Archivio | febbraio 2018

Santa Teresa e la misericordia

Canterò in eterno la misericordia del Signore” (Sai 89,2), così prega il Salmista nel riconoscere l’azione di Dio nella sua vita quotidiana.

La misericordia di Dio, infatti, attraversa ogni avvenimento biblico, ogni persona di diversa età, razza, lingua. La misericordia si è realizzata anche attraverso coloro per i quali si sono realizzate le promesse di Dio nella loro vita e godono di quella beatitudine al banchetto celeste (cfr. Le 14,15).

Anche in santa Teresa di Lisieux, fin dalla sua infanzia e in particolare il giorno della sua prima Comunione (8/05/1884), esplose in lei il volto misericordioso di Dio, in una piena “fusione d’amore” (Ms A, 109).

Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo nasce il 2 gennaio 1873 ad Alengon e muore a Lisieux la sera del 30 settembre 1897.

Visse una vita molto semplice e nascosta nell’orizzonte dell’amore (cfr. Ms B, 254).

Beatificata (29/04/1923) e canonizzata (17/05/1925) da Pio XI, lo stesso Pontefice le conferirà il titolo di Patrona delle Missioni il 14 dicembre 1927.

San Giovanni Paolo II il 19 ottobre 1997 la proclamò Dottore della Chiesa.

Inoltre, la definì “esperta della scientia amoris”, cioè di una vita intrisa della misericordia di Dio.

Teresa è la donna che proviene dall’in-timo di Dio e scoprì quel’umano di Dio nelle piccole cose, anche insignificanti, presenti soprattutto nel suo intimo (cfr. 1 Pt 3,3-4), lasciandosi “rimpastare” dal Volto Santo da cui prese il nome.

Il sentire spirituale di Teresa affonda proprio nel Volto Santo che è infinita misericordia verso tutti.

Ne è rivelatore il primo quaderno il cui titolo è preso dall’incipit: “Storia primaverile di un fiorellino bianco” meglio conosciuto col nome di “storia di un’anima” testo che ispirerà alla santa l’Offerta di sé all’Amore Misericordioso (P, 9), fatta nella festa della Santissima Trinità il 9 giugno 1895, insieme alla sorella Celina, per “contemplare e adorare le altre perfezioni divine” (Ms A, 237).

Che cos’è quest’offerta che fa Teresa?

Non è altro che un’espressione teologica, dottrinale di ciò che lei chiama “infanzia spirituale”

Ella scopre questo cammino come “piccola via” che può essere intrapresa solamente da “chi si fa bambino” (cfr. Mt 19,14; Me 10,14; Le 18,16), cioè da quella capacità di abbandono, in quanto incapaci del proprio nulla, in Dio con fiducia, che è Padre e Madre (cfr. Pr 4,9; Is 66,12- 13; Sai 131,2).

Nell’ottica di questa spiritualità “si sperimenta che tutto viene da Dio, a Lui ritorna e in Lui dimora, per la salvezza di tutti, in un mistero di amore misericordioso” (San Giovanni Paolo II).

Teresa non fa altro che dipendere dal Padre, affida a Lui, che è nei cieli, ogni sua necessità umana in un completo abbandono fiducioso fino a farsi elevare, come un ascensore, alle somme cime della santità (cfr. Ms C, 271).

La “piccola via” è intensa relazione d’amore con il Buon Gesù ed esprime e svela in sintesi l’essenza stessa della vita cristiana, l’essenza misericordiosa del-l’amore del Padre che sempre ama e nutre i suoi figli: “Ti ho sempre amato e per questo continuerò a mostrarti il mio amore incrollabile” (TILC: Ger 31,3) un’essenza che ancora oggi va recuperata in quanto è essenza stessa della vocazione cristiana (cfr. Gv15,9; Gd1,21).

È la via dell’umiltà, indispensabile condizione principale per quanti, ancora oggi, desiderano entrare nel regno dei cieli, senza pretese, alla maniera dei piccoli.

Teresa compose l’offerta di sé “Sub tutela Dei” pensando “alle anime che si offrono come vittime alla Giustizia di Dio allo scopo di stornare e di attirare su di sé i castighi riservati ai colpevoli” (Ms A, 238), con il desiderio di immolarsi per la salvezza degli uomini.

Il suo “pensare alle anime” era un pensarle consumate dall’Amore Misericordioso, da un Padre che ama fino alla follia le sue creature, che arde d’amore senza consumarsi mai (cfr. Es 3,2-3).

Teresa visse ciò come missione di annunciare quest’amore ad ogni uomo, affinché tutti siano consumati da questo fuoco di misericordia.

Infatti, la verità centrale del Cristianesimo è l’Amore!

Amore immenso di Dio, che vuole effondersi su tutte le creature, per “rinnovarle” e trasformare la società: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso”! (Lc 12,49).

Nella poesia “Vivere d’amore” Teresa esprime le ragioni dell’amore che la conducono, come un esodo, anche a “morir d’amore”

Ella si lascia “rapire” completamente da Dio, senza porre alcun ostacolo all’effusione del suo amore infinito: “Vivere d’amore quaggiù è un darsi senza misura… è un navigare incessante, seminando nei cuori la gioia e la pace…

È un supplicarti, o Divino Maestro…

È un rasciugarti il Volto ed ottenere perdono ai peccatori: che rientrino nella tua grazia, o Dio di amore, e sempre benedicano il tuo nome” (CP, 9).

Il cuore della piccola santa era generoso d’amore e il suo slancio andava oltre l’orizzonte: “O mio Dio! esclamai in fondo al cuore, ci sarà solo la tua Giustizia a ricevere anime che si immolano come vittime?

Il tuo Amore Misericordioso non ne ha bisogno anche lui? …

O mio Gesù! che sia io questa felice vittima, consuma il tuo olocausto con il fuoco del tuo Amore Divino!” (Ms A, 238).

Ella come Gesù si fa vittima fattiva in ricordo del sacrificio dell’Antica Alleanza e scrive: “Mi pare che se voi trovaste anime che si offrissero come vittime di olocausto al vostro amore, voi le consumereste rapidamente, mi pare che sareste felice di non comprimere le onde d’infinita tenerezza che sono in voi” (Ms A, 238).

Teresa è la vittima d’amore perché possiede quella dimensione fondamentale fatta di piccolezza, profondità vuota, mani nude e vuote da riempire “fino all’orlo” dall’Amore.

Il suo essere “felice vittima” era vissuto con gioia in quanto non temeva di mostrarsi fragile e povera, di riconoscere le proprie miserie.

Lei stessa si definiva “piccola”, perché per seguire il Signore bisogna sentirsi fragili, deboli, poveri, perché solo così si può sperimentare la misericordia di Dio e diventare strumenti di amore nelle sue mani.

La “piccolezza” secondo il Vangelo, infatti, è il criterio e la misura del vero progresso spirituale (cfr. Mt 18,4).

La piccola santa comprese che la misericordia di Dio non può operare se noi non prendiamo coscienza della nostra miseria, se non accettiamo di entrare nella nostra povertà, se non ci rendiamo conto che spesso siamo chiusi in noi stessi.

Di questa piccolezza, Teresa rimase affascinata in tutto il suo splendore perché ha incontrato Dio ritrovando se stessa, con la sete di sempre, nuova di serenità, di sicurezza, di pace.

L’esperienza di Teresa ricorda che se l’uomo non è immerso nel mistero del Padre Misericordioso, non potrà mai capire e conoscere la propria dimensione umana; soltanto in quel Padre che lo ama fino al sacrificio estremo, l’uomo può ritrovare se stesso e guarire le ferite che lo hanno lacerato.

In questa dimensione della vita è importante la preghiera che si traduce in un nuovo cammino che conduce alla vetta del monte dell’Amore Misericordioso.

Salire questa vetta non comporta una serie di domande su “chi” e “come”, ma è un continuo lasciarsi condurre da Gesù in un totale abbandono.

