Archivio | febbraio 2017

Diario di Santa Gemma Galgani

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6 Agosto, Lunedì

L’Angelo Custode si trattiene con lei tutta la notte e l’esorta ad offrire ogni patimento al Signore per le anime del purgatorio.

Eccomi giunta al 6 Agosto. I giorni passano, e io eccomi sempre nell’abisso del mondo.
Stasera, l’Angelo Custode, mentre facevo le preghiere della sera, mi si è avvicinato, e battendomi sopra una spalla mi ha detto: «Gemma, come mai tanta svogliatezza per la preghiera? A Gesù gli dispiace». «No – ho risposto – , non è svogliatezza: sono due giorni che non mi sento bene». Ha soggiunto: «Fai il tuo dovere con applicazione, e vedrai che Gesù ti amerà ancora di più». È stato un momento zitto, poi mi ha dimandato: «E Confratel Gabriele?». «E non lo so». «Quanto tempo è che non l’hai veduto?». «È tanto tanto tanto». «Ma stanotte Gesù te lo manda». «Come? Stanotte no, disubbidirei: di notte non vuole il Confessore». O con quanto desiderio l’avrei voluto! ma volevo obbedire. Lo pregai che me lo mandasse di giorno e presto, affinché potessi scrivere quella lettera a P. G. [= Padre Germano]. Mi raccomandai all’Angelo Custode che andasse da Gesù a dirgli se gli permetteva di passare la notte insieme con me. Sparì subito.

Avevo terminato le preghiere: andai a letto. Quando ebbe avuto da Gesù il permesso di venire, ritornò; mi diandò: «Quanto tempo è che non hai pregato per l’anime del Purgatorio? O figlia mia, ci pensi così poco! M. M. Teresa soffre sempre, sai?».

Era dalla mattina che non avevo pregato per loro. Mi disse che avrebbe piacere che ogni cosetta piccola che soffro, la regalassi alle anime del Pur-gatorio. «Ogni piccola pena, loro le solleva; anche ieri e oggi, se tu avevi offerto per loro quel poco». Ma risposi un po’ meravigliata: «Mi sentiva il corpo; e che i dolori di corpo sollevano le anime del Purgatorio?». «Sì – mi disse – ; sì, figlia: ogni più piccolo patimento le solleva». Gli proisi allora che da quel momento ogni cosa avrei offerto per esse. Soggiungeva: «Quanto soffrono quelle anime! Vuoi fare qualche cosa stanotte per esse? vuoi soffrire?». «E che cosa? – gli dissi. – È lo stesso soffrire di Gesù nel giorno di Venerdì?». «No – rispose. – Di Gesù non sono; saanno dolori corporali». Io dissi di no, perché fuori di Gioedì e di Venerdì Gesù non vuole; le altre notti vuole che dorma. Ma siccome le anime del Purgatorio, e in particolare M. M. Teresa, mi sta molto a cuore, gli dissi che un’ora volentieri avrei patito.

Gli bastarono queste parole, ma vedeva bene che facendo questo avrei disobbedito; mi ha lasciata dormire.
Stamattina, quando mi sono svegliata, era sempre presso di me; mi ha benedetto ed è andato via.

L’Imitazione di Cristo

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Capitolo X

ASTENERSI DAI DISCORSI INUTILI  

  1. Per quanto possibile, stai lontano dall’agitarsi che fa la gente. Infatti, anche se vi si attende con purezza di intenzione, l’occuparsi delle faccende del mondo è un grosso impaccio, perché ben presto si viene inquinati dalle vanità, e fatti schiavi. Più di una volta vorrei essere stato zitto, e non essere andato in mezzo alla gente.

  2. Ma perché andiamo parlando e chiacchierando così volentieri con altri, anche se poi è raro che, quando torniamo a star zitti, non abbiamo qualche guasto alla coscienza? Parliamo così volentieri perché, con queste chiacchiere, cerchiamo di consolarci a vicenda, e speriamo di sollevare il nostro animo oppresso dai vari pensieri. Inoltre molto ci diletta discorrere e fantasticare delle cose che amiamo assai e che desideriamo, o di ciò che sembra contrastarci. Ma spesso purtroppo tutto questo è vano e inutile; giacché una simile consolazione esteriore va molto a scapito di quella interiore e divina.

