Archivio tag | Passione di Gesù

L’Agnello Pasquale – Il Sangue che salva

Parola di Dio
“Parlate a tutta la comunità di Israele e dite: Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa… Tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case, in cui lo dovranno mangiare… Il sangue sulle vostre case sarà il segno che voi siete dentro: io vedrò il sangue e passerò oltre, non vi sarà per voi flagello di sterminio” (Es 12,3.6.8-13).

“Cristo invece… non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna. Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsi su quelli che sono contaminati, li santificano, purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo, che con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte, per servire il Dio vivente?” (Eb 9,11-14).

Per la comprensione
– Il sangue, secondo la Bibbia, è principio vitale e viene da Dio, quindi è cosa sacra.

– Mosè sparge il sangue della vittima sull’altare che rappresenta Dio e poi sul popolo, per significare un’alleanza indissolubile tra Dio e l’uomo.

Nel mondo antico l’alleanza è sempre un atto sacro, posto sotto la protezione di Dio e ratificato dal sangue di una vittima.

– La Pasqua giudaica prepara la Pasqua cristiana: la Nuova Alleanza sarà ratificata dal sangue di Cristo, agnello senza macchia.

Rifletti
– Giovanni, fin dall’inizio del suo Vangelo, ci presenta Gesù come l’Agnello di Dio: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo” (Gv 1,29). Fonde in una sola realtà l’immagine dell’agnello pasquale che salva Israele dallo sterminio e dell’agnello di espiazione (Lv 14), che viene immolato per riparare i peccati del popolo, come farà il “Servo di Jahvé” (Is 53).

– Dio stipula un’alleanza con il suo popolo, che diventa sua speciale proprietà: ma questo patto è solo una figura dell’Alleanza Nuova che Dio stipulerà con tutta l’umanità mediante il Sangue di Cristo: “Questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati” (Mt 26,28).

– Il Sangue di Cristo è il tesoro della Chiesa, il nostro tesoro; da esso vengono a noi tutti i beni: il perdono dei peccati, la salvezza, la santificazione, l’essere figli di Dio, il dono dello Spirito, la Nuova Alleanza.

L’immagine dell’Agnello innocente immolatosi volontariamente per noi deve suscitare nel nostro spirito viva gratitudine, dedizione, amore.

– San Pietro esorta: “Comportatevi con timore nel tempo del vostro pellegrinaggio. Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l’argento e l’oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia” (1Pt 1,17-19).

– Dobbiamo unirci alle preghiere dei Santi che in Cielo cantano un canto nuovo: “Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio con il tuo sangue uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione e li hai costituiti per il nostro Dio un regno di sacerdoti e regneranno sopra la terra” (Ap 5,9-12).

Confronta
– Accogliamo l’esortazione della Parola di Dio a “tenere fisso lo sguardo su Gesù: pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate, perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato” (Eb 12,2-4).

– I Santi e in particolare i Martiri, tenendo lo sguardo fisso su Gesù Crocifisso, trovarono la forza per lottare fino al sangue, per rimanere fedeli all’amore di Dio.


Pensiero di san Paolo della Croce: “O Sangue caro di Gesù! O Sangue prezioso! O Sangue dolcissimo, in te sono tutte le mie speranze!” (L. 1, 527).

Lo sguardo fisso su Gesù Crocifisso

Parola di Dio
“Anche noi… corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede. Egli in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l’ignominia, e si è assiso alla destra del trono di Dio. Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato” (Eb 12,1-4).

Per la comprensione
– Fare memoria della Passione di Gesù è il “carisma” particolare dato dal Signore alla famiglia di san Paolo della Croce. I Passionisti esprimono questo carisma con un voto, il primo dei quattro voti con cui si consacrano a Cristo Crocifisso. Per il Passionista questo è il “voto fondamentale” che esprime il fine della sua vocazione e dà fisionomia, ispirazione e unità a tutta la sua vita: alla sua luce egli vive gli altri impegni, prende il suo posto nella Chiesa e si consacra a compiere la sua missione. Questa è la spiritualità specifica anche del laico passionista.