Sarà l’Amore Infinito ad essere domanda e risposta col suo chinarsi sulla creatura per colmarla di “ogni dono perfetto” (cfr. Gc 1,17), egli deve solo abbandonarsi, non deve gestire la Misericordia di Dio, come spesso accade, ma lasciare che Dio sia Dio sul proprio nulla: riconoscerlo come unico fondamento e senso della propria vita: che “sia Lui la nostra santità”.

 

Vincenzo Boschetto, O.Carm.

Édith Piaf e Santa Teresa di Lisieux, la storia di una devozione incondizionata

L’icona della canzone francese era profondamente devota alla santa da quando era guarita miracolosamente da bambina dopo un pellegrinaggio a Lisieux.

Édith Gassion, nata il 19 dicembre 1915 a Parigi, a quanto pare era destinata a un futuro molto speciale già da bambina. Conosciuta a livello internazionale come Édith Piaf, è ancora oggi nota come una delle voci più belle della canzone francese, grazie a brani famosi come La vie en rose,Non, je ne regrette rien o il famoso Hymne à l’amour.

La sua vita è stata tanto breve quanto intensa, ed è iniziata con un’infanzia non troppo fortunata. Figlia di una cantante di strada e di un contorsionista, venne rapidamente abbandonata dalla madre, che la lasciò per potersi guadagnare da vivere. Il padre, soldato durante la I Guerra Mondiale, affidò allora la piccola Édith alla nonna paterna.

All’epoca la nonna gestiva un bordello in Normandia, a Bernay, a circa trenta chilometri da Lisieux. La bambina vi trascorse alcuni anni prima di tornare con il padre, una volta finita la guerra, in un’itineranza durante la quale iniziò a cantare in strada per guadagnare un po’ di denaro.

Qualche anno dopo attirò l’attenzione di Louis Leplée, direttore di una salone di spettacoli agli Champs Élisées, che la soprannominò “la môme Piaf”, “il piccolo passero”, perché era piccolina, e lanciò la sua carriera.

La vita Édith Piaf è stata piena di difficoltà. Per via dei suoi tanti amanti e delle storie amorose finite con uno scandalo alcuni la definirono libertina. A causa dei tanti matrimoni che aveva contratto le venne negato anche il servizio funebre religioso.

C’è però una cosa che va al di là delle critiche: la fedeltà di Édith alla devozione a Santa Teresa di Lisieux dopo il miracolo che aveva sperimentato da bambina.

Destinata alla cecità

A 6 anni, la piccola Édith sviluppò una cheratite acuta, un’infiammazione della cornea che la lasciò cieca. Dopo tanti trattamenti che non avevano avuto effetto la nonna, le “ragazze di vita” del bordello ed Édith stessa si rassegnarono a che rimanesse cieca. Un giorno, però, la nonna decise di andare con le sue “figlie” in pellegrinaggio a Lisieux, portando con sé anche Édith.

Forse aveva sentito parlare delle guarigioni inaspettate di alcune persone che andavano a visitare la tomba di Santa Teresa. Una volta sul posto, tutte iniziarono a pregare davanti agli abitanti incuriositi. Veder arrivare quelle “ragazze di vita”, anche se vestite in modo rispettoso, con una bambina con una benda nera sugli occhi era quantomeno insolito. Di fronte alla tomba di Santa Teresa, strofinarono la fronte della piccola Édith con della terra e poi implorarono la santa perché aiutasse la bambina.

Un miracolo inspiegabile

Qualche giorno dopo Édith iniziò a recuperare la vista, di fronte allo sguardo felice della nonna e delle ragazze del postribolo. I medici erano scettici, ma la cosa certa è che la bambina aveva recuperato l’uso degli occhi e qualche anno dopo poté tornare con il padre per esibirsi in spettacoli organizzati qua e là.

Nel corso della sua vita Édith attribuì questo miracolo alle tante preghiere rivolte a Teresa di Lisieux, e da allora sviluppò una grande devozione nei confronti di questa santa.

Fede incrollabile

Da quel momento ogni settembre, nell’anniversario della morte di Teresa, Édith si recava a pregare al Carmelo di Lisieux. Per tutta la vita tenne al collo una medaglia con l’immagine della santa.

Prima di ogni esibizione faceva il segno della croce e recitava la stessa preghiera di protezione: “Teresa, ora canto per te!” Édith la considerava sua sorella spirituale, e a quanto pare erano cugine di quattordicesimo grado da parte del padre di Édith.

Malgrado tutte le difficoltà della sua vita, la fede della cantante non venne mai meno, anche se perse la figlia Marcelle a due anni e mezzo per una devastante meningite e poi vari amici e amanti, incluso l’amore della sua vita, il boxeur Marcel Cerdan. Nonostante tutto, conservò la fede fino alla fine.

Qualche giorno prima di morire disse alla sua infermiera:

“Non è possibile che una volta morti non siamo altro che polvere… C’è qualcosa che ci sfugge, che non sappiamo… Io credo in Dio. Sarebbe troppo ingiusto che chi ha sofferto su questa terra trovasse la pace solo una volta ridotto in polvere. Il Paradiso verrà… dopo il Giudizio Finale”.

 

Preghiera composta da Santa Gemma

O mio Dio crocifisso, eccomi ai Tuoi piedi.
Non volere rigettarmi ora che mi presento come peccatore.
Ti ho offeso tanto per il passato.
Gesù mio, ma non sarà più così.
Dinanzi a Te, mio Dio, presento tutte le mie colpe …
Già le ho considerate e vedo che non meritano perdono,
ma deh! dà uno sguardo ai tuoi patimenti
e guarda quanto vale quel Sangue che scorre dalle tue vene.
Chiudi, mio Dio, in questo momento gli occhi ai miei demeriti
e aprili agli infiniti meriti tuoi;
e giacchè ti sei compiaciuto di morire per i miei peccati,
perdonameli tutti, affinchè mai più senta il peso di essi,
perchè quel peso, o Gesù, troppo mi opprime.
Aiutami, mio Gesù, vò ad ogni costo diventare buono: togli, distruggi,
annienta tutto ciò che si trova in me non conforme alla tua volontà.
Ti prego, però, Gesù, ad illuminarmi affinchè possa camminare nel Tuo Lume.
Amen.

Diario di Santa Gemma Galgani

17 agosto, Venerdì

Che istanti felici si passano con Gesù! Nel toglierle la corona di spine, Gesù la benedice con mano raggiante, versando sopra di lei un’abbondanza di grazie. L’Angelo le raccomanda l’obbedienza e le dà alcuni avvisi per il Confessore. Ripugnanza che prova nello scrivere.

Gesù, appena è arrivato sulla mia lingua (cagione tante volte di tanti peccati), mi si è fatto sentire. Non ero più in me, ma dentro di me Gesù, mi è sceso nel seno. (Dico nel seno, perché il cuore non l’ho più: lo ho dato alla Mamma di Gesù). Che istanti felici si passano con Gesù! Come ricambiare i suoi affetti? Con quali parole esprimere il suo amore, con questa povera creatura? Ma pure si e degnato venire. È proprio impossibile, sì, è impossibile non amar Gesù. Quante volte me lo dimanda se lo amo e lo amo davero. E ne dubiti ancora, Gesù mio? Allora Lui si unisce sempre più a me, mi parla, mi dice che mi vuole perfetta, che mi ama assai anche Lui e che lo contraccambi .

Dio mio, come fare per rendermi degna di tante grazie? Dove non arrivo io, supplirà per me il mio caro Angelo Cutode. Dio voglia che mai mi abbia ad ingannare per me, e non abbia neppure ad ingannare gli altri.

Ho passato il resto della giornata unita con Gesù; soffro un po’, ma nessuno del mio patire se ne avvede; solo di quando in quando mi esce qualche lamento; ma, Dio mio, è proprio involontario.

