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La Madonna di Loreto e la casa arrivata in volo da Nazaret

 

Il Santuario lauretano è sorto nel luogo in cui, secondo la leggenda, la dimora della Vergine Maria sarebbe stata trasportata prodigiosamente dagli Angeli nella notte tra il 9 e 10 dicembre del 1294. Risale al IV secolo, è meta di continui pellegrinaggi e considerata la “Lourdes” italiana. La convinzione di questa miracolosa traslazione “volante” spinse papa Benedetto XV a nominare la Beata Vergine di Loreto “Patrona di tutti gli aeronautici”.

La festa liturgica della Madonna di Loreto ricorre il 10 dicembre, in ricordo della data dell’arrivo della Santa Casa di Nazareth a Loreto. Le origini dell’antica e devota tradizione della traslazione della Casa dalla Palestina alla città marchigiana, risalgono al 1296, quando in una visione, ne era stata indicata l’esistenza e l’autenticità ad un eremita, fra’ Paolo della Selva e da lui riferita alle Autorità. Ciò ci è narrato da una cronaca del 1465, redatta da Pier Giorgio di Tolomei, detto il Teramano, che a sua volta l’aveva desunta da una vecchia ‘tabula’ consumata, risalente al 1300.

Si riportano alcuni passi più significativi, che poi sono stati tramandati nelle narrazioni, più o meno arricchite nei secoli successivi; “L’alma chiesa di santa Maria di Loreto fu camera della casa della gloriosissima Madre del nostro Signore Gesù Cristo… La quale casa fu in una città della Galilea, chiamata Nazaret. E in detta casa nacque la Vergine Maria, qui fu allevata e poi dall’Angelo Gabriele salutata; e finalmente nella stessa camera nutrì Gesù Cristo suo figliuolo… Quindi gli apostoli e discepoli consacrarono quella camera in chiesa, ivi celebrando i divini misteri… Ma dopo che quel popolo di Galilea e di Nazaret abbandonò la fede in Cristo e accettò la fede di Maometto, allora gli Angeli levarono dal suo posto la predetta chiesa e la trasportarono nella Schiavonia, posandola presso un castello chiamato Fiume (1291). Ma lì non fu affatto onorata come si conveniva alla Vergine… Perciò da quel luogo la tolsero nuovamente gli Angeli e la portarono attraverso il mare, nel territorio di Recanati (1294) e la posero in una selva di cui era padrona una gentildonna chiamata Loreta; da qui prese il nome la chiesa: ‘Santa Maria di Loreta…”.

 

GLI ANGELI LA SPOSTANO SUL COLLE ATTUALE NELLA NOTTE TRA IL 9 E 10 DICEMBRE 1294

Per il gran numero di gente, purtroppo succedevano anche ladrocini e violenze, per cui continua il racconto, gli Angeli la spostarono altre due volte, sempre per gli stessi motivi, depositandola alla fine sul colle, nella notte del 9-10 dicembre 1294, dove si trova attualmente. “Allora accorse tutto il popolo di Recanati a vedere la detta chiesa, che stava sopra la terra senza alcun fondamento. Per la qual cosa, il popolo considerando così gran miracolo e temendo che detta chiesa non venisse a rovina, la fecero circondare da un altro ben grosso muro e di buonissimo fondamento, come ancor oggi chiaramente si vede”.
Questo il racconto del 1465; che si fonda sull’aspetto storico dell’epoca, quando i rapporti culturali e religiosi delle comunità insediate sulle due sponde dell’Adriatico, erano intensi, per l’attraversamento delle navi veneziane e poi di quelle di Ancona e dell’attuale Dubrovnik, che trasportavano i pellegrini ai Luoghi Santi della Palestina. Sullo sfondo vi è la conquista della Terra Santa da parte dei mamelucchi e poi la lenta penetrazione degli ottomani nella penisola balcanica, dopo la caduta di Costantinopoli. Da questi eventi scaturirono le Crociate, per liberare i popoli ed i paesi dall’occupazione araba e secondo la tradizione, gli Angeli intervennero per mettere in salvo la casa della Vergine, già trasformata in chiesa sin dai tempi apostolici.

Da allora moltitudini di fedeli si sono recati in pellegrinaggio al grandioso santuario, che racchiude la Santa Casa, iniziato a costruire nel 1468 da papa Paolo II, in breve diventò ed è, secondo una felice definizione di papa Giovanni Paolo II, “cuore mariano della cristianità”.

 

META DI PELLEGRINAGGIO FIN DAL TRECENTO

Fin dall’inizio del Trecento fu già meta di pellegrinaggio, anche per quanti prendendo la strada costiera, erano diretti a S. Michele al Gargano oppure in Terrasanta; il flusso nei secoli XV e XVI diventò enorme, fino ad indurre nel 1520 papa Leone X ad equiparare il voto dei pellegrini del Santuario di Loreto a quello di Gerusalemme, che già man mano Loreto aveva sostituito nelle punte dei grandi pellegrinaggi penitenziali, che vedevano Roma, Santiago di Compostella, Gerusalemme. Il prodigio eclatante della traslazione della Santa Casa attirò anche, a partire dal secolo XV, la peregrinazione di re e regine, principi, cardinali e papi, che lasciarono doni o ex voto per grazie ricevute; a loro si aggiunsero nei tempi successivi, condottieri, poeti, scrittori, inventori, fondatori di Ordini religiosi, filosofi, artisti, futuri santi e beati.

I PAPI E LORETO: UNA STORIA DI GRANDE DEVOZIONE

A partire da papa Clemente V che con una bolla del 18 luglio 1310 confermò indirettamente l’autenticità della Santa Casa, i papi nei secoli successivi confermarono nuovamente la loro devozione alla Vergine Lauretana, specie in drammatiche circostanze. Il grandioso santuario, che racchiude la Santa Casa, fu iniziato a costruire nel 1468 da papa Paolo II, in breve diventò ed è, secondo una felice definizione di papa Giovanni Paolo II, “cuore mariano della cristianità”.
Oltre 50 papi si sono recati in pellegrinaggio a Loreto e sempre è stata grande la loro devozione; alla Vergine si rivolsero i papi Pio II e Paolo II per guarire miracolosamente dalle loro gravi malattie; papa Benedetto XV (1914-1922) in considerazione della traslazione della sua Casa, dalla Palestina a Fiume e poi a Loreto, la proclamò patrona degli aviatori. Loreto è considerata la Lourdes italiana e tanti pellegrinaggi di malati vengono organizzati ogni anno, con cerimonie collettive come quelle di Lourdes; aggiungo una mia piccola esperienza personale, in ambedue i luoghi sacri a Maria, ho sentito improvvisamente la necessità di piangere, come se avvertissi la spiritualità nei due ambienti permeati della sua presenza.

 

LA RIFLESSIONE DI PAPA WOJTYLA

«Quello Lauretano è un Santuario mirabile», ha scritto Papa Giovanni Paolo II. «In esso è inscritta la trentennale esperienza di condivisione, che Gesù fece con Maria e Giuseppe. Attraverso questo mistero umano e divino, nella casa di Nazaret è come inscritta la storia di tutti gli uomini, poiché ogni uomo è legato ad una ‘casa’, dove nasce, lavora, riposa, incontra gli altri e la storia di ogni uomo, è segnata in modo particolare da una casa: la casa della sua infanzia, dei suoi primi passi nella vita. Ed è eloquente ed importante per tutti che quest’Uomo unico e singolare, che è il Figlio unigenito di Dio, abbia pure voluto legare la sua storia ad una casa, quella di Nazaret, che secondo il racconto evangelico, ospitò Gesù di Nazaret lungo l’intero arco della sua infanzia, adolescenza e giovinezza, cioè della sua misteriosa maturazione umana… La casa del Figlio dell’uomo è dunque la casa universale di tutti i figli adottivi di Dio. La storia di ogni uomo, in un certo senso, passa attraverso quella casa…».

LA DEVOZIONE

Innumerevoli sono i luoghi pii, chiese, ospedali o di assistenza, come pure delle Congregazioni religiose, intitolati al nome della Vergine di Loreto, il suo nome cambiato in Loredana è fra i più diffusi fra le donne; infine come non ricordare le “Litanie Lauretane” che dal XII secolo sono divenute una vera e propria orazione alla Vergine, incentrata sui titoli che in ogni tempo le sono stati tributati, anche con riferimenti biblici. Le “Litanie Lauretane” sostituirono nella cristianità, quelle denominate ‘veneziane’ (in uso nella basilica di S. Marco e originarie di Aquileia) e quelle ‘deprecatorie’ (ossia di supplica, originarie della Germania).

La storia straordinaria delle apparizioni di Guadalupe e dell’immagine miracolosa

 

Nel secolo XVI, la Santa Vergine, piena di pietà per il popolo azteco che, vivendo nelle tenebre dell’idolatria, offriva agli idoli innumerevoli vittime umane, si è degnata di prendere in mano l’evangelizzazione degli Indiani dell’America Centrale che erano anch’essi Suoi figli.
Un dio degli Aztechi, cui era attribuita la fertilità, si era trasformato, con l’andar del tempo, in dio feroce.
Simbolo del sole, quel dio, in lotta permanente con la luna e le stelle, aveva bisogno – così si credeva– di sangue umano per restaurare le proprie forze, poiché, se fosse perito, la vita si sarebbe spenta.
Sembrava dunque indispensabile offrigli, in perpetuo sacrificio, sempre nuove vittime.
    Un’aquila su un cactus

I sacerdoti aztechi avevano profetizzato che il loro popolo nomade si sarebbe insediato nel luogo in cui si fosse mostrata un’aquila che, appollaiata su un cactus, divorasse un serpente.

L’aquila figura sulla bandiera del Messico attuale. Giunti su un’isola palustre, in mezzo al lago Texcoco, gli Aztechi vedono compiersi il preannunciato presagio: un’aquila, appollaiata su un cactus, sta divorando un serpente; siamo nel 1369.
Fondano quindi lì la città di Tenochtitlán, che diventerà Città del Messico. Essa si sviluppa fino a diventare una vasta città su palafitte con numerosi giardini in cui abbondano fiori, frutti e verdure.
Nel 1474, nasce un bambino cui vien dato il nome di Cuauhtlatoazin («aquila parlante»). Alla morte di suo padre, è lo zio che si incarica del piccolo. Fin dall’età di tre anni, gli si insegna, come a tutti i bambini aztechi, a partecipare ai lavori domestici ed a comportarsi dignitosamente. A scuola, impara il canto, la danza e soprattutto la religione con i suoi molteplici dèi. I sacerdoti hanno una grande influenza sulla popolazione, che mantengono in una sottomissione che va fino al terrore.
Cuauhtlatoazin ha tredici anni, quando si procede alla consacrazione del gran Tempio di Tenochtitlán. Nel corso di quattro giorni, i sacerdoti sacrificano al loro dio 80.000 vittime umane. Dopo il servizio militare, Cuauhtlatoazin si sposa con una ragazza della sua condizione. Insieme, conducono una modesta vita di agricoltori.
 Nel 1519, lo spagnolo Cortés sbarca nel Messico, alla testa di più di 500 soldati. Conquista il paese per conto della Spagna, ma non senza zelo per l’evangelizzazione degli Aztechi; nel 1524, ottiene la venuta a Città del Messico di dodici Francescani. I missionari s’integrano facilmente nella popolazione; la loro bontà contrasta con la durezza dei sacerdoti aztechi e con quella di certi conquistatori. Si cominciano a costruire chiese. Tuttavia, gli Indiani si mostrano assai refrattari al Battesimo, soprattutto a causa della poligamia che dovrebbero abbandonare.
Cuauhtlatoazin e sua moglie sono fra i primi a ricevere il Battesimo, ed assumono rispettivamente i nomi di Juan Diego e Maria Lucia. Alla morte di quest’ultima, nel 1529, Juan Diego si ritira a Tolpetlac, a 14 km da Città del Messico, presso lo zio Juan Bernardino, diventato pure lui cristiano.

Il 9 dicembre 1531, come sempre il sabato, egli parte prestissimo la mattina per assistere alla Messa celebrata in onore della Santa Vergine, presso i Frati francescani, vicino a Città del Messico.

Passa ai piedi della collina di Tepeyac (vicino alla odierna Città del Messico, denominate di Guadalupe, vocabolo spagnolo derivato per semplice somiglianza di suono dalla parola azteca Cuatlaxupeh = colei che calpesta il serpente).
Improvvisamente, sente un canto dolce e sonoro che gli sembra provenga da una gran moltitudine di uccelli. Alzando gli occhi verso la cima della collina, vede una nuvola bianca e sfavillante. Guarda intorno a sé e si chiede se non stia sognando. Improvvisamente il canto tace ed una voce di donna, dolce e delicata, lo chiama:«Juanito! Juan Dieguito!»
S’inerpica rapidamente sulla collina e si trova davanti ad una giovane bellissima, le cui vesti brillano come il sole.
    «Un tempio in cui manifesterò il mio amore»

Rivolgendosi a lui in nahuatl, la sua lingua materna, gli dice: “Figlio mio, Juanito, dove vai?”

– Nobile Signora, mia Regina, vado a Messa a Città del Messico per apprendervi le cose divine che ci insegna il sacerdote.
“Voglio che tu sappia con certezza, caro figlio, che io sono la perfetta e sempre Vergine Maria, Madre del vero Dio da cui proviene ogni vita, il Signore di tutte le cose, Creatore del cielo e della terra. Ho un grandissimo desiderio: che si costruisca, in mio onore, un tempio in cui manifesterò il mio amore, la mia compassione e la mia protezione. Sono vostra madre, piena di pietà e d’amore per voi e per tutti coloro che mi amano, hanno fiducia in me e a me ricorrono. Ascolterò le loro lamentele e lenirò la loro afflizione e le loro sofferenze. Perché possa manifestare tutto il mio amore, va’ ora dal vescovo, a Città del Messico, e digli che ti mando da lui per fargli conoscere il grande desiderio che provo di veder costruire, qui, un tempio a Me consacrato”.

Juan Diego si reca immediatamente al vescovado. Monsignor Zumárraga, religioso francescano, primo vescovo di Città del Messico, è un uomo pio e pieno di zelo il cui cuore trabocca di bontà per gli Indiani; ascolta attentamente il pover’uomo, ma, temendo un’illusione, non gli dà credito. Verso sera, Juan Diego prende la via del ritorno. In cima alla collina di Tepeyac, ha la felice sorpresa di ritrovare l’Apparizione; rende conto della sua missione, poi aggiunge: “Vi supplico di affidare il vostro messaggio a qualcuno più noto e rispettato, affinché possa essere creduto. Io sono solo un modesto Indiano che avete mandato da una persona altolocata in qualità di messaggero. Perciò non sono stato creduto ed ho potuto soltanto causarvi una gran delusione”.

” Figlio carissimo, risponde la Signora, devi capire che vi sono persone molto più nobili cui avrei potuto affidare il mio messaggio, e tuttavia è grazie a te che il mio progetto si realizzerà. Torna domani dal vescovo… digli che sono io in persona, la Santa Vergine Maria, Madre di Dio, che ti manda”.
    La domenica mattina dopo la Messa, Juan Diego si reca dal vescovo. Il prelato gli fa molte domande, poi chiede un segno tangibile della realtà dell’apparizione. Quando Juan Diego se ne torna a casa, il vescovo lo fa seguire discretamente da due domestici. Sul ponte di Tepeyac, Juan Diego scompare ai loro occhi, e, malgrado tutte le ricerche effettuate sulla collina e nei dintorni, essi non lo ritrovano più. Furenti, dichiarano al vescovo che egli è un impostore e che non bisogna assolutamente credergli. Durante il medesimo tempo, Juan Diego riferisce alla bella Signora, che lo aspettava sulla collina, il nuovo colloquio avuto con il vescovo: “Torna domattina a prendere il segno che reclama”, risponde l’Apparizione.
    Rose, in pieno inverno!