Rifletti
– Gesù desidera ardentemente che noi ricordiamo quanto Egli ha sofferto per noi. Ha parlato molte volte della sua Passione, prima che essa accadesse, per farci capire quanto Egli desidera che noi la ricordiamo. Gesù risorto, nello splendore della vita nuova nella gloria, ha conservato le sue piaghe, ormai gloriose, ma sempre piaghe.

Agli apostoli “stupiti e spaventati”, Gesù risorto diceva: “Guardate le mie mani e i miei piedi” (Lc 24,37-39). A ogni fedele ripete l’invito accorato a contemplare le sue piaghe, per fare memoria della sua Passione e comprendere che non poteva amarci di più. In cielo, per tutta l’eternità, contempleremo questi segni dell’amore infinito di Dio per noi.

– Il Calvario è il mistico monte da cui scaturiscono tutti i fiumi della grazia: il Crocifisso, con le sue piaghe aperte e il cuore squarciato, ne è la sorgente perenne. Quanto più ci si avvicina a questo monte e a questa sorgente, tanto più si è ricolmi di grazia.

– Ai Greci che desiderano vederlo, Gesù annunzia che quando sarà innalzato sulla croce attirerà a sé tutti i cuori (Gv 12,32), per portare tutti al Padre e manifestarsi come salvatore del mondo.

A Nicodemo aveva detto che per salvarsi bisogna guardare il Cristo innalzato sulla croce: “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in Lui abbia la vita eterna” (Gv 3,14-15).

– Anche oggi, per guarire dai morsi velenosi del serpente che ci insidia continuamente, dobbiamo “tenere lo sguardo fisso su Gesù Crocifisso”, lasciarci attirare da Lui, cioè meditarlo assiduamente, contemplarlo con amore e abbandonarci all’azione della sua grazia.

Confronta
– San Paolo della Croce, il grande innamorato del Crocifisso, passò la sua lunga vita a contemplare e predicare Gesù Crocifisso. Ecco alcuni suoi suggerimenti pratici:

– “Fondate sempre la vostra meditazione sui misteri della Passione di Gesù, non la tralasciate mai, dedicatevi ogni giorno. Lasciate che questo desiderio vi inzuppi, vi penetri fino alle midolla delle ossa. Vedrete miracoli della misericordia di Dio. Gusterete quanto siano dolci i frutti di questo albero di vita: la croce”.

– “Nel colmo di qualche grave afflizione prendete in mano il Crocifisso, fatevi fare una predica da Lui… Ascoltate ciò che vi predicano le spine, i chiodi, le piaghe, il Sangue divino: oh, che predica! che predica!”.

– “Anche in mezzo alle occupazioni è necessario confortare e fortificare lo spirito ai piedi del Crocifisso, nella meditazione delle sue santissime pene. L’amore vi insegnerà tutto”.


Pensiero di san Paolo della Croce: “Non perdete di vista la Passione di Gesù, portate le pene dello Sposo Divino come fascetto di mirra sull’altare del vostro cuore” (L. 111, 385).

 

La Passione – Mistero Trinitario

Parola di Dio
“In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati…. Da questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha fatto dono del suo Spirito. E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo… Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi. Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui” (1Gv 4,9-16).

Per la comprensione
– Il Giubileo del 2000 ha avuto come obiettivo “la glorificazione della Trinità, dalla quale tutto viene e alla quale tutto si dirige, nel mondo e nella storia” (TMA 55).

– Nei tre anni di preparazione al Giubileo abbiamo contemplato separatamente le Tre Persone divine; poi siamo stati invitati a entrare nel mistero stesso della Trinità, come unica sorgente del fiume dell’amore di Dio. Per questo, all’inizio del Giubileo, Giovanni Paolo II iniziava un nuovo ciclo di catechesi sulla Trinità, come un cammino “alle sorgenti e all’estuario della storia della salvezza”, perché la salvezza è dono della Trinità, da essa inizia e in essa trova il suo compimento.