Oggi poi poco, anzi nulla ci è voluto per farmi raccogliere: la mia mente già era con Gesù, e ci sono subito andata anche con lo spirito. Quanto si è mostrato affetuoso oggi con me Gesù! Ma quanto soffre! Faccio tanto per diminuirglielo, e vorrei fare, se mi fosse permesso. Mi si è avvicinato oggi, mi ha levata la corona della mia testa, e poi non ho veduto come sempre riporla sul suo capo; la teneva nelle sue mani, tutte le piaghe aveva aperte, ma non buttavano sangue come sempre, erano belle.

È solito benedirmi prima di lasciarmi; infatti ha alzato la sua mano destra; da quella mano allora ho veduto uscire una luce più assai più forte che del lume. Esso teneva quella mano alzata; io restavo fissa a guardarlo, non mi potevo saziare di contemplarlo. O se potessi farlo conoscere, vedere a tutti quanto è bello il mio Gesù! Mi ha beneetta con quella stessa mano, che aveva alzata, e mi ha laciata.

Dopo questo che mi era accaduto, avrei saputo volenieri che cosa volesse dire quella luce che usciva dalle piahe, in particolare dalla mano destra, con la quale mi ha benedetta. L’Angelo Custode mi ha dette queste parole: «Figliuola, in questo giorno la Benedizione di Gesù ha versato sopra di te un’abbondanza di grazie [che] quella luce significava» .

Ora mentre scrivevo, si è avvicinato e mi ha detto: «Mi raccomando, figlia mia, obbedisci sempre, e in tutto. Palesa ogni cosa al Confessore; digli che non ti trascuri, ma ti nasconda». E poi ha soggiunto: «Digli che Gesù vuole, che abbia assai più premura verso di te, se ne dia più pensiero; se no tu sei troppo inesperta».

Queste cose me le ha ripetute anche ora che ho già scritto; me le ha dette più volte, sono svegliata , e mi è sembrato proprio di vederlo e di udirlo parlare. Gesù, sia sempre fatta la tua SS. Volontà.

Ma quanto soffro nel dovere scrivere certe cose! La ripugnanza che provavo sul principio, anziché diminuirmi, assai più si va a crescere, ed io provo una pena da morire. Quante volte oggi ho tentato di cercarli e bruciarli tutti [i miei scritti]! E poi? Tu forse, o Dio mio, vorresti che scriessi anche quelle cose occulte, che mi fai conoscere per tua bontà, per sempre più tenermi bassa e umiliarmi? Se lo vuoi, o Gesù, son pronta a fare anche quello: fa’ conoscere la tua volontà. Ma questi scritti a che gioveranno poi? Per tua maggior gloria, o Gesù, o per farmi sempre più cadere nei peccati? Tu che hai voluto che faccia così, io l’ho fatto. Tu pensaci; nella piaga del tuo S. Costato, o Gesù, nascondo ogni mia parola.

Consacrazione all’Immacolata di San Massimiliano Kolbe

Carissimi Figli, nelle difficoltà, nelle tenebre, nelle debolezze, negli scoraggiamenti ricordiamoci che il Paradiso si sta avvicinando. Ogni giorno che passa è un intero giorno in meno di attesa.
Coraggio, dunque! Ella ci attende di là per stringerci al Cuore.
Inoltre, non date retta al diavolo, qualora volesse farvi credere che il paradiso non esiste, ma non per voi, perché, anche se aveste commesso tutti i peccati possibili, un solo atto di amore perfetto lava tutto al punto tale che non ci rimane neppure un’ombra.

Carissimi Figli, come desidererei dirvi, ripetervi quanto è buona l’Immacolata, per poter allontanare per sempre dai vostri piccoli cuori la tristezza, l’abbattimento interiore o lo scoraggiamento. La sola invocazione “Maria”, magari con l’anima immersa nelle tenebre, nelle aridità e perfino nella disgrazia del peccato, quale eco produce nel Suo Cuore che tanto ci ama! E quanto più l’anima è infelice, sprofondata nelle colpe, tanto più questo Rifugio di noi poveri peccatori la circonda di sollecita protezione.
Ma non affliggetevi mai se non sentite tale amore. Se volete amare, questo è già un segno sicuro che state amando; ma si tratta solo di un amore che procede dalla volontà.
Anche il sentimento esteriore è frutto della grazia, ma non sempre esso segue immediatamente la volontà. Vi potrà capitare, miei Cari, un pensiero, quasi una mesta nostalgia, una supplica, un lamento…: “Chissà se l’Immacolata mi ama ancora?”.
Figli amatissimi!
Lo dico a tutti insieme e a ciascuno in particolare nel Suo nome, notate bene, nel Suo nome: Ella ama ciascuno di voi, vi ama assai e in ogni momento senza alcuna eccezione.
Questo, carissimi Figli, ve lo ripeto nel Suo Nome.
(Lettera di S. Massimiliano Kolbe ai confratelli in Giappone il 13 aprile 1933)

 

 

O Immacolata, Regina del cielo e della terra,
Rifugio dei peccatori e Madre nostra amorosissima,
cui Dio volle affidare l’intera economia della misericordia,
io, indegno peccatore, mi prostro ai tuoi piedi,
supplicandoTi umilmente di volermi accettare tutto e completamente
come cosa e proprietà Tua,
e di fare ciò che Ti piace di me e di tutte le facoltà della mia anima
e del mio corpo, di tutta la mia vita, morte ed eternità.
Disponi pure, se vuoi, di tutto me stesso, senza alcuna riserva, per compiere
ciò che è stato detto di Te: “Ella ti schiaccerà il capo” (Gn 3,15),
come pure: “Tu sola hai distrutto tutte le eresie sul mondo intero” (Lit.),
affinché nelle Tue mani immacolate e misericordiosissime
io divenga uno strumento utile per innestare e incrementare
il più fortemente possibile la Tua gloria in tante anime smarrite e indifferenti
e per estendere in tal modo, quanto più è possibile, il benedetto regno del SS. Cuore di Gesù.
Dove Tu entri, infatti, ottieni la grazia della conversione e santificazione,
poichè ogni grazia scorre, attraverso le Tue mani, dal Cuore dolcissimo di Gesù fino a noi.
Amen

 

Maria è la Misericordia fatta Madre – Il Magnificat

Le parole più rivoluzionarie del Nuovo Testamento le pronuncia Maria con il suo Magnificat.
I biblisti potranno spiegare meglio il perché queste stesse parole le si ritrovano anche nell’antico testamento in bocca ad altre donne “graziate”, ma a noi poco importa sapere che origine hanno queste parole, ci commuove sapere che il Vangelo le pone sulle labbra di Maria: “Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote”.

Si! Perché il nostro Dio stravolge le modalità del mondo, e ciò che nel mondo vale qualcosa davanti a Lui magari non vale nulla, e al contrario ciò che nel mondo non vale nulla davanti a Lui vale tutto.
Maria canta questo capovolgimento delle logiche del mondo.
Dà voce a tutti gli oppressi della storia, a tutti i piccoli, a coloro che vivono l’ingiustizia del pane, della povertà, delle contraddizioni della vita.
Maria annuncia la rivoluzione più grande che è sapere che non siamo sotto uno sguardo indifferente di un dio a cui non importa nulla di noi.
A Dio importa. Dio, in Gesù, non resta a guardare. Prende sul serio questa “minorità” e la eleva a predilezione.
Siamo figli di un Dio di parte, dell’Emmanuele, del “Dio con noi”, del Dio che ha messo mani alla storia mandando Suo Figlio.
Maria è essa stessa una Misericordia fatta Madre. Tutto il segreto di questa donna è nella sua umiltà. Non c’è nessuno più umile di lei, perché umiltà è sapersi totalmente di Qualcuno senza la superbia di pensare che si possa essere qualcosa senza Dio.
L’umile è chi sa che per stare in piedi bisogna avere la terra sotto i piedi, mentre i superbi sono quelli che pensano di non aver bisogno di nulla e proprio per questo invece di camminare inciampano. L’umile è chi ascolta per capire, il superbo invece è chi pensa che basti solo ragionare e così ascolta solo se stesso aumentando la propria confusione.