  3. Non dobbiamo passare il nostro tempo in ozio, ma in vigilie e in orazioni; e, se possiamo o dobbiamo parlare, dire cose edificanti. Infatti, mentre il malvezzo e la trascuratezza del nostro progresso spirituale ci induce facilmente a tenere incustodita la nostra lingua, giova assai al nostro profitto interiore una devota conversione intorno alle cose dello spirito; tanto più quando ci si unisca, nel nome di Dio, a persone animate da pari spiritualità.

L’Imitazione di Cristo

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Capitolo IX

OBBEDIENZA E SOTTOMISSIONE 

  1. Stare sottomessi, vivere soggetti a un superiore e non disporre di sé è cosa grande e valida. E’ molto più sicura la condizione di sudditanza, che quella di comando. Ci sono molti che stanno sottomessi per forza, più che per amore: da ciò traggono sofferenza, e facilmente se ne lamentano; essi non giungono a libertà di spirito, se la loro sottomissione non viene dal profondo del cuore e non ha radice in Dio. Corri pure di qua e di là; non troverai pace che nell’umile sottomissione sotto la guida di un superiore. Andar sognando luoghi diversi, e passare dall’uno all’altro, è stato per molti un inganno.

  2. Certamente ciascuno preferisce agire a suo talento, ed è maggiormente portato verso chi gli dà ragione. Ma, se Dio è dentro di noi, dobbiamo pur talvolta lasciar perdere i nostri desideri, per amore della pace. C’è persona così sapiente che possa conoscere pienamente ogni cosa? Perciò non devi avere troppa fiducia nelle tue impressioni; devi ascoltare volentieri anche il parere degli altri. Anche se la tua idea era giusta, ma la abbandoni per amore di Dio seguendo quella di altri, da ciò trarrai molto profitto. Stare ad ascoltare ed accettare un consiglio – come spesso ho sentito dire – è cosa più sicura che dare consigli. Può anche accadere che l’idea di uno sia buona; ma è sempre segno di superbia e di pertinacia non volersi arrendere agli altri, quando la ragionevolezza o l’evidenza lo esigano.

L’Imitazione di Cristo

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Capitolo VIII

EVITARE L’ECCESSIVA FAMILIARITA’

“Non aprire il tuo cuore al primo che capita” (Sir 8,22); i tuoi problemi, trattali invece con chi ha saggezza e timore di Dio. Cerca di stare raramente con persone sprovvedute e sconosciute; non metterti con i ricchi per adularli; non farti vedere volentieri con i grandi. Stai, invece, accanto alle persone umili e semplici, devote e di buoni costumi; e con esse tratta di cose che giovino alla tua santificazione. Non avere familiarità con alcuna donna, ma raccomanda a Dio tutte le donne degne. Cerca di essere tutto unito soltanto a Dio e ai suoi angeli, evitando ogni curiosità riguardo agli uomini. Mentre si deve avere amore per tutti, la familiarità non è affatto necessaria. Capita talvolta che una persona che non conosciamo brilli per fama eccellente; e che poi, quando essa ci sta dinanzi, ci dia noia solo al vederla. D’altra parte, talvolta speriamo di piacere a qualcuno, stando con lui, e invece cominciamo allora a non piacergli, perché egli vede in noi alcunché di riprovevole.

Preghiera a San Gabriele dell’ Addolorata

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O santo dei giovani e di quanti cercano Dio
nella sincerità del loro cuore, insegnaci
a porre Dio al primo posto nella nostra vita.
Tu che lasciati il mondo, ove vivevi
Una vita tranquilla, serena ed allegra,
attratto da una speciale vocazione
alla vita consacrata, guida i nostri giovani a sentire
la voce di Dio e a consacrarsi
a Lui mediante scelte radicali di amore.
Tu, che alla scuola di San Paolo della Croce,
ti alimentasti alle sorgenti dell’Amore crocifisso
insegnaci ad amare Gesù, morto e risorto per noi,
come lo amasti tu con tutto il cuore.
Tu, che hai scelto la Vergine Addolorata,
come guida sicura verso il Calvario,
insegnaci ad accettare le prove della vita
con santa rassegnazione alla volontà di Dio.
O Gabriele della Vergine Addolorata,
che all’Isola del Gran Sasso
richiami fedeli e pellegrini di ogni parte del mondo,
porta a Cristo le anime smarrite, sfiduciate e senza Dio.
Con il tuo fascino spirituale,
con la tua giovanile e gioviale santità
indirizza le persone che hanno già intrapreso
la strada della perfetta carità
sulla via della vera unione con Dio
e del sincero amore verso ogni uomo di questo mondo.
Amen.