Tornando a casa, l’Indiano trova lo zio malato e il giorno seguente deve rimanere al suo capezzale per curarlo. Poiché la malattia si aggrava, lo zio chiede al nipote di andare a cercare un sacerdote.
All’alba, il martedì 12 dicembre, Juan Diego si avvia verso la città. Quando si avvicina alla collina di Tepeyac, giudica preferibile fare una deviazione per non incontrare la Signora. Ma, improvvisamente, la vede venirgli incontro. Tutto confuso, le espone la situazione e promette di tornare non appena avrà trovato un sacerdote per dare l’olio santo allo zio.
“Figliolo caro, replica l’Apparizione, non temere e non affliggerti. non si turbi il tuo cuore e non preoccuparti né di questa, né di qualsiasi altra infermità. Non sto forse qui Io che sono tua madre? Non stai forse sotto la Mia protezione? Non sono forse Io la fonte della tua gioia? Non sei forse nel cavo del Mio manto, nella croce delle Mie braccia? Cosa vuoi di più? Niente deve affliggerti e turbarti. Non angustiarti per l’infermità di tuo zio perchè per ora non morità. Sappi anzi con certezza che è già perfettamente guarito. Va’ fin in cima alla collina, cogli i fiori che ci vedrai e portameli”. Arrivato in cima, l’Indiano è stupefatto di trovarvi un gran numero di fiori sbocciati, rose di Castiglia, che spandono un profumo quanto mai soave. In questa stagione invernale, infatti, il freddo non lascia sussistere nulla, ed il luogo è troppo arido per permettere la coltura dei fiori. Juan Diego coglie le rose, le deposita nel mantello, o tilma, poi ridiscende dalla collina.
“Figlio caro, dice la Signora, questi fiori sono il segno che darai al vescovo… Questo lo disporrà a costruire il tempio che gli ho chiesto”. Juan Diego corre al vescovado.

Quando arriva, i domestici lo fanno aspettare per lunghe ore. Stupiti che sia tanto paziente, e incuriositi da quel che porta nella tilma, finiscono per avvertire il vescovo, il quale, malgrado si trovi in compagnia di parecchie persone, lo fa entrare immediatamente. L’Indiano racconta la sua avventura, apre la tilma e lascia sparpagliarsi per terra i fiori ancora brillanti di rugiada. Con le lacrime agli occhi, Monsignor Zumárraga cade in ginocchio, ammirando le rose del suo paese. Ad un tratto, scorge, sulla tilma, il ritratto di Nostra Signora. Vi è Maria, come impressa sul mantello, bellissima e piena di dolcezza. I dubbi del vescovo lasciano il posto ad una solida fede e ad una speranza incantata. Prende la tilma e le rose, e le deposita rispettosamente nel suo oratorio privato. Il giorno dopo, si reca con Juan Diego sulla collina delle apparizioni. Dopo aver esaminato i luoghi, lascia che il veggente torni dallo zio. Juan Bernardino è effettivamente guarito. La guarigione si è prodotta all’ora stessa in cui Nostra Signora appariva a suo nipote. Racconta: “L’ho vista anch’io. È venuta proprio qui e mi ha parlato. Vuole che le si eriga un tempio sulla collina di Tepeyac e che si chiami il suo ritratto «Santa Maria di Guadalupe». Ma non mi ha spiegato perché”. Il nome di Guadalupe è ben noto agli Spagnoli, poiché esiste nel loro paese un antichissimo santuario consacrato a Nostra Signora di Guadalupe.

La notizia del miracolo si sparge rapidamente; in poco tempo, Juan Diego diventa popolare: «Accrescerò la tua fama», gli aveva detto Maria; ma l’Indiano rimane sempre altrettanto umile. Per facilitare la contemplazione dell’Immagine, Monsignor Zumárraga fa trasportare la tilma nella cattedrale. Poi intraprende la costruzione di una chiesetta e di un eremo, per Juan Diego, sulla collina delle apparizioni. Il 25 dicembre seguente, il vescovo consacra la cattedrale alla Santissima Vergine, al fine di ringraziarla per i favori insigni di cui Ella ha ricolmato la diocesi; poi, in una magnifica processione, l’Immagine miracolosa viene portata verso il santuario di Tepeyac, che è appena stato ultimato. Per manifestare la loro gioia, gli Indiani tirano frecce. Una di esse, lanciata senza precauzioni, trafigge la gola di uno dei presenti che cade a terra, ferito mortalmente. Subentra un silenzio impressionante ed una supplica intensa sale verso la Madre di Dio. Improvvisamente, il ferito, che è stato depositato ai piedi dell’Immagine miracolosa, riprende i sensi e si rialza, pieno di vigore. L’entusiasmo della folla è al colmo.
    Milioni d’indiani diventati Cristiani
Juan Diego si sistema nel piccolo eremo e veglia alla manutenzione ed alla pulizia del luogo. La sua vita rimane molto modesta: coltiva con cura un campo messo a sua disposizione presso il santuario. Riceve i pellegrini, sempre più numerosi, parlando loro con molto piacere della Santa Vergine e raccontando senza stancarsi i particolari delle apparizioni. Gli vengono affidate intenzioni di preghiere di ogni genere. Ascolta, compatisce, conforta. Passa una gran parte del suo tempo libero in contemplazione davanti all’immagine della sua Signora; i suoi progressi sulla via della santità sono rapidi. Un giorno dopo l’altro, compie la sua missione di testimone, fino alla morte che avverrà il 9 dicembre 1548, diciassette anni dopo la prima apparizione.
Quando gli Indiani appresero la notizia delle apparizioni di Nostra Signora, si sparsero fra loro un entusiasmo ed una gioia indicibili. Rinunciando agli idoli, alle superstizioni, ai sacrifici umani ed alla poligamia, molti chiesero il Battesimo. Nei nove anni che seguirono le apparizioni, nove milioni di loro furono convertiti alla fede cristiana, vale a dire 3000 al giorno!
I particolari dell’Immagine di Maria colpiscono profondamente gli Indiani: quella donna è più grande del “dio-sole”, poiché appare in piedi davanti al sole; supera il “dio-luna”, poiché tiene la luna sotto ai suoi piedi; non è più di questo mondo, poiché è circondata di nuvole ed è tenuta al di sopra del mondo da un angelo; le mani giunte la mostrano in preghiera, il che significa che c’è qualcuno di più grande di lei…
Ma, ancora oggi, il mistero dell’Immagine miracolosa è grande. La tilma, vasto grembiule tessuto a mano con fibre di cactus, porta l’Immagine sacra di un’altezza di 1,43 m. Il viso della Vergine è perfettamente ovale e di un color grigio che tende al rosa. Gli occhi hanno un’intensa espressione di purezza e di dolcezza. La bocca sembra sorridere. La bellissima faccia, simile a quella di un’Indiana meticcia, è incorniciata da una chioma nera che, vista da vicino, comporta capelli di seta. Un’ampia tunica, di un rosa incarnato che non si è mai potuto riprodurre, la copre fino ai piedi. Il mantello, azzurro-verde, è bordato di un gallone d’oro e cosparso di stelle. Un sole di vari toni forma uno sfondo magnifico in cui brillano raggi d’oro.
La conservazione della tilma, dal 1531 ad oggi, rimane inspiegabile. In capo a più di quattro secoli, la stoffa, di qualità mediocre, conserva la stessa freschezza, la stessa vivacità di toni che aveva in origine. In confronto, una copia dell’Immagine di Nostra Signora di Guadalupe, dipinta con gran cura nel secolo XVIII e conservata nelle stesse condizioni climatiche di quella di Juan Diego, si è completamente degradata in pochi anni. All’inizio del secolo XX, periodo doloroso di rivoluzioni per il Messico, una carica di dinamite fu depositata da miscredenti sotto l’Immagine, in un vaso pieno di fiori. L’esplosione ha distrutto i gradini di marmo dell’altare maggiore, i candelabri, tutti i portafiori; il marmo dell’altare fu fatto a pezzi, il Cristo di ottone del tabernacolo si piegò in due. I vetri della maggior parte delle case circostanti la basilica si ruppero, ma quello che proteggeva l’Immagine non fu nemmeno incrinato; l’Immagine rimase intatta.
    Le proprietà straordinarie dell’immagine
Nel 1936, uno studio realizzato su due fibre della tilma, una rossa ed una gialla, giunse a conclusioni stupefacenti.

Le fibre non contengono nessun colorante noto. L’oftalmologia e l’ottica confermano la natura inspiegabile dell’immagine: essa assomiglia ad una diapositiva proiettata sul tessuto. Un esame approfondito mostra che non vi è nessuna traccia di disegno o di schizzo sotto il colore, anche se ritocchi perfettamente riconoscibili sono stati realizzati sull’originale, ritocchi che, del resto, si degradano con l’andar del tempo; inoltre, il supporto non ha ricevuto nessun appretto, il che sembrerebbe inspiegabile se si trattasse veramente di una pittura, poiché, anche su una tela più fine, si mette sempre un rivestimento, non fosse che per evitare che la tela assorba la pittura e che i fili affiorino alla superficie. Non si distingue nessuna pennellata. A seguito di un esame a raggi infrarossi, effettuato il 7 maggio 1979, un professore della NASA scrive: «Non c’è nessun modo di spiegare la qualità dei pigmenti utilizzati per la veste rosa, il velo azzurro, il volto e le mani, né la persistenza dei colori, né la freschezza dei pigmenti in capo a parecchi secoli durante i quali avrebbero dovuto normalmente degradarsi… L’esame dell’Immagine è stata l’esperienza più sconvolgente della mia vita».

Certi astronomi hanno constatato che tutte le costellazioni presenti nel cielo nel momento in cui Juan Diego apre la tilma davanti al vescovo Zumárraga, il 12 dicembre 1531, si trovano al loro posto sul mantello di Maria. Si è anche scoperto che, applicando una carta topografica del Messico centrale sulla veste della Vergine, le montagne, i fiumi ed i laghi principali coincidono con l’ornamentazione della veste medesima.
Gli occhi della Vergine

Gli occhi della Morenita si rivolgono verso qualcuno o qualcosa che le sta davanti a livello inferiore e posto sulla destra. La cornea e l’iride sono di una stupenda bellezza e danno, tramite il cristallino, la sensazione della profondità. La superficie stessa del cristallino brilla come se avesse davanti una sorgente luminosa per cui i riflessi sono carichi di splendore. Gli occhi sono vivi come se appartenessero ad una persona che guarda realmente e non ad una immagine dipinta. Infine, la rete venosa normale microscopica sulle palpebre e la cornea degli occhi della Vergine è perfettamente riconoscibile. Nessun pittore umano avrebbe potuto riprodurre simili particolari.

Nel 1929 il fotografo A.M. Gonzales riuscì ad individuare nell’occhio destro della Morenita una sagoma umana; nel 1951 il fotografo C. Solinas riconobbe, ingrandendo l’occhio destro, una precisa sagoma umana che identificò con il veggente Juan Diego, perché identica al più antico ritratto del veggente. Tra il luglio 1956 e maggio del 1958 gli occhi della Vergine vengono esaminati con un sofisticato oftalmoscopio dal noto chirurgo messicano T. Lovoignet che conferma la presenza di riflessi umani in ambedue gli occhi.
Nel 1976 una equipe dell’Istituto di oftalmologia di Città del Messico, guidata dal dottore J. Tottoella, fece esperimenti sugli occhi sia separatamente che contemporaneamente, per determinare le precise angolature. Durante gli anni ’80 gli occhi della Morenita vengono ingranditi di 2500 volte le dimensioni originarie, pari a 25.000 punti luminosi su un millimetro quadrato. Per fare questo esperimento, Tonsmann usò le stesse apparecchiature elettroniche dell’astronave Viking per analizzare la superficie del pianeta Marte. La scoperta fu eccezionale:  negli occhi della Morenita non c’era soltanto la sagoma di Juan Diego, ma il riflesso di un vero quadro di gruppo. Le figure che si riflettono negli occhi della Madonna rispettano le regole fisiologiche dell’ottica umana, codificate più tardi da due scienziati: il boemo Giovanni Purkynje e il francese Louis Sanson. I due punti fondamentali della legge ottica, perfettamente riscontrati negli occhi della Vergine di Guadalupe, sono:
1) Quando guardiamo un oggetto esso si riflette in ciascun occhio non con un solo riflesso, ma con tre differenti immagini; la causa di questo è la curvatura della cornea;
2) Le tre immagini si riflettono in questo modo: la prima, grande e dritta, nella superficie anteriore e interna della corna, la seconda nella superficie anteriore del cristallino e la terza, piccola e rovesciata, nella superficie sempre del cristallino.
Nella cornea dell’occhio destro della Vergine vi è il viso di un uomo in cui si intravedono bene il collo, la barba, il torace e la spalla destra. La figura si piega rispettando la curvatura della cornea. Nell’angolo interno dell’iride dell’occhio sinistro della Vergine si vede un indio seduto per terra con le gambe incrociate. Si distinguono bene i sandali, e capelli legati e persino un orecchino. Si nota poi un uomo anziano con pochi capelli, gote sporgenti e nel cui occhio sinistro sembra sgorgare una lacrima. Tra i pochi capelli si nota la tipica chierica dei francescani. Questo volto è straordinariamente simile a quello del Vescovo Zumàrraga, il Vescovo delle apparizioni, raffigurato dal pittore Miguel Cabrera in un suo famoso dipinto del XVIII secolo.
Nel centro dell’iride della Vergine c’è un volto rotondo che guarda nella stessa direzione del Vescovo ed è molto vicino a lui. Sembra un giovane, ed è stato identificato come Juan Gonzalez, l’interprete del Vescovo Zumàrraga.
All’esterno dell’occhio sinistro si vede bene un indigeno con un cappello tipo sombrero. Mostra età matura, ha barba e baffi, occhi incavati e un cappuccio a punta. Apre con le braccia distese un mantello in direzione dell’uomo anziano identificato come Zumàrraga. L’indigeno è sicuramente Juan Diego nell’atto di mostrare i fiori dentro il mantello al Vescovo. Poi si vede il volto di una donna nera, e questo lascia supporre che la scena si svolse nel palazzo del Vescovo Zumàrraga che, secondo lo storico Cuevas, nella sua Storia della chiesa messicana, aveva veramente una inserviente di colore, cui concederà più tardi libertà, dopo anni di fedele servizio.
Sembra quindi che la Vergine fosse nella stanza in cui avveniva il miracolo, restava invisibile ai presenti ma vedeva tutti, compreso Juan Diego con il suo mantello. I suoi occhi hanno come fotografato la scena e ciò che i presenti hanno visto è rimasto chiaramente impresso nelle pupille della Vergine. Straordinario!
Tutti gli scienziati che hanno esaminato il mantello di Guadalupe hanno concordemente affermato come sia assolutamente impossibile per qualsiasi artista umano dipingere o creare un’opera tanto particolare, fine e nitida dentro l’occhio della Vergine, su un materiale tanto rozzo come quello dell’ayete (la materia prima del mantello).
    Una donna incinta di tre mesi

Misure ginecologiche hanno stabilito che la Vergine dell’Immagine ha le dimensioni fisiche di una donna incinta di tre mesi. Sotto la cintura che trattiene la veste, al posto stesso dell’embrione, spicca un fiore con quattro petali: il Fiore solare, il più familiare dei geroglifici degli Aztechi che simboleggia per loro la divinità, il centro del mondo, del cielo, del tempo e dello spazio. Dal collo della Vergine pende una spilla il cui centro è adorno di una piccola croce, che ricorda la morte di Cristo sulla Croce per la salvezza di tutti gli uomini. Vari altri particolari dell’Immagine di Maria fanno di essa uno straordinario documento per la nostra epoca, che li può constatare grazie alle tecniche moderne.