L’anima mia magnifica il Signore

e il mio spirito esulta il Dio salvatore,

perché ha guardato l’umiltà della sua serva.

D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente

e Santo è il suo nome:

di generazone in generazione la sua misericordia

si stende su quelli che lo temono.

Ha spiegato la potenza del suo braccio

ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

ha rovesciato i potenti dai troni

ha innalzato gli umili;

ha ricolmato di beni gli affamati

ha rimandato i ricchi a mani vuote.

Ha soccorso Israele suo servo

ricordandosi della sua misericordia

come aveva promesso ai nostri Padri

ad Abramo e alla sua discendenza per sempre.

La missione di Suor Faustina

Santa Suor Maria Faustina Kowalska, nota in tutto il mondo come apostola della Divina Misericordia, è annoverata dai teologi fra i grandi mistici della Chiesa.
Nacque in Polonia, a Glogowiec, terza di dieci figli, in una povera e devota famiglia di contadini. Nel giorno del battesimo, nella chiesa parrocchiale di Swinice Warskie, ricevette il nome di Elena. Fin dall’infanzia si distinse per la devozione, l’amore per la preghiera, la laboriosità, l’obbedienza e una grande sensibilità per le miserie umane.
Frequentò le scuole per quasi tre anni; a sedici anni dovette lasciare la casa paterna per guadagnarsi da vivere ed aiutare i genitori lavorando come domestica ad Aleksandrów e Lodz.
Già dal settimo anno di vita (due anni prima di ricevere la Prima Comunione) sentì viva la voce della vocazione, ma i suoi genitori non le diedero il permesso di entrare in convento. La piccola Elena quindi cercò di soffocare in se questa chiamata di Dio, ma incitata dalla visione di Cristo sofferente, dalle parole di rimprovero; «Quanto tempo ancora ti dovrò sopportare? Fino a quando mi ingannerai?» (Diario, Q. I, p. 6), iniziò a cercare accoglienza in convento.
Bussò a numerose porte, ma da nessuna parte venne accolta. Il 1° agosto 1925 entro nel convento della Congregazione delle Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia a Varsavia. Nel suo Diario ha confessato: “Mi sentivo infinitamente felice; mi pareva di essere entrata nella vita del paradiso. Dal mio cuore erompeva, unica, la preghiera della gratitudine” (Diario Q. I, p. 9). Dopo alcune settimane subì tuttavia la forte tentazione di trasferirsi in un’altra congregazione, in cui ci fosse più tempo da dedicare alla preghiera. Allora Gesù, mostrandole il suo volto ferito e sofferente, disse: «Tu mi causerai un simile dolore, se uscirai da questo ordine. E qui che ti ho chiamata e non altrove e ho preparato per te molte grazie» (Diario, Q. I, p. 10).
Nella Congregazione ricevette il nome di Suor Maria Faustina.
Trascorse il tempo del noviziato a Cracovia e lì, alla presenza del vescovo S. Rospond, pronunziò i primi voti e dopo cinque anni i voti perpetui: castità, povertà e obbedienza. Lavorò nelle diverse case della Congregazione, più a lungo a Cracovia, Plock e Vilnius, svolgendo i compiti di cuoca, giardiniera e portinaia.

Nulla all’esterno tradiva la sua vita mistica cosi eccezionalmente ricca. Svolgeva i suoi compiti con ardore, osservava con fedeltà tutte le regole della vita religiosa, viveva in raccoglimento e silenzio, e nello stesso tempo era spontanea, serena, piena di cordiale e disinteressata carità verso gli altri.
Tutta la sua vita era concentrata nel tendere ad una unione sempre più piena con Dio e a collaborare con Gesù nell’opera della salvezza delle anime. «Gesù mio – ha confessato nel Diario – Tu sai che fin dai primissimi anni ho desiderato diventare una grande santa, cioè ho desiderato amarTi con un amore tanto grande, quale finora nessuna anima ha avuto verso di Te» (Diario, Q. V. p. 456).
Il Diario rivela tutta la profondità della sua vita spirituale. Una attenta lettura di questi scritti da l’immagine dell’alto grado di unione della sua anima con Dio: Dio le concedette grandi doni ed ella si sforzò e lottò continuamente sulla via della perfezione cristiana. Il Signore le elargì grandi grazie: il dono della contemplazione, quello di una profonda conoscenza del mistero della misericordia di Dio, visioni, apparizioni, stimmate nascoste, il dono della profezia e della lettura delle anime, come pure il raro dono delle nozze mistiche.
Avendo ricevuto doni così numerosi scriveva: «Né le grazie, né le rivelazioni, né le estasi, né alcun altro dono a lei elargito la rendono perfetta, ma l’unione intima della mia anima con Dio. (…) La mia santità e perfezione consiste in una stretta unione della mia volontà con la volontà di Dio» (Diario, Q. III, p. 380).
Lo stile di vita severo e i duri digiuni, che si impose ancor prima di entrare nella Congregazione, indebolirono il suo organismo fino al punto che, già come postulante, dovette essere mandata a Skolimòw, località vicino a Varsavia, per migliorare le sue condizioni di salute. Dopo il primo anno di noviziato arrivarono le dolorose esperienze mistiche della cosiddetta notte oscura e dopo le sofferenze spirituali e morali legate alla realizzazione della missione che aveva ricevuto da Cristo. Suor Faustina offrì la propria vita per i peccatori e per tale motivo patì anche numerose sofferenze per salvare così le loro anime.
Negli ultimi anni della sua vita aumentarono inoltre le sofferenze interiori e i disturbi fisici: si manifestò la tubercolosi che invase i polmoni e il tubo digerente. Per questo motivo venne ricoverata due volte, per alcuni mesi, in ospedale a Cracovia.
Del tutto distrutta nel fisico, ma pienamente matura nello spirito, unita misticamente a Dio, morì in fama di santità il 5 ottobre 1938, all’età di appena 33 anni, di cui 13 di vita religiosa. Le sue spoglie vennero seppellite in una tomba del cimitero della Congregazione a Cracovia. Durante il processo informativo, nel 1966 vennero traslate nella cappella. Dopo la beatificazione, avvenuta il 18 aprile 1993, le reliquie sono state collocate in un altare laterale del Santuario della Divina Misericordia di Cracovia-Lagiewniki, sotto l’immagine di Gesù Misericordioso. Suor Faustina è stata proclamata santa il 30 aprile 2000.

Gesù ha affidalo a questa religiosa semplice, senza istruzione, ma forte e infinitamente fiduciosa in Dio, una grande missione: il messaggio della Divina Misericordia rivolto al mondo intero. «Oggi mando te — le disse — a tutta l’umanità con la Mia misericordia. Non voglio punire l’umanità sofferente, ma desidero guarirla e stringerla al Mio cuore misericordioso» (Diario, Q. V, p. 522). Sei la segretaria della Mia misericordia: ti ho scelta per questo incarico in questa vita e in quella futura » (Diario, Q. VI, p. 530), per «far conoscere alle anime la grande misericordia che ho per loro ed esortarle alla fiducia nell’abisso della Mia misericordia» (Diario, Q. V, p. 516).
La missione di Santa Suor Faustina consiste nel ricordare una verità di fede da sempre conosciuta, ma dimenticata, riguardante l’amore misericordioso di Dio per l’uomo e la trasmissione di nuove forme di culto della Divina Misericordia, la cui pratica dovrebbe
portare al rinnovamento della vita di fede nello spirito di fiducia e misericordia cristiana.
Il culto della Divina Misericordia consiste nella fiducia, nella infinita bontà di Dio e nelle opere di misericordia verso il prossimo.