San Gabriele dell’Addolorata

San Gabriele dell'Addolorata

San Gabriele dell’Addolorata è uno dei santi più popolari del mondo. Il suo santuario ai piedi del Gran Sasso d’Italia (Teramo) ogni anno è ambita meta di pellegrinaggio per milioni di devoti. Metà umbro per via del padre avvocato Sante Possenti e metà marchigiano per le origini della mamma Agnese Frisciotti, ogni abruzzese lo ritiene talmente tutto suo che farebbe a pezzettini chiunque osasse avanzare dei dubbi.

Nato ad Assisi il 1° marzo 1838, la sera stessa fu battezzato nella cattedrale di san Rufino che sette secoli prima aveva accolto l’illustre concittadino san Francesco. Era quasi inevitabile che ne ereditasse anche il nome. Gabriele infatti è il nome d’arte scelto al momento di farsi religioso, ma all’anagrafe è registrato Francesco Possenti, Checchino per familiari e amici.

Ben presto conosce l’asprezza del vivere perché a quattro anni è già orfano di madre. Nel frattempo il padre, integerrimo governatore dello stato pontificio, ha già lasciato Assisi e si è trasferito con tutta la patriarcale famiglia nella prestigiosa sede di Spoleto (Perugia) dove Gabriele trascorre l’infanzia e l’adolescenza fino a diciotto anni. Cresce volitivo e vivace scorrazzando con i fratelli per le ampie sale del palazzo finché non va a spiaccicarsi il nasino contro una porta.
Impara a pregare, ma non manca di dare anche qualche grattacapo al padre che a stento riesce a frenarne l’esuberanza. Si dimostra sensibile soprattutto con i poveri ai quali non esita ad allungare la merendina o l’intero marsupio scucito al padre. Primeggia a scuola per intelligenza, diventa leader di tutte le imprese goliardiche coinvolgendo negli scherzi anche i professori che nelle recite gli affidano sempre il ruolo del protagonista.

Frequenta salottiteatro jet set sempre attillato all’ultima moda. Viene soprannominato il ballerino o il damerino elegante. Però non scende mai a compromessi morali, non tollera intrallazzi o scostumatezze, di fronte alle avances di un balordo fa roteare per aria un coltellaccio a serramanico. Sotto l’elegante abbigliamento qualche volta cinge il cilicio, è capace di passare dal teatro alla chiesa.
Naturalmente anche per lui arriva il tempo delle mele. Bello e seducente, è tampinato soprattutto dalla figlia dell’avvocato Pennacchietti e Gabriele non pare insensibile alle sue attenzioni. Però ogni tanto si ritrova incasinato perché un campanello d’allarme gli ricorda che la vita non è tutta rose e fiori. Gli eventi stanno precipitando, sorella morte sta sgretolando la numerosa famiglia con ricorrenti lutti.
Gabriele sussulta e finisce quasi per smarrire le coordinate. Qui ci vuole un monitoraggio. Torna a mulinare con insistenza per la testa un vecchio progetto, quello di consacrarsi totalmente a Dio nella vita religiosa. Una promessa già fatta la prima volta a dodici anni nel delirio di un febbrone e rinnovata di fronte ad ogni pericolo, scongiurato il quale la routine aveva sempre ripreso il sopravvento.

A rompere gli indugi si incarica la Madonna stessa durante la processione della sacra icona per le vie di Spoleto. E’ il 22 agosto 1856 e Gabriele, in ginocchio tra la folla, avverte che l’immagine si anima, gli occhi della Madonna diventano lame scintillanti e una voce risuona chiarissima nel cuore: “Ancora non capisci che questa vita non è fatta per te? Segui la tua vocazione“. Colpo fatale che mette fine a tutti i tentennamenti. Superando inenarrabili difficoltà, quindici giorni dopo è già nel noviziato dei passionisti a Morrovalle, in provincia di Macerata. Nessuno riuscì a trattenerlo. E da quell’istante fu tutta una corsa, una volata da internauta verso la meta.

