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Rosario del Padre

Questo rosario è un segno dei tempi, di questi tempi che stanno vedendo il ritorno di Gesù sulla terra, «con grande potenza» (Mt. 24,30). La «potenza» è per eccellenza l’attributo dei Padre («Credo in Dio Padre onnipotente»): è il Padre che viene in Gesù, e noi dobbiamo sollecitarlo affinché acceleri i tempi della nuova creazione tanto attesa (Rm 8, 19).

Il rosario dei Padre, in cinque tappe, ci aiuta a riflettere sulla sua misericordia che «e più potente del male, più potente del peccato e della morte» (Dives in Misericordia, VIII, 15).

Ci ricorda come l’uomo possa e debba divenire strumento del trionfo d’Amore del Padre, dicendo a Lui il suo «si» in pienezza e inserendosi così nel circolo d’Amore trinitario che lo rende «gloria vivente di Dio».

Ci insegna a vivere il mistero della sofferenza che è dono grande, perché ci dà la possibilità di testimoniare il nostro Amore al Padre e di permetterGli di testimoniarsi, scendendo fino a noi.

PREGHIERA AL PADRE:
«Padre, la terra ha bisogno di Te;
l’uomo, ogni uomo ha bisogno di Te;
l’aria pesante e inquinata ha bisogno di Te;
Ti preghiamo Padre,
torna a camminare per le strade del mondo,
torna a vivere in mezzo ai tuoi figli,
torna a governare le nazioni,
torna a portare la Pace e con essa la giustizia,
torna a far brillare il fuoco dell’amore perché,
redenti dal dolore, possiamo divenire nuove creature».

«O Dio vieni a salvarmi»
«Signore vieni presto in mio aiuto»

«Gloria al Padre … »

«Padre mio, Padre buono, a Te mi offro a Te mi dono»

«Angelo di Dio … ».

PRIMO MISTERO:
Si contempla il trionfo del Padre nel giardino dell’Eden quando, dopo il peccato di Adamo ed Eva, promette la venuta del Salvatore.

«Il Signore Dio disse al serpente: “poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche, sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”». (Gen. 3,14-15)

«Ave Maria», 10 «Padre Nostro», «Gloria»

«Padre mio, Padre buono, a te mi offro, a te mi dono.»
«Angelo di Dio»

SECONDO MISTERO:
Si contempla il trionfo del Padre al momento del “Fiat” di Maria durante l’Annunciazione.

«L’Angelo disse a Maria: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”.
Allora Maria disse: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”». (Lc 1, 30 ss,)

«Ave Maria», 10 «Padre Nostro», «Gloria»

«Padre mio, Padre buono, a te mi offro, a te mi dono.»
«Angelo di Dio»

TERZO MISTERO:
Si contempla il trionfo del Padre nell’orto del Gethsemani quando dona tutta la sua potenza al Figlio.

«Gesù pregava: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà”. Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo. In preda all’angoscia, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra. (Lc 22,42-44).
«Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: “Ecco, è giunta l’ora nella quale il Figlio dell’uomo sarà consegnato in mano ai peccatori. Alzatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce si avvicina». (Mt. 26,45-46). «Gesù si fece innanzi e disse loro: “Chi cercate?” Gli risposero: “Gesù il Nazareno”. Disse loro Gesù: “IO SONO!” Appena disse “IO SONO!” indietreggiarono e caddero a terra». (Gv 18, 4-6).

«Ave Maria», 10 «Padre Nostro», «Gloria»

«Padre mio, Padre buono, a te mi offro, a te mi dono.»
«Angelo di Dio»

QUARTO MISTERO:
Si contempla il trionfo del Padre al momento di ogni giudizio particolare.

«Quando era allora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Disse poi ai servi: “presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi e facciamo festa questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”». (Lc 15,20. 22-24)

«Ave Maria», 10 «Padre Nostro», «Gloria»

«Padre mio, Padre buono, a te mi offro, a te mi dono.»
«Angelo di Dio»

QUINTO MISTERO:
Si contempla il trionfo del Padre al momento del giudizio universale.

«Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: “Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il “Dio-con-loro”. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate”». (Ap. 21, 1-4).

«Ave Maria», 10 «Padre Nostro», «Gloria»

«Padre mio, Padre buono, a te mi offro, a te mi dono.»
«Angelo di Dio»

LITANIE DEL PADRE
Padre d’infinita maestà, – abbi pietà di noi
Padre d’infinita potenza, – abbi pietà di noi
Padre, d’infinita bontà, – abbi pietà di noi
Padre, d’infinita tenerezza, – abbi pietà di noi
Padre, abisso d’Amore, – abbi pietà di noi
Padre, potenza di grazia, – abbi pietà di noi
Padre, splendore di resurrezione, – abbi pietà di noi
Padre, Luce di pace, – abbi pietà di noi
Padre, gioia di salvezza, – abbi pietà di noi
Padre, sempre più Padre, – abbi pietà di noi
Padre, d’infinita misericordia, – abbi pietà di noi
Padre, d’infinito splendore, – abbi pietà di noi
Padre, salvezza dei disperati, – abbi pietà di noi
Padre, speranza di chi prega, – abbi pietà di noi
Padre, tenero dinanzi ad ogni dolore – abbi pietà di noi

Padre, per i figli più deboli – noi ti imploriamo
Padre, per i figli più disperati – noi ti imploriamo
Padre, per i figli meno amati – noi ti imploriamo
Padre, per i figli che non ti hanno conosciuto – noi ti imploriamo
Padre, per i figli più desolati – noi ti imploriamo
Padre, per i figli più abbandonati – noi ti imploriamo
Padre, per i figli che lottano perché venga il tuo regno noi ti imploriamo

Pater, Ave, Gloria per il Papa

PREGHIAMO
Padre, per i figli, per ogni figlio, per tutti i figli, noi ti imploriamo: dona pace e salvezza in nome del Sangue del tuo Figlio Gesù ed in nome del Cuore sofferto della Mamma Maria. Amen

Padre mio, io mi abbandono a te
fa di me ciò che ti piace;
qualunque cosa tu faccia di me, ti ringrazio.
Sono pronto a tutto, accetto tutto,
purchè la tua volontà si compia in me
ed in tutte le tue creature;
non desidero niente altro, mio Dio.
Rimetto la mia anima nelle tue mani,
te la dono, mio Dio,
con tutto l’amore del mio cuore, perché ti amo.
Ed è per me una esigenza d’amore
il donarmi, il rimettermi nelle tue mani,
senza misura, con una confidenza infinita,
perché tu sei il Padre mio.

PROMESSE

  1. Il Padre promette che per ogni Padre nostro che verrà recitato, decine di anime si salveranno dalla dannazione eterna e decine di anime verranno liberate dalle pene del Purgatorio.

  2. Il Padre concederà grazie particolarissime alle famiglie nelle quali tale Rosario verrà recitato e le grazie le tramanderà di generazione in generazione.

  3. A tutti coloro che lo reciteranno con fede farà grandi miracoli, tali e talmente grandi quali non se ne sono mai visti nella storia della Chiesa.

La depressione mi stava uccidendo: il Rosario mi ha salvato la vita.

L’altro giorno stavo facendo colazione a casa mia, quando all’improvviso qualcuno ha bussato disperatamente alla porta. Sono corso a vedere chi fosse, ed ho trovato il signor Jorge che gridava:

– Padre, come posso eliminare tutto lo stress che ho? Io non ce la faccio più, mio ​​padre è in ospedale, mia mamma quasi non può camminare, mia moglie è arrabbiata perché mi preoccupo per i miei genitori e al lavoro vogliono licenziarmi. Sento che sto per impazzire, non so cosa fare.

– Sono contento che tu sia qui, andiamo alla cappella, c’è qualcuno che ti sta aspettando… contempla un momento il volto della Vergine Maria, vedrai quanta pace e tranquillità.

– Sì padre, lo so e ne ho tanto bisogno, non ce la faccio più.

– Figliolo, lei può darti la pace a cui tanto aneli, perché anche lei ha avuto una vita difficile. Ha avuto sempre problemi, immagina quanto sia stato difficile dire a Giuseppe che stava aspettando il Figlio di Dio; pensa a quello che provava quando chiamavano suo Figlio ubriaco e blasfemo, ricorda quando la poveretta dovette andarlo a cercarlo perché dicevano che era diventato pazzo; pensa alla tristezza di sapere che Gesù era stato giudicato e poi condannato a morte, prova ad immaginarla guardarla il suo amato Figlio camminare con la croce, sanguinante ed umiliato; cerca di sentire il suo dolore quando lui fu crocifisso e poi morì tra le sue braccia… la sua vita non è stata affatto facile, vero?

– È vero, Padre Sergio, la sua vita non è stata facile.

– E nonostante tutto il dolore e la sofferenza non ha mai perso la speranza, non ha mai smesso di avere fiducia, la sua fede le ha sempre ricordato che i piani di Dio erano perfetti, e che per quanto le cose si facessero oscure e difficili, tutto sarebbe andato bene… E con la grazia Dio trovò la forza di sopportare tutto questo ed avere pace. È anche stata con noi, con i suoi figli, per tutti questi anni… per venire in nostro aiuto, come una buona madre…

In quel momento ci siamo inginocchiati entrambi davanti alla Vergine di Fatima, gli ho dato il mio Rosario e ho detto:

– Jorge: Maria, tua Madre, aveva molta fede. Ecco perché, anche in mezzo alle peggiori tempeste, è andata sempre avanti. Ti invito a non preoccuparti così tanto, agisci meglio e chiedile come ha fatto. Tieni il Santo Rosario tra le mani e prega. Ad ogni Ave Mariachiedile di insegnarti a restare in piedi e fiducioso di fronte ad ogni difficoltà… prega la Madonna e poi vieni a dirmi come va con lo stress… vedrai che tutto sarà diverso”.

Jorge ha cominciato a piangere e mi ha detto:

– Padre, prometto alla Santissima Vergine – davanti a voi – che pregherò il Rosario tutti i giorni, le chiedo di sostenermi e di riempirmi di speranza. Per sapere che tutto andrà bene, con l’aiuto di suo Figlio Gesù.

Pochi giorni dopo ci siamo incontrati in una libreria:

– Padre, quanto ringrazio Dio per averla messo sulla mia strada! Ora prego la Vergine tutti i giorni e mi sento così bene… non sono solo, ora mi aiuta la Vergine. Quel giorno sono venuto da lei per trovare dei modi per diminuire lo stress, ma mi avete dato qualcosa di meglio: mi avete insegnato il potere della preghiera alla Vergine Maria con il Santo Rosario “.

Com’era felice! Ancora una volta la mia Madre Celeste ha aiutato e sostenuto i suoi figli. Per favore, non smettete mai di pregare il Rosario!

Fonte: Papaboys

Come recitare il Rosario

(Dal libro: Padre Pio parla della Madonna)

Il santo dava … suggerimenti per recitare bene questa preghiera.

Chiese una volta ad una figlia spirituale: «Sai come si dice il Rosario?».

E, senza aspettare risposta, continuò: «Si fa un atto di amore, dicendo: “Gesù, ti amo con tutto il cuore”; poi un atto di dolore: “Gesù, mi pento di averti offeso”, quindi si bacia il crocifisso e si dicono il Pater, le 10 Ave Maria, per concludere con il Gloria».

Anche a Lucia Merendino Padre Pio consigliava: «Quando recitate il Rosario dopo il Gloria dite: “Gesù, vi amo e mi pento di avervi offeso”. Con questa giaculatoria fate un atto d’amore e un atto di dolore».

E, prevenendo l’obiezione di chi vede il Rosario come una preghiera ripetitiva, insisteva sulla meditazione del mistero, che cambia ad ogni decina. E precisava ad una figlia spirituale: «L’attenzione deve essere portata, sì, al saluto che rivolgi alla Vergine, ma guardando al mistero che contempli. In tutti i misteri Lei era presente, a tutti partecipò con l’amore e il dolore».

Ad Enedina Mori dà anche qualche suggerimento per poter recuperare la concentrazione, dopo aver pregato a lungo: «Tu, quando ti stanchi, ti riposi, e poi ricomincia un’altra volta».

P. Eusebio Notte ci fa sapere che, quando Padre Pio era a Pietrelcina, a sera si metteva fuori della sua casa su un muretto ed aspettava che i contadini, tornati dalla campagna, cenassero. Poi con essi, quando si era formato un bel gruppetto, recitava il Rosario.

Teresina e il Rosario

Teresa di Gesù Bambino (1873-1897) ricorda quando pregava il rosario, quasi giocando, con la cuginetta Maria: «I due eremiti recitavano insieme il rosario, servendosi delle dita in modo da non mostrare la loro devozione al pubblico indiscreto». Intorno agli undici anni si iscrive alla confraternita del rosario; nel 1886, come «Figlia di Maria», se lo impone quotidianamente – lo ricorda la sorella Celina – e da carmelitana ne diventa solerte propagandista.

Ella racconta che nella visita alla Santa Casa a Loreto pose la sua corona nella scodellina di Gesù Bambino. E sempre durante il pellegrinaggio italiano, è ancora Teresa che fa passare attraverso le grate dell’urna di santa Maria Maddalena de’ Pazzi le corone dei compagni di viaggio perché possano toccare il corpo della santa fiorentina. Dove lo avesse imparato lo si capisce da questa lettera della sorella Maria che descrive l’agonia della mamma: «Non lascia mai il suo rosario, prega sempre malgrado le sue sofferenze, ne siamo tutti ammirati, perché ha un coraggio e un’energia che non ha l’eguale. Quindici giorni or sono diceva ancora il suo rosario tutto intero in ginocchio ai piedi della Santa Vergine della mia camera, che lei ama tanto».