Storia dell’immagine di Gesù Misericordioso

Don Sopoćko commissionò la realizzazione del dipinto di Gesù Misericordioso all’inizio dell’anno 1934 all’artista pittore professor E. Kazimirowski. L’appartamento e lo studio del pittore erano situati nello stesso edificio nel quale abitava Don Sopoćko. Suor Faustina, che soggiornava a Vilnius (si veda la casa dell’Assemblea) per tutto il periodo in cui il dipinto fu realizzato, si recava presso lo studio del pittore per fornire i dettagli inerenti l’aspetto dell’immagine.
Don Sopoćko vegliava personalmente affinché il quadro fosse dipinto esattamente secondo le istruzioni di Suor Faustina. La tela, sulla quale venne dipinto il quadro, fu adattata alle misure di una cornice che gli era precedentemente regalata da una delle parrocchiane. La realizzazione del dipinto durò circa 6 mesi e quando il quadro fu pronto per essere appeso, Don Sopoćko volendo accertarsi come deveva essere collocata la scritta sul quadro, pregò Suor Faustina di chiederlo al Signore Gesù: “Ad un certo momento il confessore mi chiese come dovesse essere collocata questa scritta dato che non vi era posto nel quadro. Risposi che avrei pregato e avrei dato una risposta la settimana successiva. Quando uscii dal confessionale – passando accanto al Santissimo Sacramento – avevo intimamente ricevuto la spiegazione di come dovesse essere questa scritta. Gesù mi aveva ricordato, come già mi disse la prima volta, che dovevano essere apposte queste tre parole. Le parole sono queste: Gesù, confido in Te”.
“Porgo agli uomini il recipiente, col quale debbono venire ad attingere le grazie alla sorgente della Misericordia. Il recipiente è quest’immagine con la scritta: Gesù confido in Te”.

L’iscrizione dettata, la quale costituisce un elemento essenziale dell’immagine, fu realizzata da don Sopocko sulla tavoletta aggiuntiva e posizionata sulla cornice sotto l’immagine. Poi, su richiesta esplicita del Signore Gesù trasmessa attraverso Suor Faustina, Don Sopoćko si adoperò affinché il quadro venisse esposto nella chiesa di San Michele a Vilnius, dove lui stesso era rettore. Di conseguenza, il 4 aprile 1937 con l’approvazione dell’Arcivescovo metropolita di Vilnius, Romuald Jałbrzykowski, il quadro del Salvatore Misericordioso, dopo avere ottenuto il parere positivo degli esperti, fu appeso accanto all’altare maggiore della chiesa di San Michele, dove i fedeli per circa undici anni lo hanno circondato di grande venerazione.

Una seconda commissione di esperti, convocata nel 1941 su ordine dell’Arcivescovo, stabilì che: “Il quadro è realizzato artisticamente e costituisce un patrimonio prezioso dell’arte religiosa contemporanea”. (Protocollo della Commissione sulla valutazione e conservazione del quadro del Salvatore Misericordioso nella chiesa di San Michele a Vilnius, nel giorno 27 maggio 1941, firmata dagli esperti Professore di Storia dell’Arte Dr. M. Morelowski, Professore di Teologia Dogmatica Dr. L. Puchaty ed il sovrintendente Padre Dr. P. Sledziewski).
Nel 1948, dopo la chiusura forzata della chiesa di San Michele da parte di autorità comuniste, il quadro (senza la cornice e senza la scritta apposta su di essa) fu acquistato in segreto e illegittimamente da un operaio lituano addetto alla liquidazione dell’arredamento del tempio. Due donne devote della Divina Misericordia (una polacca ed una lituana), consapevoli delle pesanti ritorsioni delle autorità sovietiche, portarono fuori dalla chiesa la tela avvolta in un rotolo e per un certo tempo la tennero nascosta in soffitta, in attesa della fine di eventuali pericoli. Successivamente trasferirono il quadro nella chiesa dello Santo Spirito, dove vennero depositate anche tutte le suppellettili appartenenti alla chiesa liquidata. Il parroco della chiesa dello Santo Spirito, don Jan Ellert, non era interessato a conservare il quadro, né ad esporlo e lo nascose nell’archivio retro della chiesa.
Soltanto nell’anno 1956 un amico di Don Sopoćko, Don Józef Grasewicz, il quale era tornato a Vilnius dopo qualche anno di reclusione in un campo di lavoro sovietico, decise di ritrovare il quadro. Prima di ciò si mise in contatto con Don Sopoćko, che ne era ben a conoscenza, perché fino ad allora non aveva più sentito parlare del destino del quadro di Gesù Misericordioso da nessuno. Don Grasewicz ottenne il permesso di tornare al lavoro pastorale a Nowa Ruda. Prima di andar via da Vilnius chiese al parroco della chiesa di Santo Spirito di dare il quadro alla sua parrocchia. Il parroco lo fece volentieri. Don Grasewicz portò il quadro a Nowa Ruda che, senza svelare il mistero della sua origine, rimase nella chiesa.

Nel frattempo Don Sopoćko valutò la possibilità di divulgare l’immagine in Polonia, ma desistette dal continuare i suoi tentativi quando fu chiaro che non sarebbe stato sicuro. Nonostante i molti cambiamenti nell’amministrazione della chiesa di Nowa Ruda, il quadro rimase lì per circa trent’anni.
Nel 1970 le autorità locali comuniste di Nowa Ruda decisero di trasformare la chiesa in un magazzino. Le suppellettili della chiesa liquidata vennero trasportate in un’altra parrocchia.
Il quadro, appeso in alto, rimase abbandonato nella chiesa per un motivo apparentemente banale (la mancanza di una scala abbastanza lunga). Don Sopoćko, preoccupato per questo fatto, soggiornava in Polonia e non poteva fare nulla.Anche don Grasewicz non aveva la possibilità di soddisfare la richiesta di don Sopoćko – di trasferire, cioè, l’immagine in un altro luogo sicuro. Lui stesso fu costretto a lasciare la parrocchia, e nessun sacerdote in Bielorussia ebbe il coraggio di prendersi cura del quadro L’immagine di Gesù Misericordioso, per molti anni rimase in una chiesa di legno abbandonata, ed unicamente grazie alla protezione della Divina Provvidenza ha superato il pericoloso periodo del comunismo.
L’incertezza circa il destino del quadro tormentava don Sopoćko per tutta la vita. Molte volte ha inviato in clandestinità delle richieste di trasferire il quadro a Vilnius. La richiesta di esporre il quadro a Vilnius nel Santuario della Porta dell’Aurora, laddove per la prima volta fu esposta alla pubblica venerazione, rimase inadempiuta fino all’anno 1982, già dopo la morte di Don Sopoćko). L’allora vicario del Santuario di Porta dell’Aurora, Tadeusz Kondrusiewicz, ritenne questa proposta irrealizzabile e propose di collocare il quadro nella chiesa dello Santo Spirito, dove Aleksander Kaszkiewicz era parroco. Il sacerdote, inizialmente riluttante, infine accettò di appendere il quadro. In questo modo Don Grasewicz decise di riportare il quadro a Vilnius.
Per non suscitare l’intersse dei comunisti della provenienza straordinaria del quadro, in una notte di novembre 1986, all’insaputa degli abitanti di Nowa Ruda che si riunivano per pregare nella chiesa abbandonata, al posto dell’immagine originale fu appesa una copia, precedentemente preparata. Con l’aiuto delle suore della Madre di Misericordia, che erano a conoscenza dei fatti, la tela venne rimossa dal telaio, arrotolata e trasportata la notte stessa a Grodno, e successivamente nella chiesa dello Spirito Santo a Vilnius.
Nella chiesa dello Spirito Santo, su ordine di Don Kaszkiewicz, è stato eseguito un restauro del quadro – le parti danneggiate vennero ridipinte con uno strato di vernice nuova. Questo intervento alterò fortemente l’aspetto del volto del Signore Gesù. Sul quadro fu aggiunta in rosso la scritta “GESU’, CONFIDO IN TE”. Inoltre, per adattare la tela alla nicchia nell’altare, il bordo inferiore fu ripiegato et al di sopra fu aggiunta una porzione di tela tondeggiante.