San Gabriele e p.Norberto

San Gabriele e p.Norberto

Ha diciotto anni e mezzo. La scelta della vita religiosa è radicale e irrevocabile. Bacia piangendo di commozione la nuova veste scura e ruvida, uno schiaffo al look del damerino che si pavoneggiava per le vie di Spoleto. Ha trovato finalmente la sua felicità. Ne informa ripetutamente i familiari: “La mia vita è una continua gioia; la contentezza che provo dentro queste sacre mura è quasi indicibile; le 24 ore della giornata mi sembrano 24 brevi istanti; davvero la mia vita è piena di gioia“. Il papaGiovanni Paolo II durante la sua visita al santuario nel 1985 confermò che “la gioia cristiana è la nota caratteristica di san Gabriele“.

Le tappe della santità senza gesta clamorose, con una vita semplice contrassegnata dall’eroicità nel quotidiano e struggente devozione alla Madonna Addolorata. Vuole strappare dal cuore ogni minuzia che non palpita esclusivamente per il Signore. Il suo direttore spirituale, il venerabile Norberto Cassinelli, potrà affermare: “Questo ragazzo ha lavorato con il cuore“.

Passa gli ultimi due anni e mezzo sempre ritirato nel conventino sperduto ai piedi del Gran Sasso tra ascensioni spirituali e lavorio interiore le cui profondità sono note unicamente a Dio. Solo qualche sortita all’aria aperta tanto per illudere i polmoni già minati dalla tubercolosi, il male sottile che presto lo condurrà alla tomba. Ma per lui è una festa e si lancia verso il rush finale invocando la Madonna: “Mamma mia, fa’ presto“.

Così la mattina del 27 febbraio 1862, al sorgere del sole, con il volto trasognato e gli occhi sfavillanti che trafiggono un punto fisso sulla parete sinistra, senza agonia sorride alla Madonna che viene a incontrarlo. Ha 24 anni, ancora studente in attesa dell’ordinazione sacerdotale. Ma ha già varcato la soglia per celebrare la messa perenne nel rutilante spettacolo dell’eternità in Dio.

La sua fama cominciò nel 1892 quando a trent’anni dalla morte si verificarono i primi strepitosi miracoli tra la gente accorsa in massa alla ricognizione delle spoglie. Beatificato da san Pio X nel 1908, fu proclamato santo da Benedetto XV nel 1920 alla presenza di oltre quaranta cardinali, trecento vescovi e un’incalcolabile moltitudine convenuta da ogni parte del mondo. Nel 1926 Pio XI lo dichiara compatrono della gioventù cattolica italiana e nel 1959 San Giovanni XXIII lo proclama patrono principale d’Abruzzo.

Come diventare figli spirituali di Padre Pio

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(Fra Modestino da Pietrelcina, Io… testimone del Padre, cap. 14)

Divenire figlio spirituale di Padre Pio è stato sempre un sogno di ogni anima devota che si è avvicinata al Padre e alla sua spiritualità.

Meritare questo titolo ambito era la meta di ognuno giacché Padre Pio, prima di accettare un figlio o una figlia spirituale, voleva in questi constatare una vera conversione di vita e l’inizio di un itinerario ascetico, beneficamente influenzato dalla sua assistenza e dalla sua protezione.

Nell’anno 1956 ero di famiglia presso il convento dei cappuccini di Agnone, una ridente cittadina del Molise, e meditavo sui benefici che potevano lucrare coloro che venivano accettati dal Padre quali suoi figli spirituali. Poi, pensavo con rammarico a tutti quelli che non potevano andare a San Giovanni Rotondo per chiedere a Padre Pio l’adozione spirituale e a quelli, ancor meno fortunati, che si sarebbero avvicinati al Padre dopo il suo transito terreno.

Avrei voluto, invero, che tutti potessero degnamente «vantarsi», anche in futuro, di essere «figli spirituali di Padre Pio».

Questo desiderio si aggiungeva ad un altro che avevo tentato di realizzare fin da quando in me veniva prendendo consistenza la vocazione religiosa: «diffondere la devozione alla Madonna mediante la recita quotidiana del santo Rosario».

In quell’anno, con questi due desideri nel cuore, venni in vacanza a San Giovanni Rotondo per trascorrere alcuni giorni vicino al Padre.

Mentre mi confessavo da lui, in sacrestia, ebbi un’ispirazione e, fattomi animo, dopo l’accusa dei peccati, gli chiesi: «Padre, vorrei formare ad Agnone i suoi figli spirituali».

Padre Pio, pur esprimendo con la dolcezza dei suoi occhi grandi e luminosi l’intuizione del mio desiderio, rispose con indescrivibile tenerezza: «In che consiste ciò che mi chiedi?».