Rifletti
– Dio Trinità è amore. È amore nella creazione: crea solo per amore, per far partecipi le creature della sua vita. È amore nell’incarnazione: per dono di tutta la Trinità, uno della Trinità si è fatto uomo. È amore nella Redenzione: tutta la Trinità è coinvolta in questa opera suprema di amore.

– Il Figlio di Dio si è fatto uomo, perché noi diventassimo figli di Dio: “Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: «Abbà, Padre!»” (Gal 4,6).

– “Lo Spirito Santo, che il Padre ha mandato nel nome del Figlio, fa sì che l’uomo partecipi alla vita intima di Dio. Fa sì che l’uomo sia anche figlio a somiglianza di Cristo ed erede di quei beni che costituiscono la parte del Figlio” (TMA 8).

– Ma è soprattutto nella Passione di Gesù che Dio-Trinità si mostra capace di infinito amore, perché capace di infinito dolore. Ai piedi della croce noi scopriamo chi è Dio: “Dio è amore”.

– “Dio Padre ha tanto amato il mondo da dare per noi il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16). Il Crocifisso è la prova più grande dell’amore del Padre che non può assistere impassibile di fronte al Figlio che pende dalla croce. Il Figlio è uno della Trinità, indissolubilmente unito al Padre e allo Spirito Santo.

– Ma la croce è prima di tutto la follia dell’amore del Figlio. Egli è venuto in mezzo a noi per condividere i nostri dolori e soffrire per noi e con noi: “Il Figlio di Dio mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2,20).

– Anche lo Spirito Santo partecipa misteriosamente alla Passione del Figlio, perché ci viene donato proprio con la morte del Figlio (Cf. Gv 19,30).

– Così tutta la Trinità si compromette per salvarci nel Figlio e tutta la Trinità in qualche modo soffre nel Figlio. Giustamente vengono oggi diffuse e valorizzate tante immagini della Trinità, con al centro il Crocifisso: Il Padre che tiene tra le braccia la croce del Figlio e lo Spirito Santo che unisce e separa nello stesso tempo il Padre che soffre e il Figlio che agonizza.

Confronta
– Il richiamo alla Santissima Trinità mi deve portare alla riscoperta dell’identità più profonda di Dio, che è Trinità d’amore e anche della mia identità più profonda, quella di figlio, chiamato a partecipare alla vita stessa di Dio, all’intimità con Lui. È tutta la Trinità che abita in me, come principio e fine del grande fiume dell’amore di Dio.

– Nel meditare la Passione di Gesù fisserò spesso la mente e il cuore su tutta la Trinità coinvolta nell’amore e nel dolore del Figlio.

– Come tutta la Trinità partecipa alla Passione del Figlio, così tutta la Trinità è presente e partecipa alle mie sofferenze. Mai mi sentirò abbandonato. Nelle prove, con l’aiuto della fede, sentirò più che mai Dio vicino a me: Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo.


Pensiero di san Paolo della Croce: “Fortunati quelli che stanno nascosti nel grembo di Dio, e bevono alle Piaghe santissime di Gesù Cristo quest’acqua di eterna vita!” (L. III, 732).

Un Dio fatto uomo

Parola di Dio
“In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio… E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità” (Gv 1,1.14).

“Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e fedele nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo. Infatti proprio per essere stato messo alla prova ed avere sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova… Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia” (Eb 2,17-18; 4,15-16).

Per la comprensione
– Accostandoci a meditare la sua Passione, dobbiamo tenere sempre presente chi è Gesù: vero Dio e vero uomo. Dobbiamo evitare il rischio di guardare soltanto l’uomo, soffermandoci solo sulle sue sofferenze fisiche e cadere in un vago sentimentalismo; o guardare solo Dio, senza riuscire a capire l’uomo dei dolori.