L’immagine posta nell’altare laterale della chiesa dello Spirito Santo a Vilnius, per molti anni non suscitava particolare interesse, né tra i pellegrini, né tra le autorità ecclesiastiche. La mancanza di condizioni adatte per l’esposizione della tela contribuì ulteriormente a danneggiarne il materiale. Grazie alla benevolezze di don Mirosław Grabowski, parroco della chiesa dello Spirito Santo, nel mese di luglio del 2001, la Congregazione delle Suore di Gesù Misericordioso poté aprire una nuova sede a Vilnius, e prendersi cura di questo unico, inestimabile quadro con immagine di Gesù Misericordioso che nasceva in un atmosfera del Miracolo Divino, della preghiera e della sofferenza di Santa Suor Faustina, nella sua presenza e con sua copartecipazione.
Grazie agli sforzi ed alla generosità delle Suore, nell’aprile 2003 venne effettuato un accurato restauro del quadro, svolto nella cappella della casa delle suore a Vilnius. Sono stati rimossi dalla tela tutte le aggiunte di vernice, le macchie causate dall’umidità che già prima qualcuno cercava di eliminare con delle sostanze chimiche. Questo intervento ha permesso di restiturire all’immagine di  Gesù Misericordioso l’aspetto e la forma originale.

Non è stato possibile riparare alcuni danni alla tela, su cui è dipinta l’immagine, senza evitare di incollarla. Sono tracce di molteplici distacchi della tela dal telaio (i buchi dei chiodi che fissavano la tela) ed anche la piega a circa quattro centimetri dal bordo inferiore (nel 1987 la tela è stata adattata per la nicchia dell’altare della chiesa dello Spirito Santo.Questi deterioramenti sono rimasti, sebbene non sono visibili guardando il quadro, costituiscono tra l’altro una caratteristica irripetibile ed individuale di questo quadro.
Dopo il restauro approfondito, l’immagine è tornata nella chiesa dello Spirito Santo – chiesa parrocchiale per gli abitanti polacchi di Vilnius. La Santa Messa e tutte le funzioni, in questa chiesa, vengono celebrate esclusivamente in lingua polacca.
Per creare delle condizioni adeguate alla preghiera individuale e contemplativa davanti all’immagine di Gesù Misericordioso, per tutti indistintamente, in ogni tempo, senza considerare la nazionalità, il Vescovo Metropolita di Vilnius, card. Audrys Juozas Bačkis decise di trasferire il quadro di Gesù Misericordioso alla piccola chiesa nelle vicinanze, dedicata alla Santissima Trinità la quale fu riconsecrata diventando Santuario della Divina Misericordia.
Le circostanze che accompagnavano questo evento provocarono delle controversie e discussioni in molte pubblicazioni dei massmedia, e con questo, causarono involontariamente una grande promozione positiva, ricordando l’esistenza del quadro con la prima immagine di Gesù Misericordioso a Vilnius nonché la sua storia che risultava dal messaggio della Divina Misericordia trasmesso tramite Santa Suor Faustina.
Da settembre 2005, il primo quadro di Gesù Misericordioso è venerato nel Santuario della Divina Misericordia a Vilnius, dove nella preghiera e adorazione quotidiana della Sacra Immagine del Salvatore, le suore e numerosi pellegrini affidano le sorti del mondo alla Divina Misericordia. Il Metropolita affidò il servizio della preghiera in questo Santuario, alla Congregazione delle Suore di Gesù Misericordioso.
La congregazione delle Suore di Gesù Misericordioso, fondata dal beato Don Michele Sopoćko, come risposta alla richiesta del Signore Gesù, è una comunità internazionale, di carattere contemplativo ed attivo, che diffonde il culto di Gesù Misericordioso. Da alcuni decenni le Suore realizzano fedelmente il loro carisma, trasmesso dal fondatore, predicando al mondo il Messaggio della Divina Misericordia. Con la preghiera e servendo con dedizione il prossimo, impetrano incessantemente la Misericordia Divina per il mondo, particolarmente la grazia di misericordia per i moribondi nocnhé la grazia di benedizione Divina per i sacerdoti e per le persone consacrate.
“Desidero che ci sia una tale Congregazione”.
“Impetreranno incessantemente per sé e per tutto il mondo la Misericordia di Dio ed ogni atto di Misericordia emanerà dall’amore di Dio, di cui saranno ripiene. Si impegneranno per assimilare questo grande attributo di Dio e vivranno di esso e si daranno da fare perchè gli altri lo conoscano ed abbiano fiducia nella bontà di Dio”.
Nel 2004 l’Arcivescovo Metropolita di Vilnius destinò quale sede della Congregazione delle Suore di Gesù Misericordioso la casa nella quale fu dipinta l’immagine di Gesù Misericordioso. Questa casa, grazie alla generosità dei benefattori, è stata adattata alle necessità di una congregazione religiosa. Attualmente è un lugo che accoglie numerosi pellegrini.
Nonostante un’accurato restauro e conservazione, lo stato materiale del quadro è rimasto in condizioni molto precarie. L’immagine deve essere esposta in condizioni adeguate, conformemente alle raccomandazioni del restauratore. Il restauro del quadro è stato realizzato dalla signora Edyta Hankowska- Czerwińska di Włocławek, restauratore di opere d’arte, laureata alla Facoltà di Belle Arti dell’Università Niccolò Copernico di Torun.
Il 3 agosto 2009, presso il Santuario della Divina Misericordia a Vilnius, la restauratrice ha realizzato un monitoraggio periodico dello stato di conservazione del quadro. La condizione dell’immagine è stata dichiarata buona, da non richieder ulteriore interventi di conservazione.

Il Santissimo Sacramento nostro paradiso in terra.

Non dà amarezza la sua compagnia, non dà dolore la sua convivenza (Sap 8, 16).

Gli amici del mondo trovano tanto contento tra loro, che perdono le giornate intiere a starsene insieme. Con Gesù sacramentato ci trova tedio chi non l’ama. I santi han trovato il paradiso davanti al SS. Sacramento. S. Teresa dal cielo disse ad una sua religiosa dopo morte: Quelli del cielo e della terra dobbiamo essere una stessa cosa nella purità e nell’amore: noi godendo e voi patendo: e quello che noi facciamo in cielo con la divina essenza, dovete voi fare in terra con il SS. Sacramento. Ecco dunque il nostro paradiso in terra, il SS. Sacramento.

O Agnello immacolato e sacrificato per noi sopra la croce, ricordatevi ch’io sono una di quell’anime che voi avete redente con tanti dolori e con la vostra morte. Fate che voi siate mio e non vi perda mai, giacché a me vi siete donato e vi donate ogni giorno, sacrificandovi per amor mio sugli altari; e fate ch’io sia tutto vostro. Io mi dono tutto a voi, acciocché facciate di me quello che volete. Io vi dono la mia volontà, incatenatela voi coi dolci ligami del vostro amore, acciocché ella sia schiava eterna della vostra santissima volontà. Io non voglio vivere più per soddisfare i miei desideri, ma solo per contentare la vostra bontà. Distruggete in me tutto ciò che non vi piace; datemi la grazia di non avere altro pensiero che di piacere a voi, non altro desiderio se non di quello che desiderate voi. Vi amo, o caro mio Salvatore, con tutto il mio cuore; vi amo perché desiderate d’esser amato da me; vi amo perché ne siete ben degno. Ho pena di non amarvi quanto meritate. Vorrei morire per amor vostro. Signore, accettate il mio desiderio e datemi il vostro amore. Amen. Così sia.

Giac. O beneplacito del mio Dio, io mi sacrifico tutto a voi.