Incoraggiato da quello sguardo, soggiunsi:

«Padre, vorrei assumere, come suoi figli spirituali, tutti coloro che s’impegneranno a recitare ogni giorno una corona di Rosario e a far celebrare di tanto in tanto una santa Messa secondo le sue intenzioni. Posso farlo oppure no?».

Padre Pio, allargando le braccia, alzò gli occhi al cielo ed esclamò: «E io, fra Modestino, posso rinunziare a questo grande beneficio? Fa’ ciò che mi chiedi e io ti assisterò».

Tornato ad Agnone iniziai con entusiasmo la mia nuova missione. Il santo Rosario si diffondeva e la famiglia spirituale di Padre Pio ora cresceva anche tramite la mia povera persona.

Un’altra volta, avvicinai il Padre mentre pregava sul matroneo della chiesa e gli domandai: «Padre, che cosa devo dire ai suoi figli spirituali?».

E lui mi rispose con un tono che faceva trasparire un amore intenso: «Riferisci che io do loro tutto il mio animo, purché siano perseveranti nella preghiera, e nel bene».

Un’altra volta ancora, mentre dal coro lo accompagnavo alla cella, gli chiesi: «Padre, il numero dei suoi figli spirituali è ormai grande! Che devo fare, fermarmi o accoglierne altri?».

E Padre Pio, aprendo le braccia, con un’esclamazione che fece vibrare il mio cuore rispose: «Figlio mio, allarga quanto più puoi, perché sono più beneficati loro davanti a Dio che io stesso».

In occasione degli innumerevoli incontri avuti col Padre, devo dire che avevo sempre richiesto in dono un qualche suo ricordo. Mai, però, il mio desiderio era stato esaudito.

Nei primi giorni del mese di settembre del 1968, mi trovavo a Isernia allorché il Padre affidò ad un mio confratello quest’incarico:

«Di’ a fra Modestino che quando verrà a San Giovanni Rotondo gli darò una bella cosa».

Quando il 20 settembre ci fu il raduno internazionale dei Gruppi di preghiera a San Giovanni Rotondo, corsi da lui.

Dopo aver celebrato la Messa solenne, Padre Pio fu accompagnato sulla veranda. Erano presenti padre Onorato Marcucci e padre Tarcisio da Cervinara. L’abbracciai a lungo. Era profondamente commosso. Tante emozioni, in quel giorno, l’avevano provato duramente. Parlava a stento. Ora, piangeva in silenzio. Ad un tratto mi fece cenno di avvicinarmi. M’inginocchiai vicino. Si tolse delicatamente dal polso l’inseparabile corona e me la depose tra le mani, aperte al dono, con uno sguardo che sembrava dirmi: «Ecco, ti affido il santo Rosario. Divulgalo, diffondilo tra i figli miei».

Era la definitiva ratifica di un mandato, di un incarico meraviglioso.

Oggi, dopo la sua morte, i figli spirituali di Padre Pio non si contano più. Questa grande famiglia si riunisce, idealmente, in spirito, ogni sera alle 21, intorno alla tomba del Padre.

Lì ci sono io, fra Modestino, a guidare la recita del santo Rosario. Tutti coloro che, dalle loro case, si uniranno alla recita della preghiera che il Padre preferiva, dalle ore 21 alle 21.30, e ogni tanto faranno celebrare una santa Messa secondo le intenzioni di Padre Pio, potranno divenire suoi figli spirituali.1

Questo l’assicuro sotto la mia personale responsabilità.

Beneficeranno della continua assistenza del Padre e della mia povera preghiera presso la sua tomba.

Quante corone di Rosario, ormai, s’intrecciano a sera, intorno al sepolcro glorioso di Padre Pio!

Quante grazie la celeste Mammina ottiene ai figli spirituali di Padre Pio, che nel suo nome si uniscono in preghiera da tutte le parti del mondo!

Chi s’impegna a recitare la corona benedetta, ovviamente dovrà ripudiare il peccato e seguire, per quanto gli sarà possibile, l’esempio di Padre Pio. Da questo si riconosceranno i figli spirituali del Padre: saranno uniti dal vincolo della dolce catena che ci lega a Dio (il Rosario); ameranno, pregheranno e soffriranno come ha amato, pregato e sofferto Padre Pio, per il bene della propria anima e per la salvezza dei peccatori.