– Sarebbe bene, prima di iniziare un ciclo di meditazioni sulla Passione di Gesù, rileggere la “Lettera agli Ebrei” e la prima grande enciclica di Giovanni Paolo Il, “Redemptor Hominis” (Il Redentore dell’uomo, 1979), per capire il mistero di Gesù e accostarci a Lui con una vera devozione, illuminata dalla fede.

Rifletti
– Gesù chiese agli Apostoli: “Voi chi dite che io sia?” Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,15-16). Gesù è veramente il Figlio di Dio in tutto uguale al Padre, è il Verbo, il Creatore di tutte le cose. Solo Gesù può dire: “Io e il Padre siamo una cosa sola”. Ma Gesù, Figlio di Dio, nei Vangeli ama chiamarsi circa 50 volte “Figlio dell’uomo”, per farci capire che è un uomo vero, figlio di Adamo, come tutti noi, in tutto simile a noi, eccetto il peccato (Cf. Eb 4,15).

– “Gesù, pur essendo di natura divina, spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini” (Fil 2,5-8). Gesù “spogliò se stesso”, quasi si svuotò della grandezza e della gloria che aveva come Dio, per essere in tutto simile a noi; accettò la chenosi, cioè abbassò se stesso, per innalzare noi; discese fino a noi, per innalzare noi fino a Dio.

– Se vogliamo comprendere pienamente il mistero della sua Passione, dobbiamo conoscere a fondo l’uomo Cristo Gesù, la sua natura divina e umana e soprattutto i suoi sentimenti. Gesù ebbe una natura umana perfetta, un cuore pienamente umano, una sensibilità umana piena, con tutti quei sentimenti che si ritrovano in un animo umano non inquinato dal peccato.

– Gesù è stato l’uomo dai sentimenti spiccati, forti e teneri insieme, che ne rendevano affascinante la persona. Irradiava simpatia, gioia, fiducia e trascinava le folle. Ma il vertice dei sentimenti di Gesù si manifestava dinanzi ai bambini, ai deboli, ai poveri, ai malati; in tali situazioni Egli rivelava tutta la sua tenerezza, la compassione, la delicatezza dei sentimenti: abbraccia i bambini come una mamma; sente compassione dinanzi al giovane morto, figlio di una vedova, dinanzi alle folle affamate e disperse; piange di fronte alla tomba dell’amico Lazzaro; si china su ogni dolore che incontra nel suo cammino.

– Proprio per questa grande sensibilità umana possiamo dire che Gesù ha sofferto più di ogni altro uomo. Ci sono stati uomini che hanno sofferto dolori fisici maggiori e più a lungo di Lui; ma nessun uomo ha avuto la sua delicatezza e la sua sensibilità fisica e interiore, perciò nessuno ha mai sofferto come Lui. Giustamente Isaia lo chiama “l’uomo dei dolori che ben conosce il patire” (Is 53, 3).

Confronta
– Gesù, Figlio di Dio, è mio fratello. Tolto il peccato, ha avuto i miei sentimenti, ha incontrato le mie difficoltà, conosce i miei problemi. Per questo mi “accosterò con piena fiducia al trono della grazia”, sicuro che Egli mi saprà capire e compatire.

– Nel meditare la Passione del Signore cercherò soprattutto di riflettere sui sentimenti interiori di Gesù, per entrare nel suo cuore e scandagliare l’immensità del suo dolore. San Paolo della Croce si chiedeva spesso: “Gesù, come stava il tuo cuore mentre soffrivi quei tormenti?”.


Pensiero di san Paolo della Croce: “Vorrei che in questi giorni del sacro Avvento s’innalzasse l’anima alla contemplazione dell’ineffabile mistero dei misteri, dell’Incarnazione del Verbo Divino… Lasciate che l’anima resti assorta in quell’altissimo stupore e meraviglia amorosa, vedendo con la fede l’Immenso impiccolito, l’infinita grandezza umiliata per amore dell’uomo” (L I, 248).