Così la scienza, che ha spesso servito quale pretesto per l’incredulità, oggi ci aiuta a mettere in evidenza segni che erano rimasti sconosciuti per secoli e secoli e che non può spiegare.
Inoltre, con il suo intervento in favore del popolo azteco, la Vergine ha contribuito alla salvezza di innumerevoli vite umane, e la sua gravidanza può esser interpretata come un appello speciale in favore dei nascituri e della difesa della vita umana; tale appello è di grande attualità ai giorni nostri, in cui si moltiplicano e si aggravano le minacce contro la vita delle persone e dei popoli, soprattutto quando si tratta di una vita debole ed inerme. Il Concilio Vaticano II ha deplorato con forza i crimini contro la vita umana: “Tutto ciò che è contro la vita stessa, come ogni specie di omicidio, il genocidio, l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario, TUTTO CIÒ CHE VIOLA L’INTEGRITÀ’ DELLA PERSONA UMANA… (…); tutte queste cose, e altre simili, sono certamente VERGOGNOSE. Mentre GUASTANO LA CIVILTÀ UMANA, disonorano coloro che così si comportano più ancora che quelli che le subiscono e ledono grandemente l’onore del Creatore” (“Gaudium et Spes”, n.27).
Di fronte a tali flagelli, che si sviluppano grazie ai progressi scientifici e tecnici, e che beneficiano di un ampio consenso sociale e di riconoscimenti legali, invochiamo Maria con fiducia.
Domandiamo a San Juan Diego, canonizzato da Papa Giovanni Paolo II il 31 luglio 2002, di ispirarci una vera devozione per la nostra Madre Celeste, poiché «la compassione di Maria si estende a tutti coloro che la chiedono, non fosse che con un semplice saluto: “Ave, Maria…”» (Sant’Alfonso de Liguori). Lei, che è Madre di Misericordia, ci otterrà la Misericordia di Dio, specialmente se saremo caduti in peccati gravi.
Vergine Immacolata di Guadalupe, Madre di Gesù e Madre nostra, vincitrice del peccato e nemica del Demonio, Tu ti manifestasti sul colle Tepeyac in Messico all’umile e generoso contadino Juan Diego. Sul suo mantello imprimesti la Tua dolce Immagine come segno della Tua presenza in mezzo al popolo e come garanzia che avresti ascoltato le sue preghiere e addolcito le sue sofferenze. Maria, Madre amabilissima, noi oggi ci offriamo a te e consacriamo per sempre al tuo Cuore Immacolato tutto quanto ci resta di questa vita, il nostro corpo con le sue miserie, la nostra anima con le sue debolezze, il nostro cuore con i suoi affanni e desidèri, le preghiere, le sofferenze, l’agonia. 
O Madre dolcissima, ricordati sempre dei tuoi figli. 
Se noi, vinti dallo sconforto e dalla tristezza, dal turbamento e dall’angoscia, dovessimo qualche volta dimenticarci di te, allora, Madre pietosa, per l’amore che porti a Gesù, ti chiediamo di proteggerci come figli tuoi e di non abbandonarci fino a quando non saremo giunti al porto sicuro, per gioire con Te, con tutti i Santi, nella visione beatifica del Padre. Amen. 
       Madonna di Guadalupe, prega per noi
Salve Regina … 

 

La Vergine della Rivelazione spiega a Bruno Cornacchiola come pregare il Santissimo Rosario

Nella domenica delle Palme del 1948, mentre Bruno stava pregando nella chiesa d’Ognissanti, gli apparve nuovamente la Vergine della Rivelazione. Questa volta però aveva nelle mani la corona del rosario e subito gli disse che «è il momento che ti insegno come si recita questa cara e santa preghiera. Come ti dissi che sono frecce d’amore e d’oro che raggiungono e arrivano al cuore di mio Figlio Gesù Cristo, morto per voi e per chi crede in lui e cammina nella vera Chiesa. I nemici cercheranno di dividerla, ma la preghiera che dite con fede e amore la tiene unita, nell’amore del Padre, nell’amore del Figlio e nell’amore dello Spirito Santo».

Ecco le sue indicazioni:

«Prendi con l’indice e il pollice il crocifisso e segnati facendo la croce sopra di te, che è una benedizione personale. Toccandoti la fronte dirai: ‘Nel nome del Padre’; toccandoti il petto: ‘e del Figlio’; ora la spalla sinistra: ‘e dello Spirito’; e la spalla destra: ‘Santo. Amen’. Ora, tenendo sempre il crocifisso tra le due dita, che simboleggiano il Padre e il Figlio, e la mano lo Spirito Santo, dirai con vera e persuasa fede il Credo. Il Credo lo Spirito Santo lo ha dettato agli apostoli e alla Chiesa autorità visibile, perché il Credo è la verità trinitaria. Io sono in essa perché Madre del Verbo, Dio uno e trino, nel vero amore della Chiesa per la salvezza delle anime. Sono l’incarnazione dello Spirito Santo. Ora il grano più grande è per recitare la preghiera che mio Figlio insegnò agli apostoli, il Padre nostro, e nei tre grani piccoli si ripete l’angelo che mi parla, io che rispondo, Elisabetta che riconosce Dio fatto carne in me e l’implorazione fatta da voi verso di me, vostra Madre nella grazia e misericordia trinitaria. Riprendi ora il crocifisso e ripeti con me: ‘O Dio, vieni a salvarmi’; ‘Signore. vieni presto in mio aiuto’. Aggiungi un Gloria. Vedi che s’implora nel santo — così lo chiamerai da oggi in poi — rosario l’aiuto di Dio per la salvezza. È la cosa più preziosa che l’uomo deve custodire. Dando gloria alla santissima Trinità, col santo rosario, sono per voi la Calamita della Trinità, unita nell’amore del Padre e nell’amore del Figlio, generato eterno dal Padre e nel tempo da me e nell’amore dello Spirito Santo che procede e dal Padre e dal Figlio. Sono cose che ti farò capire nel tempo e con grandi sofferenze. Ogni mistero che chiarisce la vita a ogni anima spirituale dirai: ‘Nel primo mistero d’amore si contempla’. Oppure, per voi più chiaro: ‘Nel primo mistero d’amore gaudioso-doloroso-glorioso meditiamo’; ciò che si deve meditare lo prenderai dalla Parola di Dio. Così ogni giorno mediterai tutto il piano dell’economia di Dio per la redenzione dell’umanità. Così ripeterai per ogni mistero d’amore in tutta la settimana. Questo, lo ripeto, coopera molto alla salvezza delle anime, e mantiene ferrea la fede e fa vincere la lotta contro il male diabolico. Tutto quello che io domando alla santissima Trinità mi viene concesso perché sono Figlia del Padre, sono Madre del Figlio e sono Sposa immacolata dello Spirito Santo, Tempio scelto per la redenzione».

Così spiegherà con chiarezza a Cornacchiola nell’apparizione dell0 dicembre 1983, dettagliando quindi sei punti:

«a) Tutti coloro che si mettono sotto il mio verde manto della misericordia saranno da me protetti. b) Se il mondo ascolta quello che ho sempre detto nelle mie apparizioni, la mia influenza presso la santissima Trinità non mancherà per apportare la pace sul mondo devastato dal peccato. c) Imparate da mio Figlio che ha tanto amato gli uomini della Terra da dare se stesso per salvarli. Questo è amore e come lui amò e come io vi amo in lui, per lui e con lui: amatevi, o peccatori, che io vi amo, sono vostra Madre. d) Questo che sto per dirvi è impossibile, ma ammettiamo che mio Figlio avesse rinunciato a morire in croce, ebbene avrei fatto del tutto per soffrire e morire io al suo posto. Vedete quanto vi ama una Madre che attende da voi amore per le cose sante della redenzione poste nel luogo santo fondato da Gesù: la Chiesa! e) Per tutto quello che voi fate per onorarmi, specialmente vivendo la dottrina di mio Figlio tramite la Chiesa e il suo capo visibile e pregando con fede e amore le Ave Maria, io vi prometto protezione, benedizione e misericordia. f) In ogni vostro giorno cerco con tutti i mezzi, anche col castigo, di salvare più peccatori che mi è possibile strappandoli dalle catene del peccato satanico».

Fonte: Il veggente “I segreti dei diari di Bruno Cornacchiola” di Saverio Gaeta. Editore Salani.

La più bella descrizione della Madonna

 

Descrizione della Madonna fatta da Melania Calvat

La Vergine Santissima era molto alta e ben proporzionata. Sembrava essere tanto leggera che sarebbe bastato un soffio a farla muovere, però era immobile e molto stabile. La sua fisionomia era maestosa, imponente come sono i signori di questa terra. Imponeva una timidezza rispettosa, mentre la Sua maestà, che imponeva rispetto misto ad amore, attirava a Lei. Il Suo sguardo era dolce e penetrante, i Suoi occhi sembrava che parlassero con i miei, ma la conversazione proveniva da un profondo e vivo sentimento d’amore verso questa attraente bellezza che mi liquefaceva. La dolcezza del Suo sguardo, l’aria di bontà incomprensibile facevano intendere e sentire che Ella attirava a sé per donarsi. Era un’espressione d’amore che a parole non si può esprimere e nemmeno con le lettere dell’alfabeto.

L’abito della Vergine SS. era bianco e argentato, molto splendente. Non aveva nulla di materiale, era fatto di Luce e di Gloria variato e scintillante. Sulla terra non vi sono espressioni né paragoni da poter fare. La Vergine SS. era tutta bella e tutta fatta d’amore. Guardandola, io languivo per fondermi in Lei. Dai Suoi ornamenti, come dalla Sua Persona, da tutto trapelava la maestà, lo splendore, la magnificenza fulgente, celeste, fresca, nuova come una vergine. Sembrava che la parola amore sfuggisse dalle Sue labbra argentee e pure.

Aveva l’apparenza di una mamma affettuosa, piena di bontà, di amabilità, di amore per noi, di compassione e di misericordia. La corona di rose che portava sulla testa era così bella, così brillante da non potersene fare un’idea. Le rose, di diversi colori, non erano di questa terra. Era un insieme di fiori che circondava il capo della Vergine SS. proprio in forma di corona; ma le rose cambiavano e si ricambiavano. Poi, dal centro di ogni rosa, usciva una luce così bella che rapiva, e faceva sì che la loro bellezza risplendesse. Dalla corona di rose uscivano come dei rami d’oro e tanti piccoli fiori misti a brillanti. Il tutto formava un diadema che da solo brillava più del nostro sole terreno.

La Vergine portava una preziosissima Croce sospesa al collo. Questa croce sembrava d’oro; dico d’oro per non dire un pezzo d’oro. A volte ho visto degli oggetti dorati con alcune sfumature, ciò che faceva ai miei occhi un effetto più di un semplice pezzo d’oro. Su questa bella Croce piena di luce, vi era il Cristo Nostro Signore con le braccia stese sulla Croce. Quasi alle due estremità della Croce, vi erano da una parte un martello e dall’altra una tenaglia. Il Cristo era color carne naturale ma riluceva con grande splendore, e la luce che usciva da tutto il Suo corpo sembrava come dardi lucentissimi che mi infiammavano il cuore per il desiderio di perdermi in Lui. A volte il Cristo sembrava morto, aveva la testa inclinata e il corpo rilassato, quasi cadesse se non fosse stato trattenuto dai chiodi che lo fissavano sulla Croce. Io ne avevo una viva compassione.

Avrei voluto comunicare al mondo intero il Suo amore sconosciuto e infondere nelle anime dei mortali, il più sentito amore e la più viva riconoscenza verso un Dio che non aveva assolutamente bisogno di noi, per essere quello che è, ciò che era e ciò che sempre sarà. E tuttavia, oh amore incomprensibile per l’uomo, si è fatto uomo, ha voluto morire, si morire per poter meglio scrivere nelle nostre anime e nella nostra memoria il pazzo amore che ha per noi. Oh! Come mi sento infelice nel constatare la mia povertà di espressione nel riferire l’amore del Nostro buon Salvatore ha per noi. Ma d’altra parte come siamo felice di poter sentire meglio ciò che non possiamo esprimere. Altre volte il Cristo sembrava vivo. Aveva la testa dritta, gli occhi aperti e sembrava sulla Croce di Sua volontà. A volte anche pareva che parlasse, sembrava mostrasse che era in Croce per noi, per amor nostro, per attirarci al Suo amore, che ha sempre un nuovo amore per noi. Che il Suo amore dell’inizio, dell’anno 33, è sempre quello di oggi e lo sarà sempre.

Mentre mi parlava la Vergine SS. piangeva ininterrottamente. Le sue lacrime cadevano l’una dopo l’altra lentamente, fin sopra le ginocchia, poi, come scintille di luce, sparivano. Erano splendide e piene d’amore, avrei voluto consolarla e non farla piangere ma mi sembrava che Ella avesse bisogno di mostrare le Sue lacrime per meglio manifestare il Suo amore dimenticato dagli uomini. Avrei voluto gettarmi fra le Sue braccia e dirle « Mia buona Madre non piangete, io voglio amarvi per tutti gli uomini della Terra », ma mi sembrava che mi rispondesse « Ve ne sono molti che non mi conoscono ». Ero fra la morte e la vita vedendo da un lato tanto amore, tanto desiderio di essere amata e dall’altro tanta freddezza e indifferenza. Oh! Madre mia tutta bella e tanto amabile, amore mio, cuore del mio cuore. Le lacrime della nostra tenera Madre, lungi dal diminuire la Sua Maestà di Regina e Sovrana, sembravano invece renderla più bella, più potente, più piena d’amore, più materna, più attraente. Avrei mangiato le Sue lacrime che facevano sobbalzare il mio cuore di compassione e di amore. Veder piangere una madre, ed una tale Madre, senza adoperare tutti i mezzi possibili per consolarla, per cambiare i Suoi dolori in gioia, si può comprendere? Oh! Madre, più chebuona, Voi siete stata formata di tutte le prerogative di cui Dio è capace. Voi avete, in un certo senso, esaurito la potenza di Dio. Voi siete buona ed ancora buona della bontà di Dio stesso. Dio formandovi, come Suo capolavoro celeste e terrestre, Si è reso ancora più grande. La Vergine SS. Aveva un grembiule giallo, ma che dico giallo?

Aveva il grembiule più luminoso di più soli messi insieme. Non era una stoffa materiale ma un composto di Gloria, e questa Gloria era risplendente di una bellezza che rapiva. Tutto nella Vergine Santissima mi portava ad adorare e ad amare il mio Gesù in tutti i dettagli della Sua vita mortale. La Vergine SS. Aveva due catene, una un po’ più larga dell’altra. A quella più stretta era sospesa la Croce di cui ho parlato sopra. Queste catene, non posso chiamarle diversamente, erano come raggi di Gloria, di un gran chiarore che variava e scintillava. Le scarpe, poiché così bisogna chiamarle, erano bianche, ma di un bianco argenteo, brillante e attorno vi erano delle rose. Queste rose erano di una bellezza abbagliante e dal centro di ognuna usciva come una fiamma di luce bellissima e gradevolissima. Sulle scarpe vi era un fermaglio d’oro, ma non oro di questo mondo bensì del Paradiso.

