar vita a un pezzo di legno inaffiato dall’ubbidienza e dall’umiltà di una suora? E Dio fa germogliare anche il pezzo di legno e una meravigliosa vite ornerà per secoli i vecchi muri di S. Maria Maddalena.

Il grande dono. L’amore è irresistibile come la morte; l’amore porta all’immedesimazione con chi si ama, col prossimo e con Dio. Dio amò tanto il mondo da mandare il Figlio suo Unigenito.. Rita ama tanto il prossimo da immedesimarsi in lui: nei suoi dolori e nei suoi bisogni. Ama tanto Gesù da desiderare la partecipazione alla sua Passione. La notte del giovedì santo del 1442, dopo aver ascoltato nella cattedrale di Cascia (allora non vigeva la clausura stretta) l’infuocata predica del P. Giacomo della Marca, mentre nel romitorio del Monastero è inginocchiata davanti all’immagine del Crocifisso, una spina le perfora violentemente la fronte. Dono d’amore, supplizio d’amore. La ferita giunge a suppurazione ed esala un continuo, nauseante fetore che costringe Rita alla solitudine di un dolore indicibile. Così per quindici anni, fino alla morte.

A Roma. Anno Santo 1450. L’anno di grazia chiama alla Città di Pietro innumerevoli schiere di cattolici da ogni parte del mondo. Anche le monache di Cascia, anche Rita. Ha 69 anni e solo un miracolo ha convinto la superiora a concederle il permesso di partire con le consorelle: la piaga è, superficialmente, scomparsa, e non apparirà che dopo il ritorno. ll viaggio é lungo; le monache si sfamano presso qualche casolare dell’Agro e camminano pregando e cantando per lunghe giornate, consolate dalla fede dei Magi. Roma: il Papa, i martiri, le basiliche, le catacombe: visioni che commuovono profondamente l’umile cuore di Rita; visioni della Gerusalemme terrestre preludio di quelle della Gerusalemme celeste. E poi ancora il misero giaciglio di Cascia, ancora mesi e anni nella solitudine, nel dolore continuo, progressivo per la ferita che i medici non sanno nè possono curare perché è ferita d’amore.

Ritorno a Roccaporena. Una mattina dell’ultimo inverno della sua vita, a una parente venuta a trovarla, Rita esprime il desiderio di avere una rosa e due fichi del suo orticello di Roccaporena. La povera donna riprende addolorata il sentiero, osservando melanconicamente la neve che copre quasi tutti i pendii e il fondovalle. Ma nell’orticello di Rita sopra la neve è fiorita una splendida rosa e dal gran fico pendono due grossi fioroni maturi. Desiderio di cose semplici, come frate Francesco:  Laudato si’, mi’ Signore per tucte tue creature.. Pace con tutto il passato: i dolori della sposa e della madre sono profumo e miele.

In patria. 22 maggio 1457, la morte serena, confortata da visioni celestiali; liberazione dal dolore, sublimazione dell’amore. Le campane suonano a festa, da sole, e tutto il popolo accorre per vedere e toccare il corpo della santa. Anche Cecco Barbari, un bravo falegname che aveva lavorato per il Monastero prima che una paralisi gli immobilizzasse un braccio. desidererebbe ardentemente di poter fare la cassa funebre, ma purtroppo… Anche il falegname Cecco Barbari, come il falciatore Germano, si trova improvvisamente guarito e potrà preparare non una ma due casse. Il tempo si è fermato davanti al corpo di S. Rita: da cinque secoli è incorrotto e non raramente emana un profumo soavissimo; talvolta, benedizione o ammonimento, si muove.