Le numerosissime telefonate di grazie ricevute, che mi pervengono, testimoniano che Padre Pio, fedele alla sua promessa, protegge in modo tutto particolare i suoi figli spirituali che, alle nove della sera, non mancano all’appuntamento con la Vergine santa, attraverso la recita del suo Rosario.

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1 Attualmente il Rosario è recitato alle 20.45. Chi non potesse pregarlo a quell’ora può farlo in un altro momento della giornata. Fra Modestino è morto il 14 agosto 2011, vigilia dell’Assunta.

Padre Pio da Pietrelcina

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Padre Pio de Pietrelcina
(Francesco Forgione)
23 settembre

Erede spirituale di San Francesco d’Assisi, Padre Pio da Pietrelcina è stato il primo sacerdote a portare impressi sul suo corpo i segni della crocifissione.
Già noto al mondo come il “Frate stigmatizzato”, Padre Pio, al quale il Signore aveva donato particolari carismi, si adoperò con tutte le sue forze per la salvezza delle anime. Le moltissime testimonianze dirette della “santità” del Frate, arrivano sino ai nostri giorni, accompagnate da sentimenti di gratitudine.
Le sue intercessioni provvidenziali presso Dio furono per molti uomini causa di guarigione nel corpo e motivo di rinascita nello Spirito. 

Padre Pio da Pietrelcina, al secolo Francesco Forgione, nacque a Pietrelcina, un piccolo paese del beneventano, il 25 maggio 1887. Venne al mondo in casa di gente povera dove il papà Grazio Forgione e la mamma Maria  padrepio2.jpg (5839 byte)Giuseppa Di Nunzio avevano accolto già altri figli. Fin dalla tenera età Francesco sperimentava in se il desiderio di consacrarsi totalmente a Dio e questo desiderio lo distingueva dai suoi coetanei. Tale “diversità” fu oggetto di osservazione da parte dei suoi parenti e dei suoi amici. Raccontava mamma Peppa – “non commetteva nessuna mancanza, non faceva capricci, ubbidiva sempre a me e a suo padre, ogni mattina ed ogni sera si recava in chiesa a visitare Gesù e la Madonna. Durante il giorno non usciva mai con i compagni. Qualche volta gli dicevo: “Francì esci un pò a giocare. Egli si rifiutava dicendo: “non ci voglio andare perché essi bestemmiano“.
Dal diario di Padre Agostino da San Marco in Lamis, che fu uno dei direttori spirituali di Padre Pio, si venne a sapere che Padre Pio, fin dal 1892, quando aveva solo cinque anni, viveva già le sue prime esperienze carismatiche. Estasi ed apparizioni erano così frequenti che il bambino le riteneva assolutamente normali.

Con il passare del tempo poté realizzarsi quello che per Francesco era il più grande sogno: consacrare totalmente la vita al Signore. Il 6 gennaio 1903, a sedici anni, entrò come chierico nell’Ordine dei Cappuccini e fu ordinato sacerdote nel Duomo di Benevento, il 10 agosto 1910.
Ebbe così inizio la sua vita sacerdotale che a causa della sue precarie condizioni di salute, si svolgerà dapprima in diversi conventi del beneventano, dove fra Pio fu inviato dai suoi superiori per favorirne la guarigione, poi, a partire dal 4 settembre 1916, nel convento di San Giovanni Rotondo, sul Gargano, dove, salvo poche e brevi interruzioni, rimase fino al 23 settembre 1968, giorno della sua nascita al cielo.

In questo lungo periodo, quando eventi di particolare importanza non modificavano la quiete conventuale, Padre Pio dava inizio alla sua giornata svegliandosi prestissimo, molto prima dell’alba, cominciando con la preghiera di preparazione alla Santa Messa. Successivamente scendeva in chiesa per la celebrazione dell’Eucarestia al quale seguivano il lungo ringraziamento e la preghiera sul matroneo davanti a Gesù Sacramentato, infine le lunghissime confessioni.

Uno degli eventi che segnarono profondamente la vita del Padre fu quello verificatosi la mattina del 20 settembre 1918, quando, pregando davanti al Crocifisso del coro della vecchia chiesina, ricevette il dono delle stimmate, visibili; che rimasero aperte, fresche e sanguinanti, per mezzo secolo.
Questo fenomeno straordinario catalizzò, su Padre Pio l’attenzione dei medici, degli studiosi, dei giornalisti ma soprattutto della gente comune che, nel corso di tanti decenni si recò a San Giovanni Rotondo per incontrare il “Santo” frate.