Ma è la mamma stessa che, nelle sue lettere, descrive in che ambiente matura questa devozione mariana, anche se non da tutti condivisa. Come quando il marito e i compagni di viaggio tornano da Lourdes con al collo dei rosari dai grani grossi come castagne e sono presi a male parole dalla gente. La corona rientra anche fra i possibili regali di Natale: «Quanto a Leonia – scrive alla cognata Celina –, non posso chiederle giocattoli, non si diverte più, lavora. Può regalarle un rosario per la sua prima Comunione», e sempre Zelia conferma la soddisfazione della figlia per il bellissimo rosario ricevuto. Gioia che viene anche dal comportamento della figlia maggiore:«Maria […]; è molto devota e non passa un sol giorno senza dire il suo rosario».

Si capisce allora perché suor Maria Dositea così scriva a Zelia: «Quanto a quello che voi mi raccontate, mia beneamata sorella, che voi avete il mio Rosario, ne sono ben contenta, io penso che ogni volta che voi lo direte, non vi dimenticherete di me nelle vostre ferventi preghiere». E quando, dopo la morte della sorella visitandina (il 24 febbraio 1877), la sposa di Luigi riceverà un pacchetto contenente i suoi oggetti di pietà, per sé vorrà tenere solo il rosario, «per servirmene quando sarò seriamente malata». Ma, ahimè, è destino che quella corona vada perduta di lì a pochi mesi. Accade a Lourdes, dove Zelia si è recata dietro insistenza del marito e delle figlie. Fu quello un viaggio tribolato per Zelia («Mi ricorderò per molto tempo di questo viaggio a causa dei disagi e delle fatiche che mi ha procurato»), e mancava solo che fosse smarrito non solo il rosario ricevuto suor Maria Dositea, ma anche quello di Paolina, non meno ricco di ricordi:«Ho perduto il rosario di nostra sorella che avevo voluto portare con me, sperando che mi portasse bene. Avevo però una così gran paura di perderlo che non l’ho lasciato un minuto, lo tenevo costantemente intrecciato fra le dita. Dico, nemmeno un minuto, ma, ahimè, sono stata ad acquistare delle provviste e l’ho dato in custodia a Maria; quando siamo rientrate, il rosario non c’era più. Questo mi ha molto addolorata, era la sola reliquia che avevo di mia sorella e quella a cui tenevo di più. Paolina ha pure perduto il suo al quale erano attaccate due medaglie di sua zia. Ha pianto il suo povero rosario; io non ho pianto il mio, ma me ne è rimasta una pena in fondo al cuore. Alla fine, è una cosa permessa dal buon Dio, una prova di cui mi ricompenserà».

Ma il gusto della preghiera sopravvive alla mamma. Teresa, nel maggio 1885, è in vacanza con gli zii a Deuville e zia Celina scrive alla nipote Maria: «Al mattino siamo stati alla messa solenne a Trouville e nel pomeriggio siamo andate ai Vespri al Buon Soccorso. Lì ho sentito meditare il rosario, come mai prima l’avevo inteso. Il parroco parla bene e io ho ammirato molto questo modo di recitare il rosario». Due anni più tardi, la cugina Maria, scrivendo a Teresa in viaggio verso Roma, conferma: «Da parte mia, io ti assicuro, mia cara piccola Teresa, che non ti dimentico, io prego per te, fino a rompere l’inginocchiatoio; questa sera sono stata alla mia mezz’ora di adorazione diurna e ho recitato un intero rosario per la mia cara sorellina».

Anche nel Carmelo, intitolato alla Vergine Immacolata, il rosario viene recitato, per lo più alla sera. Lo conferma l’album fotografico composto da Teresa e madre Agnese sulla vita di una postulante di Lisieux di fine secolo XIX. In posa è la cugina di Teresa, Maria Guérin. In versi si dice: «Ogni travaglio abbandono nel tempo della libertà. Solo quando il giorno declina recito il mio Rosario». E lo documentano anche le lettere circolari sulle monache defunte che, dai Carmeli di Francia, giungono a Lisieux. È un refrain il riferimento al culto della corona e la cura per la preghiera mariana più popolare nel breve profilo biografico proposto agli altri monasteri.

E anche Teresa lo pregava quotidianamente, ricorda suor Maria degli Angeli, insieme al Memorare. Per questo sorprende quando negli ultimi giorni di vita confessa che questa pratica le fu assai faticosa. E, preoccupata che questo sentimento fosse interpretato come disprezzo degli abituali esercizi di pietà in favore di una certa spontaneità e individualismo, spiegava: «Al contrario, amo tanto le preghiere comuni, perché Gesù ha promesso di essere presente in mezzo a coloro che si riuniscono nel suo nome: allora sento che il fervore delle sorelle supplisce al mio, ma da sola (ho vergogna a confessarlo) la recita del rosario mi costa più che mettermi uno strumento di penitenza!… Mi accorgo che lo dico così male! Per quanto mi sforzi di meditarne i misteri, non riesco a fissare l’attenzione…» (Ms C, 25v°). Probabilmente era il tono ripetitivo che mal si adattava al temperamento di Teresa, soprattutto se la recita era comune e veloce. E, infatti, qualche riga più sotto, continuava: «A volte, quando il mio spirito è in un’aridità così grande che mi è impossibile ricavarne un pensiero per unirmi al Buon Dio, recito molto lentamente un “Padre Nostro” e poi il saluto angelico: allora queste preghiere mi rapiscono, nutrono la mia anima ben più che se le recitassi precipitosamente un centinaio di volte…». Comunque, nonostante le precisazioni e le sfumature di Teresa, il testo dovette risultare quanto meno sconcertante, se la sorella Paolina (Sr. Agnese) decise di ometterlo dalle prime edizioni della Storia di un’anima.

Chiara è la convinzione di Teresa: «Per molto tempo mi sono afflitta per questa mancanza di devozione che mi stupiva, perché amo così tanto la Madonna che mi dovrebbe essere facile fare in suo nome delle preghiere che le sono gradite. Adesso mi affliggo di meno: penso che, poiché la Regina dei Cieli è mia Madre, vede la mia buona volontà e se ne accontenta» (Ultimi colloqui, 20 agosto). Costante nella vita di questa religiosa è la ricerca non di particolari gratificazioni, ma semplicemente di «far piacere» a Gesù, e a Maria. E il rosario, in quanto preghiera «gradita alla Vergine», andava recitato, anche se richiedeva fatica, nella certezza che la Vergine guarda solo all’amore dei nostri gesti, non alle imperfezioni che li accompagnano. E con il rosario nelle mani, insieme al Crocifisso, Teresa venne sepolta.

di P. Giuseppe Furioni ocd

 

La Vergine della Rivelazione spiega a Bruno Cornacchiola come pregare il Santissimo Rosario

Nella domenica delle Palme del 1948, mentre Bruno stava pregando nella chiesa d’Ognissanti, gli apparve nuovamente la Vergine della Rivelazione. Questa volta però aveva nelle mani la corona del rosario e subito gli disse che «è il momento che ti insegno come si recita questa cara e santa preghiera. Come ti dissi che sono frecce d’amore e d’oro che raggiungono e arrivano al cuore di mio Figlio Gesù Cristo, morto per voi e per chi crede in lui e cammina nella vera Chiesa. I nemici cercheranno di dividerla, ma la preghiera che dite con fede e amore la tiene unita, nell’amore del Padre, nell’amore del Figlio e nell’amore dello Spirito Santo».

Ecco le sue indicazioni:

«Prendi con l’indice e il pollice il crocifisso e segnati facendo la croce sopra di te, che è una benedizione personale. Toccandoti la fronte dirai: ‘Nel nome del Padre’; toccandoti il petto: ‘e del Figlio’; ora la spalla sinistra: ‘e dello Spirito’; e la spalla destra: ‘Santo. Amen’. Ora, tenendo sempre il crocifisso tra le due dita, che simboleggiano il Padre e il Figlio, e la mano lo Spirito Santo, dirai con vera e persuasa fede il Credo. Il Credo lo Spirito Santo lo ha dettato agli apostoli e alla Chiesa autorità visibile, perché il Credo è la verità trinitaria. Io sono in essa perché Madre del Verbo, Dio uno e trino, nel vero amore della Chiesa per la salvezza delle anime. Sono l’incarnazione dello Spirito Santo. Ora il grano più grande è per recitare la preghiera che mio Figlio insegnò agli apostoli, il Padre nostro, e nei tre grani piccoli si ripete l’angelo che mi parla, io che rispondo, Elisabetta che riconosce Dio fatto carne in me e l’implorazione fatta da voi verso di me, vostra Madre nella grazia e misericordia trinitaria. Riprendi ora il crocifisso e ripeti con me: ‘O Dio, vieni a salvarmi’; ‘Signore. vieni presto in mio aiuto’. Aggiungi un Gloria. Vedi che s’implora nel santo — così lo chiamerai da oggi in poi — rosario l’aiuto di Dio per la salvezza. È la cosa più preziosa che l’uomo deve custodire. Dando gloria alla santissima Trinità, col santo rosario, sono per voi la Calamita della Trinità, unita nell’amore del Padre e nell’amore del Figlio, generato eterno dal Padre e nel tempo da me e nell’amore dello Spirito Santo che procede e dal Padre e dal Figlio. Sono cose che ti farò capire nel tempo e con grandi sofferenze. Ogni mistero che chiarisce la vita a ogni anima spirituale dirai: ‘Nel primo mistero d’amore si contempla’. Oppure, per voi più chiaro: ‘Nel primo mistero d’amore gaudioso-doloroso-glorioso meditiamo’; ciò che si deve meditare lo prenderai dalla Parola di Dio. Così ogni giorno mediterai tutto il piano dell’economia di Dio per la redenzione dell’umanità. Così ripeterai per ogni mistero d’amore in tutta la settimana. Questo, lo ripeto, coopera molto alla salvezza delle anime, e mantiene ferrea la fede e fa vincere la lotta contro il male diabolico. Tutto quello che io domando alla santissima Trinità mi viene concesso perché sono Figlia del Padre, sono Madre del Figlio e sono Sposa immacolata dello Spirito Santo, Tempio scelto per la redenzione».

Così spiegherà con chiarezza a Cornacchiola nell’apparizione dell0 dicembre 1983, dettagliando quindi sei punti:

«a) Tutti coloro che si mettono sotto il mio verde manto della misericordia saranno da me protetti. b) Se il mondo ascolta quello che ho sempre detto nelle mie apparizioni, la mia influenza presso la santissima Trinità non mancherà per apportare la pace sul mondo devastato dal peccato. c) Imparate da mio Figlio che ha tanto amato gli uomini della Terra da dare se stesso per salvarli. Questo è amore e come lui amò e come io vi amo in lui, per lui e con lui: amatevi, o peccatori, che io vi amo, sono vostra Madre. d) Questo che sto per dirvi è impossibile, ma ammettiamo che mio Figlio avesse rinunciato a morire in croce, ebbene avrei fatto del tutto per soffrire e morire io al suo posto. Vedete quanto vi ama una Madre che attende da voi amore per le cose sante della redenzione poste nel luogo santo fondato da Gesù: la Chiesa! e) Per tutto quello che voi fate per onorarmi, specialmente vivendo la dottrina di mio Figlio tramite la Chiesa e il suo capo visibile e pregando con fede e amore le Ave Maria, io vi prometto protezione, benedizione e misericordia. f) In ogni vostro giorno cerco con tutti i mezzi, anche col castigo, di salvare più peccatori che mi è possibile strappandoli dalle catene del peccato satanico».

Fonte: Il veggente “I segreti dei diari di Bruno Cornacchiola” di Saverio Gaeta. Editore Salani.

Gli errori che si commettono nel pregare il Rosario

 

Dopo aver invocato lo Spirito Santo per recitare bene il Rosario, mettiti un momento in presenza di Dio e offri le decine, come vedrai più avanti.


Prima di cominciare la decina, fermati un momento, più o meno secondo il tempo disponibile, a considerare il mistero che stai celebrando e chiedi sempre, per tale mistero e per l’intercessione della Vergine santa, una delle virtù che più risaltano nel mistero o della quale hai maggior bisogno.
Fai attenzione soprattutto a due errori ordinari che fanno quasi tutti quelli che dicono il Rosario.


Il primo è di non formulare nessuna intenzione dicendo il Rosario, di modo che se chiedi loro perché lo recitano, non sanno che rispondere. Perciò abbi sempre di mira qualche grazia da chiedere, qualche virtù da imitare o qualche peccato da eliminare.


Il secondo errore che si commette ordinariamente recitando il santo Rosario è di non avere altra intenzione, cominciandolo, che di finirlo al più presto. Questo deriva dal fatto che si vede il Rosario come una cosa onerosa, che pesa forte sulle spalle finché non lo si è detto, soprattutto se uno se ne è fatto un obbligo di coscienza o quando lo si è ricevuto come penitenza.
Fa pena vedere come i più recitano il Rosario. Lo dicono con una precipitazione incredibile, perfino ne mangiano le parole. Non si vorrebbe fare un complimento in questo modo ridicolo all’ultimo degli uomini, e si crede che Gesù e Maria ne saranno onorati!
E allora, perché meravigliarsi se le più sante preghiere della religione cristiana restano quasi senza frutto e se, dopo aver recitato mille o diecimila Rosari, non si è più santi?


Frena, caro confratello del Rosario, la tua precipitazione naturale nel dire il Rosario.