I suoi devoti. La Chiesa la dichiara Santa nel 1900, ma la devozione del popolo comincia dal 1457. Il notaio Domenico d’Angrio autenticò i primi undici miracoli ottenuti per l’intercessione di S. Rita dal 25 maggio al 18 giugno 1457 (Moretti). Nei secoli successivi la devozione a S. Rita si estese a tutta l’ltalia, all’Europa, alle Ame-riche. a tutto il mondo. Il popolo l’ha definita  la Santa degli impossibili. Leone XIII: la perla dell’Umbria. Quali sono i motivi dl questa univer-sale devozione per una santa di cinque secoli fa, di umilissime origini, analfabeta, lontana da ogni attività rumorosa, ignorata dalla storia e perfino dalle cronache dei suoi tempi? I miracoli, certamente, la splendida pioggia di rose; ma anche la sua vita, anzi le sue vite: di fanciulla, di sposa, di madre, di suora. Il suo modo di vivere la vita: compietamente, senza rimpianti, senza tenten-namenti, anche nelle ore più dure. Le sue sofferenze che hanno segnato tutti gli aspetti della sua vita. E’ la vicinanza al nostro vivere quotidiano, alle nostre croci tanto simili alle sue, al nostro misero andare tra il male fisico e morale, al nostro desiderio di purificazione. E’ il suo amore, l’atto ininterrotto che ha costruito la sua dolorosa scala di ascesa, che ha santificato e valorizzato tutte le sue azioni. S. Rita ha compreso quanto sia vero e bello ciò che ha detto il grande cuore di S. Agostino: Ama e fa’ ciò che vuoi. Ti doni la Provvidenza gioie o dolori, salute o malattia, ti conceda di raggiungere i tuoi sogni più belli o ti sbarri la strada con la vocazione alla sofferenza, ti accompagni a gente buona o cattiva, ti apra le porte alle grandi responsabilità o ti chiuda in un umile, insignificante lavoro, ama, e tutto diventerà luminoso e santo, per te e per il tuo prossimo.

 

Affidamento di sé a Santa Rita

Carissima santa Rita, voglio essere anch’io uno dei tuoi numerosissimi devoti, perciò, da ora, ti eleg­go come mia speciale protettrice e avvocata. A te vo­glio manifestare i miei bisogni spirituali e temporali e tu, come madre affettuosa, rispondi sollecita alle mie preghiere. La grazia di Dio mi renda simile a te nel­l’amore verso Gesù crocifisso. Ottienimi di imitarti nella virtù, nel disprezzo dei piaceri fugaci e, soprat­tutto, nell’amore a Dio e al prossimo. Ottienimi l’ob­bedienza, la castità, l’umiltà, la pazienza e l’apertura al volere di Dio.

Ti affido anche i miei bisogni temporali. Fa’ che Dio mi conceda quanto è necessario al conseguimen­to del mio ultimo fine. Se, a lui piace, ottienimi tut­ti quei beni della vita che possono essermi utili e ne­cessari.

 

Preghiera a Santa Rita

s rita

O Dio onnipotente ed eterno, che in Santa Rita
da Cascia ci hai dato un luminoso esempio
di unione a te nella preghiera
e di servizio e amore ai fratelli,
fa che superando per sua intercessione
il nostro egoismo e la pigrizia,
possiamo imitarla per sperimentare nella prova
il tuo amore misericordioso
e la sua fraterna protezione.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio,
che è Dio, e vive e regna con Te, nell’unità dello
Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Amen.

Padre, Ave, Gloria

Preghiera a Santa Rita

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O cara Santa Rita, nostra Patrona anche nei casi impossibili
e Avvocata nei casi disperati, fate che Dio
mi liberi dalla mia presente afflizione,
e allontani l’ ansietà che preme così forte sopra il mio cuore.
Per l’ angoscia, che voi sperimentaste in tante simili occasioni,
abbiate compassione della mia persona a voi devota,
che confidentemente domanda il vostro intervento
presso il divin cuore del nostro Gesù Crocifisso.
O cara Santa Rita, guidate le mie intenzioni,
in queste mie umili preghiere e ferventi desideri.
Emendando la mia passata vita peccatrice
e ottenendomi il perdono di tutti i miei peccati,
ho la dolce speranza di godere un giorno Dio in Paradiso
insieme con voi per tutta l’ eternità. Così sia.
Santa Rita , Patrona dei casi disperati, pregate per noi.
Santa Rita, Avvocata dei casi impossibili, intercedete per noi.
3 Pater, Ave e Gloria.