A Maria

Io sono la Madre del bell’amore, dice Maria. Io son la madre del bello amore, dice Maria; cioè di quell’amore che fa belle le anime. S. Maria Maddalena de’ Pazzi vide Maria santissima che andava dispensando un dolce liquore che era il divino amore. Questo dono solo per Maria si dispensa, a Maria cerchiamolo.

Giac. Madre mia, speranza mia, fammi tutto di Gesù.

 

L’Agnello Pasquale – Il Sangue che salva

Parola di Dio
“Parlate a tutta la comunità di Israele e dite: Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa… Tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case, in cui lo dovranno mangiare… Il sangue sulle vostre case sarà il segno che voi siete dentro: io vedrò il sangue e passerò oltre, non vi sarà per voi flagello di sterminio” (Es 12,3.6.8-13).

“Cristo invece… non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna. Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsi su quelli che sono contaminati, li santificano, purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo, che con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte, per servire il Dio vivente?” (Eb 9,11-14).

Per la comprensione
– Il sangue, secondo la Bibbia, è principio vitale e viene da Dio, quindi è cosa sacra.

– Mosè sparge il sangue della vittima sull’altare che rappresenta Dio e poi sul popolo, per significare un’alleanza indissolubile tra Dio e l’uomo.

Nel mondo antico l’alleanza è sempre un atto sacro, posto sotto la protezione di Dio e ratificato dal sangue di una vittima.

– La Pasqua giudaica prepara la Pasqua cristiana: la Nuova Alleanza sarà ratificata dal sangue di Cristo, agnello senza macchia.

Rifletti
– Giovanni, fin dall’inizio del suo Vangelo, ci presenta Gesù come l’Agnello di Dio: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo” (Gv 1,29). Fonde in una sola realtà l’immagine dell’agnello pasquale che salva Israele dallo sterminio e dell’agnello di espiazione (Lv 14), che viene immolato per riparare i peccati del popolo, come farà il “Servo di Jahvé” (Is 53).

– Dio stipula un’alleanza con il suo popolo, che diventa sua speciale proprietà: ma questo patto è solo una figura dell’Alleanza Nuova che Dio stipulerà con tutta l’umanità mediante il Sangue di Cristo: “Questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati” (Mt 26,28).

– Il Sangue di Cristo è il tesoro della Chiesa, il nostro tesoro; da esso vengono a noi tutti i beni: il perdono dei peccati, la salvezza, la santificazione, l’essere figli di Dio, il dono dello Spirito, la Nuova Alleanza.

L’immagine dell’Agnello innocente immolatosi volontariamente per noi deve suscitare nel nostro spirito viva gratitudine, dedizione, amore.

– San Pietro esorta: “Comportatevi con timore nel tempo del vostro pellegrinaggio. Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l’argento e l’oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia” (1Pt 1,17-19).

– Dobbiamo unirci alle preghiere dei Santi che in Cielo cantano un canto nuovo: “Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio con il tuo sangue uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione e li hai costituiti per il nostro Dio un regno di sacerdoti e regneranno sopra la terra” (Ap 5,9-12).

Confronta
– Accogliamo l’esortazione della Parola di Dio a “tenere fisso lo sguardo su Gesù: pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate, perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato” (Eb 12,2-4).

– I Santi e in particolare i Martiri, tenendo lo sguardo fisso su Gesù Crocifisso, trovarono la forza per lottare fino al sangue, per rimanere fedeli all’amore di Dio.


Pensiero di san Paolo della Croce: “O Sangue caro di Gesù! O Sangue prezioso! O Sangue dolcissimo, in te sono tutte le mie speranze!” (L. 1, 527).

Lo sguardo fisso su Gesù Crocifisso

Parola di Dio
“Anche noi… corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede. Egli in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l’ignominia, e si è assiso alla destra del trono di Dio. Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato” (Eb 12,1-4).

Per la comprensione
– Fare memoria della Passione di Gesù è il “carisma” particolare dato dal Signore alla famiglia di san Paolo della Croce. I Passionisti esprimono questo carisma con un voto, il primo dei quattro voti con cui si consacrano a Cristo Crocifisso. Per il Passionista questo è il “voto fondamentale” che esprime il fine della sua vocazione e dà fisionomia, ispirazione e unità a tutta la sua vita: alla sua luce egli vive gli altri impegni, prende il suo posto nella Chiesa e si consacra a compiere la sua missione. Questa è la spiritualità specifica anche del laico passionista.

Rifletti
– Gesù desidera ardentemente che noi ricordiamo quanto Egli ha sofferto per noi. Ha parlato molte volte della sua Passione, prima che essa accadesse, per farci capire quanto Egli desidera che noi la ricordiamo. Gesù risorto, nello splendore della vita nuova nella gloria, ha conservato le sue piaghe, ormai gloriose, ma sempre piaghe.

Agli apostoli “stupiti e spaventati”, Gesù risorto diceva: “Guardate le mie mani e i miei piedi” (Lc 24,37-39). A ogni fedele ripete l’invito accorato a contemplare le sue piaghe, per fare memoria della sua Passione e comprendere che non poteva amarci di più. In cielo, per tutta l’eternità, contempleremo questi segni dell’amore infinito di Dio per noi.

– Il Calvario è il mistico monte da cui scaturiscono tutti i fiumi della grazia: il Crocifisso, con le sue piaghe aperte e il cuore squarciato, ne è la sorgente perenne. Quanto più ci si avvicina a questo monte e a questa sorgente, tanto più si è ricolmi di grazia.

– Ai Greci che desiderano vederlo, Gesù annunzia che quando sarà innalzato sulla croce attirerà a sé tutti i cuori (Gv 12,32), per portare tutti al Padre e manifestarsi come salvatore del mondo.

A Nicodemo aveva detto che per salvarsi bisogna guardare il Cristo innalzato sulla croce: “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in Lui abbia la vita eterna” (Gv 3,14-15).

– Anche oggi, per guarire dai morsi velenosi del serpente che ci insidia continuamente, dobbiamo “tenere lo sguardo fisso su Gesù Crocifisso”, lasciarci attirare da Lui, cioè meditarlo assiduamente, contemplarlo con amore e abbandonarci all’azione della sua grazia.

Confronta
– San Paolo della Croce, il grande innamorato del Crocifisso, passò la sua lunga vita a contemplare e predicare Gesù Crocifisso. Ecco alcuni suoi suggerimenti pratici:

– “Fondate sempre la vostra meditazione sui misteri della Passione di Gesù, non la tralasciate mai, dedicatevi ogni giorno. Lasciate che questo desiderio vi inzuppi, vi penetri fino alle midolla delle ossa. Vedrete miracoli della misericordia di Dio. Gusterete quanto siano dolci i frutti di questo albero di vita: la croce”.

– “Nel colmo di qualche grave afflizione prendete in mano il Crocifisso, fatevi fare una predica da Lui… Ascoltate ciò che vi predicano le spine, i chiodi, le piaghe, il Sangue divino: oh, che predica! che predica!”.

– “Anche in mezzo alle occupazioni è necessario confortare e fortificare lo spirito ai piedi del Crocifisso, nella meditazione delle sue santissime pene. L’amore vi insegnerà tutto”.


Pensiero di san Paolo della Croce: “Non perdete di vista la Passione di Gesù, portate le pene dello Sposo Divino come fascetto di mirra sull’altare del vostro cuore” (L. 111, 385).

 

La Passione – Mistero Trinitario

Parola di Dio
“In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati…. Da questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha fatto dono del suo Spirito. E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo… Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi. Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui” (1Gv 4,9-16).

Per la comprensione
– Il Giubileo del 2000 ha avuto come obiettivo “la glorificazione della Trinità, dalla quale tutto viene e alla quale tutto si dirige, nel mondo e nella storia” (TMA 55).