Fai qualche pausa a metà del Padre nostro e dell’Ave Maria e una più breve dopo le parole che qui contrassegno con una crocetta.
Padre nostro, che se nei cieli, +
sia santificato il tuo nome, +
venga il tuo regno, +
sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, +
e rimetti a noi i nostri debiti +
come noi li rimettiamo ai nostri debitori, +
e non ci indurre in tentazione, +
ma liberaci dal male. Amen.


Ave, Maria, piena di grazia, +
il Signore è con te. +
Tu sei benedetta fra le donne, +
e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, +
prega per noi peccatori, +
adesso e nell’ora della nostra morte. Amen.


Dapprima farai fatica a fare queste pause, per la cattiva abitudine che hai di pregare in fretta; ma una decina detta così con calma ti sarà più meritoria di migliaia di Rosari recitati in fretta, senza riflettere e senza sostare.


«Il beato Alano de la Roche e altri autori, fra i quali il Bellarmino, raccontano che un buon sacerdote consigliò a tre sue penitenti, che erano sorelle, di recitare tutti i giorni devotamente il Rosario per un anno intero, al fine di confezionare un bel vestito di gloria alla Vergine Maria. Si tratta — egli diceva — di un segreto ricevuto dal cielo. Tutte e tre lo dissero per un anno. Il giorno della Purificazione, verso sera, quando esse erano già a letto, la Madonna, accompagnata da santa Caterina e da santa Agnese, entrò nella loro camera. Indossava un abito splendente di luce, sul quale era scritto da ogni lato in lettere d’oro: “Ave Maria gratia plena”. La Regina del cielo si avvicinò al letto della sorella maggiore e le disse: “Ti saluto, figlia mia, che mi hai salutato così spesso e così bene. Vengo a ringraziarti del magnifico abito che mi hai confezionato”.
Anche le due sante vergini accompagnatrici la ringraziarono, poi tutte e tre scomparvero.
Un’ora dopo la Santa Vergine, con le sue due compagne, venne ancora nella camera, vestita di un abito verde, ma senza oro e senza luce, si avvicinò al letto della seconda sorella e la ringraziò per l’abito che le aveva fatto dicendo il Rosario. Ma siccome questa seconda sorella aveva visto la Madonna apparire a sua sorella maggiore con molto più splendore, ella ne chiese il motivo. “Perché — le rispose Maria — lei mi ha fatto un abito più bello, recitando il Rosario meglio di te”.
Circa un’ora dopo, la Madonna apparve una terza volta alla più giovane delle sorelle, vestita di uno straccio sporco e strappato e le disse: “O figlia, tu mi hai vestita così, ti ringrazio”.
La giovinetta, piena di confusione, esclamò: “Possibile, Signora mia? Io vi ho vestita così male, ve ne domando perdono. Concedetemi del tempo per fare un abito più bello, recitando meglio il Rosario”. Cessata la visione, la sorella più giovane molto afflitta raccontò al confessore tutto ciò che era accaduto. Il sacerdote esortò lei e le altre sorelle a recitare il Rosario per un altro anno con più perfezione che mai, così fecero. Alla fine dell’anno, sempre nel giorno della Purificazione, la Madonna, accompagnata ancora da santa Caterina e da santa Agnese che portavano delle corone, vestita con un abito meraviglioso, apparve loro e disse: “Siate certe, figlie mie, del paradiso, vi entrerete domani con grande gioia”. A ciò tutte e tre risposero: “Il nostro cuore è pronto, nostra cara Signora, il nostro cuore è pronto”. La visione disparve. Quella stessa notte si sentirono male, mandarono a chiamare il loro confessore, ricevettero gli ultimi sacramenti e lo ringraziarono di aver insegnato loro quella santa pratica. Dopo compieta la Madonna apparve loro ancora, accompagnata da un gran numero di vergini, fece rivestire le tre sorelle con abiti bianchi, dopo di che esse si avviarono verso la celeste patria mentre gli angeli cantavano: “Venite, spose di Cristo, ricevete le corone che vi sono preparate nell’eternità”» (J. A. Coppestein, Beati F. Alani redivivi tractatus mirabilis, c. 70).


Impara diverse verità da questa storia:

1º quanto è importante avere buoni direttori che consigliano sante pratiche di pietà e specialmente il santo Rosario;

2º quanto è importante recitare il Rosario con attenzione e devozione;

3º quanto è benigna e misericordiosa la Madonna con chi si pente del passato e propone di far meglio;

4º quanto ella è generosa nel ricompensare in vita, in morte e nell’eternità, i piccoli servizi che a lei rendiamo fedelmente.

 

Le 15 promesse di Maria Santissima ai devoti del Rosario

 

  1. A tutti quelli che reciteranno devotamente il mio Rosario, io prometto la mia protezione speciale e grandissime grazie.
  2. Colui che persevererà nella recitazione del mio Rosario riceverà qualche grazia insigne.
  3. Il Rosario sarà una difesa potentissima contro l’inferno; distruggerà i vizi, libererà dal peccato, dissiperà le eresie.
  4. Il Rosario farà fiorire le virtù e le buone opere e otterrà alle anime le più abbondanti misericordie divine; sostituirà nei cuori l’amore di Dio all’amore del mondo, elevandoli al desiderio dei beni celesti ed eterni. Quante anime si santificheranno con questo mezzo!
  5. Colui che si affida a me con il Rosario, non perirà.
  6. Colui che reciterà devotamente il mio Rosario, meditando i suoi misteri, non sarà oppresso dalla disgrazia. Peccatore, si convertirà; giusto, crescerà in grazia e diverrà degno della vita eterna.
  7. I veri devoti del mio Rosario non moriranno senza i Sacramenti della Chiesa.
  8. Coloro che recitano il mio Rosario troveranno durante la loro vita e alla loro morte la luce di Dio, la pienezza delle sue grazie e parteciperanno dei meriti dei beati.
  9. Libererò molto prontamente dal purgatorio le anime devote del mio Rosario.
  10. I veri figli del mio Rosario godranno di una grande gloria in cielo.
  11. Quello che chiederete con il mio Rosario, lo otterrete.
  12. Coloro che diffonderanno il mio Rosario saranno soccorsi da me in tutte le loro necessità.
  13. Io ho ottenuto da mio Figlio che tutti i membri della Confraternita del Rosario abbiano per fratelli durante la vita e nell’ora della morte i santi del cielo.
  14. Coloro che recitano fedelmente il mio Rosario sono tutti miei figli amatissimi, fratelli e sorelle di Gesù Cristo.
  15. La devozione al mio Rosario è un grande segno di predestinazione.
(La Madonna a San Domenico e al Beato Alano)

Breve storia del Santo Rosario

All’origine del Rosario vi sono i 150 Salmi di Davide che si recitavano nei monasteri.

Per ovviare alla difficoltà, al di fuori dei centri religiosi, di imparare a memoria tutti i Salmi, verso l’850 un monaco irlandese suggerì di recitare al posto dei Salmi 150 Padre Nostro.

Per contare le preghiere i fedeli avevano vari metodi, tra cui quello di portare con sé 150 sassolini, ma ben presto si passò all’uso delle cordicelle con 50 o 150 nodi.

Poco tempo dopo, come forma ripetitiva, si iniziò ad utilizzare anche il Saluto dell’Angelo a Maria, che costituiva allora la prima parte dell’Ave Maria.

Nel XIII secolo i monaci cistercensi svilupparono una nuova forma di preghiera che chiamarono rosario, perché la comparavano ad una corona di rose mistiche donate alla Madonna. Questa devozione fu resa popolare da san Domenico, che nel 1214 ricevette il primo rosario della Vergine Maria come strumento per l’aiuto dei cristiani contro le eresie.

Nel XIII secolo si svilupparono i Misteri del Rosario: numerosi teologi avevano già da tempo considerato che i 150 Salmi erano velate profezie sulla vita di Gesù. Dallo studio dei Salmi si arrivò ben presto alla elaborazione dei Salteri di Nostro Signore Gesù Cristo, nonché alle lodi dedicate a Maria. Così durante il XIII secolo si erano sviluppati quattro diversi salteri: i 150 Padre Nostro, i 150 Saluti Angelici, le 150 lodi a Gesù, le 150 lodi a Maria.

Verso il 1350 si arriva alla compiutezza dell’Ave Maria come la conosciamo oggi. Questo avviene ad opera dell’Ordine dei certosini, che uniscono il saluto dell’Angelo con quello di Elisabetta, fino all’inserimento di «adesso e nell’ora della nostra morte. Amen».

All’inizio del XIV secolo i cistercensi, in particolare quelli della regione francese di Trèves, inseriscono le clausole dopo il nome di Gesù, per abbracciare all’interno della preghiera l’intera vita di Cristo.

Verso la metà del XIV secolo, un monaco della certosa di Colonia, Enrico Kalkar, introdusse prima di ogni decina alla Madonna, il Padre Nostro. Questo metodo si diffuse rapidamente in tutta Europa.

Sempre nella certosa di Trèves, all’inizio del 1400, Domenico Hélion (chiamato anche Domenico il Prussiano o Domenico di Trèves), sviluppa un rosario in cui fa seguire il nome di Gesù da 50 clausole che ripercorrono la vita di Gesù. E come aveva introdotto Enrico Kalkar, i pensieri di Domenico il Prussiano erano divisi in gruppi di 10 con un Padre Nostro all’inizio di ogni gruppo.

Tra il 1435 e il 1445, Domenico compone per i fratelli certosini fiamminghi, che recitano il Salterio di Maria, 150 clausole divise in tre sezioni corrispondenti ai Vangeli dell’infanzia di Cristo, della vita pubblica, e della Passione-Risurrezione.

Nel 1470 il domenicano Alain de la Roche, in contatto con i certosini, da cui apprende la recita del Rosario, crea la prima Confraternita del Rosario facendo diffondere rapidamente questa forma di preghiera: chiama Rosario «nuovo» quello con un pensiero all’interno di ogni Ave Maria, e Rosario «vecchio» quello senza meditazione, con solo le Ave Maria. Alain de la Roche riduce a 15 i Misteri (suddivisi in gaudiosi, dolorosi, gloriosi), e sarà solamente con Papa Giovanni Paolo II (un grande apostolo del Rosario), con la lettera apostolica «Rosarium Virginis Mariae» (2002), che verranno reintrodotti i misteri luminosi sulla vita pubblica di Gesù.

I domenicani sono stati grandi promotori del Rosario nel mondo. Hanno creato diverse associazioni rosariane, tra cui la Confraternita del Rosario (fondata nel 1470), la Confraternita del Rosario Perpetuo (chiamata anche Ora di Guardia, fondata nel 1630 dal padre Timoteo de’ Ricci, si impegnava ad occupare tutte le ore del giorno e della notte, di tutti i giorni dell’anno, con la recita del Rosario), la Confraternita del Rosario Vivente (fondata nel 1826 dalla terziaria domenicana Pauline-Marie Jaricot).

La struttura medievale del Rosario fu abbandonata gradualmente con il Rinascimento, e la forma definitiva del Rosario si ha nel 1521 ad opera del domenicano Alberto di Castello.

San Pio V, di formazione domenicana, fu il primo «Papa del Rosario». Nel 1569 descrisse i grandi frutti che san Domenico raccolse con questa preghiera, ed invitò tutti i cristiani ad utilizzarla.

Leone XIII, con le sue 12 Encicliche sul Rosario, fu il secondo «Papa del Rosario».

Dal 1478 ad oggi si contano oltre 200 documenti pontifici sul Rosario.

In più apparizioni la Madonna stessa ha indicato il Rosario come la preghiera più necessaria per il bene dell’umanità. Nell’apparizione a Lourdes del 1858, la Vergine aveva una lunga corona del Rosario al braccio. Nel 1917 a Fatima come negli ultimi anni a Medjugorje, la Madonna ha invitato e ha esortato a recitare il Rosario tutti i giorni.

(Dal libro: Le Litanie)

Rosario missionario

Il rosario si chiama missionario perchè si prega per i cinque continenti e perchè si usa una corona nella quale i colori delle decine richiamano i continenti.

La prima decina è verde per l’AFRICA: per ricordare le sue verdi foreste.

La seconda decina è rossa per l’AMERICA: per la pelle rossa dei suoi antichi abitanti (gli indiani)

La terza decina è bianca per l’EUROPA: per la figura bianca del Papa che vive in questo continente.

La quarta decina è azzurra per l’OCEANIA: per le azzurre acque dell’Oceano Pacifico che avvolge le migliaia di isole di questo continente.

La quinta decina è gialla per l’ASIA: terra del Sol Levante, culla della civiltà di un tempo

Fulton Sheen, vescovo NordAmericano, fu l’iniziatore del rosario missionario.

 

 

Il Rosario missionario:  I colori del mondo 

La preghiera di un cristiano dovrebbe essere sempre universale, poiché nessuno può vivere solamente per se stesso. È questa istanza di universalità che vogliamo destare nel cuore con l’invito a pregare il “Rosario missionario”. Questo tipo di rosario è formato da cinque decine di colore diverso. Ciascun colore rappresenta un continente dal punto di vista missionario e i popoli che vi vivono:

·         la decina verde è per l’Africa. Ci ricorda le verdi foreste e il colore sacro dei musulmani.

·         La decina rossa è il continente americano che ebbe, come primi abitanti, i Pellerossa.

·         La decina bianca è per l’Europa e per il sommo Pontefice, il Vicario di Cristo che continuamente veglia sui destini del mondo.

·         La decina azzurra richiama l’Oceania con le innumerevoli isole sparse nelle azzurre acque del Pacifico.