In una lettera a Padre Benedetto, datata 22 ottobre 1918, lo stesso Padre Pio racconta della sua “crocifissione”:
“…cosa dirvi di ciò che mi dimandate del come si è avvenuta la mia crocifissione? Mio Dio che confusione e che umiliazione io provo nel dover manifestare ciò che Tu hai operato in questa tua meschina creatura! Era la mattina del 20 dello scorso mese (settembre) in coro, dopo la celebrazione della Santa Messa, allorché venni sorpreso dal riposo, simile ad un dolce sonno. Tutti i sensi interni ed esterni, non che le stesse facoltà dell’anima si trovarono in una quiete indescrivibile. In tutto questo vi fu totale silenzio intorno a me e dentro di me; vi subentrò subito una gran pace ed abbandono allacompleta privazione del tutto e una posa nella stessa rovina, tutto questo avvenne in un baleno. E mentre tutto questo si andava operando; mi vidi dinanzi un misterioso personaggio; simile a quello visto la sera del 5 agosto, che differenziava in questo solamente che aveva le mani ed i piedi ed il costato che grondava sangue. La sua vista mi atterrisce; ciò che sentivo in quell’istante in me non saprei dirvelo. Mi sentivo morire e sarei morto se il Signore non fosse intervenuto a sostenere il cuore, il quale me lo sentivo sbalzare dal petto. La vista del personaggio si ritira ed io mi avvidi che mani, piedi e costato erano traforati e grondavano sangue. Immaginate lo strazio che sperimentai allora e che vado esperimentando continuamente quasi tutti i giorni. La ferita del cuore gitta assiduamente del sangue, specie dal giovedì a sera sino al sabato.
Padre mio, io muoio di dolore per lo strazio e per la confusione susseguente che io provo nell’intimo dell’anima. Temo di morire dissanguato, se il Signore non ascolta i gemiti del mio povero cuore e col ritirare da me questa operazione…
.”

Per anni, quindi, da ogni parte del mondo, i fedeli si recarono da questo sacerdote stigmatizzato, per ottenere la sua potente intercessione presso Dio.
Cinquant’anni vissuti nella preghiera, nell’umiltà, nella sofferenza e nel sacrificio, dove per attuare il suo amore, Padre Pio realizzò due iniziative in due direzioni: una verticale verso Dio, con la costituzione dei “Gruppi di preghiera”, l’altra orizzontale verso i fratelli, con la costruzione di un moderno ospedale: “Casa Sollievo della Sofferenza”.
Nel settembre del 1968 migliaia di devoti e figli spirituali del Padre si radunarono in convegno a San Giovanni Rotondo per commemorare insieme il 50° anniversario delle stigmate e celebrare il quarto convegno internazionale dei Gruppi di Preghiera.
Nessuno avrebbe immaginato invece che alle 2.30 del 23 settembre 1968 avrebbe avuto termine la vita terrena di Padre Pio da Pietrelcina.

Preghiera a Santa Gemma per chiedere grazie

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O cara santa Gemma,
che ti sei lasciata plasmare da Cristo crocifisso, ricevendone nel tuo corpo verginale
i segni della sua gloriosa Passione,
per la salvezza di tutti,
ottienici di vivere con generosa dedizione il nostro impegno battesimale
e intercedi per noi presso il Signore affinché ci conceda le grazie desiderate.
Amen
Santa Gemma Galgani, prega per noi.


Padre nostro, Ave Maria, Gloria


Con approvazione ecclesiastica – Santuario Santa Gemma – Lucca

Diario di Santa Gemma Galgani

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5 Agosto, Domenica

Gesù le fa intendere esser sua volontà che ella mediti sempre sulla Passione.

Oggi Domenica ho pregato l’Angelo Custode, se mi faceva la grazia di andare [a] dire a Gesù che allora la meditazione non l’avrei potuta fare, perché non mi sentivo bene; l’avrei fatta la sera. Alla sera poi, non ne avevo nessuna voglia; andai a letto, feci la preparazione alla meditazione e rimasi raccolta soltanto internamente. Il capo non mi andò via; mi trattenni un’ora. Anzi devo dire ancora che la meditazione della Domenica è sempre sopra la Risurrezione ovvero il Paradiso; ma Gesù mi fa chiaramente conoscere che quella meditazione da me non la vuole ancora, perché la mente mi corre subito a qualche punto principale della sua passione. Sia fatta la sua volontà.