– Nei tre anni di preparazione al Giubileo abbiamo contemplato separatamente le Tre Persone divine; poi siamo stati invitati a entrare nel mistero stesso della Trinità, come unica sorgente del fiume dell’amore di Dio. Per questo, all’inizio del Giubileo, Giovanni Paolo II iniziava un nuovo ciclo di catechesi sulla Trinità, come un cammino “alle sorgenti e all’estuario della storia della salvezza”, perché la salvezza è dono della Trinità, da essa inizia e in essa trova il suo compimento.

Rifletti
– Dio Trinità è amore. È amore nella creazione: crea solo per amore, per far partecipi le creature della sua vita. È amore nell’incarnazione: per dono di tutta la Trinità, uno della Trinità si è fatto uomo. È amore nella Redenzione: tutta la Trinità è coinvolta in questa opera suprema di amore.

– Il Figlio di Dio si è fatto uomo, perché noi diventassimo figli di Dio: “Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: «Abbà, Padre!»” (Gal 4,6).

– “Lo Spirito Santo, che il Padre ha mandato nel nome del Figlio, fa sì che l’uomo partecipi alla vita intima di Dio. Fa sì che l’uomo sia anche figlio a somiglianza di Cristo ed erede di quei beni che costituiscono la parte del Figlio” (TMA 8).

– Ma è soprattutto nella Passione di Gesù che Dio-Trinità si mostra capace di infinito amore, perché capace di infinito dolore. Ai piedi della croce noi scopriamo chi è Dio: “Dio è amore”.

– “Dio Padre ha tanto amato il mondo da dare per noi il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16). Il Crocifisso è la prova più grande dell’amore del Padre che non può assistere impassibile di fronte al Figlio che pende dalla croce. Il Figlio è uno della Trinità, indissolubilmente unito al Padre e allo Spirito Santo.

– Ma la croce è prima di tutto la follia dell’amore del Figlio. Egli è venuto in mezzo a noi per condividere i nostri dolori e soffrire per noi e con noi: “Il Figlio di Dio mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2,20).

– Anche lo Spirito Santo partecipa misteriosamente alla Passione del Figlio, perché ci viene donato proprio con la morte del Figlio (Cf. Gv 19,30).

– Così tutta la Trinità si compromette per salvarci nel Figlio e tutta la Trinità in qualche modo soffre nel Figlio. Giustamente vengono oggi diffuse e valorizzate tante immagini della Trinità, con al centro il Crocifisso: Il Padre che tiene tra le braccia la croce del Figlio e lo Spirito Santo che unisce e separa nello stesso tempo il Padre che soffre e il Figlio che agonizza.

Confronta
– Il richiamo alla Santissima Trinità mi deve portare alla riscoperta dell’identità più profonda di Dio, che è Trinità d’amore e anche della mia identità più profonda, quella di figlio, chiamato a partecipare alla vita stessa di Dio, all’intimità con Lui. È tutta la Trinità che abita in me, come principio e fine del grande fiume dell’amore di Dio.

– Nel meditare la Passione di Gesù fisserò spesso la mente e il cuore su tutta la Trinità coinvolta nell’amore e nel dolore del Figlio.

– Come tutta la Trinità partecipa alla Passione del Figlio, così tutta la Trinità è presente e partecipa alle mie sofferenze. Mai mi sentirò abbandonato. Nelle prove, con l’aiuto della fede, sentirò più che mai Dio vicino a me: Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo.


Pensiero di san Paolo della Croce: “Fortunati quelli che stanno nascosti nel grembo di Dio, e bevono alle Piaghe santissime di Gesù Cristo quest’acqua di eterna vita!” (L. III, 732).

Un Dio fatto uomo

Parola di Dio
“In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio… E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità” (Gv 1,1.14).

“Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e fedele nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo. Infatti proprio per essere stato messo alla prova ed avere sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova… Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia” (Eb 2,17-18; 4,15-16).

Per la comprensione
– Accostandoci a meditare la sua Passione, dobbiamo tenere sempre presente chi è Gesù: vero Dio e vero uomo. Dobbiamo evitare il rischio di guardare soltanto l’uomo, soffermandoci solo sulle sue sofferenze fisiche e cadere in un vago sentimentalismo; o guardare solo Dio, senza riuscire a capire l’uomo dei dolori.

– Sarebbe bene, prima di iniziare un ciclo di meditazioni sulla Passione di Gesù, rileggere la “Lettera agli Ebrei” e la prima grande enciclica di Giovanni Paolo Il, “Redemptor Hominis” (Il Redentore dell’uomo, 1979), per capire il mistero di Gesù e accostarci a Lui con una vera devozione, illuminata dalla fede.

Rifletti
– Gesù chiese agli Apostoli: “Voi chi dite che io sia?” Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,15-16). Gesù è veramente il Figlio di Dio in tutto uguale al Padre, è il Verbo, il Creatore di tutte le cose. Solo Gesù può dire: “Io e il Padre siamo una cosa sola”. Ma Gesù, Figlio di Dio, nei Vangeli ama chiamarsi circa 50 volte “Figlio dell’uomo”, per farci capire che è un uomo vero, figlio di Adamo, come tutti noi, in tutto simile a noi, eccetto il peccato (Cf. Eb 4,15).

– “Gesù, pur essendo di natura divina, spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini” (Fil 2,5-8). Gesù “spogliò se stesso”, quasi si svuotò della grandezza e della gloria che aveva come Dio, per essere in tutto simile a noi; accettò la chenosi, cioè abbassò se stesso, per innalzare noi; discese fino a noi, per innalzare noi fino a Dio.

– Se vogliamo comprendere pienamente il mistero della sua Passione, dobbiamo conoscere a fondo l’uomo Cristo Gesù, la sua natura divina e umana e soprattutto i suoi sentimenti. Gesù ebbe una natura umana perfetta, un cuore pienamente umano, una sensibilità umana piena, con tutti quei sentimenti che si ritrovano in un animo umano non inquinato dal peccato.

– Gesù è stato l’uomo dai sentimenti spiccati, forti e teneri insieme, che ne rendevano affascinante la persona. Irradiava simpatia, gioia, fiducia e trascinava le folle. Ma il vertice dei sentimenti di Gesù si manifestava dinanzi ai bambini, ai deboli, ai poveri, ai malati; in tali situazioni Egli rivelava tutta la sua tenerezza, la compassione, la delicatezza dei sentimenti: abbraccia i bambini come una mamma; sente compassione dinanzi al giovane morto, figlio di una vedova, dinanzi alle folle affamate e disperse; piange di fronte alla tomba dell’amico Lazzaro; si china su ogni dolore che incontra nel suo cammino.

– Proprio per questa grande sensibilità umana possiamo dire che Gesù ha sofferto più di ogni altro uomo. Ci sono stati uomini che hanno sofferto dolori fisici maggiori e più a lungo di Lui; ma nessun uomo ha avuto la sua delicatezza e la sua sensibilità fisica e interiore, perciò nessuno ha mai sofferto come Lui. Giustamente Isaia lo chiama “l’uomo dei dolori che ben conosce il patire” (Is 53, 3).

Confronta
– Gesù, Figlio di Dio, è mio fratello. Tolto il peccato, ha avuto i miei sentimenti, ha incontrato le mie difficoltà, conosce i miei problemi. Per questo mi “accosterò con piena fiducia al trono della grazia”, sicuro che Egli mi saprà capire e compatire.

– Nel meditare la Passione del Signore cercherò soprattutto di riflettere sui sentimenti interiori di Gesù, per entrare nel suo cuore e scandagliare l’immensità del suo dolore. San Paolo della Croce si chiedeva spesso: “Gesù, come stava il tuo cuore mentre soffrivi quei tormenti?”.


Pensiero di san Paolo della Croce: “Vorrei che in questi giorni del sacro Avvento s’innalzasse l’anima alla contemplazione dell’ineffabile mistero dei misteri, dell’Incarnazione del Verbo Divino… Lasciate che l’anima resti assorta in quell’altissimo stupore e meraviglia amorosa, vedendo con la fede l’Immenso impiccolito, l’infinita grandezza umiliata per amore dell’uomo” (L I, 248).