·         La decina gialla è per l’Asia, la terra del Sol levante, la culla delle civiltà.

 

Le tre Ave Maria finali (sui grani vicino alla croce) si pregano per i missionari sparsi in tutto il mondo.

 

La Corona.

 

Il fatto che la corona abbia i colori dei continenti è un richiamo immediato all’universalità della preghiera cristiana: assieme ai missionari, con Maria, sulle strade del mondo, portiamo Gesù. Siamo così aiutati a pregare per il mondo intero, perché l’annuncio del Regno raggiunga tutti i popoli.
E quando il rosario è finito, si è come circumnavigato il globo terrestre abbracciando tutti i continenti, tutto il popolo in preghiera.

 

AFRICA

 

Per molti Padri sinodali l’Africa di oggi può essere paragonata a quell’uomo che scendeva da Gerusalemme a Gerico; egli cadde nelle mani dei briganti che lo spogliarono, lo percossero e se ne andarono lasciandolo mezzo morto. L’Africa è un continente in cui innumerevoli esseri umani, uomini e donne, bambini e giovani, sono distesi, in qualche modo, sul bordo della strada, malati, feriti, impotenti, emarginati e abbandonati (Ecclesia in Africa).

 

O Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa,

alla vigilia di una nuova Pentecoste

per la Chiesa in Africa, Madagascar ed isole attigue,

il popolo di Dio con i suoi Pastori

a Te si rivolge e insieme con Te implora:

l’effusione dello Spirito Santo faccia delle culture africane

luoghi di comunione nella diversità,

trasformando gli abitanti di questo grande continente

in figli generosi della Chiesa, che è Famiglia del Padre,

germe e inizio in terra di quel Regno eterno

che avrà la sua pienezza nella Città il cui costruttore è Dio:

Città di giustizia, di amore e di pace.

 

Amen.

 

 

AMERICA

 

La Chiesa in America è chiamata a promuovere una maggiore integrazione tra le Nazioni, contribuendo così a creare un’autentica cultura globalizzata della solidarietà.
Ci sono peccati sociali che gridano al cielo: il commercio di droghe, il riciclaggio di guadagni illeciti, la corruzione in qualunque ambiente, il terrore della violenza, la corsa agli armamenti, la discriminazione razziale, le disuguaglianze tra i gruppi sociali, l’irragionevole distruzione della natura. Di tutto questo la Chiesa in America si prende cura (Ecclesia in America).

 

Signore Gesù, ti ringraziamo

perché il Vangelo dell’Amore del Padre,

con il quale sei venuto a salvare il mondo,

è stato ampiamente proclamato in America

come dono dello Spirito Santo che fa fiorire la nostra gioia.

Concedici di essere testimoni fedeli  della tua Resurrezione

davanti alle nuove generazioni d’America,

perché conoscendoti ti seguano

e trovino in Te la loro pace e la loro gioia.

Amen.

 

EUROPA

 

Le Chiese in Europa sono spesso tentate da un offuscamento della speranza. Il tempo che stiamo vivendo, infatti, con le sfide che gli sono proprie, appare come una stagione di smarrimento.
Dall’Assemblea sinodale è emersa, chiara e appassionata, la certezza che la Chiesa ha da offrire all’Europa il bene più prezioso, che nessun altro può darle: è la fede in Gesù Cristo, fonte della speranza che non delude (Ecclesia in Europa).

 

Maria, Madre della speranza,

veglia sulla Chiesa in Europa:

sia essa trasparente al Vangelo,

autentico luogo di comunione;

viva la sua missione di annunciare, celebrare e servire

il Vangelo della speranza per la pace e la gioia di tutti.

 

Amen.

 

OCEANIA

 

La Chiesa in Oceania ha ricevuto il Vangelo da generazioni precedenti di cristiani e da missionari giunti da oltre oceano. I loro sacrifici hanno recato molto frutto. La generazione attuale di cristiani è chiamata e inviata a realizzare una nuova evangelizzazione tra i popoli dell’Oceania, una nuova proclamazione della permanente verità evocata dal simbolo della Croce del Sud. Questa chiamata alla missione pone grandi sfide, ma apre altresì nuovi orizzonti, ricolmi di speranza e persino di un senso di avventura (Ecclesia in Oceania).

 

O Stella maris, luce di ogni oceano e Signora delle profondità,

guida i popoli dell’Oceania attraverso ogni mare

oscuro e tempestoso, affinché possano giungere

al porto della pace preparato in Colui che ha calmato le acque.

Mentre ci avventuriamo per gli oceani del mondo,

e attraversiamo i deserti del nostro tempo,

mostraci, o Maria, il Frutto del tuo grembo,

poiché senza il Figlio tuo siamo perduti.

 

Amen.

 

ASIA

 

L’Asia è il più vasto continente della terra ed è abitato da circa i due terzi della popolazione mondiale, con una varietà di antiche culture, religioni e tradizioni. Diversi Paesi dell’Asia si trovano ad affrontare difficoltà connesse con la crescita della popolazione e abbondano false soluzioni che minacciano la dignità e l’inviolabilità della vita, e costituiscono una speciale sfida per la Chiesa in Asia (Ecclesia in Asia).

 

O Madre Santa, volgi il tuo tenero sguardo sulla Chiesa

che il tuo Figlio ha piantato sul suolo d’Asia.

Siile guida e modello, mentre continua la missione

e proteggila da ogni potere che la minaccia.

Prega affinché, tutti i popoli dell’Asia

possano giungere a conoscere il Figlio tuo Gesù Cristo,

unico Salvatore del mondo.

Amen.

 

Santo Rosario meditato con Santa Teresa di Gesù Bambino

MISTERI GAUDIOSI

(Lunedì – Sabato)

PRIMO MISTERO

L’ANNUNCIO A MARIA (Luca 1 26-38)

Quando Elisabetta fu al sesto mese Dio mandò l’angelo Gabriele a Nazareth, un villaggio della Galilea. L’angelo andò da una vergine che era fidanzata con un uomo chiamato Giuseppe. La ver­gine si chiamava Maria. L’angelo entrò in casa e le disse: “Ti saluto, Maria! Piena di grazia, il Signore è con te”.

Maria fu molto impressionata da queste parole e si domandava che significato poteva avere quel saluto. Ma l’angelo le disse: “Non temere, Maria! Tu hai trovato grazia presso Dio. Avrai un figlio, lo darai alla luce e gli metterai nome Gesù. Il Signore lo farà re, lo porrà sul trono di Davide, suo padre, ed egli regnerà sem­pre sul popolo d’Israele. Il suo regno non finirà mai”. Allora Maria disse all’angelo: “Come è possibile questo, dal momento che io sono vergine?”.

L’angelo rispose: “Lo Spirito Santo verrà su di te e l’Onnipotente Dio, come una nube, ti avvolgerà. Per questo il bam­bino che avrai sarà santo, Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, alla sua età aspetta un figlio. Tutti pensavano che non potesse avere bambini, eppure è già al sesto mese. Nulla è impossibile a Dio!”.

Allora Maria disse: “Eccomi, sono la serva del Signore. Dio faccia con me come tu hai detto”. Poi l’angelo la lasciò.

“Quando un angelo del cielo ti offre d’essere la Madre di un Dio che deve regnare per tutta l’eter­nità, Maria io ti vedo preferire, sorprendente miste­ro, l’ineffabile tesoro della tua verginità. Io com­prendo, Vergine Immacolata, che la tua anima sia più cara al Signore della sua divina dimora… e che la tua anima, Umile e Dolce Valle, può contene­re il mio Gesù, l’Oceano dell Amore! (Poesia 54 in prosa).

Maria ti amo, quando ti dici la piccola serva di Dio che rapisci per la tua umiltà! Questa virtù nascosta ti rende onnipotente e attira la Santa Trinità nel tuo cuore. E così lo Spirito d’Amore, coprendoti con la sua ombra, incarna in te il Figlio uguale al Padre!… Egli avrà un grande numero di fratelli peccatori; se lo si dovrà chiamare. Gesù tuo primogenito” (Poesa 54 in prosa).

“Tu t’inganni, se credi che la piccola Teresa cammini sempre con ardore sulla strada della virtù: lei è debole e molto debole; tutti i giorni ne fa espe­rienza. Ma Gesù si compiace d’insegnarle, come a San Paolo, la scienza di vantarsi nelle sue infermità: questa è una grande grazia e io prego Gesù di inse­gnartela, poiché solo in questo si trova la pace e il riposo del cuore. Quando ci si vede così miserabili, non ci si vuole più prendere in considerazione e non si guarda che l’unico Diletto!… ” (Lettera 109).

“Madre amata, malgrado la mia piccolezza, anch’io come te possiedo in me l’Onnipotente e non tremo vedendo la mia povertà: infatti l’eredità di una madre appartiene al figlio… Ed io sono tua figlia, Madre! Le tue virttù, il tuo amore, non sono forse miei? Così, quando nel mio cuore discende l’Ostia bianca, Gesù, il tuo dolce Agnello, crede di riposare in Te!” (Poesia 54 in prosa).

“Ricordati Gesù della gloria del Padre, ricor­dati dei suoi divini splendori che lasciasti per esi­liarti qui in terra e riscattare tutti i poveri peccato­ri… Gesù, abbassandoti verso la Vergine Maria, tu veli la tua grandezza e la tua gloria infinita. Di quel maternogrembo che fu il tuo secondo cielo! Ricordati” (Poesia 24 in prosa).

“O Gesù, perché non mi è possibile dire a tutte le piccole anime quanto la tua condiscendenza è ineffabile?… Sento che se per assurdo tu trovassi un’anima più debole, più piccola della mia, ti com­piaceresti di colmarla di favori ancora più grandi, qualora si abbandonasse con fiducia completa alla tua misericordia infinita” (Manoscritto B 5v).

 

SECONDO MISTERO

LA VISITA DI MARIA AD ELISABETTA (Luca 1 39-56)

In quei giorni Maria si mise in viaggio e rag­giunse in fretta un villaggio che si trovava nella parte montagnosa della Giudea. Entrò nella casa di Zaccaria e salutò Elisabetta. Appena Elisabetta udì il saluto di Maria, il bambino dentro di lei ebbe un fremito, ed essa fu colma di Spirito santo e a gran voce esclamò: “Dio ti ha benedetta più di tutte le altre don­ne, e benedetto è il bambino che avrai! Che grande cosa per me! Perché mai la madre del mio Signore viene a farmi visita? Appena ho sentito il tuo salu­to, il bambino si è mosso in me per la gioia. Beata te che hai avuto fiducia nel Signore e hai creduto che egli può compiere ciò che ti ha annunziato”.

Allora Maria disse: “Grande è il Signore: lo voglio lodare. Dio è mio salvatore: sono piena di gioia. Ha guardato a me, alla sua povera serva: tutti, d’ora in poi, mi diranno beata. Dio è potente: ha fatto in me grandi cose, santo è il suo nome. La sua misericordia resta per sempre con tutti quelli che lo servono. Ha dato prova della sua potenza, ha distrutto i superbi e i loro progetti. Ha rovesciato dal trono i potenti, ha rialzato da terra gli oppressi. Ha colmato i poveri di beni, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Fedele nella sua misericordia, ha risollevato il suo popolo, Israele. Così aveva promesso ai nostri padri: ad Abramo e ai suoi discendenti per sempre”.

Maria rimase con Elisabetta circa tre mesi. Poi ritornò a casa sua.

“Tu mi fai comprendere che non è impossibile seguire i tuoi passi Regina degli eletti. La stretta via del Cielo, tu l’hai resa percorribile mettendo in pratica ogni giorno le virtù più umili. Accanto a Te, Maria, anch’io amo restare piccola: vedo la vanità delle grandezze umane. Nella casa di Elisabetta, che riceve la tua visita, imparo a eserci­tare una ardente carità” (Poesia 54 in prosa).

“Una parola, un sorriso amabile, spesso basta­no per far distendere una persona triste… Voglio essere amabile con tutti per rallegrare Gesù… Che banchetto potrebbe imbandire una carmelitana alle sue sorelle se non un banchetto spirituale composto da una carità amabile e gioiosa?” (Manoscritto C).

“Vivere d’Amore è navigare seminando sempre la gioia e la pace nei cuori. Mossa dalla Carità, ti vedo nelle anime delle mie sorelle. La Carità, ecco la mia sola stella: sulla giusta rotta navigo alla sua luce. Sulla vela ho scritto il mio motto: Vivere d’Amore!” (Poesia 17).

“Ho compreso che la carità non deve rimanere chiusa in fondo al cuore. Nessuno – ha detto Gesù – accende una lampada per metterla sotto il tavolo, ma la si mette sopra il candeliere per­ché illumini tutti coloro che stanno nella casa.

Mi sembra che questa lampada rappresenti la carità che deve illuminare, rallegrare non solo quelli mi sono i più cari, ma anche tutti coloro che stanno nella casa senza alcuna eccezione” (Mattoscritto c).

“Quando Giuseppe il Giusto, ignora il prodi­gio, che tu vorresti nascondergli per la tua umiltà, in lacrime lo lasci accanto a te, Tabernacolo che vela la divina Bellezza del Salvatore… O quanto amo, Maria, questo tuo eloquente silenzio; per me è un concerto melodioso e dolce che mi mostra la grandezza e l’onnipotenza di chi soltanto attende il suo aiuto dal cielo… ” (Poesia 54 in prosa).