La visione della Vergine SS. era di per se un intero Paradiso. Lei aveva con se tutto quanto poteva dare soddisfazione poiché si dimenticava questa Terra. La Madonna era circondata da due luci. La prima a Lei più vicina arrivava fino a noi e brillava con vivissimo splendore. La seconda luce si spandeva un po’ più attorno alla bella Signora e noi ci trovavamo immersi in essa ed era immobile, cioè non brillava e molto più luminosa del nostro sole terrestre. Tutte queste luci non facevano male agli occhi e non affaticavano la vista. Oltre queste luci e tutto questo splendore, vi erano altri fasci di luce o altri raggi di sole come se nascessero dal corpo della Vergine, dai suoi abiti, dappertutto.

La voce della bella Signora era dolce, incantava, rapiva e faceva bene al cuore, saziava, appianava ogni ostacolo, calmava, addolciva. Mi sembrava come se volessi sapere e saziarmi della Sua bella voce e il mio cuore pareva ballare o volerLe andare incontro per struggersi in Lei. Gli occhi della SS. Vergine, nostra tenera Madre, non possono essere descritti da lingua umana. Per parlarne occorrerebbe un serafino, più ancora, occorrerebbe la lingua stessa di Dio, di quel Dio che formò la Vergine Immacolata capolavoro della Sua Onnipotenza. Gli occhi della augusta Maria sembravano mille e mille volte più belli dei brillanti, dei diamanti, delle pietre preziose più ricercate, brillavano come due soli, erano dolci come la stessa dolcezza, limpidi come uno specchio. In quei Suoi occhi si vedeva il Paradiso, attiravano a Lei, sembrava che Ella volesse donarsi e attirare. Più la guardavo, più desideravo guardarla, e più la guardavo più l’amavo e l’amavo con tutte le mie forze. Gli occhi della bella Immacolata erano come la porta di Dio, laddove si vedeva tutto quanto poteva inebriare l’anima. Quando i miei occhi si incontravano con quelli della Madre di Dio e mia sentivo dentro di me una gioiosa rivoluzione d’amore ed una protesta d’amarla e di struggermi d’amore. Guardandoci i nostri occhi a loro modo si parlavano e l’amavo talmente che avrei voluto abbracciarLa proprio nell’intimo stesso di quegli occhi che mi intenerivano l’anima e sembravano attrarla e farla fondere con la Sua. I Suoi occhi comunicavano un dolce tremito a tutto il mio essere e temevo di fare il più piccolo movimento per paura che Le potesse essere minimamente sgradevole. La sola vista dei Suoi occhi sarebbe bastata per costituire il Cielo di un beato, sarebbe bastata per far entrare un’anima nella pienezza della Volontà dell’Altissimo per tutti gli avvenimenti che capitano nel corso della vita mortale. Sarebbe bastata per far fare a quest’anima degli atti di lode, di ringraziamento, di riparazione, di espiazione.

Questa visione da sola concentra l’anima in Dio e la rende come una morta vivente che guarda tutte le cose della terra, anche quelle che sembrano più serie, come se fossero semplici giochi di bambini. L’anima vorrebbe soltanto sentir parlare di Dio e di tutto ciò che riguarda la Sua gloria. Il peccato è il solo male che lei vede sulla terra, se Dio non la sostenesse ne morirebbe di dolore. Amen.

 

 

Il Reliquiario

 

Il Santuario della Madonna delle Lacrime, a Siracusa, oltre a custodire il quadretto del miracolo, possiede anche un prezioso Reliquiario contente la viva ed inconfutabile testimonianza dell’evento: le lacrime di Maria.

L’autore e l’artista è stato il prof. Biagio Poidimani di Siracusa, professore all’Accademia delle Belle Arti di Roma.

Il Reliquiario poggia su un piede dalla base ottagonale e, al di sopra della impugnatura, vi sono tre piani sovrapposti.

Nel primo piano vi è custodita parte di un panno ricamato utilizzato dalla sig.ra Antonina Giusto per coprire e custodire il quadretto, che spesso era interamente bagnato dalle lacrime; la metà di un fazzoletto anch’esso impregnato di lacrime, donato dalla sig.ra Lisetta Toscano Piccione; la provetta in cui fu riposto il liquido prelevato dagli occhi del quadretto dalla Commissione Scientifica il 1° settembre (circa 30 gocce); alcuni batuffoli di cotone.

Agli angoli della teca vi sono quattro statue: S. Lucia, patrona della città di Siracusa; S. Marziano, primo vescovo della città; S. Pietro e S. Paolo, colonne portanti della Chiesa, legati alla storia della prima comunità cristiana a Siracusa: Paolo perché secondo gli Atti degli Apostoli è rimasto tre giorni a Siracusa; Pietro perché secondo la tradizione, quando era vescovo di Antiochia, ha inviato il suo discepolo Marziano come primo vescovo della città di Siracusa.

Nel secondo piano quattro pannelli ricordano il prodigio: la riproduzione del quadretto prodigioso; la lacrimazione nella camera da letto dei coniugi Iannuso; l’esposizione del quadretto in via degli Orti; il quadretto posto in piazza Euripide, primo “Santuario” all’aperto.

Nel terzo piano, infine, custodita da quattro angeli, sta l’urna di vetro in cui vi è la fialetta che contiene le ultime lacrime, quelle rimaste dopo l’indagine scientifica.

L’8 maggio 1954, il Reliquiario fu sigillato e fu firmata la pergamena che ne attesta l’autenticità.

Sulla base del Reliquiario vi è una incisione in latino: “O Vergine delle Lacrime, strappa dalla durezza del nostro cuore lacrime di pentimento – 29 agosto 1953”.

(http://www.madonnadellelacrime.it)

Perchè la Madonna piange?

 

«Comprenderanno gli uomini l’arcano linguaggio di queste lacrime?», si chiedeva Papa Pio XII, nel Radiomessaggio del 1954.

Maria a Siracusa non ha parlato come a Caterina Labouré a Parigi (1830), come a Massimino e Melania a La Salette (1846), come a Bernadette a Lourdes (1858), come a Francesco, Giacinta e Lucia a Fatima (1917), come a Mariette a Banneux (1933).

Le lacrime sono l’ultima parola, quando non ci sono più parole.

Le lacrime di Maria sono il segno dell’amore materno e della partecipazione della Madre alle vicende dei figli. Chi ama condivide.

Le lacrime sono espressione dei sentimenti di Dio verso di noi: un messaggio di Dio all’umanità.
L’invito pressante alla conversione del cuore e alla preghiera, rivoltoci da Maria nelle sue apparizioni, ci viene ancora una volta ribadito attraverso il linguaggio silenzioso ma eloquente delle lacrime versate a Siracusa.

Maria ha pianto da un umile quadretto di gesso; nel cuore della città di Siracusa; in una casa vicina ad una chiesa cristiana evangelica; in una abitazione molto modesta abitata da una giovane famiglia; su una mamma in attesa del suo primo bambino ammalata di tossicosi gravidica. Per noi, oggi, tutto ciò non può essere senza significato…

Dalle scelte fatte da Maria per manifestarci le sue lacrime è evidente il tenero messaggio di sostegno e di incoraggiamento della Madre: Ella soffre e lotta insieme a coloro che soffrono e lottano per difendere il valore della famiglia, l’inviolabilità della vita, la cultura dell’essenzialità, il senso del Trascendente di fronte all’imperante materialismo, il valore dell’unità. Maria con le sue lacrime ci ammonisce, ci guida, ci incoraggia, ci consola.

 

La Madonna del Carmine

L’ordine dei Padri Carmelitani, nato sul Monte Carmelo (in Palestina) , ha vissuto la sequela di Cristo ispirandosi alla Vergine Santissima ed ha dedicato ad essa la prima cappella meritando il titolo dell’Ordine dei “fratelli della Madonna del Monte Carmelo”.

La nuvoletta vista sul Monte Carmelo “come mano d’uomo” che indicava al Profeta Elia la fine della siccità, è stata sempre vista come il segno di Maria che avrebbe donato al mondo la Grazia e le grazie, cioè Gesù.

Maria Madre e Regina, continua ad essere il modello di quella preghiera contemplativa che rapì Elia, dopo avere ascoltato quel “suono di un sottile silenzio”, sull’Oreb. Maria è pure considerata la stella del mare che conduce a Gesù. Ma l’attenzione a Maria non è rimasta chiusa nei chiostri dei conventi Carmelitani. L’espandersi dell’Ordine nel mondo ha fatto in modo che moltissime persone consacrassero la loro vita a Maria.

Questa consacrazione o affidamento, come oggi si dice, viene realizzato attraverso un segno, il Santo Abitino, che rappresenta il manto di Maria sotto la cui protezione i fedeli vogliono vivere. L’abito religioso d’altronde era diventato nei secoli non solo una manifestazione di uno stile di vita differente da quello del mondo, ma una identità, un riconoscimento della famiglia di appartenenza. La sua forgia riportava agli anni della nascita dell’Istituto. Gli addetti ai servizi in quei tempi portavano una specie di grembiule che scendeva davanti e dietro le spalle. Era comodo per non sporcare la veste sottostante e per portare frutta o materiale superiore alla capienza delle mani. Era chiamato scapolare, perché pendeva dalle scapole. Il colore spesso indicava a quale famiglia appartenesse il servo.

L’abito, quando i carmelitani vennero in Europa, divenne marrone (i primi tempi era a strisce). Così il suo scapolare. Anzi proprio questo acquistò il significato di appartenenza non solo ad un Ordine di Maria, ma a Maria stessa. La tradizione ce lo fa vedere donato dalla stessa Vergine Santissima, nel 1251, in un momento di particolare necessità come segno di protezione e predilezione per l’Ordine Carmelitano e per tutti coloro che l’avessero indossato. Questa protezione di Maria sarebbe stata un dono non solo per la vita presente, ma anche per quella futura. Così si attribuì al Papa Giovanni XXII° una promessa della stessa Santissima Vergine, che il Sabato successivo alla morte, sarebbe scesa in Purgatorio a liberare le anime rivestite di quel Santo Abito per portarle in paradiso (Privilegio Sabatino).

La Chiesa, ha riconosciuto e apprezzato questo segno attraverso la vita di tanti Santi e di molti Sommi Pontefici che l’hanno raccomodato e portato. In seguito, adattandosi al costume dei tempi, l’ abito della Beata Vergine Maria, fu ridotto nelle dimensioni e divenne un “abitino” , formato da due piccoli pezzi della stessa stoffa dell’abito Carmelitano, uniti da fettucce che permettono di portarlo appoggiato sul petto e dietro le spalle. Più tardi il papa Pio X, per venire incontro alle esigenze moderne, concesse di sostituire quest’abitino con una medaglia recante da una parte l’immagine di Gesù e dall’altra quella della Madonna.

Insieme alla Corona del Rosario, il Santo Scapolare ha acquistato nel mondo un forte segno mariano di protezione da parte di Maria, che ci porta a Gesù, e di impegno da parte nostra di lasciarci guidare da lei, cioè di volere, almeno nel desiderio, vivere come Maria e con Maria, “rivestiti” di Gesù.

 

LO SCAPOLARE (o abitino)

La devozione allo Scapolare è devozione alla Madonna secondo lo spirito e la tradizione ascetica del Carmelo.

Una devozione antica, che conserva tutta la sua validità, se compresa e vissuta nei suoi valori autentici.

Da oltre sette secoli i fedeli portano lo Scapolare del Carmine (detto anche abitino) per assicurarsi la protezione di Maria in tutte le necessità della vita e, in particolare, per ottenere, mediante la sua intercessione, la salvezza eterna e una sollecita liberazione dal Purgatorio.

La promessa di queste due grazie dette pure “Privilegi dello Scapolare” sarebbe stata fatta dalla Madonna a S. Simone Stock e a Papa Giovanni XXII.

PROMESSA della MADONNA

a San SIMONE STOCK

La Regina del Cielo, apparendo tutta raggiante di luce, il 16 luglio 1251, al vecchio generale dell’Ordine Carmelitano, San Simone Stock (il quale L’aveva pregata di dare un privilegio ai Carmelitani), porgendogli uno scapolare – detto comunemente «Abitino» – così gli parlò: «Prendi figlio dilettissimo, prendi questo scapolare del tuo Ordine, segno distintivo della mia Confraternita, privilegio a te e a tutti i Carmelitani. Chi morrà rivestito di questo abito non soffrirà il fuoco eterno; questo è un segno di salute, di salvezza nei pericoli, di alleanza di pace e di patto sempiterno». 

Detto questo, la Vergine scomparve in un profumo di Cielo, lasciando nelle mani di Simone il pegno della Sua Prima «Grande Promessa».

Non bisogna credere minimamente, però, che la Madonna, con la sua Grande Promessa, voglia ingenerare nell’uomo l’intenzione di assicurarsi il Paradiso, continuando più tranquillamente a peccare, o forse la speranza di salvarsi anche privo di meriti, ma piuttosto che in forza della Sua Promessa, Ella si adopera in maniera efficace per la conversione del peccatore, che porta con fede e devozione l’Abitino fino in punto di morte. 

Condizioni

**Il primo scapolare deve essere benedetto ed imposto da un Sacerdote con una sacra formula di consacrazione alla Madonna

( è ottimo andare a richiederne l’imposizione presso un convento di Carmelitani)

L’Abitino, deve essere tenuto, giorno e notte, indosso e precisamente al collo, in modo che una parte scenda sul petto e l’altra sulle spalle. Chi lo porta in tasca, nella borsetta o appuntato sul petto non partecipa alla Grande Promessa

È necessario morire rivestivo del sacro abitino. Chi l’ha portato per tutta la vita e sul punto di morire se lo toglie, non partecipa alla Grande Promessa della Madonna

Quando lo si dovesse sostituire, non è necessaria una nuova benedizione.

Lo scapolare in stoffa può essere anche sostituito dalla Medaglia (Madonna da una parte, S. Cuore dall’altra).

> ALCUNE PRECISAZIONI <

L’Abitino (che non è altro che una forma ridotta dell’abito dei religiosi carmelitani), deve essere necessariamente di panno di lana e non di altra stoffa, di forma quadrata o rettangolare, di colore marrone o nero. L’immagine su di esso, della Beata Vergine, non è necessaria ma è di pura devozione. Scolorandosi l’immagine o staccandosi l’Abitino vale lo stesso. 

L’Abitino consumato si conserva, o si distrugge bruciandolo, e il nuovo non ha bisogno di benedizione. 

Chi, per qualche motivo, non può portare l’Abitino di lana, può sostituirlo (dopo averlo indossato di lana, in seguito all’imposizione fatta dal sacerdote) con una medaglietta che abbia da una parte l’effige di Gesù e del Suo Sacro Cuore e dall’altra quella della Beata Vergine del Carmelo.  

L’Abitino si può lavare, ma prima di toglierlo dal collo è bene sostituirlo con un altro o con una medaglietta, in modo che non si resti mai privi di esso. 

Impegni

Impegni particolari non sono prescritti.

Tutti gli esercizi di pietà approvati dalla Chiesa servono ad esprimere ed alimentare la devozione alla Madre di Dio. Tuttavia è raccomandata la recita quotidiana del Santo Rosario.

Indulgenza parziale

Il pio uso dello Scapolare o Medaglia (per esempio un pensiero, un richiamo, uno sguardo, un bacio…) oltre che favorirci l’unione con Maria SS. e con Dio, ci procura una indulgenza parziale, il cui valore aumenta in proporzione alle disposizioni di pietà e di fervore di ciascuno.

Indulgenza plenaria

Si può acquistare nel giorno in cui si riceve per la prima volta lo Scapolare, nella festa della Madonna del Carmine (16 luglio), di S. Simone Stock ( 16 maggio ), di Sant’Elia profeta ( 20 luglio), di Santa Teresa del Gesù Bambino ( 1 ottobre ), di Santa Teresa d’Avila ( 15 ottobre ), di tutti i Santi Carmelitani ( 14 novembre ), di San Giovanni della Croce ( 14 dicembre ).