“Là in quella casa ascolto rapita, dolce Regina degli Angeli, il sacro cantico che ti sgorgò dal cuore. Tu m’insegni a cantare le lodi divine e a gloriarmi in Gesù mio Salvatore. Le tue parole d’amore sono come mistiche rose che devono profu­mare i secoli futuri. In Te l’Onnipotente ha fatto grandi cose e io voglio meditarle per poterlo benedi­re” (Poesia 54 in prosa).

 

TERZO MISTERO

LA NASCITA DI GESU’ (Luca 2 1-12)

In quel tempo l’imperatore Augusto con un decreto ordinò il censimento di tutti gli abitanti dell’impero romano. Questo primo censimento fu fatto quando Quirino era governatore della Siria. Tutti andavano a far scrivere il loro nome nei regi­stri e ciascuno nel proprio luogo d’origine.

Anche Giuseppe partì da Nazareth, in Galilea e salì a Betlemme, la città del re Davide, in Giudea. Andò là perché era un discendente diretto del re Davide e Maria sua sposa, che era incinta, andò con lui.

Mentre si trovavano a Betlemme, giunse per Maria il tempo di partorire ed essa diede alla luce un figlio, il suo primogenito. Lo avvolse in fasce e lo mise a dormire nella mangiatoia di una stalla, perché non avevano trovato altro posto.

In quella stessa regione c’erano anche alcuni pastori. Essi passavano la notte all’aperto per fare la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro, e la gloria del Signore li avvolse di luce, così che essi ebbero una grande paura. L’angelo disse: “Non temete! Io vi porto una bella notizia che procurerà una grande gioia a tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato il vostro Salvatore, il Cristo, il Signore. Lo riconoscerete così: troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una magiatoia”.

“Più tardi, a Betlemme, o Giuseppe e Maria, vi vedo respinti da tutti gli abitanti. Nessuno vuole accogliere nella sua locanda dei poveri stranieri, il posto è per i grandi… Il posto è per i grandi… così è in una stalla che la Regina dei Cieli deve partori­re Dio. Madre, come sei amabile, quanto ti trovo grande in un così misero luogo” (Poesia 54 in prosa).

“Quando vedo l’Eterno avvolto in fasce e sento il debole grido del Verbo Divino, Madre, non invi­dio più gli Angeli perché il loro potente Signore è mio Fratello amato!… Come t’amo, Maria, che sulla nostra terra hai fatto germogliare il tuo Divino Fiore!… E t’amo ancora, quando ascolti i pastori e i mogi, vedere con quanta cura conservi tutte le cose nel tuo cuore!…” (Poesia 54 in prosa).

“Ricordati Gesù del giorno della tua natività, quando scendendo dal Cielo, gli Angeli hanno can­tato. “Al nostro Dio gloria, onore e potestà… E pace ai cuori di buona volontà”. Da mille novecento anni, Signore, tu mantieni la promessa e ai figli tuoi appartiene la ricchezza della pace. Per gustare sempre la tua pace ineffabile io vengo da te. Io vengo da te, nascondimi nelle tue fasce, nella tua culla voglio restare per sempre. Là, con gli Angeli, potrò cantando dirti: Ricordati le gioie dei tuoi primi giorni Gesù! Rammentati dei pastori e dei magi che gioiosi t’offrirono i loro cuori e i loro omaggi. E del corteo innocente che il suo sangue ti donò ricordati” (Poesia 24 in prosa).

“Ho dipinto (su di una immaginetta) il divi­no Bambino in modo da mostrare come si comporta nei miei confronti… In effetti egli dorme quasi sempre… Il Gesù della povera Teresa non l’acca­rezza così come Egli accarezzava la sua Santa Madre. Ciò è molto naturale, poiché la figlia è così indegna della Madre!… Tuttavia gli occhietti chiusi di Gesù parlano molto alla mia anima e, poiché Egli non mi accarezza, mi sforzo io di far­gli piacere…” (Lettera 160).

“Non posso temere un Dio che per me si è fatto così piccolo!… Io l’amo!… Infatti egli non è che amore e misericordia! (Lettera 266).

Il mio cielo è sentire in me la somiglianza con Dio che mi ha creato con il suo potente soffio divino. Il mio Cielo è mantenermi sempre alla sua presenza. Chiamarlo Padre ed essere sua figlia. Tra le sue divine braccia non temo la tempesta. Questo totale abbandono è la mia sola legge! Assopirmi sul suo cuore, accanto al suo Volto, ecco il mio Cielo” (Paese 32 in prosa).

 

QUARTO MISTERO

LA PRESENTAZIONE DI GESU’ AL TEMPIO

Viveva allora a Gerusalemme un uomo chia­mato Simeone. Un uomo retto e pieno di fede in Dio, che aspettava con fiducia la liberazione d’Israele. Lo Spirito Santo era con lui e gli aveva rivelato che non sarebbe morto prima di aver vedu­to il Messia mandato dal Signore.

Mosso dallo Spirito Santo, Simeone andò nel tempio dove s’incontrò con i genitori di Gesù, pro­prio mentre essi stavano portandovi il loro bambino per compiere quello che ordinava la legge del Signore.

Simeone allora prese il bambino tra le braccia e ringraziò Dio così: “Ormai, Signore, puoi lasciare che il tuo servo se ne vada in pace: la tua promessa si è compiuta. Con i miei occhi ho visto il Salvatore: Tu l’hai messo davanti a tutti i popoli: luce per illuminare le nazioni e gloria del tuo popolo, Israele”.

Il padre e la madre di Gesù rimasero stupiti per le cose che Simeone aveva detto del bambino. Simeone poi li benedisse e parlò a Maria, la madre di Gesù: “Dio ha deciso che questo bambino sarà occa­sione di rovina o di risurrezione per molti in Israele. Sarà un segno di Dio, ma molti lo rifiute­ranno: così egli metterà in chiaro le intenzioni nascoste nel cuore di molti. Quanto a te, Maria, il dolore ti colpirà come colpisce una spada”.

“Amo vederti confusa tra tutte le altre donne che dirigono verso il santo tempio i loro passi. T’amo, Maria, quando presenti il Salvatore delle nostre anime al beato Vegliardo che lo stringe tra le sue braccia. Dapprima ascolto sorridente il suo canto, ma presto la sua voce mi fa piangere. Lo sguardo profetico di Simeone scrutando l’avvenire ti mostra una spada di dolori” (Poesia 54 in prosa).

“O Regina dei Martiri, fino a sera della vita la spada dolorosa trapasserà il tuo cuore. Devi già abbandonare la terra della tua patria per sfuggire al furore geloso di un re. Mentre tra le pieghe del tuo velo, Gesù in pace dorme, Giuseppe viene a chiederti di partire sull’istante, la tua obbedienza si manifesta pronta e senza alcun ritardo parti e senza ragionare” (Poesia 54 in prosa).

“Il merito non consiste nel fare né nel donare molto, ma piuttosto nel ricevere, nell’amare molto! È detto che è molto più dolce dare che ricevere, ed è vero. Ma allora, quando Gesù vuol prendere per Sé la dolcezza di donare, non sarebbe simpatico rifiu­tare. Lasciamogli prendere e dare tutto quel che vorrà: la perfezione consiste nel fare la sua volontà e l’anima che si abbandona interamente a Lui è chiamata da Gesù stesso sua madre, sua sorella e tutta la sua famiglia… come è facile piacere a Gesù, conquistare il suo cuore! Non c’è che da amarlo senza guardare a se stessi, senza troppo esaminare i propri difetti… ” (Lettera 142).

“Gesù lo so, l’amore si paga soltanto con l’a­more… Ma sono una figlia della Chiesa… e ciò che chiede il cuore d’un bambino piccolo è l’amo­re… ma come glielo testimonierà il suo amore, dal momento che l’Amore si prova con le opere? Ebbene il piccolo bambino getterà dei fiori, impregnerà con i suoi profumi il trono regale, canterà con la sua voce argentina il cantico dell Amore…” (Manoscritto B 4r).

“Sono solo una bambina, impotente e debole, eppure la mia stessa debolezza mi dà l’audacia di offrirmi come vittima al tuo Amore, Gesù! Un tempo… per soddisfare la Giustizia Divina occor­revano vittime perfette, ma alla legge del timore è succeduta la legge dell’Amore; e l’Amore ha scelto per olocausto me, debole e imperfetta creatura!… Questa scelta non è forse degna dell’Amore?… Sì, perché l’Amore sia pienamente soddisfatto, bisogna che si abbassi, che si abbassi fino al niente e che trasformi in fuoco questo niente…” (Manoscritto B 3v).

 

QUINTO MISTERO

IL RITROVAMENTI DI GESU’ AL TEMPIO

I genitori di Gesù ogni anno andavano in pel­legrinaggio a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando Gesù ebbe dodici anni lo portarono per la prima volta con loro secondo l’usanza. Finita la festa ripresero il viaggio di ritorno con gli altri. Ma Gesù rimase in Gerusalemme senza che i genitori se ne accorgessero. Credevano che anche lui fosse in viaggio con la comitiva. Dopo un gior­no di cammino, si misero a cercarlo tra i parenti e conoscenti. Non riuscendo a trovarlo, ritornarono a cercarlo a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trova­rono nel tempio: era là, seduto in mezzo ai maestri della legge: li ascoltava e discuteva con loro. Tutti quelli che lo udivano erano meravigliati per l’intel­ligenza che dimostrava con le sue risposte. Anche i suoi genitori, appena lo videro, rimasero stupiti, e sua madre gli disse: ‘Figlio mio, perché ti sei comportato così con noi? Vedi, tuo padre ed io ti abbiamo tanto cercato e siamo stati molto preoccupati per causa tua’. Egli rispose loro: “Perché cercarmi tanto? Non sapevate che io devo essere nella casa del Padre mio?”. Ma essi non capirono il significato di quelle parole.

Gesù poi ritornò a Nazareth con i genitori e ubbidiva loro volentieri. Sua madre custodiva gelo­samente dentro di sé il ricordo di tutti questi fatti.

Gesù intanto cresceva, progrediva in sapienza e godeva il favore di Dio e degli uomini.

“Nella terra d’Egitto, mi sembra, Maria, che nella povertà il tuo cuore resta gioioso. Gesù non è forse Lui la più bella Patria? Che t’importa l’esilio, se tu possiedi i Cieli?… Ma a Gerusalemme un dolore vasto come un oceano sta per inondarti il cuore: Gesù per ben tre giorni si nasconde al tuo amore! Questo sì che è un esilio in tutto il suo rigore!…” Poesia 54 in prosa).

“Finalmente lo ritrovi e la gioia ti trasporta e dici al bel Fanciullo che incanta i dottori: “Figlio perché agisci così? Guarda, tuo padre ed io, ti cer­chiamo in pianto”. E il Dio Bambino risponde (mistero profondo) alla sua cara Madre che tende le braccia verso di Lui: “Perché voi mi cercate?… Occorre che io mi dedichi all’opera del Padre, o non lo sapevate?” (Poesia 54 in prosa).

“Il Re della patria del sole splendente è venuto a vivere trentatrè anni nel paese delle tenebre. Le tenebre non hanno affatto capito che questo Re Divino era la luce del mondo!… Signori, tua figlia l’ha capita la tua luce divina! Ti chiede perdono per i suoi fratelli. Ella accetta di mangiare per quanto tempo vorrai il pane del dolore e non vuole affatto alzarsi prima del giorno che hai stabilito da questa tavola piena di amarezza alla quale mangiano i poveri peccatori” (Manoscritto C 5 6).

“Poiché il Re dei Cieli volle che la sua Madre fosse immersa nella notte, nell’angoscia del cuore, Maria, soffre sulla terra è forse dunque un bene? Sì soffre amando, è la più pura felicità!… Tutto quel­lo che Gesù mi ha dato, lo può riprendere. Digli che mai con me deve farsi scrupolo… Può ben nascon­dersi, ad acconsento attenderlo fino al giorno senza tramonto quando la fede si spegnerà…” (Poesia 54 in prosa).

“Mio Benamato, il tuo esempio m’invita ad abbassarmi, a disprezzare l’onore. Per incantarti, voglio restare piccola e col dimenticarmi affascinerò il tuo Cuore. La mia pace sta nella solitudine, non domando niente di più… Piacerti è l’unico mio pro­getto, la mia beatitudine sei tu, Gesù” (Poesia 31 in prosa).

“Gesù è un tesoro nascosto, un bene inestimabi­le che poche anime trovano perché è nascosto e il mondo ama ciò che brilla. Se Gesù avesse voluto mostrarsi a tutte le anime con i suoi doni ineffabili senza dubbio non ce ne sarebbe una sola che l’a­vrebbe rifiutato; ma Egli non vuole che lo amiamo per i suoi doni, è Lui stesso che deve essere la nostra ricompensa. Per trovare una cosa nascosta, occorre nascondere se stessi: la nostra vita deve esse­re un mistero, occorre che assomigliamo a Gesù, quel Gesù il cui volto era nascosto… ” (Lettera 145).

Santo Rosario meditato con Santa Teresa di Gesù Bambino

Santa_Teresita do menino Jesus

MISTERI GLORIOSI

(Mercoledì – Domenica)

PRIMO MISTERO

LA RESURREZIONE DI NOSTRO SIGNORE

Il primo giorno della settimana, di buon mattino le donne andarono al sepolcro di Gesù, portando gli aromi che avevano preparato per la sepoltura. Videro che la pietra che chiudeva il sepolcro era stata sposta­ta. Entrarono nel sepolcro, ma non trovarono il corpo del Signore Gesù.

Le donne stavano ancora lì senza sapere che cosa fare, quando apparvero loro due uomini con vesti splendenti. Impaurite, tennero la faccia abbassa­ta verso terra. Ma quegli uomini dissero loro: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Egli non si trova qui ma è risuscitato! Ricordatevi che ve lo disse quando era ancora in Galilea. Allora vi diceva: È necessario che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai nemici di Dio e questi lo cro­cifiggeranno. Ma il terzo giorno risusciterà”.

Allora le donne si ricordarono che Gesù aveva detto quelle parole. Lasciarono il sepolcro e andarono a raccontare agli undici quello che avevano visto e udito. Erano Maria, nativa di Màgdala, Giovanna e Maria, madre di Giacomo. Anche le altre donne che erano con loro riferirono agli apostoli le stesse cose. Ma gli apostoli non vollero credere a queste parole. Pensavano che le donne avevano perso la testa.

Pietro però si alzò e corse al sepolcro. Guardò dentro, e vide solo le bende usate per la sepoltura. Poi tornò a casa pieno di stupore per quello che era accaduto.

“Maria Maddalena in lacrime, presso il santo sepolcro, si china a cercare Gesù gli Angeli volevano addolcire la sua pena ma nulla poteva però calmare il suo dolore. Non eravate voi; luminosi arcangeli, che quell’ardente anima veniva a cercare, voleva vedere il Signore degli angeli prenderlo fra le sue braccia e portarlo via ben lontano” (Poesia 23 in prosa)

“Presso il santo sepolcro, rimanendo l’ultima era arrivata là ben avanti il giorno. Venne anche il suo Dio, velando la sua luce, Maria non poteva vincerlo in amore! Gli mostrò per primo il suo Santo Volto e subito una sola parola sgorgò dal suo Cuore che mormorava il nome sì dolce di Maria. Gesù le dono la pace, la felicità” (Poesia 23 in prosa).

“Un giorno, mio Dio, come Maddalena, anch’io volli vederti ed accostarmi a te. Il mio sguardo scru­tava la vasta pianura in cui ricercavo il Maestro e il Re ed esclamai vedendo l’onda pura l’azzurra stella, di fiore e il passero: “Se io non vedo Dio, o stupenda natura Tu non sei nulla per me se non una immensa tomba” (Poesia 23 in prosa).

“Mi occorre un cuore bruciante di tenerezza che resti il mio sostegno senza ripensamento, che ami tutto di me perfino la mia debolezza, e non mi lasci mai né giorno né la notte. Non ho trovato nessuna creatura che mi amasse sempre e senza mai morire. Io voglio un Dio che con la mia natura si faccia mio fratello, capace di soffrire!” (Poesia 23 in prosa).

“Mi hai udita, Amico, l’unico che amo! Per rapirmi il cuore, ti sei fatto mortale e versasti il tuo sangue, mistero supremo!… E vivi ancora per me sopra l’altare. Se non posso vedere lo splendore del tuo Volto, né intendere la tua voce che riempie di dolcezza, io posso, mio Dio, vivere della tua grazia e posso riposare sul tuo Sacro Cuore!” (Poesa 23 in prosa).

“Ricordati che il giorno della tua vittoria Tu ci dicesti: Colui che non ha visto il Figlio di Dio tutto raggiante di gloria è beato, se tuttavia in lui crede! All’ombra della Fede, amo e adoro. O Gesù! Per vederti, attendo in pace l’aurora. Ma il mio desiderio non è di contemplarti quaggiù! Ri­cordati!” (Poesia 24 in prosa).

“Dio mi ha sempre fatto desiderare ciò che vole­va darmi. Comincerà allora in Cielo a non appagare più i miei desiden. Non lo posso veramente credere e vi dico: fratello mio, sarò presto da voi… ” (Lettera 258).

“Ciò che riguarda Teresa è abbandonarsi senza nemmeno la gioia di sapere quanto le frutti in banca. L’abbandono: è Gesù che fa tutto, io non faccio nulla” (Lettera 142).

 

SECONDO MISTERO

L’ASCENSIONE DI NOSTRO SIGNORE

Gli undici apostoli e i loro compagni stavano parlando di queste cose. Gesù apparve in mezzo a loro e disse: “La pace sia con voi!” Sconvolti e pieni di paura, essi pensavano di vedere un fantasma. Ma Gesù disse loro: “Perché avete tanti dubbi dentro di voi? Guardate le mie mani e i miei piedi! Sono pro­prio io! Toccatemi e verificate: un fantasma non ha carne e ossa come me”.

Poi disse loro: “Era questo il senso dei discorsi che vi facevo quando ero ancora con voi! Vi dissi chiaramente che doveva accadere tutto quel che di me era stato scritto nella legge di Mosè, negli scritti dei profeti e nei salini!”.

Allora Gesù li aiutò a capire le profezie della Bibbia. Poi aggiunse: “Così sta scritto: Il messia doveva morire, ma il terzo giorno doveva resuscita­re dai morti. Per suo incarico ora deve essere por­tato a tutti i popoli l’invito a cambiare vita e a rice­vere il perdono dei peccati. Voi sarete testimoni di tutto ciò cominciando da Gerusalemme. Perciò io manderò su di voi lo Spirito Santo, che Dio, mio Padre, ha promesso. Voi però restate nella città di Gerusalemme fino a quando Dio non vi riempirà con la sua forza”.

Poi Gesù condusse i suoi discepoli verso il vil­laggio di Betània Alzò le mani sopra di loro e li benedisse. Mentre li benediceva si separò da loro e fu portato verso il cielo. I suoi discepoli lo adoraro­no. Poi tornarono verso Gerusalemme, pieni di gioia. E stavano sempre nel tempio lodando e rin­graziando Dio.

“Poiché Gesù è salito in Cielo, non posso seguirlo che sulle tracce che ha lasciato, ma queste tracce sono tanto luminose, tanto profumate! Non devo fare altro che gettare uno sguardo al Vangelo, subito respiro i profumi della vita di Gesù e so da quale parte correre… non mi slancio al primo posto ma all’ultimo, invece di avanzare come il fariseo ripeto, colma di fiducia, l’umile preghiera del pubbli­cano. Soprattutto imito la condotta di Maddalena, la sua stupefacente o meglio amorosa audacia che incanta il Cuore di Gesù seduce il mio. Si lo sento, quand’anche avessi sulla coscienza tutti i peccati che si possono commettere, andrei col cuore spezzato dal pentimento a gettarmi nelle braccia di Gesù – perché Teresa sa bene che – Gesù non è che amore e mise­ricordia” (Manosintto C).

“hai fatto bene a scrivermi: ho capito tutto… tutto, tutto, tutto! Tu non hai commesso neppure l’ombra del male. So così bene che cos’è questo gene­re di tentazioni che posso assicurartelo senza timore; d’altronde Gesù me lo dice nel profondo del cuore. Posso confessarti una cosa che mi ha causato molto dispiacere? È che la mia piccola Maria ha trala­sciato le sue comunioni il giorno dell’Ascensione e l’ultimo del mese (maggio) di Maria!… Oh, quanto è dispiaciuto a Gesù” (Lettera 92).

“La mia missione sta per cominciare, la mia missione di fare amare Dio come io lo amo, di dare la mia piccola via alle anime. Se Dio esaudisce i miei desideri passerò il mio Cielo sulla terra fino alla fine del mondo. Certo, voglio passare il mio Cielo a fare del bene sulla terra… Non mi voglio riposare finché ci saranno anime da salvare…” (Ultimi colloqui).

A Celina che baciava i piedi del Crocifisso: ‘Ma io bacio il suo Volto! Voi non state seguendo la dottrina del piccolo bambino: baciatelo subito sulle guance e fatevi abbracciare… se vado fra i Serafini, non farò come loro;… tutti si coprono con le ali davanti a Dio: io mi guarderò bene dal coprirmi con le ali” (Ultimi Colloqui 2,5 settembre).

“Amo tanto Dio, che vorrei fargli piacere senza che nemmeno sapesse che sono io… non vo­glio dare per ricevere…” (Ultimi Colloqui maggio).

“…papà mi proponeva un viaggio a Gerusa­lemme; ma nonostante l’attrattiva naturale che mi spingeva a visitare i luoghi santificati dal passag­gio di Nostro Signore, ero stanca dei pellegrinaggi terreni, non desideravo nient’altro che le bellezze del cielo e, per donarle alle anime, volevo, al più presto essere prigioniera”.

 

TERZO MISTERO

LA DISCESA DELLO SPIRITO SANTO

Quando venne il giorno della Pentecoste, i credenti erano riuniti tutti insieme nello stesso luogo. All’improvviso si sentì un rumore in cielo, come quando tira un forte vento, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Allora videro qualcosa di simile a lingue di fuoco che si separavano e si posa­vano sopra ciascuno di loro. Tutti furono riempiti di Spirito Santo e si misero a parlare in altre lingue come lo Spirito Santo concedeva loro di esprimersi.

A Gerusalemme c’erano Ebrei, uomini molto religiosi, venuti da tutte le parti del mondo. Appena si sentì quel rumore, si radunò una gran folla, e non sapevano che cosa pensare. Ciascuno infatti li sentiva parlare nella propria lingua, per cui erano pieni di meraviglia e di stupore e dicevano: “Questi uomini che parlano sono tutti Galilei? Come mai allora li sentiamo parlare nella nostra lingua nativa? Noi apparteniamo a popoli diversi”. Parti, Medi e Elamiti. Alcuni di noi vengono dalla Mesopotamia, dalla Giudea e dalla Cappadocia, dal Ponto e dall’Asia, dalla Frigia e dalla Panfilia, dall’Egitto e dalla Cirenaica, da Creta e dall’Arabia. C’è gente che viene perfino da Roma: alcuni sono nati ebrei, altri invece si sono convertiti alla reli­gione ebraica. Eppure tutti li sentiamo annunciare, ciascuno nella sua lingua, le grandi cose che Dio ha fatto”.

“Comprendo e so per esperienza che il Regno di Dio è dentro di noi: Gesù non ha bisogno di libri né di dottori per istruire le anime; Egli, il Dottore dei dottori, insegna senza rumore di paro­la… Non l’ho mai udito parlare ma sento che Egli è in me, ad ogni istante mi guida e mi ispira quello che devo dire o fare. Proprio al momento in cui ne ho bisogno, scorgo dei lumi che non avevo ancora veduto e non è durante l’orazione che questi sono più abbondanti, ma è piuttosto in mezzo alle occu­pazioni della mia giornata” (Manoscritto A).

“Conoscerlo come egli ci conosce e diventare degli dei noi stessi, oh! che destino! Quanto è gran­de la nostra anima!” (Lettera 57).

“Più si è deboli, senza desideri né virtù, più si è adatti alle operazioni di questo Amore che consu­ma e trasforma!… Amiamo allora la nostra picco­lezza, preferiamo non sentire nulla! Allora saremo povere di spirito e Gesù verrà a cercarci; per quanto lontano possiamo essere, Egli ci trasformerà in fiamme d’amore!” (Lettera 197).

“Mi ero preparata con molto cura a ricevere la visita dello Spirito Santo, non capivo come non si facesse una grande attenzione a ricevere il sacramen­to d’Amore… Ah! com’era gioiosa la mia anima; come gli apostoli attendevo con felicità la visita dello Spirato Santo! Mi rallegravo all’idea di essere presto perfetta cristiana e soprattutto di avere eternamente sulla fronte la croce misteriosa che il Vescovo segna imponendo al sacramento… Finalmente il momento felice arrivò: al momento della discesa dello Spirito Santo non sentii un vento impetuoso, ma piuttosto quella brezza leggera della quale il profeta Elia udì il mormorio sul monte Oreb.. . ” (Manoscritto A 360).

“Sono certa che Nostro Signore con i suoi insegnamenti e la sua presenza sensibile non diceva agli Apostoli più di quanto non dica a noi con le buone ISPIRAZIONI della sua grazia” (Ultimi colloqui 7.8.4). “Amore che m’infiamma, penetra nell’anima mia, vieni l’o ti reclamo, vieni a consumarmi, vieni” (Poesia 28).

“Vivere d’Amore è custodire Te, Verbo Incre­ato, Parola del mio Dio! Ah, tu lo sai che t’amo, divino Gesù! Lo Spirito dell’Amore tutta m’infiam­ma. Ed è amando Te che io attiro il Padre il de­bole mio cuore lo trattiene. O Trinità, tu ormai sei prigioniera del mio Amore!” (Poesia 26).

 

QUARTO MISTERO

LA DORMIZIONE E L’ASSUNZIONE DELLA VERGINE MARIA

Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna che sembrava vestita di sole, con una corona di dodici stelle in capo e la luna sotto i suoi piedi. Stava per dare alla luce un bambino e gridava per le doglie e il travaglio del parto.

Un altro segno apparve nel cielo: un drago enorme, rosso fuoco, con sette teste e dieci corna. Su ogni testa aveva un diadema, e la sua coda tra­scinava un terzo delle stelle del cielo e le scagliava sulla terra. Il drago si pose di fronte alla donna che stava per partorire: voleva divorare il bambino appena fosse nato.

La donna dette alla luce un maschio: egli dovrà governare tutte le nazioni con un bastone di ferro. Quel figlio fu rapito e portato verso Dio e verso il suo trono.

Quando il drago si rese conto di essere stato gettato sulla terra, cominciò a perseguitare la donna che aveva dato alla luce il bambino. Ma la donna ricevette due grandi ali d’aquila, per allonta­narsi dal serpente, e volò al suo rifugio nel deserto. Là rimase in pace per tre anni e mezzo. Il serpente vomitò dalla sua bocca una fiumana d’acqua, dietro alla donna, per farla portar via dalla corrente. Ma la terra venne in suo aiuto: aprì una voragine e inghiottì il fiume che il drago aveva vomitato.