Per tali indulgenze sono richieste le seguenti condizioni:

1) Confessione, Comunione Eucaristica, preghiera per il Papa;

2) promessa di voler osservare gli impegni della Associazione dello Scapolare.

PROMESSA della MADONNA

a Papa GIOVANNI XXII:

(PRIVILEGIO SABATINO)

Il Privilegio Sabatino, è una seconda Promessa (riguardante lo scapolare del Carmine) che la Madonna fece in una Sua apparizione, ai primi del 1300, al Pontefice Giovanni XXII, al quale, la Vergine comandò di confermare in terra, il Privilegio ottenuto da Lei in Cielo, dal Suo diletto Figlio. 

Questo grande Privilegio, offre la possibilità di entrare in Paradiso, il primo sabato dopo la morte. Ciò vuol dire che, coloro che otterranno questo privilegio, staranno in Purgatorio, massimo una settimana, e se avranno la fortuna di morire di sabato, la Madonna li porterà subito in Paradiso. 

Non bisogna confondere la Grande Promessa della Madonna con il Privilegio Sabatino. Nella Grande Promessa, fatta a S. Simone Stock, non sono richieste né preghiere né astinenze, ma basta portare con fede e devozione giorno e notte indosso, fino al punto di morte, la divisa carmelitana, che è l’Abitino, per essere aiutati e guidati in vita dalla Madonna e per fare una buona morte, o meglio per non patire il fuoco dell’Inferno.  

Per quanto riguarda il Privilegio Sabatino, che riduce ad una settimana, massimo, la sosta nel Purgatorio, la Madonna chiede che oltre a portare l’Abitino si facciano anche preghiere e alcuni sacrifici in Suo onore.  

Condizioni per ottenere

il privilegio sabatino

1) Portare, giorno e notte indosso, l’«Abitino», come per la Prima Grande Promessa.  

2) Essere iscritti nei registri di una Confraternita Carmelitana ed essere, quindi, confratelli Carmelitani.  

3) Osservare la castità secondo il proprio stato. 

4) Recitare ogni giorno le ore canoniche (cioè l’Ufficio Divino o il Piccolo Ufficio della Madonna). Chi non sa recitare queste preghiere, deve osservare i digiuni della S. Chiesa (salvo se non è dispensato per legittima causa) e astenersi dalle carni, nel mercoledì e nel sabato per la Madonna e nel venerdì per Gesù, eccettuato il giorno del S. Natale. 

> ALCUNE PRECISAZIONI <

Chi non osserva la recita delle suddette preghiere o l’astinenza dalle carni non commette alcun peccato; dopo la morte, potrà entrare anche subito in Paradiso per altri meriti, ma non godrà del Privilegio Sabatino. 

La commutazione dell’astinenza dalle carni in altra penitenza si può chiedere a qualunque sacerdote. 

I pastorelli dopo le apparizioni dell’Angelo

«In queste apparizioni, soggiogati dal soprannaturale che si irradiava dall’Angelo, i tre bambini rimanevano come annichiliti e quasi non si rendevano conto della propria esistenza. Anche dopo, i loro sensi sembravano come intorpiditi e legati. «Non so che cosa sento diceva Giacinta : non posso più parlare, nè cantare; nè giocare; non ho forza di fare alcuna cosa»: « Neppure io confermava Francesco . Ma che importa? L’Angelo è ìmmensàmente più bello di tutto questo»; Questa atmosfera durava giorni e soltanto a poco a poco ritornavano allo stato normale. Più tardi avranno occasìone di notare che le apparizioni della Madonna producevano in loro effetti ben diversi» (cfr. da Fonseca) Ecco cosa scrive Lucia: «Non so perché le apparizioni della Madonna producevano in noi effetti molto diversi. La stessa gioia intima; la stessa felicità e pace. Ma, invece di questo abbattimento fisico, una certa agilità espansiva; invece di questo annientamento nella divina presenza, un esultare di gioia; invece di questa difficoltà nel parlare, un certo entusiasmo comunicativo. Ma, nonostante questi sentimenti, sentivo la ispirazione a tacere, soprattutto alcune cose. Negli interrogatori sentivo l’ispirazione interiore che mi indicava le risposte che, senza mancare, alla verità, non scoprissero ciò che per il momento dovevo occultare». 

Vari problemi familiari e la malattia della mamma turbarono la vita di Lucia che scrive: «Sentivo il cuore spezzarsi di nostalgia per le mie sorelle (andate a lavorare lontano) e per la tristezza della mia mamma. Benchè fossi ancora bambina, capivo perfettamente la situazione in cui ci trovavamo. Mi ricordavo allora delle parole dell’Angelo: «Soprattutto accettate sottomessi i sacrifici che il Signore vi manderà». Mi ritiravo allora in un luogo solitario, per non aumentare con il mio dolore quello della mamma. Quel luogo, di solito, era il nostro pozzo. Lì, in ginocchio, chinata sulle lastre che lo coprivano, univo alle sue acque le mie lacrime e offrivo a Dio la mia sofferenza. A volte Giacinta e Francesco mi trovavano così; piena di amarezza. E siccome avevo la voce interrotta dal singhiozzi e non riuscivo a parlare; essi soffrivano con me al punto da versare anche loro abbondanti lacrime. Allora Giacinta faceva a voce alta la nostra offerta: «Mio Dio! In atto di riparazione e per la conversione dei peccatori, vi offriamo tutte queste sofferenze e sacrifici. La formula dell’offerta non era sempre esatta, ma il senso era sempre questo». 

Riflessione. La Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria ci dona il suo amore a Dio e ai fratelli. Quel che ci colpisce di più, fin dal primi contatti con i pastorelli di Fatima, è la loro grande disponibilità alle parole dell’Angelo, prima, e a quelle della Madonna, poi. Hanno dato subito una adesione totale al messaggio, prendendolo sul serio, impegnandosi a fondo, non tralasciandone lo spirito e le indicazioni, mai! Sono stati capaci, loro, ancora bambini, di capire cos’è il sacrificio, cos’è la penitenza, cos’.è l’adorazione e la riparazione e tutto questo hanno vissuto nelle loro cose di’ ogni giorno, riuscendo a raggiungere l’eroismo. Non per niente Francesco e Giacinta sono morti in odore di santità e in quest’anno 2000 saranno beatificati, primi bambini di questa età, ad eccezione dei martiri. 

Questo è molto importante per noi. A volte pensiamo che le richieste di Dio siano troppo al di sopra di noi, che non possiamo farcela a rispondere agli inviti di Maria; che non a tutti sono rivolti i suoi messaggi, che il tempo non basta per la preghiera, che molto deve essere ridimensionato e adattato alle nostre capacità… Ma non sono le nostre capacità a non bastare! è il nostro amore ad essere troppo piccolo, troppo tiepido. è il nostro cuore ad essere poco generoso, poco disponibile, poco fiducioso. Dio e la Vergine non ci chiedono niente che sia al di sopra delle nostre possibilità perché ogni invito è accompagnato dalla promessa del loro aiuto, del loro sostegno, della loro particolare vicinanza. E poi, proprio per incoraggiarci, in ogni apparizione, sono essi i piccoli, i semplici, i bambini ad essere i confidenti di Maria e a viverne per primi le richieste. Questo per dirci che possiamo farcela pure noi! Se tre bambini sono diventati subito l’incarnazione del messaggio di Fatima, questo vuol dire che possiamo viverlo anche noi senza ridimensionarlo o adattarlo. Le parole di Dio e quelle di sua Madre non cambiano, non sono destinate ad un tempo e ad un ambiente soltanto, sono universali, sono al di là del tempo, sono per tutti gli uomini che hanno un cuore aperto, sono quindi anche per noi che viviamo nel terzo millennio, per noi che magari non sappiamo più cosa vuol dire fare un sacrificio per amore dei peccatori, per noi che questa parola, «sacrificio», «penitenza», l’abbiamo quasi cancellata non solo dal vocabolario, ma anche dalla nostra vita spirituale. 

I bambini di Fatima, portatori di un grande e attualissimo messaggio, tornano a dirci che le vie di Dio sono in salita, ma noi non saliamo mai da soli! Accingendoci a meditare le parole che la Vergine ci ha rivolto a Fatima, entriamo nella disposizione d’animo di volerle vivere perché davvero venga il suo regno! 

Preghiera allo Spirito Santo: O Spirito Santo, pianta innaffia e coltiva nell’anima nostra l’amabile Maria, vero albero di vita, perché cresca, fiorisca e porti frutti di vita in abbondanza. O Spirito Santo, donaci una grande devozione e un filiale amore a Maria, tua divina Sposa; un totale abbandono al suo Cuore materno e un continuo ricorso alla sua misericordia. Affinché in Lei, vivente in noi, Tu possa formare nell’anima nostra Gesù Cristo, vivo e vero, nella sua grandezza e potenza, fino alla pienezza della sua perfezione. Amen. 

Per vivere il messaggio Chiediamo a Maria la grazia di un cuore aperto, generoso e disponibile a vivere quel che chiede senza ridimensionamenti e senza ritardi. Per questo diciamo oggi un rosario di fiducia e di abbandono alla sua guida. 

Cuore Immacolato di Maria, venga il tuo Regno. 

Fonte: http://www.preghiereagesuemaria.it/

 

 

Il Messaggio dell’Angelo: la preghiera e l’Eucarestia

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L’angelo, nella terza apparizione, invita di nuovo a pregare incessantemente per i peccatori ed evidenzia con profonda adorazione l’importanza, dell’Eucarestia, cioè di Gesù vivo e vero presente fra noi. . 

L’angelo non nasconde ai piccoli la ”sofferenza’ di Gesù Eucaristico. Li invita a visitare nello spirito tutte le chiese per prostrarsi in adorazione davanti ad ogni tabernacolo sentendo il peso e il dolore causati a Gesù da tanti oltraggi; sacrìlégi e indifferenze. Le parole dell’angelo sono chiare e i piccoli comprendono subito tutto il dramma di un Dio che si è messo nelle inani degli uomini, pronto a rischiare ‘l’abbandono’ il disprezzo e l’indifferenza:’ 

L’Eucarestia, il più grande tesoro del mondo, quanto è trascurata, disprezzata, non amata! Dio chiede una consolazione, un conforto; una riparazione e la chiede atre pastorelli, a tre bambini perché sa che loro sono sensibili, generosi, forti! Guardiamo a loro e seguiamoli! La preghiera insegnata dall’angelo è sempre stata una delle preghiere più frequenti di Lucia e dei suoi cuginetti é ne ha alimentato una forte devozione eucaristica. Ne un esempio il fatto accaduto nell’ottobre del 1922 quando Lucia si trovava ad Oporto fra le Suore Dorotee: «Parlando dei doveri delle zelatrici dell’Apostolato della Preghiera, la suora disse ad una amica: «Se vuoi ti insegno una preghiera proprio adatta per atti di riparazione a Gesù Sacramentato»: «Sentiamo» rispose l’amica. E la suora dettò: «Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, vi adoro profondamente e vi offro il preziosissimo Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù Cristo presente in tutti i tabernacoli della terra, in riparazione degli oltraggi, dei sacrilegi e indifferenze con cui è offeso. E per i meriti infiniti del suo santissimo Cuore e del Cuore Immacolato di Maria, vi chiedo la conversione dei poveri peccatori». L’amica chiese: «Ma come sai preghiere così belle?» «Si recitavano al mio paese» rispose con modestia Lucia». (cfr. da Fonseca). 

Riflessione. La Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria ci dona il suo amore più grande per Gesù che è quello eucaristico. Nel messaggio di Fatima tutto parla della devozione a Gesù per mezzo di Maria e in particolare della devozione all’Eucarestia. L’angelo appare con il Calice e l’Ostia che poi offre ai pastorelli invitandoli all’adorazione, al sacrificio e alla riparazione. Nessuno più di Maria può insegnarci ad amare e ad adorare Gesù vivo e vero fra noi, nessuno più di lei ci sa comunicare l’immensa preziosità di questo dono che è il più grande dei doni, di questo dono così spesso ignorato, trascurato, offeso. Quante volte L’Eucarestia viene ricevuta senza preparazione, senza amore, distrattamente, quante volte viene ricevuta in peccato mortale! Questi, i sacrilegi «comuni». E poi quelli che si ripetono con frequenza in questi ultimi tempi. La profanazione del tabernacoli, l’uso sacrilego delle Ostie, il disprezzo e lo sfregio… Ecco il dolore di Dio che chiede riparazione, che implora amore, che freme d’amore e di dolore per gli uomini che così scelgono la loro condanna e scoprono che cosa signìfica la morte come lontananza dalla Vita. 

La devozione all’Eucarestia è la fonte e il culmine dell’evangelizzazione. Ecco come Lucia racconta ciò che ha provato il giorno della sua prima Comunione, quando aveva solo sei anni: «Quanto più si avvicinava il momento, tanto più mi batteva il cuore, nell’attesa della visita di un grande Dio che sarebbe sceso dal Cielo per unirsi alla mia povera anima. Il parroco scese, in mezzo alle file, a distribuire il Pane degli Angeli. Ebbi la fortuna di essere la prima. Quando il sacerdote stava scendendo i gradini dell’altare sembrava che il cuore mi volesse saltare fuori dal petto. Ma appena l’Ostia Divina si posò sulla mia lingua, sentii una serenità e una pace inalterabili, sentii che mi invadeva un’atmosfera così soprannaturale, che la presenza del nostro Buon Dio mi diventava così sensibile come se lo vedessi e lo sentissi con i sensi del mio corpo. 

Feci allora le mie suppliche: «Signore, fammi santa, conserva sempre puro il mio cuore, soltanto per te». In questo momento mi sembrò che il nostro Buon Dio mi dicesse, nel profondo del cuore, queste chiare parole: «La grazia che oggi ti è concessa continuerà viva nella tua anima, producendo frutti di vita eterna». A questo punto mi sentivo trasformata in Dio!… lo mi sentivo così sazia col Pane degli Angeli, che mi fu impossibile, per allora, mangiare qualsiasi cosa. Persi da quel momento l’attrattiva che cominciavo a sentire per le cose del mondo e mi sentivo bene soltanto in qualche luogo solitario, dove potessi, tutta sola, ricordare le delizie della mia Prima Comunione». 

Preghiera allo Spirito Santo: O Spirito Santo, pianta innaffia e coltiva nell’anima nostra l’amabile Maria, vero albero di vita, perché cresca, fiorisca e porti frutti di vita in abbondanza. O Spirito Santo, donaci una grande devozione e un filiale amore a Maria, tua divina Sposa; un totale abbandono al suo Cuore materno e un continuo ricorso alla sua misericordia. Affinché in Lei, vivente in noi, Tu possa formare nell’anima nostra Gesù Cristo, vivo e vero, nella sua grandezza e potenza, fino alla pienezza della sua perfezione. Amen. 

Per vivere il messaggio Chiediamo a Maria una grande devozione all’Eucarestia e chiedendo l’assistenza del nostro angelo custode, facciamo un’ora di adorazione ripetendo sovente la preghiera insegnata a Fatima. 

Cuore Immacolato di Maria, venga il tuo Regno. 

Fonte: http://www.preghiereagesuemaria.it

Il messaggio dell’Angelo

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Meditiamo alcune parole dell’Angelo della Pace e a notiamone i simboli. «Non abbiate paura… Pregate… I Cuori di Gesù e Maria sono attenti alla voce delle vostre suppliche». Sono queste le prime parole che i tre pastorelli si sentono rivolgere da quella figura trasparente come il cristallo. Il messaggio si fa subito chiaro: niente paura, anche se le cose superano ogni immaginazione. 