Infuriato con la donna, il drago andò a far guerra contro gli altri figli di lei: quelli che metto­no in pratica i comandamenti di Dio e rimangono fedeli a ciò che Gesù ha annunziato.

“Maria possiede certamente più di noi, tra l’al­tro, l’impeccabilità, cioè l’impossibilità di commettere il peccato, poiché fu esente dalla macchia della colpa originale. Ma bisogna anche ricordare che ella è stata meno fortunata di noi perché non ebbe – come noi – una Beata Vergine da amare.- per noi è una dolcezza in più per lei, una soavità di meno” (Ultimi colloqui).

“O Madre mia, nell’attesa del Cielo, voglio vivere con te, seguirti tutti i giorni e, nel contem­plarti, immergermi rapita, scoprendo nel tuo cuore gli abissi dell’amore. Il tuo sguardo materno bandi­sce ogni mia paura, m’insegna a piangere e m’inse­gna a gioire. Invece che disprezzare le gioie pure e sante tu le vuoi condividere con noi e ti degni di benedirle” (Poesia 54 in prosa).

“Se voi sapeste che progetti sto facendo per quando sarò in Cielo sulle cose che farò!… Comincerò la mia missione” (Ultimi colloqui 13 Luglio).

Il Cielo lo trovo nella Trinità Beata, che, pri­gioniera d’amore, – vive nel mio cuore. Lì contemplo al mio Dio e gli ripeto sicura che voglio servirlo ed amarlo senza sosta. Il mio Cielo è sorridere a Dio che adoro e, se vuole nascondersi provando la mia fede, che mi guardi ancora soffrire nell’attesa: ecco il mio Cielo!” (Poesia I2 m prosa).

“Noi carmelitane passiamo per pazze agli oc­chi della gente… perfino i cristiani più ferventi, i sacerdoti, trovano che siamo esagerate… Celina, che importa che i nostri vasi siano spezzati se Gesù è consolato e il mondo è obbligato, suo malgrado, a sentire i profumi che ne esalano e che servono a purificare l’aria avvelenata che non smette di respi­rare?” (Lettera 169).

“O Immacolata Vergine, la più tenera fra le madri, ascoltando Gesù non ti rattristi affatto, ma ti rallegri di sapere che sceglie, qui in terra, l’ani­ma nostra come sua famiglia. Tu ti rallegri che lui ci doni la sua vita, gli infiniti beni della sua Divi­nità!… Ma come non amarti, Madre, vedendo tanto amore e tanta umiltà?” (Poesia 54 in prosa).

“Maria tu ci ami, come ci ama Gesù ed accon­senti per noi a distaccarti da Lui. Amare è dare tutto e dare anche se stesso. Tu hai voluto mostrar­celo restando il nostro esempio. Il Salvatore conosce la tua immensa affezione. Conosceva i segreti del tuo cuore materno, rifugio dei peccatori, perciò Gesù ci ha lasciati a Te quando abbandona la Croce per aspettarci in Cielo” (Poesia 54 in prosa).

 

QUINTO MISTERO

L’INCORONAZIONE DI MARIA REGINA DELCIELO E DELLA TERRA

Allora io vidi un nuovo cielo e una nuova terra, il primo cielo e la prima terra erano spariti, e il mare non c’era più e vidi venire dal cielo, da parte di Dio, la santa città, la nuova Gerusalemme, ornata come una sposa pronta per andare incontro allo sposo.

Una voce forte che veniva dal trono esclamò: “Ecco l’abitazione di Dio fra gli uomini; essi saranno il suo popolo ed egli sarà Dio con loro. Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi. La morte non ci sarà più. Non ci sarà più lutto né pianto né dolore. Il mondo di prima è scomparso per sempre”. Allora Dio dal suo trono disse: “Ora faccio nuova ogni cosa”. Poi mi disse: “Scrivi, perché ciò che dico è vero e degno di essere creduto”.

E aggiunse: “È fatto. Io sono l’Inizio e la Fine, il Primo e l’Ultimo. A chi ha sete io darò gratuitamente l’ac­qua della vita. Ai vincitori toccherà questa parte dei beni. Io sarò loro Dio, ed essi saranno miei figli. Ma i vigliacchi, i miscredenti, i depravati, gli assas­sini, gli svergognati, i ciarlatani, gli idolatri e tutti i bugiardi andranno a finire nel lago ardente di fuoco e di zolfo. Questa è la seconda morte”.

“Non trovando alcun soccorso sulla terra, la povera piccola Teresa si rivolse verso la sua Madre del Cielo, la pregai con tutto il cuore d’aver infine pietà di me… All’improvviso la Santa Vergine mi parve bella, così bella che mai avevo visto qualche cosa di così stupendo. Il suo volto spirava una bontà e una tenerezza inabili, ma ciò che penetrò fino in fondo alla mia anima fu il sorriso incante­vole della Vergine Maria. Allora tutte le mie pene svanirono, due grosse lacrime spuntarono dalle mie palpebre e scesero sulle guance, ma erano lacrime di una gioia senza nubi. La Santa Vergine mi ha sor­riso, pensai, come sono felice… ” (Mattoscntto A 30r).

“Tutti sappiamo che la Beata Vergine Maria è la Regina del Cielo e della Terra; ma più che Regina ella è una madre.

Non bisogna ribadire, che a motivo delle sue prerogative eccezionali Maria eclissa la gloria di tutti i santi, come il sole, al suo nascere, fa sparire le stelle. Dio mio, che strana affermazione! Una madre che fa svanire la gloria dei propri figli! Io, invece, ritengo tutto l’opposto: Maria aumenta all’infinito lo splendore degli eletti.

E lodevole rievocarne le prerogative; ma non bisogna fermarsi lì. Se – ascoltando una predica – si è portati; dall’inizio alla fine, ad uscire in conti­nue esclamazioni Ah! Ne verrebbe poi vera nausea; e nemmeno è escluso che qualcuno vada più oltre fino a sperimentare disgusto o alienazione da una creatura tanto eminente; e potrebbe anche dire: se questa è la realtà, converrebbe ritirarsi in un can­tuccio e brillarvi per conto proprio” (Ultimi colloqui).

‘La Vergine, non manca mai di proteggermi appena la invoco. Se sopraggiunge una preoccupa­zione, una difficoltà, subito mi rivolgo a lei e sem­pre, come la più tenera delle madri, prende a cuore i miei interessi! Quante volte parlando alle novizie, mi è capitato di invocarla e di sperimentare i bene­fici della sua protezione materna!” (Manoscritto c 26r).

“Ben presto ascolterò questa dolce armonia. Ben presto verrò nel bel Cielo a contemplarti. Tu che venisti a sorridermi all’alba della mia vita, torna ancora a sorridermi Madre… ecco viene la sera!… No, non temo più lo splendore della tua suprema gloria, con te ho sofferto e ora voglio sol­tanto cantare sulle tue ginocchia, perché, Maria, io t’amo. E ripetere per sempre. sono tua figlia” (Poesia 54, in prosa).

Santo Rosario meditato con Santa Teresa di Gesù Bambino

MISTERI DOLOROSI

(Martedi – Venerdì)

PRIMO MISTERO

L’AGONIA DI GESU’ NELL’ORTO

Gesù arrivò con i discepoli in un podere chiamato Getsemani e disse: “Restate qui mentre io vado là a pregare”. Si fece accompagnare da Pietro e dai due figli di Zebedeo. Poi incominciò ad essere triste e angosciato. Allora disse ai tre discepoli: “Una tristezza mortale mi opprime, Fermatevi qui e restate svegli con me”. Andò un po’ avanti, si gettò con la faccia a terra e si mise a pregare. Diceva: “Padre mio, se è possibile, allontana da me questo calice di dolore! Però non si faccia come voglio io, ma come vuoi tu”.

Poi tornò indietro verso i discepoli, ma li trovò che dormivano. Allora disse a Pietro: “Così non avete potuto vegliare con me nem­meno un’ora? State svegli e pregate per resistere nel momento della prova; perché la volontà è pron­ta ma la debolezza è grande!”.

Per la seconda volta andò a pregare e disse: “Padre mio, se proprio devo bere da questo calice di dolore, sia fatta la tua volontà”. Poi tornò dai disce­poli e li trovò ancora che dormivano: non riuscivano a tenere gli occhi aperti. Per la terza volta Gesù si allontanò e andò a pregare ripetendo le stesse paro­le. Poi tornò verso i discepoli e disse: “Ma come, voi ancora dormite e riposate? Ecco, il momento è ormai vicino. Il Figlio dell’uo­mo sta per essere consegnato nelle mani dei suoi nemici. Alzatevi, andiamo! Sta arrivando quello che mi tradisce”.

“Lo zio non mi diede il permesso di partire – per entrare al Carmelo – al contrario, mi proibì di parlargli della mia vocazione… Prima di far ri­splendere nella mia anima un raggio di speranza, Dio volle inviarmi un martirio ben doloroso che durò tre giorni. Mai come in questa prova ho compreso il dolore della Vergine Maria e di San Giuseppe quan­do cercavano Gesù Bambino. Mi trovavo in un trisie deserto. Era la notte! La notte profonda dell’anima… come Gesù nel giardino dell’agonia mi sentivo sola, non trovavo consolazione né sulla terra né in Cielo. Dio sembrava avermi abbandonata!!!” (Manoscritto A).

“Il mio desiderio di sofferenza è colmato, tutta­via l’attrattiva verso il dolore non diminuiva, così la mia anima condivise ben presto le sofferenze del mio cuore. L’aridità era il mio pane quotidiano, privata di ogni consolazione ero tuttavia la più felice delle creature, poiché i miei desideri erano soddisfatti “.

“Nostro Signore non ci chiede mai sacrifici al di sopra delle nostre forze. Talvolta, è vero il divino Salvatore ci fa sentire tutta l’amarezza del calice che presenta alla nostra anima. Quando ci chiede il sacrificio di tutto quello che vi è di più caro in questo mondo, è impossibile a meno di una grazia del tutto particolare, non gridare come lui nel giardino dell’a­gonia: Padre mio che si allontani da me questo calice!… Tuttavia sia fatta la tua Volontà e non la mia. È molto consolante pensare che Gesù il Dio Forte, ha conosciuto le nostre debolezze, ha tremato alla vista del calice amaro, quel calice che, un tempo, aveva così ardentemente desiderato bere” (Lettera 213 ).

“Non pensare che sia possibile amare senza sof­frire, senza soffre molto… Soffiamo con amarezza, senza coraggio! Gesù ha sofferto con tristezza. Senza tristezza, forse che l’anima soffrirebbe?! E noi vorremmo soffre generosamente, nobilmente!… Che illusione! Non vorremmo cadere mai!” (Lettera 89).

“Gesù ci presenta un calice amaro, tanto quan­to la nostra debole natura può sopportare… non ritiriamo le nostre labbra da questo calice preparato dalla mano di Gesù” (Lettera 87).

“Desideravo soffrire, e sono esaudita. Ho sofferto molto da parecchi giorni. Una mattina, du­rante il ringraziamento dopo la Comunione, ho provato come le angosce della morte… e con ciò nessuna consolazione”.

“Non avrei mai creduto possibile soffrire tanto! Mai! Mai! Non posso spiegarlo se non con i desidera ardenti che ho avuto di salvare le anime” (Ultimo Colloqui).

SECONDO MISTERO

GESU’ VIENE FLAGELLATO

Ogni anno, per la Festa di Pasqua, il Governatore aveva l’abitudine di lasciare libero uno dei carce­rati, quello che il popolo voleva. A quel tempo era in prigione un certo Barabba, un carcerato famoso. Così, quando si fu riunita una certa folla, Pilato domandò: “Chi volete che sia lasciato libero: Barabba, oppure Gesù detto Cristo?”. Perché sapeva bene che l’avevano portato da lui solo per odio.

Intanto i capi dei sacerdoti e le altre autorità riuscirono a convincere la folla che era meglio chie­dere la liberazione di Barabba e la morte di Gesù. Il governatore domandò ancora: “Chi dei due volete lasci libero”? La folla rispose: “Barabba!”.

Pilato continuò: “Che farò dunque di Gesù detto Cristo?”.

Tutti risposero: “In croce!”.

Pilato replicò: “Che cosa ha fatto di male?”. Ma quelli gridarono ancora più forte: “In croce! In croce!”.

Quando vide che non poteva far niente e che anzi la gente si agitava sempre di più Pilato fece por­tare un po’ d’acqua, si lavò le mani davanti alla folla e disse: “Io non sono responsabile della morte di que­st’uomo! Sono affari vostri!”.

Tutto la gente rispose: “Il suo sangue ricada su di noi e sui i nostri figli”.

Allora Pilato lasciò libero Barabba. Fece flagellare Gesù, poi lo consegnò ai soldati per farlo crocifiggere.

Gesù “vuole che le gioie le più belle si cambi­no in sofferenze, perché non avendo, per così dire, nemmeno il tempo di respirare a nostro piacimento, il nostro cuore si rivolga verso lui che solo è il nostro sole e la nostra gioia” (Lettera 149).

“Come te, Gesù vorrei essere flagellata e crocifis­sa… Vorrei morire scuoiata come San Bartolomeo… Come San Giovanni, vorrei essere immersa nell’olio bollente, vorrei subire tutti i supplizi inflitti ai marti­ri… come Giovanna d’Arco, mia sorella, vorrei sul roga mormorare il tuo nome, Gesù… ” (Manoscritto B).

“I miei desideri di martirio non sono nulla; non sono quei desideri che mi danno la fiducia illi­mitata che sento nel cuore. A dire il vero, sono ric­chezze spirituali che rendono ingiusti quando ci si riposa in esse con compiacenza e si crede che siano qualcosa di grande… Questi desideri sono una con­solazione, che Gesù talvolta accorda alle anime deboli come la mia (e queste anime sono numerose); ma quando non dona questa consolazione, si tratta di una grazia di elezione. Ricordi queste parole del Padre Pichon: I martiri hanno sofferto con gioia, e il Re dei martiri ha sofferto con tristez­za. Sì, Gesù ha detto. Padre mio, allontana da me questo calice” (Lettera 197).

“Per essere la sposa di Gesù, occorre assomigliare a Gesù. Gesù è tutto sanguinante… Gesù brucia d’amore per noi… Guarda il suo volto ado­rabile! Guarda i suoi occhi spenti ed abbassati! Guardale quelle piaghe!… Fissa Gesù in volto… Là, tu vedrai come ci ama” (Lettera 87).

“Quando soffro molto, quando mi accadono delle cose penose, spiacevoli, invece di assumere un’aria triste, le affronto con un sorriso. All’inizio non mi riusciva sempre, ma ora è un’abitudine che sono felice di avere acquisita” (P.O. 15 febbraio 1911).

“Dio si è degnato di far passare l’anima mia attraverso molti generi di prove, ho molto sofferto da quando sono sulla terra, ma se nella mia infan­zia ho sofferto con tristezza, ora non è più così che soffro, è nella gioia e nella pace, sono veramente felice di soffrire” (Manoscritto C).

“Questo piccolo bicchiere è l’immagine della mia vita… agli occhi della gente è sempre apparso loro che bevessi liquori squisiti e non era che ama­rezza. Dico amarezza, ma no! La mia vita non è mai stata amara, perché di ogni amarezza ho saputo fare la mia gioia e la mia dolcezza”.

TERZO MISTERO

GESU’ CORONATO DI SPINE

Allora i soldati portarono Gesù nel palazzo del governatore e chiamarono tutto il resto della truppa. Gli tolsero i suoi vestiti e gli gettarono addosso una veste rossa. Prepararono una corona di rami spinosi e gliela misero sul capo, nella mano destra gli misero un bastone.

Poi incominciarono a inginocchiarsi davanti a lui e a dire ridendo: “Salve re dei Giudei!”.

Intanto gli sputavano addosso, gli prendevano il bastone e gli davano colpi sulla testa. Quando finirono di insultarlo, gli tolsero la veste rossa e lo rivestirono con i suoi abiti. Poi lo portarono via per crocifiggerlo.

“Gesù il tuo Volto ineffabile è l’astro che guida i miei passi. Lo sai bene, il tuo Volto adorabile è per me quaggiù un paradiso! L’amore scopre gli incanti del tuo Viso abbellito di pianti. Sorrido tra le mie lacrime quando contemplo i tuoi dolori. Oh! voglio per consolarti vivere ignorata su questa terra!… La tua bellezza, che sai nascondere, mi svela tutto il suo mistero e verso Te vorrei volare!..”. (Poesia 20 in prosa).

“Ricordati Gesù, Verbo di Vita, che tu m’amasti fino a morire per me, anch’io voglio amarti alla follia, anch’io voglio vivere e morire per Te. Lo sai, mio Dio, tutto ciò ch’io desidero è di farti amare ed essere un giorno martire. Io voglio morire d’amore, Signore, del mio desiderio! Ricordati…” (Poesia 24 in prosa).

Celina Il mattino della nostra vita è passato noi abbiamo goduto delle brezze profumate dell’au­rora. Allora tutto ci sorrideva: Gesù ci faceva senti­re la sua dolce presenza, ma quando il Sole ha preso forza il Benamato ci ha condotte nel suo giardino, ci ha fatto raccogliere la mirra della prova, separandoci da tutto e da Lui stesso”.

“Il tuo Volto è la mia sola Patria, è il mio Regno d’amore. Il mio ridente pascolo, il mio dolce sole di ogni giorno. È il Giglio della Valle, il cui misterioso profumo consola la mia anima esiliata e gli fa gustare la pace del Cielo”. (Poesia 20 in prosa).

“Il tuo Volto è la mia sola ricchezza! Non chiedo nient’altro di più. In esso mi nascondo senza sosta. Io ti rassomiglierò Gesù… In me lascia l’impronta Divina delle tue fattezze colme di dolcezza. Ben pre­sto, diventerò santa e a Te attirerò i cuori. Perché possa raccogliere una bella messe dorata con le tue fiamme infiammami” (poesia 20 in prosa).

“Adesso non abbiamo più nulla da sperare sulla terra, più nulla oltre la sofferenza e ancora la sofferenza. Quando avremo finito, la sofferenza sarà ancora là a tenderci le braccia. Oh che sorte degna d’invidia! I Cherubini in Cielo invidiano la nostra fortuna” (Lettera 83).

“Fino ai quattordici anni, ho praticato la virtù senza sentirne la dolcezza; desideravo la sofferenza senza pensare di farne la mia gioia. È una grazia che mi è stata concessa più tardi. La mia anima rassomiglia a un bell’albero i cui fiori cado­no in fretta appena si sono dischiusi”.

QUARTO MISTERO

GESU’ SALE IL CALVARIO

Presero Gesù e lo portarono via.

Lungo la strada, fermarono un certo Simone, originario di Cirene, che tornava dai campi. Gli caricarono sulle spalle la croce e lo costrinsero a portarla dietro a Gesù.

Erano in molti a seguire Gesù: una gran folla di popolo e un gruppo di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui.

Gesù si voltò verso di loro e disse: “Donne di Gerusalemme, non piangete per me. Piangete piuttosto per voi e per i vostri figli. Ecco verranno giorni nei quali si dirà: ‘Beate le donne che non possono avere bambini, quelle che non hanno mai avuto figli e quelle che non ne hanno mai allattato’.

Allora la gente comincerà a dire ai monti: ‘Franate su di noi’ e alle colline: ‘Nascon­deteci’. Perché se si tratta così il legno verde, che ne sarà di quello secco?”.

“Vivere d’Amore, non è fissare sulla terra la tenda in cima al monte Tabor, ma con Gesù, è sali­re al Calvario, è considerare la Croce come un teso­ro!… In Cielo mi sarà dato di gioire per sempre, là, la prova non ci sarà più. Ma nell’esilio, io voglio nella sofferenza, Vivere d’Amore” (Poesie 17 in prosa).

“Vivere d’Amore, è dare senza misura, senza reclamare qua in terra il salario. Ah! Senza conta­re dono essendo ben sicura, che quando si ama non si calcola più!… Al Cuore Divino, debordante di tenerezza, ho dato tutto… leggera io corro, non possiedo che questa sola mia ricchezza: Vivere d’Amore” (Poesia 17 in prosa).

“Vivere d’Amore, è asciugare il tuo Volto ed ottenere il perdono ai peccatori. O Dio d’Amore che ritornino nella tua grazia! E che per sempre bene­dicano il tuo Nome. Fin nel mio cuore risuona la bestemmia, per cancellarla voglio cantare per sem­pre: il tuo Sacro Nome adoro e amo. Vivo d’Amore!… ” (Poesia 17 in prosa).

“Perché spaventarti di non poter portare questa croce senza la debolezza? Gesù sulla via del Calvario è caduto ben tre volte, e tu – Celina – povera piccola, tu non vorresti essere simile al tuo Sposo, tu non vorresti cadere cento volte, se è necessario, per dargli prova del tuo amore, risollevandoti con maggior forza di prima della tua caduta!… Celina… Gesù deve amarti con un amore partico­lare per provarti così. Sappi che ne sono quasi gelo­sa! A quelli che amano di più egli ne dona di più a quelli che amano di meno egli ne dona meno!” (Lettera 81).

“Ricordati’ che il tuo Molto divino tra i tuoi fu sempre sconosciuto, a me hai lasciato la dolce tua immagine e tu lo sai io ben ti ho riconosciuto… Sì ti riconosco, tutto velato di lacrime, Molto dell’Eterno, e ne scopro il fascino Gesù. Di tutti i cuori che il tuo pianto accolgono! Ricordati” (Poesia 24 in prosa).

“Esiliandoti, per amore, sulla terra Divino Gesù tu t’immolasti per me! Mio Benamato, prendi la mia vita tutta intera voglio soffrire, voglio morire per te… Signore, tu ce l’hai detto tu stesso… Non si può far nulla di più che di morire per quelli che si ama. E l’Amore mio supremo sei Tu Gesù!… Si fa tardi il giorno ormai declina: vieni a guidarmi, Signore, sul mio cammino. Con la tua Croce, salgo la collina… Resta con me, Celeste Pellegrino… La voce tua echeggia nella mia anima: voglio rassomi­gliarti Signore. La sofferenza, io la reclamo, la tua parola di fiamma brucia il mio cuore!” (Poesia 31 in prosa).

QUINTO MISTERO

LA CROCIFISSIONE

Quando furono arrivati sul posto detto “luogo del cranio”, prima crocifissero Gesù e poi i due mal­fattori: uno a destra e l’altro a sinistra di Gesù.

Gesù diceva: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. I soldati intanto si divisero le vesti di Gesù, tirandole a sorte. La gente stava a guardare. I capi del popolo invece si facevano beffe di Gesù gli dicevano: “Ha salvato tanti altri, ora salvi se stesso, se egli è veramente il messia scelto da Dio”. Anche i soldati lo schernivano: si avvicinavano a Gesù, gli davano a bere aceto e gli dicevano: “Se tu sei davvero il re dei Giudei salva te stesso!”. Sopra il capo di Gesù avevano messo un cartello con queste parole: “Quest’uomo è il re dei Giudei”. I due malfat­tori intanto erano stati crocifissi con Gesù. Uno di loro, insultandolo diceva: “Non sei tu il Messia? Salva te stesso e noi!”. L’altro invece si mise a rim­proverare il suo compagno e disse: “Tu che stai subendo la stessa condanna non hai proprio nessun timore di Dio? Per noi due è giusto scontare il casti­go per ciò che abbiamo fatto, lui invece non ha fatto nulla di male. Poi aggiunse: “Gesù ricordati di me quando sarai nel tuo regno”. Gesù gli rispose: “Ti assicuro che oggi sarai con me in paradiso”.

Verso mezzogiorno si fece buio per tutta la regione fino alle tre del pomeriggio. Il sole si oscurò e il grande velo del tempio si squarciò a metà. Allora Gesù gridò a gran voce: “Padre, nelle tue mani affido la mia vita”.

Dopo queste parole morì.

“… Una domenica guardando un’immagine di Nostro Signore in Croce, venni colpita dal sangue che colava da una delle sue mani divine. Provai una pena grande e molto viva pensando che questo sangue cadeva a terra senza che nessuno si avvici­nasse per raccoglierlo. Decisi di tenermi in spirito ai piedi della croce per ricevere la Divina rugiada che ne colava, comprendendo che avrei voluto in seguito spargerla sulle anime… Il grido di Gesù sulla Croce risuonava così continuamente nel mio cuore: Ho sete!. Queste parole accendevano in me un ardore sconosciuto… Volevo dare da bere al mio Amato e sentivo me stessa divorata dalla sete delle anime… Non erano ancora le anime dei sacerdoti che mi attiravano, ma quelle dei grandi peccatori, bruciavo dal desiderio di strapparli alle fiamme eterne… ” (Manoscritto A 45 V° ).

“Il grande Dio che il Cielo adora vive in me, notte e giorno, prigioniero. La tua dolce voce ad ogni ora m’implora e mi ripete. Ho sete! Ho sete d’Amore! Sono anch’io tua prigioniera e voglio ripetere a mia volta la tenera e divina tua preghie­ra: mio Benamato, mio Fratello io ho sete d’Amore!… Io ho sete d’Amore, colma la mia spe­ranza aumenta in me, Signore, il tuo divino Fuoco io ho sete d’Amore, ben grande è la mia sofferen­za. Ah! vorrei volare da te, mio Dio!… L’Amore tuo è il solo mio martirio. Più io lo sento bruciare in me e più l’anima mia ti desidera… Gesù fa ch’io spiri d’Amore per Te!!!… ” (Poesia 3, in prosa).

“Sulla Croce dal tuo Cuore sfuggì un grido Ah! nel mio cuore, Gesù è impresso e della tua sete condivido l’ardore e più mi sento bruciata delle tue divine fiamme più sono assetata di donarti delle anime. La sete d’amore di cui io brucio, notte e giorno, Ricordati” (Poesia 24 in prosa).

“Un tempo quando ero ancora nel mondo, sve­gliandomi al mattino pensavo a quello che mi sarebbe capitato di bello o di brutto durante la giornata: se non prevedevo che delle noie, mi alzavo triste. Ora, è tutto il contrario, pensando alle pene, alle sofferenze che mi attendono, mi alzo tanto più contenta e piena di coraggio prevedendo più occa­sioni per testimoniare il mio amore a Gesù e di guadagnare da vivere per i miei figli, poiché sono madre delle anime. Poi, bacio il mio crocifisso, lo poso delicatamente sul cuscino per tutto il tempo che mi vesto e gli dico: Gesù voi avete già lavorato abbastanza e abbastanza pianto durante i trentatré anni di vita su questa povera terra! Oggi riposate­vi… È il mio turno di combattere e di soffrire”.