I disegni di Dio sono sempre grandi, ci possono stupire, ci possono incantare, ma non possono mai farci paura, anche se ci superano, anche se non riusciamo a capirli. Già un’altra volta un angelo aveva detto: «Non temere… » e da una adesione totale e fiduciosa è cambiata la storia del mondo e di ognuno di noi in particolare! Così, anche a Fatima, di nuovo risuona un invito: «Non abbiate paura!». 

E perché ogni timore deve essere superato? Perché due Cuori hanno in serbo per noi solo progetti di bene e di pace. «Non abbiate paura. I Sacri Cuori di Gesù e di Maria hanno su di voi disegni di amore». Ecco che si manifesta di nuovo un simbolismo che già era stato rivelato nell’apparizione della Medaglia Miracolosa. Due Cuori uniti per sempre nel dolore e nella gioia, due Cuori uniti nel progetto di salvezza dell’umanità, due Cuori che battono all’unisono per amore nostro! Anche questo vuole ricordarci l’Angelo. 

Le prime lezioni celesti parlano proprio di questo: fiducia e preghiera, fiducia e abbandono a quei due Cuori che sono attenti ad ogni parola, ad ogni pensiero, ad ogni desiderio, ad ogni supplica che ci viene dal cuore. Due Cuori che ci amano, due Cuori che battono per l’umanità, due Cuori che ci spingono ad aprire il cuore e a farvi entrare specialmente i peccatori perché nessuno può salvarsi da solo e il nostro bene dev’essere quello di tutti. 

Siamo fratelli, e abbiamo un Padre e una Madre che ci vogliono tutti salvi. Ecco allora il significato e l’urgenza di fare nostra la preghiera dell’Angelo: «Dio mio, credo, adoro, spero e vi amo. Vi chiedo perdono per tutti quelli che non credono, non adorano, non sperano, non vi amano». Su questa preghiera fermiamoci a riflettere e a ringraziare. 

Riflessione. La Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria è per chi desidera morire a se stesso e vivere per Cristo. Già dalle apparizioni dell’Angelo di manifestano i contenuti principali del Messaggio, quelli che la Vergine svilupperà e approfondirà più tardi con i tre pastorelli: l’amore, la penitenza, la riparazione e, vedremo poi, la devozione eucaristica. Intanto è evidente che l’Angelo insegna anche l’atteggiamento di profonda adorazione che deve caratterizzare ogni momento di preghiera perché anche il corpo lodi il Creatore in un atteggiamento di adesione, di amore e di rispetto profondo. La preghiera comincia in modo personale: «lo credo, adoro…». è anche un invito ad un esame di coscienza: davvero crediamo, adoriamo, speriamo e amiamo? Possiamo fare in tutta sincerità una preghiera così? Certo, è la volontà che conta, non il sentire, non il provare sensazioni. Noi siamo quel che vogliamo e noi vogliamo credere, adorare, sperare e amare, con l’aiuto di Dio, sotto la guida di Maria, perché venga il suo regno. Ma non basta! Non possiamo farlo da soli, non possiamo rispondere da soli alla chiamata di Dio, ai desideri di Maria: c’è un mondo lontano che geme e soffre perché non conosce da Chi viene e da Chi va… c’è un mondo lontano e ribelle, duro, chiuso, violento, che non vuole amare e vive nell’angoscia e nel turbamento… c’è un mondo lontano e indifferente, che crede di poter fare a meno di Dio, che cammina da solo e da solo si dibatte per trovare un senso al suo andare. A questo mondo di persone che soffrono e fanno soffrire i Cuori di Gesù e di Maria, noi siamo chiamati ad aprire il cuore! 1 tre pastorelli subito hanno detto sì, per questi hanno offerto la vita, per i peccatori si sono sacrificati e hanno adorato e amato, creduto e sperato! E Lucia, Francesco e Giacinta erano solo bambini quando a loro è stato chiesto tanto! Continuano ad essere un esempio per noi, ci dicono che quando diciamo sì a Dio e a Maria, tutto è possibile. 

Preghiera allo Spirito Santo: O Spirito Santo, pianta innaffia e coltiva nell’anima nostra l’amabile Maria, vero albero di vita, perché cresca, fiorisca e porti frutti di vita in abbondanza. O Spirito Santo, donaci una grande devozione e un filiale amore a Maria, tua divina Sposa; un totale abbandono al suo Cuore materno e un continuo ricorso alla sua misericordia. Affinché in Lei, vivente in noi, Tu possa formare nell’anima nostra Gesù Cristo, vivo e vero, nella sua grandezza e potenza, fino alla pienezza della sua perfezione. Amen. 

Per vivere il messaggio Recitiamo con profonda devozione la preghiera insegnata dall’Angelo e cerchiamo di viverla in ogni momento con generosità. 

Cuore Immacolato di Maria, venga il tuo Regno. 

Fonte: http://www.preghiereagesuemaria.it

Le apparizioni preparatorie dell’Angelo della Pace

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Prima delle apparizioni della Madonna, Lucia, Francesco e Giacinta, che abitavano nel paesino di Aljustrel, parrocchia di Fatima, in Portogallo, ebbero tre visioni dell’Angelo. La prima avvenne nella primavera o nell’estate del 1916, in una grotta del colle del Cabeço, vicino ad Aljustrel e si svolse così, secondo il racconto di Lucia. «Giocavamo da qualche tempo ed ecco un vento forte scuote le piante e ci fa sollevare lo sguardo per vedere che cosa succedeva, perché la giornata era serena. 

Allora cominciammo a vedere ad una certa distanza, un giovane trasparente, più splendente di un cristallo attraversato dai raggi del sole. A misura che si avvicinava ne potevamo distinguere i tratti. Era un giovane dai quattordici ai quindici anni, di una grande bellezza. Noi eravamo sorpresi e quasi rapiti. Non dicevamo parola. Giunto vicino a nei disse: “Non abbiate paura. Sono l’Angelo della Pace. Pregate con me». E, in ginocchiato a terra, curvò la fronte fino al suolo. Spinti da un moto soprannaturale lo imitammo e ripetemmo le parole che gli sentivamo pronunciare: «Mio Dio, credo, adoro, spero e vi amo. Vi chiedo perdono per coloro che non credono, non adorano, non sperano, non vi amano». 

Dopo aver ripetuto questo per tre volte, si alzò e disse: «Pregate così i Cuori di Gesù e di Maria sono attenti alla voce delle vostre suppliche». E scomparve. Di questa apparizione nessuno pensò di parlarne né di raccomandarne il segreto. Essa lo impose da sé. Era così intima che non era facile pronunciare su di essa la minima parola. Ci fece anche, forse, maggiore impressione per il fatto che fu la prima manifestazione di questo tipo. 

La seconda apparizione avvenne nell’estate del 1916 sul pozzo della casa del genitori di Lucia, presso cui i bambini erano soliti giocare. Così racconta Lucia: «L’angelo ci disse: «Che fate? Pregate! Pregate molto! I Cuori Santissimi di Gesù e di Maria hanno su di voi disegni di misericordia. Offrite costantemente all’Altissimo preghiere e sacrifici». 

«Come dobbiamo fare a sacrificarci?» chiesi. «In tutti i modi possibili offrite a Dio un sacrificio in atto di riparazione per i peccati con cui è offeso e di supplica per la conversione dei peccatori. Attirate così sulla vostra patria la pace. Io sono il suo angelo custode, l’Angelo del Portogallo. Soprattutto accettate e sopportate con sottomissione la sofferenza che il Signore vi manderà». E scomparve. 

Queste parole dell’angelo si incisero nel nostro spirito come una luce che ci faceva comprendere chi era Dio, come ci amava e voleva essere amato; il valore del sacrificio e come gli era gradito; come, per riguardo ad esso, convertiva i peccatori. 

La terza apparizione avvenne alla fine dell’estate o all’inizio dell’autunno del 1916, di nuovo nella grotta del Cabeço, e si svolse così, sempre secondo il racconto di Lucia. «Appena vi giungemmo, in ginocchio, cominciammo a ripetere la preghiera dell’Angelo. Non so quante volte l’avevamo ripetuta quando vedemmo che su di noi brillava una luce sconosciuta. Ci alzammo per vedere cosa succedeva e vedemmo l’Angelo con un Calice nella mano sinistra e, sospesa su di esso, un’ Ostia dalla quale cadevano nel calice alcune gocce di sangue. Lasciando il Calice e l’Ostia sospesi in aria, si prostrò a terra vicino a noi e ripetè per tre volte questa preghiera: «Trinità Santissima, Padre, Figlio e Spirito Santo, vi adoro profondamente e vi offro il preziosissimo Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù Cristo, presente in tutti i tabernacoli del mondo, in riparazione degli oltraggi, dei sacrilegi e delle indifferenze con cui è offeso. E per i meriti infiniti del suo santissimo Cuore e del Cuore Immacolato di Maria, vi chiedo la conversione dei peccatori». Poi, sollevandosi, prese di nuovo in mano il Calice e l’Ostia e diede l’Ostia a me e ciò che conteneva il Calice lo diede da bere a Giacinta e a Francesco, dicendo nello stesso tempo: «Prendete e bevete il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo orribilmente oltraggiato dagli uomini ingrati. Riparate i loro delitti e consolate il vostro Dio». Di nuovo si prostrò a terra e ripeté con noi per altre tre volte la preghiera alla Trinità, poi scomparve. 

La forza della presenza di Dio era così intensa che ci assorbiva e ci annientava quasi completamente… la pace e la felicità che sentivamo erano grandi, ma soltanto interiori, con l’anima completamente concentrata in Dio. Anche la stanchezza fisica che ci prostrava era grande». Questa è la descrizione di Lucia. 

Riflessione. La Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria è dono del Cielo che va fedelmente accolto e coltivato. Nei disegni di Dio ogni manifestazione straordinaria è in qualche modo preparata e preannunciata perché il cuore umano possa essere predisposto e più pronto ad accogliere quel che il cielo vuol dire. Comincia così il tempo che prepara alla consacrazione: un tempo fatto di richiami forti ed intimi, di attenzioni celesti, di particolari interventi divini. L’animo umano viene così sensibilizzato da Dio, dalle cose divine, si sente attratto da Lui e si accorge di non poterne fare a meno. Si sperimenta il gusto di Dio, della sua Parola, della sua presenza, dei suoi doni e si sente l’attrattiva del Cielo, così forte, che tutto il resto a poco a poco scompare, o meglio, appare nella giusta prospettiva, prendendo il posto giusto nella vita. 

Le Apparizioni dell’Angelo hanno già cominciato a cambiare la vita dei pastorelli di Fatima, hanno dato loro un compito che hanno subito cominciato a svolgere. è iniziato per loro un nuovo modo di pregare, di sentire, di vivere. Il loro cuore è diventato più grande perché ha cominciato a diventare il luogo in cui la Vergine più tardi avrebbe deposto le sue parole, i suoi progetti, i suoi richiami. 

Così succede quando noi ci consacriamo a Gesù per Maria: cominciamo a cambiare, a vivere con il suo cuore, proprio perché le offriamo il cuore e quello che contiene perché sia lei a farne quello che vuole, a servirsene per la realizzazione dei disegni di Dio. La Consacrazione, perciò, e un rimedio al peccato, al male che ne è la conseguenza, è un dono d’amore che porta alla pace perché porta alla manifestazione del Regno di Dio. 

Chi si consacra a Maria diventa più totalmente di Gesù e quindi coltiva in sé i sentimenti, i disegni di Dio e, con l’aiuto di Maria, diventa uno strumento attivo di bene nella propria famiglia, nel proprio ambiente, nel mondo. 1 consacrati a Maria sono perciò l’esercito della pace, coloro che hanno nel cuore ciò che sta a cuore a Dio, seguono le sue vie, arrivano a toccare le sue mete. La consacrazione dunque non è solo un gesto a valenza personale, ma ha una portata universale! è per questo che la Vergine Maria continua a chiederla insistentemente e Fatima ne è un segno e un richiamo più attuale che mai. L’Angelo della Pace ricorda anche a noi l’importanza di questa dedizione speciale dandoci come esempio tre bambini che non hanno fatto alcuna domanda, non hanno chiesto alcuna spiegazione, ma subito hanno cominciato a vivere solo per Dio e di Dio, attraverso i richiami celesti e la celeste presenza di Maria. 

Preghiera allo Spirito Santo: O Spirito Santo, pianta innaffia e coltiva nell’anima nostra l’amabile Maria, vero albero di vita, perché cresca, fiorisca e porti frutti di vita in abbondanza. O Spirito Santo, donaci una grande devozione e un filiale amore a Maria, tua divina Sposa; un totale abbandono al suo Cuore materno e un continuo ricorso alla sua misericordia. Affinché in Lei, vivente in noi, Tu possa formare nell’anima nostra Gesù Cristo, vivo e vero, nella sua grandezza e potenza, fino alla pienezza della sua perfezione. Amen. 

Per vivere il messaggio Rinnoviamo la nostra devozione agli angeli, seguiamo le ispirazioni del nostro angelo custode e a lui di prepararci ad essere docili strumenti per la realizzazione del progetto divino nella nostra vita. 

Cuore Immacolato di Maria, venga il tuo Regno. 

Fonte: http://www.preghiereagesuemaria.it

I tre pastorelli prima delle apparizioni

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Lucia, la principale protagonista delle apparizioni, è nata il 22 marzo 1907, ultima dei sei figli di Antonio Dos Santos e Maria Rosa Dos Santos. I due cugini, Francesco, nato l’11 giugno 1908 e Giacinta, nata l’11 marzo 1910, erano anch’essi i più piccoli degli undici figli che ebbe la signora Olimpia di Gesù, i due più grandi da un primo matrimonio e gli altri da quello con Emanuele Pietro Marto. 

«Prima degli avvenimenti del 1917 la vita dei tre bambini trascorreva serena e lieta nell’ambiente patriarcale e profondamente cristiano delle proprie famiglie. Una predilezione provvidenziale attirava, fin dall’infanzia, i due piccoli verso la cuginetta Lucia, tanto che essi preferivano la sua compagnia a quella di qualunque altro. Andavano perciò spesso da Lucia, pregandola di accompagnarli fino al pozzo che i genitori di lei avevano in fondo al giardino, nascosto fra i mandorli, olivi e castagni, ricoperto da grandi lastre di pietra. Qui generalmente a Giacinta era lasciata la scelta dei giochi che più le piacevano e, vincendo e perdendo o raccontandosi a vicenda le storie sentite la sera intorno al focolare, le ore passavano rapide! Dopo pranzo, particolarmente nella Quaresima, la signora Maria Rosa era solita insegnare ai bambini le preghiere e la dottrina cristiana e quando vi erano altri bambini, tutti dovevano ascoltare le lezioni. 

I giochi preferiti di questi bambini era quello dei pegni: chi perdeva doveva eseguire un ordine qualsiasi del vincitore, Giacinta era solita comandare agli altri di correre dietro alle farfalle o di cogliere nel prato i fiori che preferiva. Un giorno Lucia comandò a Giacinta di andare a baciare suo fratello Francesco e Giacinta rispose: «Comandami qualche altra cosa! Perché non mi comandi di baciare quel Nostro Signore?» e additava un crocifisso appeso al muro. «Va bene! Sali su una sedia e portarlo qui, poi in ginocchio dagli tre baci. Uno per Francesco, uno per me e un altro per te» disse Lucia. «A Nostro Signore do quanti baci tu vuoi!». E prendendo il crocifisso lo baciò e abbracciò con tanta devozione che Lucia dichiara ancora oggi di non aver potuto mai dimenticare quell’atto. 

Nelle sere d’inverno la signora Maria Rosa raccontava ai bambini passi scelti dalla Sacra Scrittura. Per essi le stelle erano le lampade che gli angeli accendevano alle finestre del cielo; il sole era la lampada di Nostro Signore e la luna quella della Madonna. Vi erano però delle notti in cui la lampada della Madonna mancava di olio, perciò non si vedeva… E Giacinta diceva: «La lampada della Madonna mi piace ancora di più di quella di Gesù perché non brucia e non acceca». «Eh, no, rispondeva Francesco nessuna lampada è tanto bella quanto quella di Nostro Signore!” (cfr. da Fonseca). Lucia era la loro piccola maestra e spesso parlavano delle cose di Dio quando insieme andavano al pascolo. 

Riflessione. La Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria è per i piccoli del Vangelo ai quali è riservato l’ingresso nel regno (Cfr. Mt 18, 3). E’ dei piccoli il Regno del Cieli. Quando Gesù ci ha rivelato questa grande verità pensava all’innocenza, alla spontaneità, alla delicatezza, alla sensibilità dei bambini che sono capaci di intuire con facilità le cose più profonde, i significati essenziali della vita, i valori più grandi. Pensava al loro cuore capace di commuoversi di fronte al dolore, al loro desiderio di essere vicini a chi amano, alla loro capacità di esprimere con gesti significativi quel che hanno nel cuore, senza pudori, senza maschere. 

I piccoli, di cui i tre pastorelli di Fatima sono uno degli esempi più belli, specialmente se seguiti ed educati alla bellezza e alla verità, sono semplici, generosi, disinteressati. Sanno credere, sanno affidarsi. Ecco perché Maria ha scelto proprio tre fanciulli per affidare al mondo uno dei suoi più grandi messaggi. Perché i bambini hanno saputo, per primi, accogliere le parole di Maria nella loro vita, hanno saputo viverle fino in fondo, senza risparmiarsi, credendo, pregando e offrendo fino al sacrificio. 

Lucia, Giacinta e Francesco sono perciò diventati, pur nella loro piccola età, il modello di coloro che entreranno nel Regno del Cieli perché ne hanno capito il significato e non hanno rifiutato di percorrere la strada che lì conduce. I bambini diventano così i nostri maestri. La Vergine ha scelto loro per dirci che è possibile essere fedeli, è possibile vivere le esigenze del Vangelo, è possibile collaborare con Dio alla salvezza di tutti gli uomini, purché siamo generosi e riusciamo ad ascoltare i richiami e gli inviti materni che continuamente bussano alle porte del nostro cuore. 

Diventiamo «piccoli» anche noi per essere «grandi» nel Regno di Dio. A Fatima Maria ci insegna come fare, proprio invitandoci a guardare alla fede e all’amore di questi pastorelli. 

Preghiera allo Spirito Santo: O Spirito Santo, pianta innaffia e coltiva nell’anima nostra l’amabile Maria, vero albero di vita, perché cresca, fiorisca e porti frutti di vita in abbondanza. O Spirito Santo, donaci una grande devozione e un filiale amore a Maria, tua divina Sposa; un totale abbandono al suo Cuore materno e un continuo ricorso alla sua misericordia. Affinché in Lei, vivente in noi, Tu possa formare nell’anima nostra Gesù Cristo, vivo e vero, nella sua grandezza e potenza, fino alla pienezza della sua perfezione. Amen. 

Per vivere il messaggio Chiediamo a Maria il dono della semplicità di cuore per accogliere con disponibilità e amore le sue parole che vogliono portarci al cuore del Vangelo e della missione che Gesù ci affida. 

Cuore Immacolato di Maria, venga il tuo Regno. 

Fonte: http://www.preghiereagesuemaria.it

Fatima è la meta luminosa di un lungo cammino di grazia

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La Mamma desidera incontrare i suoi figli e per questo già prima di Fatima, più volte è venuta sulla terra per preparare il nostro cuore alla conversione e alla consacrazione a Gesù attraverso di lei. 

A Parigi, nel 1830, è apparsa a Santa Caterina Labouré rivelandole uno speciale programma di consacrazione attraverso il dono della Medaglia Miracolosa. Tutto il simbolismo della Medaglia invita ad un affidamento a Gesù per le mani di Maria: i due Cuori uniti nell’amore, nel dolore e nella gloria, i raggi che rappresentano le grazie di cui lei è depositaria, le stelle che la incoronano Regina dei Cuori, i loro Nomi poggiati sul basamento della croce, segno della nostra salvezza. La breve preghiera scritta sulla Medaglia è un invito a rivolgersi a Maria, ad affidarsi a Lei, a lasciarsi prendere per mano nelle cose della vita perché tutto serva ad unirci di più al Signore e quindi ad essere davvero felici. 

Poi, a La Salette, la Vergine ai due pastorelli ha ricordato la gravità del peccato e delle sue conseguenze sull’umanità, invitando ad una radicale conversione di vita, piangendo per noi, per il male al quale non vogliamo rinunciare, per l’aiuto che non le chiediamo per essere migliori. 

E a Lourdes, a Santa Bernardetta, l’Immacolata ha indicato i mezzi necessari di purificazione per vivere bene la consacrazione: il riconoscimento e il pentimento per i peccati e il valore della sofferenza offerta e sofferta per amore, in unione al suo Cuore e a quello di Gesù. Fatima sarà la m ta luminosa di questo cammino di grazia. 

Riflessione. La Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria è dono particolare di grazia per inserire perfettamente l’anima nel piano dell’amore di Dio (cfr. Ef 1, 16). Tutta la storia delle apparizioni mariane ci parla di un unica cosa: dell’amore di Maria per noi, della sua premura materna, del suo desiderio più grande: quello di unirci sempre più a Gesù e formare in noi i suoi stessi sentimenti. A Gesù, allora, chiediamo di saper rispondere a questo amore speciale e tenero, a Maria chiediamo di insegnarci ad essere tutti di Gesù e tutti suoi. 

La Chiesa ci invita continuamente a guardare a lei come alla stella luminosa del nostro cammino, alla guida sicura verso il Cielo, alla protettrice potente contro ogni assalto del nemico, all’Avvocata presso il trono di Dio. 

A lei, Madre e Regina, offriamo fin da ora il nostro cuore. Mettiamoglielo nelle mani con tutto ciò che lo riempie, con le gioie e i dolori della vita, con le paure, i dubbi, le speranze. Affidiamole ciò che ci è più caro, sentiamoci amati di particolare amore e commossi ringraziamo per questo dono di predilezione che caratterizza la nostra vita spirituale. Questa sarà una gioia per Gesù e il sorriso di Maria illuminerà ogni nostra giornata, fino al giorno in cui, presi per mano da Lei, arriveremo alla meta, lì dove il sole non tramonta mai. 

Preghiera allo Spirito Santo: O Spirito Santo, pianta innaffia e coltiva nell’anima nostra l’amabile Maria, vero albero di vita, perché cresca, fiorisca e porti frutti di vita in abbondanza. O Spirito Santo, donaci una grande devozione e un filiale amore a Maria, tua divina Sposa; un totale abbandono al suo Cuore materno e un continuo ricorso alla sua misericordia. Affinché in Lei, vivente in noi, Tu possa formare nell’anima nostra Gesù Cristo, vivo e vero, nella sua grandezza e potenza, fino alla pienezza della sua perfezione. Amen. 

Per vivere il messaggio Oggi offriamo a Maria qualcosa che ci costa perché lei lo trasformi in bene per chi ne ha più bisogno. 

Cuore Immacolato di Maria, venga il tuo Regno. 

Fonte: http://www.preghiereagesuemaria.it

Il messaggio di Fátima

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Il messaggio di Fátima può essere riassunto principalmente come un invito alla penitenza e alla preghiera.

Nelle apparizioni del 1917, l’angelo avrebbe mostrato ai bambini con quale contrizione si dovesse pregare, spiegando loro la grande importanza del compiere sacrifici in riparazione delle offese commesse contro Dio e, nella sua ultima apparizione, avrebbe mostrato il modo consono di ricevere il sacramento dell’eucaristia.632080655b792889e5d3698ab59616e7

La Madonna avrebbe ribadito parecchie volte l’esortazione alla recita del rosario ogni giorno, definendosi ella stessa “Regina del rosario“.

Un altro aspetto importante del messaggio di Fátima è la devozione al cuore immacolato di Maria, in riparazione del quale sarebbe stata consigliata la devozione dei primi cinque sabati del mese.

L’entrata in convento di Lucia dos Santos

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Dopo la morte della cugina, Lucia decise di abbandonare Fatima per studiare e seguire la vita consacrata. Il 17 giugno 1921 entrò nel collegio cattolico di Vilar (Oporto), diretto dalle suore di santa Dorotea. Nel 1925, a diciotto anni, Lucia entrò nel loro convento a Pontevedra, in Spagna. Qui, il 10 dicembre, avrebbe avuto una nuova apparizione della Madonna, che le aveva comunicato la sua “Grande Promessa”: la comunione riparatrice nei primi cinque sabati del mese:

Guarda figlia mia, il mio Cuore circondato di spine che gli uomini ingrati in ogni momento Mi configgono con bestemmie e ingratitudini. Almeno tu vedi di consolarMi, e dì che tutti coloro che per cinque mesi, il primo sabato, si confesseranno, ricevendo la santa Comunione, reciteranno un rosario e Mi faranno compagnia per quindici minuti, meditando i quindici misteri del Rosario con l’intenzione di alleviare la mia pena, Io prometto di assisterli nell’ora della morte con tutte le grazie necessarie per la salvezza delle anime

Successivamente, su richiesta della stessa Lucia, la confessione venne permessa anche otto giorni prima del sabato. Nel 1926 suor Lucia lasciò il convento di Pontevedra per entrare nel noviziato a Tuy, dove ricevette l’abito il 26 ottobre 1926, pronunciando i primi voti il 3 ottobre 1928. Lì avrebbe avuto una nuova apparizione, il 13 giugno 1929: mentre si trovava in cappella a pregare, fu irradiata dalla luce della Trinità, con a fianco la Madonna, che raccomandò alla veggente di inviare una lettera al papa, chiedendogli di consacrare la Russia al suo Cuore Immacolato. Poiché questo non avvenne, due anni dopo suor Lucia, mentre si trovava convalescente a Rianjio, vicino Pontevedra, riferì un’altra visione, questa volta di Gesù stesso, che si lamentava per la lentezza della Chiesa nell’adempiere alle sue richieste:

Il santuario di Fatima

Fai sapere ai Miei ministri, che non hanno voluto soddisfare la Mia richiesta,…come al Re di Francia, che si pentiranno e l’adempiranno, ma sarà tardi. La Russia avrà già sparso i suoi errori per il mondo, provocando guerre e persecuzioni alla Chiesa: il Santo Padre avrà molto da soffrire

Nella notte dal 24 al 25 gennaio 1938 una straordinaria aurora boreale illuminò il cielo del Portogallo: la veggente ritenne che quella fosse la grande luce predetta dalla Vergine, preludio della seconda guerra mondiale. In quell’occasione Lucia rese nota la prima parte del segreto, quella relativa all’inferno.

La morte di Giacinta e Francisco Marto

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Nel dicembre del 1918 una terribile epidemia di influenza spagnola si abbatté anche sul Portogallo, e Giacinta e Francisco ne furono colpiti; la prima riuscì a guarire dopo una lunga convalescenza, il secondo invece rimase a letto malato. La mattina del 2 aprile Lucia si recò dal cugino per assisterlo nelle ultime ore di vita; il 4 aprile 1919, alle ore dieci, Francisco, all’età di undici anni, si spense in presenza della madre e dei familiari. Prima di morire, rivelò Lucia, disse di vedere una grande luce, poi subito scomparsa. Il corpo fu sepolto il giorno dopo nel piccolo cimitero di Fatima.

Giacinta, qualche tempo dopo, venne colpita da una pleurite purulenta e fu trasportata all’Ospedale di Vila Nova da Ourèm. La malattia fu molto dolorosa: una profonda piaga le si scavò nel petto, infettandosi dopo il ritorno a casa, dopo due mesi di degenza. Il professor Enrico Lisboa decise di condurla al suo ospedale per operarla: fu così trasferita a Lisbona, ospite dell’orfanotrofio di Nostra Signora e affidata alle cure della superiora, Maria della Purificazione. Ma la situazione era diventata critica: il 10 gennaio 1920 le vennero asportate due coste dalla parte sinistra, dove c’era una piaga “larga quanto una mano“, senza anestesia poiché il gracile corpo dell’inferma non lo permetteva. Secondo i testimoni, la ragazzina sopportò tutto con coraggio dicendo che avrebbe offerto tutto per la salvezza dei peccatori. Alle 10:30 del 20 febbraio, Giacinta, oppressa da dolori lancinanti, morì, in presenza dell’infermiera Aurora Gomez, alla quale era stata affidata, lontana da Lucia e dai genitori.

La mattina del giorno dopo, il suo corpo fu trasferito nella chiesa degli Angeli. In seguito fu trasportato a Vila Nova de Ourém e fu tumulato nella cappella del barone di Alvaiazere.

1673481198-Bl_Jacinta_Marto_incorrupt_bodyTrascorsi quindici anni, il 12 settembre 1935 la bara fu aperta: il volto fu trovato incorrotto, e il corpo fu portato nello stesso giorno al cimitero di Fatima, dove rimase altri quindici anni e mezzo, fino al 30 aprile 1951. Il 1º maggio successivo le spoglie furono traslate nel transetto della basilica, alla sinistra dell’altare maggiore; un anno dopo, il 13 marzo 1952, furono portate lì anche le spoglie mortali del fratello Francisco. Il 13 maggio 1989 (72º anniversario di Fatima), papa Giovanni Paolo II proclamò l’eroicità delle virtù di Francesco e Giacinta, e il 13 maggio 2000 li beatificò a Fatima.

Il miracolo del sole

Il 13 ottobre Cova d’Irìa traboccava di gente: uomini giunti da tutto il Portogallo si erano recati lì per assistere al miracolo annunciato. Vi erano anche parecchi giornalisti anti-clericali, decisi a dimostrare come le apparizioni fossero soltanto una commedia escogitata dal parroco di Fatima. Era una giornata molto piovosa e i fedeli si riparavano con gli ombrelli. A mezzogiorno un sacerdote si avvicinò a Lucia, accusandola di essere una millantatrice poiché la Madonna non era ancora apparsa; poco dopo i presenti videro una nube circondare i pastorelli e l’elce. Lucia racconta che la Madonna le aveva chiesto di far costruire in quel luogo una cappella in suo onore, dedicandola alla “Vergine del Rosario”, raccomandando inoltre di pregare molto perché la guerra era in procinto di concludersi; poi era salita al cielo, che si era aperto al suo passaggio. A quel punto si sarebbe verificato il miracolo promesso: il sole aveva cominciato a volteggiare, visibile a occhio nudo, dopo di che era parso cadere sulla folla atterrita, fermandosi poi di colpo per risalire in cielo.

Una copia fotostatica di una pagina della rivista Ilustração Portuguesa del 29 ottobre 1917 ritraente la folla che osserva il ‘miracolo del sole’.

Il fenomeno sarebbe stato osservato anche da numerosi spettatori increduli, tra i quali Avelino de Almeida, direttore del giornale O Seculo, che era il più diffuso e autorevole quotidiano liberale e anticlericale di Lisbona. Nel suo articolo, pubblicato il 15 ottobre 1917, de Almeida scrisse:

Dalla strada, dove i carri erano tutti raggruppati e dove stavano centinaia di persone che non avevano il coraggio sufficiente per attraversare il terreno reso fangoso dalla pioggia, vedemmo l’immensa folla girarsi verso il sole che apparve al suo zenit, chiaro tra le nuvole. Sembrava un disco d’argento, ed era possibile guardarlo senza problemi. Non bruciava gli occhi, non li accecava. Come se vi fosse stata un’eclissi. Poi si udì un urlo fragoroso, e la gente più vicina cominciò a gridare – Miracolo, miracolo! Meraviglia, meraviglia! – Davanti agli occhi estasiati delle persone, il cui comportamento ci riportava ai tempi della Bibbia e le quali ora contemplavano il cielo limpido, sbalordite e a testa scoperta, il sole tremò, compì degli strani e bruschi movimenti, al di fuori di qualsiasi logica scientifica, – il sole «danzò» – secondo la tipica espressione dei contadini.

Testimonianza simile fu riportata dal dottore Almeida Garrett:

Improvvisamente udii il clamore di centinaia di voci e vidi che la folla si sparpagliava ai miei piedi…voltava la schiena al luogo dove, fino a quel momento, si era concentrata la sua attesa e guardava verso il sole dall’altro lato. Anche io mi sono rivoltato verso il punto che richiamava lo sguardo di tutti e potei vedere il sole apparire come un disco chiarissimo, con i contorni nitidi, che splendeva senza offendere la vista. Non poteva essere confuso con il sole visto attraverso una nebbia (che non c’era in quel momento) perché non era né velato né attenuato. A Fatima esso manteneva la sua luce e il suo calore e si stagliava nel cielo con i suoi nitidi contorni, come un largo tavolo da gioco. La cosa più stupefacente era il poter contemplare il disco solare, per lungo tempo, brillante di luce e calore, senza ferirsi gli occhi o danneggiare la retina. Udimmo un clamore, il grido angosciato della folla intera. Il sole, infatti, mantenendo i suoi rapidi movimenti rotatori, sembrò essere libero di muoversi nel firmamento, e di spingersi, rosso sangue, verso la terra, minacciando di distruggerci con la sua enorme massa. Furono dei secondi davvero terribili.

Parecchie furono anche le testimonianze dei fedeli presenti:

Il sole vibrò e tremò, sembrava una ruota infuocata (Maria da Capelinha).
Il sole si tramutò in una ruota infuocata, assumendo tutti i colori dell’arcobaleno. Tutto assunse quegli stessi colori: le nostre facce, i nostri vestiti, la terra stessa (Maria do Carmo).
Il sole cominciò a danzare e, a un certo punto, sembrò staccarsi dal firmamento e correre verso di noi, come una ruota di fuoco (Alfredo da Silva Santos).
Udii urla di gioia e di amore verso la Madonna di Fatima, da parte di quelle migliaia di bocche . E allora credetti. Ebbi la certezza di non essere stato vittima di una suggestione. Avevo visto il sole come non l’avrei mai visto di nuovo (Mario Godinho, ingegnere).Nel momento in cui uno meno se lo sarebbe aspettato, i nostri vestiti risultarono completamente asciutti (Maria do Carmo).

I tre pastorelli riferirono di aver visto dapprima la Madonna, san Giuseppe e Gesù bambino mentre benedicevano il mondo tracciando un ampio segno di croce, successivamente la Vergine nelle vesti di Addolorata, seguita da Gesù con la croce e la corona di spine, infine la sola Vergine nelle vesti della Madonna del Carmelo. Non appena il fenomeno si concluse, la folla si riversò entusiasta sui pastorelli: Francisco riuscì a fuggire, Giacinta venne condotta via da un amico, Lucia invece si ritrovò senza velo né trecce, poiché alcuni fanatici gliele avevano tagliate!.

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Le apparizioni della Madonna (1917)

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Passati alcuni mesi, i tre pastorelli continuarono le loro mansioni, stavolta nei pascoli della “Cova d’Irìa”, possedimenti del padre di Lucia. Il 13 maggio 1917, mentre giocavano sorvegliando il gregge, riferirono di aver notato un lampo improvviso, come di un temporale imminente. Preoccupati per le loro pecore, mentre cercavano di metterle al riparo, notarono un secondo lampo circa a metà strada lungo la discesa, mentre una bellissima signora appariva loro sopra un piccolo elce verdeggiante.

Il racconto prosegue: “Non abbiate paura non voglio farvi del male“, disse la signora; Lucia, sbalordita, chiese: “Di dove venite, Signora?”. “Vengo dal cielo“, rispose, chiedendo ai tre pastorelli di recarsi in quello stesso luogo il tredici di ogni mese, per sei mesi consecutivi fino a ottobre, raccomandando loro inoltre di pregare il rosario affinché la prima guerra mondiale potesse finire e i soldati, fra i quali il fratello di Lucia, potessero tornare alle proprie case. Con queste ultime raccomandazioni la visione scomparve.

I tre pastorelli in preghiera presso l’elce

Scesi dalla cova i pastorelli tornarono alle loro case. La piccola Giacinta raccontò tutto alla madre che, preoccupata, chiese aiuto alla cognata Rosa, madre di Lucia, che rimproverò aspramente la figlia pensando a una menzogna. Lucia cercò inutilmente di difendersi dalle accuse ma, vedendo che tutto era inutile, preferì tacere fino a quando non arrivò il 13 giugno, giorno in cui la visione sarebbe tornata a Cova di Irìa. Lucia pregò la madre di farla andare lì, nonostante tutto il paese fosse radunato per la festa patronale di sant’Antonio di Padova. Seguivano questa volta i tre veggenti quattordici compagne curiose e con loro Maria Carreira col figlio, storpio, Giovanni. A mezzogiorno la Madonna, secondo il racconto, riapparve ai pastorelli rivelando a Lucia, che piangeva per i maltrattamenti subiti dalla madre nel mese passato, che Giacinta e Francisco sarebbero presto morti, mentre lei sarebbe sopravvissuta per far conoscere al mondo ciò che aveva visto; detto questo aveva mostrato ai veggenti il suo cuore ferito da spine pungenti, scomparendo infine. I fedeli attorno all’elce dichiararono di aver visto una nuvola volare via, verso oriente.

Sulla via del ritorno, i pastorelli vennero bersagliati dalle domande dei presenti e furono costretti a tornare a casa. Lì la madre di Lucia maltrattò la figlia credendola una bugiarda, poi la condusse dal parroco che la interrogò e le mise il sospetto che quella visione fosse in realtà una manifestazione diabolica. Il 13 luglio i bambini tornarono alla Cova d’Irìa: questa volta erano lì radunate circa cinquemila persone, molte delle quali desiderose di prendersi gioco dei ragazzini. Secondo quanto riferito da Lucia, a mezzogiorno si ripeté l’apparizione: la bambina si lamentò presso la signora per tutti i maltrattamenti subiti, ricevendo come risposta l’invito a offrire le sue sofferenze per la conversione dei peccatori; dopo di che venne mostrata ai tre pastorelli la visione dell’inferno, riportata testualmente dagli scritti di suor Lucia:

La Madonna ci mostrò un grande mare di fuoco, che sembrava stare sotto terra. Immersi in quel fuoco, i demoni e le anime, come se fossero braci trasparenti e nere o bronzee, con forma umana che fluttuavano nell’incendio, portate dalle fiamme che uscivano da loro stesse insieme a nuvole di fumo, cadendo da tutte le parti simili al cadere delle scintille nei grandi incendi, senza peso né equilibrio, tra grida e gemiti di dolore e disperazione che mettevano orrore e facevano tremare dalla paura. I demoni si riconoscevano dalle forme orribili e ributtanti di animali spaventosi e sconosciuti, ma trasparenti e neri. Questa visione durò un momento

Lucia aggiunge che la Madonna aveva poi rivelato ai pastorelli la seconda parte del segreto (la prima era appunto la visione dell’Inferno):

“La guerra sta per finire, ma se non smetteranno di offendere Dio, nel regno di Pio XI ne comincerà un’altra peggiore. Quando vedrete una notte illuminata da una luce sconosciuta, sappiate che è il grande segnale che Dio vi dà del fatto che si appresta a punire il mondo per i suoi delitti, per mezzo della guerra, della fame e delle persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre. Per impedire tutto questo, sono venuta a chiedere la Consacrazione della Russia al Mio Cuore Immacolato e la comunione riparatrice nei primi sabati. Se ascolterete le Mie richieste, la Russia si convertirà e avrete pace; diversamente, diffonderà i suoi errori nel mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa; i buoni saranno martirizzati, il Santo Padre dovrà soffrire molto, diverse nazioni saranno annientate. Infine il Mio Cuore Immacolato trionferà. Il Santo Padre Mi consacrerà la Russia che si convertirà, e sarà concesso al mondo qualche tempo di pace”.

L’apparizione si sarebbe conclusa poco dopo. Tutto il Portogallo aveva cominciato a parlare degli strani avvenimenti accaduti a Fatima, accusando i pastorelli di essere millantatori, vittime di una congiura clericale. La notizia giunse agli orecchi del sindaco di Vila Nova da Ourèm (di cui Fatima è una frazione), Arturo Oliveira, che decise di farla finita con quella che riteneva una commedia: dapprima convocò Lucia, suo padre e il padre di Giacinta e Francisco, Manuel, ricoprendoli di insulti e minacciando di arrestarli, dopo di che, la mattina del 13 agosto, con la scusa di condurre i pastorelli alla Cova d’Irìa, li trascinò in prigione per costringerli a confessare. Ma i ragazzini sembravano davvero irremovibili: non volevano ammettere che la loro fosse una menzogna né tantomeno rivelare al sindaco i segreti che affermavano di aver ricevuto dalla Madonna. Non sapendo più come minacciarli, il sindaco li rimandò a casa il giorno 15 agosto. I bambini non avevano dunque potuto assistere all’apparizione del giorno 13, che li aveva raggiunti, secondo il loro racconto, quattro giorni dopo, il 19 agosto; aggiunsero che la Madonna aveva promesso loro che il mese di ottobre avrebbe lasciato un segno per confermare l’autenticità delle loro affermazioni.

Il 13 settembre erano radunate alla Cova d’Irìa circa trentamila persone, fra le quali molti malati in barella. A mezzogiorno i testimoni presenti riferirono di aver visto un globo luminoso scendere dal cielo verso l’elce; la Madonna sarebbe apparsa ai bambini per consolare alcuni fra i malati, promettendo a Lucia che entro l’anno li avrebbe guariti, chiedendo inoltre di utilizzare il denaro che la gente donava per costruire lì, a Cova d’Irìa, una cappella a lei dedicata. Lucia avrebbe voluto consegnare alla Madonna una fialetta di profumo e alcune lettere datele da un oriundo di Olival, ma l’apparizione le avrebbe rifiutate, per poi scomparire.

Le apparizioni dell’angelo (1915-16)

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Lucia dos Santos racconta nelle sue memorie che nel 1915, mentre si trovava con alcune compagne (Maria Rosa, Maria Justino e Teresa Matias) a pascolare le greggi presso i possedimenti paterni, aveva visto una misteriosa figura “simile ad una statua di neve“. Fuggita, non volle raccontare nulla ai familiari, cosa che invece fecero le compagne. Fu per questo che Lucia preferì recarsi al pascolo di “Cabeço” con Francisco e Giacinta. Mentre essi si riparavano dalla pioggia e giocavano, era apparsa nuovamente quella figura, “un giovane fra i quattordici e i quindici anni, che il sole rendeva trasparente come se fosse di cristallo“, interpretato come un angelo e precisamente l’angelo della pace.

Questi aveva invitato i bambini a pregare prostrati insieme a lui in riparazione delle offese subite da Dio da parte dei peccatori, e in particolare con le parole: “Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, vi adoro profondamente e vi offro il preziosissimo corpo, sangue, anima, divinità di Gesù Cristo presente in tutti i tabernacoli della terra, in riparazione degli oltraggi, dei sacrilegi e delle indifferenze con cui Egli stesso è offeso, e per i meriti infiniti del Suo Santissimo Cuore e del Cuore Immacolato di Maria vi chiedo la conversione dei poveri peccatori“. Lucia narra che sia lei che Giacinta potevano udire le parole dell’angelo, solo a Francisco risultava impossibile: egli ascoltava le parole ripetute dalle due compagne.

Riapparso nuovamente nell’estate del 1916, si sarebbe rivelato come angelo protettore del Portogallo, ordinando ai tre di fare sacrifici per la salvezza della loro patria, devastata dalle guerre civili. Porto il calice a Francisco e a Giacinta, aveva ordinato a Lucia di consumare l’ostia, invitando a fare sacrifici in riparazione degli oltraggi al sacramento dell’Eucaristia. Scomparso l’angelo, i pastorelli non avrebbero avuto più visioni fino a quelle del 1917 a Cova d’Iria.

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I protagonisti delle apparizioni di Fátima

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Lucia dos Santos

Nata il 22 marzo del 1907 ad Aljustrel, nella diocesi di Fátima, sesta figlia di Antonio e Maria Rosa dos Santos, all’epoca delle presunte apparizioni aveva dieci anni. Nonostante fosse la più grande dei tre pastorelli, non sapeva ancora né leggere né scrivere, poiché la sua occupazione giornaliera ordinaria era di condurre il gregge a pascolare. A seguito delle apparizioni, dopo aver studiato presso il Collegio di Vilar, a Oporto, vestì l’abito religioso con il nome di Maria Lucia dell’Addolorata, a Tui in Spagna. Fece la professione temporanea il 3 ottobre 1928 e il 3 ottobre 1934 quella perpetua. Il 25 marzo 1948 si trasferì a Coimbra, dove entrò nel Carmelo di Santa Teresa di Gesù con il nome di suor Maria Lucia del Cuore Immacolato. Morì il 13 febbraio 2005 a Coimbra, all’età di 98 anni, il suo corpo venne traslato vicino a quello della cugina Giacinta. Il 13 febbraio 2008, giorno del terzo anniversario della morte di Suor Lucia, il cardinale José Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione per la Causa dei Santi, rese pubblico il decreto del Vaticano per l’apertura immediata del processo di beatificazione.

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Nato l’11 giugno 1908 ad Aljustrel, decimo figlio di Manuel Pedro Marto e Olimpia di Gesù, all’epoca delle presunte apparizioni aveva nove anni. Viene descritto da Lucia nelle sue Memorie come un ragazzino silenzioso e solitario, spesso intento a suonare mentre le pecore andavano al pascolo. Ammalatosi durante la violenta epidemia di spagnola nel 1918 morì il 4 aprile dell’anno seguente, il giorno dopo la sua prima comunione, alle ore 22:00. I suoi resti mortali rimasero tumulati nel cimitero parrocchiale fino al 13 marzo 1952, quando furono trasportati nella basilica della Cova da Iria, nella cappella al lato destro dell’altare maggiore dove tuttora riposano. È stato beatificato con la sorella il 13 maggio 2000.

Jacinta_Marto_van_Fatima_-_02Giacinta Marto

Nata ad Aljustrel l’11 marzo 1910, undicesima figlia di Pietro Marto e Olimpia di Gesù, all’epoca delle presunte apparizioni aveva sette anni. Era la più vivace dei tre, amava molto giocare e danzare mentre il fratello suonava presso i pascoli. Morì il 20 febbraio 1920 nell’ospedale D. Estefânia, a Lisbona, dopo una lunga e dolorosa malattia. Il 12 settembre 1935 la sua salma fu trasportata al cimitero di Fatima, vicino ai resti mortali del fratellino Francisco. Il 1º maggio 1951 i resti mortali di Giacinta, il cui viso fu trovato incorrotto, furono deposti, in forma molto semplice, nella tomba preparata nella basilica della Cova da Iria, nella cappella laterale, a sinistra dell’altare maggiore. È stata beatificata con il fratello il 13 maggio 2000.

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